Mangiamo in silenzio, io più lentamente del solito. Lascio un pancake nel piatto, dato che gli altri due mi hanno più che saziata. Non ricordavo di mangiare così poco e neanche di essere dimagrita così tanto. L'ho notato in questi giorni. Mangio metà o meno di quel che divoravo prima, i vestiti mi vanno larghi e il viso è più asciutto. Però devo ammettere che mi piaccio si più. Lauren mi fissa in uno strano modo, sembra arrabbiata o infastidita. Non so definire molto bene il modo in cui mi guarda.
"Mangia" dice solamente.
-Non mi va più, sono piena- mi stiracchio, ammetto che ho sonno.
"Fai uno sforzo, ne è solo uno" okay, è infastidita. Ma non capisco da cosa. Fino ad ora mi sembrava tutto a posto.
-Ma non mi va, davvero, non ce la faccio, potrei esplodere- mi lamento. Chiude per un attimo gli occhi e prende un grosso respiro. Si alza dalla sedia senza dire nulla, sparechia e mette il pancake rimasto in un piattino dentro il fornetto.
"Andiamo" dice solamente. Non mi muovo. Non so perché ma sento un'enorme tristezza invadermi, come se fosse successo parechie volte. Odio avere ricordi a metà, lo odio davvero. La cosa positiva è che oggi non ho mal di testa, penso sia un grosso passo avanti. Si blocca in mezzo alla cucina e si volta. La sua espressione è neutra, fredda. Mi fa quasi paura.
"Che ti prende? Andiamo che ci stanno aspettando" ha un tono scocciato. Rimango seduta, il mio sguardo dentro il suo, un nodo in gola che non vuole andare via.
-Che hai?- mi sta prendendo l'ansia. So' di non aver fatto nulla di sbagliato, allora perché fa così? Perché dentro di me c'è un fiume di emozioni negative?
"Niente" mente.
-Ho fatto qualcosa di male?- la domanda sembra irritarla, tanto che contrae la mascella.
"Ho detto che non ho niente" la voce ferma.
-A me sembra di sì. Se ho fatto qualc-
"Cristo, Camila, ho detto che non ho niente!" Alza la voce. Salto per lo spavento e per poco non cado dalla sedia. La guardo triste e confusa, il cuore mi batte forte per la paura di poco fa e per l'ansia che sale sempre di più. Abbasso gli occhi al suolo, cercando di trattenere il pianto. Conto fino a dieci, respiro in modo in lento e profondo. Quando mi sento meglio mi alzo, la sorpasso e vado alla porta della cucina. Mi sento improvvisamente schiacciata dal suo corpo contro di essa. Con le mani mi sracca leggermente e mi stringe da dietro a sé. La sua presa è salda e si fa sempre più forte.
"Mi dispiace, scusami, non volevo" non sto davvero capendo niente.
-Io ho dei sentimenti sai? E sono umana. Non puoi trattarmi da antistress e nemmeno comandarmi. Ti rendi conto che ti sei arrabbiata per un pancake?- non dice nulla, si limita ad abbracciarmi.
-Mi spieghi che ti prende? Un attimo prima sei dolce e quello dopo sembra che ti abbia ucciso qualcuno- le faccio notare.
"Lo so, mi dispiace" non intende spiegarmi. Sbuffo e decido di lasciare stare per il momento. Non voglio litigare per una vosa simile ora, soprattutto per il fatto che devo affrontare mia madre e la mia prof-zia, non so nemmeno come chiamarla. Mi stacco dalla sua presa e apro la porta.
-Anche a me, ora andiamo- non la guardo nemmeno in faccia. Non ribatte, probabilmente perché sa' che ho ragione. Quando arriviamo in sala le troviamo sedute una di fianco all'altra, sul loro volto un'espressione nervosa. Io e Lauren ci sediamo nel divanetto difronte al loro, io ad una certa distanza da lei. Al momento non riesco ad avercela vicina. Avverto l'aria tesa.
-Quindi? Cosa mi sono persa in questo mese?- domando, cercando di apparire calma, come se la discussione di prima non ci fosse mai stata. Entrambe guardano male Lauren, che al mio contrario maschera bene le sue esmozioni e rimane impassibile.
<Non interromperci, okay? È difficile da spiegare..> annuisco. Credo siano più nervose di me.
<Il giorno in cui abbiamo litigato, quello prima dell'incidente, ho discusso con tuo padre> inizia mia madre, la sua mano in quella di Alyssa.
<Mi aveva confessato di avermi tradita con una collega pochi mesi fa, ma di non aver avuto il coraggio di dirmelo sul momento. Era davvero molto triste e dispiaciuto. Mi ha detto che era molto stressato dal lavoro e che non sentiva più quello che provava prima per me. È come se per lui si fosse tutto affievolito, come se rimanesse al mio fianco per abitudine> ascolto, la gamba che inizia a tremarmi dal nervoso. Come ha potuto farlo? Noi che ci siamo trasferiti qui per lui, la mamma che ha mollato tutto quello che aveva per seguirlo e non fargli perdere il lavoro. Lei che gli cucina tutte le sere i suoi piatti preferiti, che gli lava i vestiti e glieli stira, che ascolta senza mai lamentarsi tutti i suoi scleri serali sui suoi dipendenti. Lei che ha sempre fatto l'impossibile per noi. Come puo' non amarla più.
-Vai avanti- il tono deluso.
<Io.. beh non l'ho presa bene ed è per questo che il giorno dopo ero molto arrabbiata e ho finito col prendermela con te. Io non avrei mai voluto farti del male, lo giuro. Non volevo essere la causa del tuo incidente.. i-io.. mi dispiace tanto..> sta piangendo. È devastante vederla così, in questo stato. Aspetta, cosa? Credo di aver capito male.
-T-tu? È stata colpa tua?- non so con che tono io stia parlando. Alyssa l'abbraccia, le fa forza, la fa calmare. Si vede lontano un miglio quanto la ami. Quanto, nonostante a distanza di 19 anni, continui a volerla ancora come quando erano più giovani.
<È stato un incidente, non volevo.. hai perso l'equilibrio e sei caduta dalle scale.. Lauren ti ha fatto da scudo evitando ti facessi ancora più male del dovuto> guardo la ragazza poco distante da me. È seria, ma i suoi occhi mi dicono tutto. Quanto le dispiaccia per tutto, quant avrebbe voluto fare meglio, quanti avrebbe voluto che la discussione di poco fa non fosse mai avvenuta. E molto altro. Guardo le due donne davanti a me, non so nemmeno io cosa provo.
-Continua..-
<I-io davvero.. mi dispiace..>
-Continua, mamma- il tono fermo. Sospira e prosegue.
<Ho chiesto il divorzio e, dato che è consensuale e abbiamo già deciso noi come spartire gli averi, sarà formalizzato in pochi mesi invece che in due anni. Ho cercato di passarci sopra, ma quando non era a casa, avevo la costante paura che fosse con quella collega a divertirsi. E avevo ragione. Si stanno frequentando. In compenso, però, ho avuto tempo per riflettere su cosa fare di me e della mia vita. Poi, una settimana fa,ho incontrato Alyssa per strada. E allora ho deciso. Per quanto possa pensare che sia sbagliato amare un'altra ragazza o donna, essendolo io per prima, non riesco a non provare questo bisogno di lei, delle sue attenzioni, del suo affetto. Ho voluto darci un'altra possibilità e provarci seriamente, ed ora.. beh eccoci qua> non vola una mosca. Non so neanche io come l'ho presa. Credo di aver bisogno di tempo.
<Di' qualcosa> non so cosa rispondere. Le guardo attentamente. Sono in ansia, l'attesa le innervosisce, le loro gambe tremano, le loro mani intrecciate in una stretta ferrea.
-I-io.. non so cosa dire. Ho bisogno di tempo..- abbassa il capo.
<Sei.. arrabbiata?> domanda esitante. Scuoto la testa e mi alzo.
-Devo solo schiarirmi le idee e metabolizzare tutto- prima di andarmene, però, porgo loro una domanda di cui so già la risposta.
-Papà lo sa?- sgranano gli occhi. Sospiro. Prendo una felpa dallo stanzino e mi dirigo verso la porta di casa. Cammino per un bel po', fino ad arrivare ad un parco. Mi siedo su una panchina e chiudo gli occhi. Mi sembra così familiare, come questo posto. Ah sì, ci incontrai Lauren. Lo ricordo quel giorno, anche se un po' sfocato. Al contrario di ora, però, era notte. Il tempo non è dei migliori, ma ho bisogno di aria fresca e silenzio. Rifletto sulla conversazione appena avuta, sulla discussione con Lauren, a tutta questa assurda situazione. I miei pensieri vengono riscossi da un tuono. Improvvisamente scende un acquazzone mai visto prima, che mi bagna da capo a piedi. Normalmente correrei a casa, ma al momento non ne ho voglia. Anzi la pioggia mi rilassa. Sono bagnata fradicia, i capelli appiccicati al viso. Dopo un po', non sento più le gocce bagnarmi e così apro gli occhi. La ragazza con gli occhi più belli che io abbia mai visto è davanti a me, il fiato corto, il petto che si abbassa velocemente su e giù. Siamo sotto un ombrello.
-Perché sei qui?-
"Ti stavo cercando"
-Perché?- mi guarda storto.
"Perché avevo paura potesse succederti qualcosa, perché è scoppiato un diluvio e perché non riesco a stare più senza di te" il cuore perde un battito. Come puo' dirmi una cosa così dopo quel che è successo? Io penso seriamente sia anche lunatica o qualcosa del genere.
-Perché ti sei arrabbiata?- mi guarda dubbiosa. Vorrei che smettesse di nascondermi le cose per non farmi preoccupare o perché pensa che io non sappia gestirle.
"Ti eri messa a dieta" dice lei. Cosa? Io a dieta? Scherziamo?
-Come scusa?-
"Hai capito bene. Mangiavi pochissimo e quando te lo facevo notare... beh ti arrabbiavi. Ti guardavo dimagrire sempre di più e per un momento ho avuto paura. Paura che tu da un momento all'altro scomparissi. Non ci vuole tanto a diventare anoressici sai? E io non voglio che tu lo diventi. Perché sei bellissima così e lo eri anche prima. Non hai niente che non va" sono senza parole, ancora. A volte credo che lei abbia più si un alterego. Non puo' diventare l'opposto di quel che è così velocemente.
-Oh.. nono ricordavo..- cala il silenzio. Mi porge una mano ed io la guardo confusa.
"Andiamo?"
-Dove?-
"A casa"
-Non mi va- ridacchia.
"Intendevo da me" la guardo.
-E ti andrebbe bene?-
"Sei già stata da me e sì, mi va più che bene" mi sorride. Afferro la sua mano e mi alzo dalla panchina ormai zuppa. Prima di incamminarci mi attira a sé per un fianco e mi bacia piano. Prendo tra le mie mani le sue guance e attiro il suo viso più vicino al mio. Quando ci stacchiamo ci osserviamo per un po', il rumore della pioggia di sottofondo.
"Is it too late now to say sorry?" Chiede. Trattengo una risata.
-Meglio tardi che mai- le rispondo. Ci avviamo da lei oer asciugarci, cambiarci e pranzare. La guardo mentre cucina e mi inizia a girare per la testa un pensiero: e se vivessimo insieme? Qui, solo noi due. Sono quasi tentata di dirglielo, quando squilla il suo telefono.
"Cosa vuoi? No, ora no. Uhm. Ok, ciao" è evidentemente stizzita.
-È successo qualcosa a tua cugina?- azzardo. Si blocca oer un attimo.
"Camila, c'è una cosa che devi sapere."
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Possessive || Camren
FanfictionATTENZIONE: la STORIA NON È MIA. TUTTI I DIRITTI SONO SOLO E SOLTANTO DI @HowIceAndFire Si avvicina a me tanto da far aderire il suo corpo con il mio. Trattengo il fiato. Guardo desiderosa le sue labbra, poi guardo lei. -Ti odio- sussurro -Odio que...