Parte 40

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Aspetto cinque secondi, entro i quali sento altri rumori di oggetti che si rompono. Sono spaventata, terrorizzata all'idea di andare di là, ma mi alzo e mi faccio forza. Non posso lasciarla in quello stato da sola. Non posso pensare solo a me. In fondo, è in questo casino anche per colpa mia. Cammino piano, molto lentamente, preparandomi psicologicamente a cosa potrei trovarmi difronte. Raggiungo la sala, di lei nessuna traccia. Ma come temevo, a terra ci sono frammenti di vetro e cocci di un vaso marroncino chiaro e verde scuro, il terreno sparso un po' ovunque, la piantina di cactus per terra con le radici all'aria. A quella vista mi sento male. Raccolgo quella povera piantina e la pongo all'interno di un contenitore di plastica abbastanza alto, lo riempio con il terreno situato sul pavimento e bagno quest'ultimo con un po' d'acqua. Raccolgo i cocci di vetro e ceramica più grandi, dato che con l'aspirapolvere non riuscirei ad aspirarli. Nel farlo mi feriscono il palmo della mano destra, ritrovandomi un taglio abbastanza profondo che inizia a sanguinare. Me lo fascio distrattamente e continuo la ripulita. Una volta sistemato tutto, inizio a cercarla. Inizialmente la chiamo con tono flebile, impaurito, ma più non la trovo e più esso aumenta. Non è da nessuna parte. Inizio a farmi prendere dal panico e a correre per tutta la casa urlando il suo nome. Improvvisamente sento dei rumori soffocati provenire da dietro una porta. E se fosse lì dentro? E se non fosse in sé ora? E se mi farà del male? Sono pronta ad affrontare qualsiasi persona mi ritroverò lì dentro? Prendo dei respiri profondi, mi decido. Afferro la maniglia, la abbasso ed entro. Percorro la rampa di scale in discesa che mi si presenta, notando che ciò che prima sembrava molto lontano, si fa' sempre più vicino. Scendo l'ultimo scalino e ciò che mi ritrovo davanti mi fa sussultare dallo spavento. Sono in una stanza abbastanza grande, le luci soffuse, sacchi da box di vario tipo messi ordinatamente in fila, pesetti di varia grandezza posti su uno scaffale di legno dal più leggero al più pesante, corde per saltare, attrezzature per rafforzare i muscoli. Sembra di stare in una palestra. Un gemito attira la mia attenzione. Corro verso la figura che sta tirando calci e pugni al sacco più grande, la abbraccio da dietro. Il suo petto si abbassa e alza veloce, il fiato corto. Ha le mani senza guantoni, le nocche scorticate e sanguinanti.
"Lasciami" il tono atono. Allento la stretta e si allontana rapida. Tira un violento calcio all'oggetto che ha difronte, facendomi saltare.
"Perché sei qui?" Mi guarda ancora.
-I-io.. volevo vedere come stavi..- a malapena mi sento io, figuriamoci lei.
"Sto' bene, puoi andare" riprende ciò che stava facendo, ignorandomi completamente. Una sensazione dolorosa mi invade il petto. Mi sento completamente inutile e per di più, lei sembra non aver bisogno di me.
-N-non stai bene.. cos'è successo? Sai che puoi par-
"Ho detto che sto bene! Smettila di fare la crocerossina del cazzo e vattene! Mi sei solo d'impiccio" sbotta scocciata e finalmente guardandomi. Gli iridi quasi marroni talmente sono scuri, rabbia che sprizza da tutti i pori, le nocche delle mani strette a pugno ormai bianche. Una parte di me, a quelle parole, è come se morisse. Sono un peso quindi? Sono una crocerossina del cazzo? Sono così inutile? Così rompi scatole da farle pensare quelle cose? Ho il groppo in gola, il naso che inizia a pizzicarmi. Lo sapevo. Ormai piangere è di routine con lei. Se non succede una volta a settimana sembra non sia contenta. Ma ci gode a farmi sentire così? È così divertente?
-Quindi pensi questo di me? Che ti sto sempre tra i piedi e che voglio salvare tutti e risolvere tutto? Dopo tutto questo tempo.. i-io.. no-n ca-pis-co..- mi fermo dandomi il coraggio di dire ciò che penso.
-Anzi, sai cosa? Vaffanculo! Io sono qui, dopo che mi hai picchiata, umiliata, ti sei scopata una psicopatica del cazzo per un fottuto ricatto, dopo i tuoi cambiamenti di personalità e tu? Tu che fai? Ti incazzi con me per qualcosa che fanno gli altri e dici anche che sono un peso? Dopo che abbiamo fatto l'amore, dopo che mi sono innamorata di te per la seconda volta, nonostante non ricordassi nulla, dopo che ti ho dato tutto di me, tu mi tratti come se fossi zero? Sai che ti dico? Fottiti. Io me ne vado- e detto questo mi avvio per le scale. Non sento nessun passo, nessuna parola che mi chieda di fermarmi. Nulla. Scoppio a piangere e mi stringo nelle spalle. Gli occhi appannati dalle lacrime, non vedo nulla. La mano mi fa dannatamente male, le bende impregnate di sangue. Mi fermo poco prima dei gradini, mi volto, le palpebre chiuse per il bruciore.
-T-ti od- sento pressione sulle mie labbra, la mia schiena contro il cartongesso freddo che fa da muro. Le sue mani stringono forte i miei fianchi, tanto da farmi quasi male. La sua bocca divora la mia, i suoi morsi sono dolorosi. Cerco di spingerla via con la mano sana, ma è quasi impossibile.
-N-no! Vattene! N-non voglio!- esclamo appena si stacca di poco. Il suo sguardo è vuoto, pieno di disperazione. Mi fa paura. Si puo' sapere che cazzo è successo in quei pochi minuti al telefono con la madre? Cosa le avrà detto di così sconvolgente?
"No" riprende a baciarmi, con meno aggressività. Mi dibatto per liberarmi, ma la sua presa è ferrea. Le tiro pugni alle braccia, le pesto i piedi, le mordo la lingua ogni volta che prova a infilarla nella mia bocca, ma nulla. Non molla.
-L-Lauren.. l-lascia-mi..- continuo a piangere, il tono supplichevole, il mio corpo stanco. Prende i miei polsi e li immobilizza sopra la mia testa. Quest'ultima sta iniziando a pulsarmi, provocandomi un dolore lancinante alle tempie. Entrambe abbiamo il fiatone.
"Ho detto di no" la sua voce bassa e roca, in confronto al tono alto e squillante di poco prima. Intorno a noi regna il silenzio, rotto dai miei singhiozzi e dal mio tirare su col naso.
-H-hai detto c-ch-e non mi sop-port-ti.. sono un pe-so..- prendo fiato per parlare.
"Lo so"
-Ti odio!- dico mentre ricomincio a piangere più forte.
"Lo so" ripete, con voce più triste e cosciente.
-E se lo sai, perché stai con me, eh? Dimmelo! Non ne posso più di essere trattata così!- mi accascio al muro, finendo a sedere. Lei mi segue e si ritrova in ginocchio tra le mie gambe.
"Perché ti amo" dice in un sussurro. Alzo il capo per guardarla. Ha gli occhi rossi, il labbro gonfio e allividato dai miei morsi, sorride amaramente.
-Tu cosa?- chiedo incredula.
"Ti amo" ripete di nuovo. Rimango senza parole. Ha detto che mi ama. Lei mi ama. No, è impossibile. Non dopo tutto quello che mi ha detto.
-Tu hai detto che non mi sopporti e che ti sono d'intralcio. Ora dici di amarmi. Dimmi le cose così come stanno per una buona volta- il tono calmo, ma desideroso di sapere. Si sporge un po', avvicinando il suo volto al mio, i miei polsi ancora nelle sue mani.
"È vero, l'ho detto. Ma non ero io prima. O meglio, ero io, ma non la vera me. Fatto stà, che non dico mai quello che penso quando sono arrabbiata. E mi dispiace di prendermela con te per tutto, che tu debba sopportare un peso così grande. Ma io ho bisogno di te" mi bacia a stampo, si ritrae.
"Ho bisogno di averti con me in ogni momento, o impazzirei. Ho bisogno di vederti sorridere e saltellare in giro per la casa, che senza te è triste e vuota. Ho bisogno di litigare con te, per far si che poi ritorniamo più unite di prima e un po' più cresciute. Ho bisogno di averti accanto la notte, per riuscire a dormire serenamente e svegliarmi con quel bel faccino che ti ritrovi. Ho bisogno delle tue attenzioni, che mi fanno sentire speciale. Ho bisogno di tutta te stessa" mi guarda intensamente, io ho ripreso a piangere, ma non per la tristezza.
-Davvero?- mi sembra di essere in una scena di quei film romantici del cinema.
"Davvero" è seria.
-Davvero davvero?- ridomando per essere sicura.
"Davvero davvero" sorride.
-Mi sembra di essere in 'Colpa delle stelle'- penso ad alta voce.
"E cos'è?" Chiede sorpresa. Spalanco gli occhi.
-Non sai cos'è?- ultimamente non si parla d'altro. L'ho detto che è unica. Squote la testa.
-Ti porterò a vederlo, è un bellissimo film- dico a mia volta. Annuisce e mi bacia dolcemente, lasciandomi i polsi per portare le mani sulle mie cosce. La mia mano sinistra la attira a me per il collo, la destra lasciata a terra. Mi fa davvero male. Il bacio si intensifica, la sua lingua accede nella mia bocca per giocare con la mia.
-Possiamo farlo?- ho l'adrenalina a mille.
"Non aspettavo che mi chiedessi altro" sussurra al mio orecchio. Mi prende in braccio e mi porta su un materasso abbastanza morbido. Si stende su di me e inizia a baciarmi. La fermo.
"Che c'è?" È allarmata.
-Devo dirti una cosa importante- sono serissima.
"Sei incinta perché ti hanno stuprata? I tuoi ti hanno fatto qualcosa? Hai litigato con qualcuno? Si sono presi gioco di te? Se-"
-Ti amo- la interrompo, per poi baciarla.
-Ti amo. Ti amo da vivere. Da viverti-.

Possessive || Camren Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora