Parte 47

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È come se il tempo si fosse fermato. Ci fissiamo senza dire nulla, io non so cosa dire. Quella frase si ripete continuamente senza sosta nella mia mente.
-C-cosa?- domando con un filo di voce. Non è possibile, avrò capito male.
"Ti prego... non farmelo ripetere.." sposta il suo sguardo da un'altra parte, non riuscendo più a sostenere il mio.
-Se è uno scherzo, non è divertente- mi scosta malamente e si mette al lato opposto del letto.
"Credi che possa scherzare su una cosa del genere?" Urla. Ha l'aria spaventata, arrabbiata, smarrita. Cosa diamine è successo mentre io dormivo? Già, dormivo. L'ho sentita uscire e non l'ho nemmeno seguite, sono rimasta a compiangermi come un'idiota.
-I-io... non volevo..- non so come comportarmi. Mi siedo a gambe incrociate, prendo una sua mano tra le mie e la stringo per rassicurarla.
-Raccontami cosa è successo- cerco di sembrare calma, non voglio agitarla di più.
"Dopo che sono andata via di casa sono andata in un locale. Non ricordo quale sia, ho bevuto un po' troppo. Quando sono uscita sono andata da mia madre, volevo dirle che la vita è la mia e non puo' decidere per me. Volevo dirle che appena finito l'anno avrei ripreso la box come allenatrice, dato che il proprietario della palestra che frequentavo è un mio amico e mi ha offerto il posto" fa una pausa, la gamba sinistra che trema dall'ansia. È una cosa che fa abbastanza spesso quando qualcosa non va. La incito a continuare con un movimento del capo.
"Avrei voluto dirtelo l'altro giorno, prima che mia madre chiamasse, volevo farti una sorpresa" sorride amaramente. In effetti sono contenta. Potrebbe fare ciò che ama senza correre nessun pericolo ed io potrei guardarla, magari imparando anche qualche mossa di difesa.
-Che è successo quando sei arrivata?- stringe forte la mia mano sinistra, quasi a farmi male.
"Ho bussato alla porta e mi è venuto ad aprire un uomo, sulla cimquantina, in forma e in completo da lavoro. Sembrava non sapesse nemmeno chi fossi. Ho chiesto di mia madre e lui mi ha lasciata entrare. L'ho trovata in una sala enorme mentre parlava con il figlio di lui. Sembravano in sintonia, quasi come se fosse suo figlio ed io l'estranea. È stato.. non so nemmeno descriverti come è stato" la delusione nei suoi occhi. Quanto vorrei le fosse andato tutto diversamente. Non so nemmeno come abbia fatto a superare la morte di sua sorella, figuriamoci il rifiuto totale da parte della sua famiglia. Io non credo avrei retto il peso della situazione.
"Quando mi ha vista è letteralmente sbiancata. Il ragazzo invece mi guardava attentamente, quasi fosse un cane ed io l'osso. Le prime volte che cercavo di parlarle, lui si metteva in mezzo, facendomi irritare parecchio. Alla fine gli ho urlato di farsi i cazzi suoi e di andarsene. Appena rimaste sole, ha iniziato ad inveire su di me, a dirmi che sono una nullità, che non sono sua figlia, che avrebbe preferito ci fossi io al posto di Taylor. Mi sono sentita morire. È come se mi fosse crollato il mondo addosso. Sono esplosa. Ne ho dette di tutti i colori, tanto che si è messa a piangere. A quel punto è intervenuto il figlio del suo 'fidanzato' e si è messo in mezzo. All'inizio cercava di tenerci divise, ma poi mi ha spinta" fa una lunga pausa. La mascella è serrata, le sopracciglia aggrottate, gli occhi ridotti a piccole fessure. Finalmente saprò come sono andate le cose e ammetto di aver paura. Se non si fosse controllata? Se avesse davvero fatto qualcosa di grave? Mi si chiude lo stomaco.
"Dopo la prima è arrivata la seconda, la terza, infine uno schiaffo. Non ci ho visto più. Ho iniziato a riempirlo di pugni, penso di avergli rotto il naso. Clara ha cercato di fermarmi, ma quando mi ha toccata l'ho spinta via. A quel punto il ragazzo si è buttato su di me e mi ha tirato un pugno ed un calcio al fianco. Da lì in poi immagini sfocate, ma ricordo di averlo colpito con qualcosa alla testa e di averlo visto cadere a terra. Non si muoveva. Mia madre urlava e il compano è accorso subito. Me ne sono andata correndo e poi vuoto totale. So solo che poi sono venuta qui, mi sono lavata e ti ho aspettata in macchina" spiazzata. Non ho la più pallida idea di cosa dirle, di cosa fare. Niente di niente. Mi sento completamente inutile. Se non mi fossi addormentata, probabilmente non sarebbe accaduto tutto questo, l'avrei fermata, so che l'avrebbe fatto. Lascio la sua mano e l'abbraccio, fregandomene del fatto che siamo entrambe senza vestiti. La stringo forte, come se fosse'ultima volta che ci vediamo. Voglio che senta di avermi qui,  che qualsiasi cosa accada io non l'abbandonerò.
-Non è colpa tua okay? Non hai iniziato tu, ti sei solo difesa- provo a rassicurarla.
"Ma lui era lì, stes-o a ter-ra.. non... non si muo-ve-va.." la sento singhiozzare sulla mia spalla. Deve essere davvero al limite. Tenere tutto per sé per tutti questi anni, convivere con il senso di colpa e il rifiuto di chi, in realtà, dovrebbe amarti incondizionatamente.
-Shhh, non è colpa tua- ripeto di nuovo.
"Ho paura... non voglio andare in prigione.. io non volevo... ero solo.." lascia la frase a metà.
-Eri solo tanto arrabbiata e ferita. L'hai detto tu no? Non ricordi bene. Magari è all'ospedale vivo e vegeto e tu ti stai preoccupando" cerco di pensare positivo. Si stacca di poco e mette a contatto i suoi iridi verdi con i miei, che probabilmente saranno marrone scuro. Gli occhi rossissimi.
"Lo pensi savvero?" È distrutta.
-Certo. Forse ha preso solo una forte botta ma ora sta bene. Vuoi che ti accompagno all'ospedale per vedere se è lì? Almeno se non c'è sappiamo che è vivo e sta bene" sorrido dolcemente. Non mi ero mai accorta di quanto fosse diventata fragile, di quanto mancasse poco ad una rottura. Vederla in questo stato, tra le mie braccia, mi spezza il cuore. Annuisce piano, poi mi fa stendere e si accoccola di nuovo al mio fianco, facendo attenzione alla ferita ancora dolente. Appoggia il capo nell'incavo della mia spalla e mi abbraccia la vita con un braccio.
"Io non so come fai" dice improvvisamente.
-A fare cosa?- sono confusa.
"A non mandarmi via, a perdonare tutto quello che ti ho fatto, che faccio" si avvicina a me di più.
-Lo faccio perché ti amo, perché se me ne andassi al primo sbaglio o al primo ostacolo non ci terrei abbastanza. Ed io ci tengo- spiego tranquilla. 
"Grazie" sorrido senza rispondere. Le accarezzo il braccio con la mano abile, la destra che mi fa ancora abbastanza male.
-È meglio se dormi un po', sei distrutta-
"Mhh" come non detto. Mentre lei riposa, io prendo il suo telefono dalla tasca dei pantaloni, buttati per terra vicino al materasso. Chiamo Normani e le spiego a bassa voce quello che è successo. Da abbastanza di matto, tanto che ci metto quasi un'ora per calmarla. Le dico di non dire niente, nemmeno a Thomas, gielo dirò io. Annuisce e poi stacca, dato che l'intervallo è finito. Termino la chiamata e appoggio l'oggetto sul comodino a fatica, dato che la mano destra è fuori uso. Inizio a pensare a tutte le possibili vie di fuga, a tutti i rimedi possibili, fino a ricordarmi una cosa fondamentale. Mia madre. Mi sono così concentrata su Lauren ultimamente, che me ne sono completamente dimenticata. Devo assolutamente parlarci, non posso più lasciare cose in sospeso. Ne ho fin troppe. Tra un pensiero e l'altro però, crollo in un sonno profondo. Vengo risvegliata dallo squillo del mio cellulare, che ammetto è abbastanza fastidioso. Mi alzo a fatica, cercando di non svegliare Lauren. Mi fermo un attimo ad osservarla, trovandola sempre e comunque bellissima. Sbuffo e lo raggiungo, rispondo. Ascolto ciò che dice mio padre e per poco non mi cedono le gambe. Lo lascio cadere dopo pochi minuti al suolo, provocando un rumore assordante, che per fortuna non la sveglia. Non puo' essere. Non ora. E ora come glielo dico?

Possessive || Camren Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora