Parte 1

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È passato un mese da quello strano incontro e già non ne posso più. Come aveva detto la ragazza dai capelli neri, mi sta rendendo la vita un inferno, tanto che a volte ho pensato anche di cambiare istituto. Ovviamente non l'ho fatto, uno perché i miei hanno pagato la retta completa, due perché a parte "occhi verdi", di problemi non ne ho. Anzi, mi sono trovata bene con la mia nuova classe, soprattutto con la mia vicina di banco, Normani, ragazza vivace e solare. Una cosa che mi piace molto di lei sono i capelli neri e lisci, ma morbidi come quelli della pubblicità dello shampoo. Ci siamo trovate in sintonia molto presto, contando anche il fatto che abbiamo in comune molte cose, come la musica, la passione per i libri e per gli incontri di wrestling. Non si direbbe, ma vado matta per quel programma. Se fino ad ora sono sopravissuta alla nera, di cui non so ancora il nome, è anche grazie a lei, che spesso riesce a vedere prima di me dove si trova per prendere la strada opposta alla sua. So che sembra esagerato, ma è l'unico modo per scamparla o per non avere una crisi di nervi ed ucciderla. Siamo alla fine della quinta ora e devo ammettere che chimica non fa per me. Tra formule, composti e non composti, ho perso il filo del discorso e giuro che sto per addormentarmi. Vengo risvegliata dal suono della campana, che segna la fine della lezione e l'ora di pranzo. Amo quest'ora del giorno. Io, il cibo e la quiete, anche se "quiete" non è il termine adatto, dato il trambusto che si trova in mensa. Mi stiracchio sul banco, prendo le mie cose e mi dirigo all'armadietto per mettere tutto a posto e andare a pranzo. Mentre aspetto Normani che si trova in segreteria, decido di andare in bagno a lavarmi le mani e a darmi una rinfrescata, dato che sto per addomentarmi letteralmente in piedi. Il problema sorge all'ingresso di quest'ultimo. Quando apro la porta, mi ritrovo davanti una scena abbastanza imbarazzante, che nello stesso tempo però mi irrita. Davanti a me trovo la mia "persecutrice" che si sta strusciando contro una biondina, più grande di me credo, mentre ha una mano nel suo intimo. La scena che all'inizio mi sciocca, mi lascia solo un senso di nausea e rabbia, tanto da farmi dare di matto. Sbatto la porta con violenza, facendo sobbalzare le due ragazze, poi, passandole indifferentemente di fianco vado in bagno e chiudo la porta. Prendo dei respiri profondi per calmarmi, che al contrario però mi fanno solo innervosire di più. Perché lei? Perché proprio ora? Non aveva detto che le interessavo? Mi chiedo confusa. Io proprio non capisco. Perché darmi fastidio e provarci se poi si sbatte la prima che le capita? Perché deve illudermi? Non dico che mi interessi, neanche per sogno, però, una parte di me si sentiva voluta, non insignificante. Probabilmente sei uno dei suoi passatempi, mi dice la testa. Vengo riscossa dai miei pensieri da una porta che si chiude. Sospiro frustrata ed esco dalla cabina. Mi avvicino al lavandino a sguardo basso, mi lavo le mani e le asciugo con della carta. Quando afferro la maniglia della porta per aprirla, qualcuno mi prende per un polso per fermarmi, tirandomi poi lievemente all'indietro. Sobbalzo per lo spavento, dopo di che mi giro velocemente per vedere chi c'è alle mie spalle. Rimango immobilizzata quando i miei occhi cioccolato incontrano due occhi verdi, scuri, come l'interno di un fitto bosco, ma accesi da un qualche tipo di voglia da soddisfare. Deglutisco e strattono via il polso dalla sua presa. Il suo sguardo mi mette in soggezione, così abbasso lo sguardo al suolo e aspetto che lei dica qualcosa, anche se non sembra intenzionata a spiccare una parola. Perché fermarmi se non ha nulla da dirmi?
-Allora? Che v-vuoi?- domando insicura. Odio guardarla negli occhi, non riesco a muovere un muscolo, o a respirare regolarmente.
"Come siamo maleducate, non ti hanno insegnato le buone maniere?" domanda seria, con un lieve sorriso divertito sul volto. Non capisco ancora cosa voglia da me.
-Sì, ma le uso con chi le usa con me. Ora devo andare- dico sbrigativa. Apro la porta di scatto ed esco di fretta per raggiungere il mio armadietto. Per fortuna la ragazza senza nome non mi ha seguita, anche se una parte di me è delusa, perché si aspettava lo facesse. Scuoto la testa e mi impongo di non pensarci, mentre mi avvio nel luogo prestabilito da me e Mani per poi andare a pranzo. Non arrivo però alla meta, perché la ragazza in questione mi corre in contro e mi trascina in mensa con una forza che non credevo avesse. La seguo stordita e confusa, finché non ci sediamo in un tavolo abbastanza isolato e per fortuna ancora vuoto, e lei mi spiega cosa succede.
<Ora so chi è!> esclama eccitata. Alzo un sopracciglio confusa senza capire.
-Chi?- chiedo.
<Cosa chi?> domanda lei.
-Chi sai chi è?- domando più esplicitamente, sperando abbia capito.
<Camila, ma che cavolo... Ah sì, ora ho capito!> esclama con un attimo di esitazione. Certo che questa ragazza è davvero strana. Ridacchio vedendo la sua confusione e nel mentre, prendo una forchettata di pasta al sugo.
<Ho fatto alcune ricerche in questo mese ed ora so un bel po' di cose> prende fiato.
<Allora, la tua persecutrice si chiama Lauren, è in terza, è nata a Miami, ma si è trasferita qui a Los Angeles a sette anni, pratica la box e in famiglia sono solo lei, la mamma e il padre> dice tutto d'un fiato, come se fosse una bomba ad orologeria ed esplodesse se non finisse in tempo di dirmi tutto. Mi mordo lievemente il labbro inferiore, appoggio i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani, dopo averle incrociate. Penso e ripenso a ciò che mi ha appena detto, anche se mi frulla per la testa una sola domanda.
-Chi te l'ha detto?-
<Ho chiesto in giro, anche se non tutti sono stati così gentili da rispondermi> afferma pensierosa.
-Cos'hanno detto?- voglio saperne di più. Pensa un po' prima di parlare, come se dovesse scegliere le parole giuste, parole chiare e non fraintendibili.
<È una delle ragazze più belle e ricercate della scuola, è dell'altra sponda, ma soprattutto... è una persona abbastanza violenta.> conclude lei, con un tono insicuro. Che è violenta l'ho capito, ma mi domando il perché.
-Quindi le piacciono le ragazze?- domando, ignorando il resto.
<È quel che ho detto... non mi dire che tu...>
-Io che?- non capisco.
<Ti piace, o mio dio, ti piac->
-No, no, no, frena, cosa? Non mi piace nessuno, te lo garantisco- dico tra il serio e l'imbarazzo.
<Invece sì, si nota da un miglio di distanza> dichiara ridendo.
-Ho detto che non mi pace!- quasi urlo. La mia amica prende a ridere di più, anche se poco dopo quasi si strozza con la saliva. All'inizio penso per il troppo ridere, ma quando noto che sta guardando oltre le mie spalle, mi volto curiosa.
"Chi è che non ti pace?" domanda Lauren curiosa, sporgendosi verso di me. Lauren. Questo è il suo nome. Credo che le stia a pennello. Entrambi hanno un'aria misteriosa, tagliente, sensuale, distaccata, e potrei continuare all'infinito. La sua vicinanza mi mette agitazione, tanto che sposto subito il mio volto verso il basso, iniziando a guardarmi le gambe. Normani, che nota il mio imbarazzo e il brutto effetto che mi fa la grande, prende parola, cercando di fare meno danni possibili.
<Non sono affari tuoi, almeno per oggi lasciala stare> dice neutra. A quelle parole, rivolgo i miei occhi a lei, perché so che frasi del genere irritano parecchio la ragazza dietro di me. La guardo impaurita e mimo un "Dillo più gentilmente" con le labbra, sperando che Lauren non mi abbia vista.
"Come scusa?" chiede irritata occhi verdi. Normani non risponde, ma non so se lo fa perché sta pensando, o perché impaurita da quel che Lauren potrebbe fare se la mia amica dicesse qualcosa di sbagliato. Guardo con la coda dell'occhio la ragazza alle mie spalle, e noto la mascella contratta e le sopracciglia accigliate.
-Voleva dire che vorrebbe sapere il motivo della tua domanda...- dico un po' esitando, non sapendo, cosa potrebbe succedere.
"Così va meglio" dichiara seria, senza però spostarsi dal mio fianco, ma anzi, avvicinandosi ancora di più al mio orecchio. Stringo i lembi della mia felpa per l'agitazione, ma cerco di respirare regolarmente. Non voglio che capisca quanto mi mandi in confusione.
"Mi appartieni e nel caso ti piacesse qualcuno, lo convincerei a non stare mai con te, a costo di picchiarlo a sangue" dichiara a bassa voce. Brividi si fanno strada per tutto il mio corpo e una strana sensazione si fa strada dentro di me. 'Sta scherzando vero? Non puo' essere vero, mi conosce a malapena.' Mi dico, anche se consapevole che probabilmente sia serissima. Questo mi porta alla mente la ragazza che si è appena sbattuta in bagno, cosa che mi fa leggermente irritare.
-Quindi io sarei tua? In quale insano mondo? E poi tua in che senso? Sono tua come la troietta che ti sei sbattuta nel bagno poco fa? Tua come un gioco anti-stress che usi quando le cose non ti vanno come vuoi? Com...- sono scoppiata, dicendo tutte le cose che mi passano per la testa, anche se non riesco a finire la frase, perché Lauren mi volta bruscamente e mi da un sonoro schiaffo sulla guancia destra. Normani scatta in piedi, ma io le faccio cenno con una mano di non muoversi. Tutta la mensa ci fissa e questo mi mette ancora più ansia. Cibo e tranquillità eh? Bella merda. Mai una volta che tengo la bcca chiusa penso maledicendomi. Mi tocco la guancia dolorante e finalmente la guardo negli occhi, ma con uno sguardo d'odio profondo. Non ho mai amato la violenza, soprattutto se usata per farsi rispettare. Per quanta paura io possa avere, quando mi irrito o sono in queste circostanze, potrei tenere testa a chiunque, anche se spesso dico cose che realmente penso, ferendo gli altri o semplicemente peggiorando le cose, come ora direi.
"Non parlarmi più in quel modo chiaro? Non sono tua sorella se ce l'hai o una tua amica del cazzo. Sono quella che si diverte a prendersi gioco di te e a renderti la vita impossibile. E se ti rivolgi ancora a me con quel tono, saranno guai." Sibila arrabbiata, come se quel che ho appena detto l'avesse ferita o mandata in confusione. Nella testa però rimbombano le sue parole, che mi fanno chiudere lo stomaco. Normani stanca della situazione si avvicina a me e mi fa alzare, ignorando completamente la grande davanti a me.
-Non sarò mai tua e dopo questo, non penso vorrò mai esserlo- dico amaramente, mentre la guardo ancora negli occhi, anche se non tanto con rabbia quanto più con enorme tristezza. La lascio lì con il suo gruppo, che non ha fatto altro che mormorare alle nostre spalle e fissarci, come se fossimo un episodio di qualche telenovela spagnola. Arrivate in bagno, mi sciacquo la faccia con dell'acqua fredda e benedico me stessa per non truccarmi quasi mai.
<Come stai?> mi chiede la nera preoccupata. Come sto? Me lo chiedo anch'io.
-Non lo so, so solo che non voglio più vederla- affermo ormai stanca. Il suono della campanella mi fa sobbalzare. Usciamo e andiamo agli armadietti per prendere i libri dell'ora successiva. Lei ha storia della musica, mentre io ho l'ora di buca, perché manca il prof di biologia. Accompagno la mia amica alla sua classe, dopo di che, decido di andare in aula di musica. Suonare e cantare mi ha sempre rilassata, o comunque mi ha sempre aiutata a fare ordine nella mia testa. Controllo che non ci sia nessuno, quindi entro e socchiudo la porta. Cerco un pianoforte o qualcosa di simile, dato che è l'unica cosa che riesco più o meno a suonare. Ne scorgo uno in un angolo della stanza e mi ci precipito subito. Tocco alcuni tasti freddi e lo ammiro per un po', dopo di che, strimpello un po' con la tastiera per prendere confidenza con lo strumento. Fatto ciò, prendo a suonare la prima canzone che mi viene in mente, anche se non mi evoca bei ricordi.

-You took my hand
You showed me how
You promised me you'd be around

Uh huh
That's right

I took your words
And I believed
In everything
You said to me
Yeah huh
That's right

If someone said three years from now
You'd be long gone
I'd stand up and punch them up Cause they're all wrong
I know better
Cause you said forever
And ever
Who knew-

Sto per iniziare la seconda parte della canzone, quando sento qualcuno urtare una chitarra che per fortuna non cade, ma questa consapevolezza mi porta ad immobilizzarmi. Quando sento dei passi dietro di me, l'ansia inizia ad invadere il mio corpo, portandomi quindi and alzarmi e a scappare. Mi rinchiudo in bagno, il primo posto che trovo fortunatamente libero. Prendo fiato e lentamente mi ricompongo. Quando penso che non potrebbe andare peggio di così, entra dalla porta l'ultima persona che avrei voluto incontrare.

Possessive || Camren Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora