Parte 42

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(Scene violente e linguaggi abbastanza volgare nella prima parte)

Sono in un cortile, o almeno, credo lo sia. Ci sono molti ragazzi e ragazze di circa quindici/sedici anni, chi parla in gruppo, chi ascolta la musica e ripassa e chi fa passaparola di ogni pettegolezzo possibile, vero o falso che sia. Alcuni volti mi sembrano familiari, tanto che mi avvicino per accertare i miei presentimenti. Mi blocco dopo nemmeno dieci passi. Li riconosco tutti dal primo all'ultimo, come riconosco il luogo in cui mi trovo. Alle mie spalle si erge quell'enorme edificio di colore giallastro, dove fino a pochi anni fa andavo in compagnia della mia migliore amica, Dinah, dato che la sua scuola era di fianco alla mia. Immediatamente cerco di andare via da lì, di trovareun posto dove non ci sia nessuno, o dove ci sia almeno quella ragazza dagli occhi color nocciola che è sempre stata al mio fianco. Non ho nemmeno il tempo di voltarmi che qualcuno mi afferra un polso. L'ansia si fa largo dentro di me e per un momento prende possesso del mio corpo. Mi sento strattonare. Dereck, un ragazzo più grande di me di un anno, mi guarda arrabbiatissimo, le sue guance paonazze, gli occhi ridotti a piccole fessure. Perché è così furioso con me? Cerco di ricordare questo giorno, questo momento. Scavo nei ricordi il più possibile, finché non mi torna alla mente il motivo di tanto rancore nei miei confronti. L'inizio di un altro inferno.
<Tu!> urla così tanto che si girano tutti a guardarci.
<Come hai potuto farlo?> stringe la presa, mi fa' dannatamente male.
-I-io non ho fatto nulla.. è stata lei!- sono arrabbiata. Perché deve sempre essere colpa mia? Perché se la ragazza di uno senza cervello, che ha solo una bella faccia e tanti muscoli, preferisce me, devo essere giudicata una brutta persona? È così che è andata, sfortunatamente. Se Shay ha preferito baciarmi durante tutta la mattinata prima di entrare a scuola, non è decisamente affar mio. Soprattutto se mi dice che si è mollata. E poi, chi puo' dire di no alla più bella della scuola? Io, non ci ho pensato proprio. Ma forse avrei dovuto. Mi sarei dovuta fare qualche domanda. Avrei dovuto pensare undici volte se ricambiare o meno, piuttosto che farlo subito.
-Senti, a me ha detto che vi siete lasciati, parla con lei non con me- sbotto scocciata e irritata. Ricordo che quel giorno non lo ero, anzi, piangevo ed ero spaventata. Ma sono cambiata. Attualmente mi fa' più paura, anche perché ho sopportato di peggio.
<Cosa succede frate'?> chiede Jacob, il suo compagno di banda. Sempre lui. Sempre in mezzo. La mia rovina.
<Sta schifosa si è fatta Shay, nonostante sapesse che stessimo insieme!> mi lascia il polso, sul viso un'espressione disgustata. Si crea una folla intorno a noi, ovviamente per due motivi: nessuno di fa i cazzi propri e vogliono assistere alla mia umiliazione, ovvero, vedere come vengo picchiata e derisa. Ancora. Sembra un ciclo senza fine. Quando riesco a crearmi una vita normale, a sembrare la perfezione, ecco che qualche oca mi mette nei guai. Perché è facile raccontare cazzate agli amici e al proprio ragazzo. Ti credono sempre. Mentre tu, l'estranea, passi per bugiarda.
<Lecca vagine, ti sei scopata tutte quelle delle medie e ora pensi di poter far lo stesso qui?> ride di gusto. Non so cosa gli abbia fatto di male, ma non capisco come torturare in questo modo qualcuno, possa renderlo felice.
-Ho già detto che non ho fatto nulla! Se vi piace credere più alle bugie che alla verità non è un problema mio- alzo la voce. La rabbia repressa stà iniziando a farsi largo dentro di me. Mi massaggio il polso dolorante, i due si fissano, poi mi guardano. Basta notare il loro sorriso maligno sulle labbra, per capire cosa vogliono fare. Ed io so già cosa faranno. In fondo l'ho già vissuto, no? Vedo il braccio di Dereck alzarsi e caricare il colpo, non riesco a schivarlo, mi prende in pieno viso. Perdo l'equilibrio e cado a sedere, tutti ridono.
<Lesbica del cazzo! L'esercizio fisico ti ha stancata? Eh? O forse te l'hanno già sfondata per bene prima e ora non sai restare in piedi?> altre risate. Mi alzo. Nemmeno il tempo di sollevare la testa che mi sento tirare per i capelli.
-Lasciami!- grido, cerco di fargli mollare la presa. Fa parte della squadra di rugby e non mi sorprende la sua eccessiva forza. Riesco a graffiarlo con le unghie, facendogli ritrarre di scatto la mano. Impreca.
<So io come fare, ci penso io> afferma Jacob facendosi avanti. Mi prende una mano e mi tira verso di lui violentemente, andando poi a colpirmi nello stomaco con un ginocchio. Mi piego per il dolore e soffoco un urlo. Mi tira uno schiaffo, davvero forte, tantoda farmi cadere al suolo mezza sdraiata. Mi fa male tutto. Non voglio rivivere tutto questo. Mi da' un calcio nello stesso punto, un altro, un terzo, le mie urla rimbombano perfino nel mio cervello.
-Basta! Basta! Smettila!- urlo, le lacrime che mi fanno vedere sfocato. Ho bisogno di aiuto, ma chi? Dinah è ancora a lezione e qui, non ho amici. Sento ridere, offese, chi dice di picchiarmi ancora. Fatelo smettere, che qualcuno li faccia sparire.
-Lauren! Aiutami! LAUREN!- mi arriva un pugno, tutto diventa nero.

Mi sbeglio di soprassalto, la fronte sudata, il respiro irregolare. Ho l'affanno.
"Camila? Mi senti? Guardami ti prego!" Sento la sua voce ovattata, come se le mie orecchie fossero tappate. Cerco la sua figura nella penombra, la individuo. È davanti a me, le sue mani sulle mie braccia.
"Dimmi qualcosa ti prego! Parlami!" È in panico. Metto a fuoco la vista, le tocco il volto come prova che sia reale. L'abbraccio di slancio, la presa salda, era un sogno.
-Sei tu vero? Non sei un ologramma o frutto della mia fantasia?- domando in cerca di sicurezza.
"Sono io, in carne ed ossa, sono qui" mi accarezza la schiena. Non so quanto tempo passa, ma restiamo così finché non mi calmo. Si scioglie dall'abbraccio poco dopo, le ciglia aggrottate.
"Hai ricordato qualcosa? Hai avuto un incubo? Parlami, ti prego" il silenzio la uccideva. Da quanto era lì? Avevo fatto tanto casino? E se avessi svegliato qualcuno?
-I-io.. un incubo.. sul passato..- abbasso lo sguardo sulle lenzuola bianche e il telo spesso azzurro.
"Era così terribile?" Annuisco.
"Ti ho portato ciò di cui hai bisogno, ma mi sono fatta una doccia per rendermi presentabile e non puzzolente, scusa se ci ho messo tanto" mi fa stendere. Si mette al mio fianco, il suo viso difronte al mio. Mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi mi accarezza una guancia. Mi rilasso momentaneamente a quel contatto, ha una sensazione quasi nostalgica, come se non la vedessi da tempo. Ma saranno passate pochissime ore.
"Parlamene" è tranquilla, lo sembra, non so se lo sia. I suoi occhi a malapena li vedo, la luce fioca.
-Non so se dovrei.. se ti ferissi non potrei perdonarmelo...- sono insicura. Devo dirglielo o no?
"Voglio sapere cosa ti ha fatto così male da urlare nel sonno" afferma decisa. Prendo un grosso respiro e decido di raccontarle cosa successe quel giorno. Avevo anche un sacco di cose per la testa, tanto da preoccuparmi per un'intonazione dei fatti, diversa dalle altre. Alla fine del racconto, ha lo sguardo perso. Che si senta in colpa? Mi fissa. Sembra arrabbiata.
"Perché non me l'hai detto?" Domanda flebile, la voce roca.
-Volevo aspettare...-
"Cosa?" È curiosa.
-Che mi svegliassi- dico in risposta. Sbuffa e si passa una mano tra i capelli scuri. Dio quanto sono belli.
"Ora dormi, ne parliamo domani" il suo tono è freddo, le se mani sui miei fianchi. Sono poco convinta, ma la ascolto, posizionandomi più vicino a lei e voltandomi di schiena.
"Andrà tutto bene, non mi muoverò da qui" prova a rassicurarmi. Ci addormentiamo entrambe dopo che il mi sono messa la tuta che mi ha portato. Non so che ore sono, ma non ho voglia né di parlare e né di mangiare. Ora sono con lei e voglio solo riposare. La testa mi fa dannatamente male. Pulsa all'interno, come se il cervello e il cuore avessero fatto cambio posto.
"Andrà tutto bene, ora ci sono io" dichiara a bassa voce. Mi lascia un bacio sul collo e ricomincia a ripetere quelle semplici parole che, per me, hanno un effetto rassicurante. Crollo poco prima di lei, sperando di non dover rivivere un altro momento come quello di prima.

Possessive || Camren Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora