È ormai sabato, il giorno della partenza di colui che fino a ieri era mio padre. Ho provato a chiamarlo varie volte, a mandargli dei messaggi, ma niente, nessuna risposta. Probabilmente ha bloccato il mio numero. Lauren è alla palestra di cui mi ha parlato varie volte, dove si allenava tempo fa, per fare il colloquio di insegnante. Sono le 10.30 ed io sto caricando le mie ultime cose in macchina. Non pensavo fossero così tante e ringrazio chiunque abbia comprato la casa alla sorella di Lauren. Senza tutte quelle stanze, non saprei proprio dove avrei messo tutte queste cianfrusaglie.
-Mamma io io finito!- urlo dal pian terreno.
<Va bene tesoro, ti aspetto qui, vai a posare tutto che intanto preparo del tè> risponde lei dal secondo piano. Alle 16.00 la casa dovrà essere vuota e pulita, dato che ci hanno informatre che una famiglia deve venire a visitarla. Entro nella mia amata macchina, metto in moto e parto. La mia destra ora va molto meglio, riesco ad usarla quasi perfettamente, ma devo andarci piano, sennò rischio di riaprire la ferita. È quasi cicatrizzata del tutto, manca davvero poco. Arrivo a casa di Lauren, metto in fretta le cose ammassate in una stanza con il resto della mia roba, le scrivo un post-it, ritorno nella mia decappottabile e mi avvio da mia madre. Quando arrivo, però, qualcosa non quadra. C'è una macchina sconosciuta appostata davanti la villetta, la portiera dela guidatore aperta. Sento l'ansia salirmi fino ai capelli, le mani che tremano, le gambe anche. Mi affaccio alla porta ed è aperta. Sento dei lamenti provenire dal piano di sopra e prima di dirigermi lì, mi armo di mazza della scopa. Salgo le scale piano, gli urli si fanno sempre più forti, i rumori si ampliano. Quando giungo alla fine, mi avvicino lentamente alla porta della camera da letto dei miei. O almeno, prima lo era. Rimango di sasso quando trovo mio padre addosso a mia madre, la mani sul suo corpo e la sua cintura slacciata. Sento la nausea salire, la rabbia e la paura crescere. Mi nascondo nel bagno, le grida si fanno strazianti.
<Pronto?> dice una voce maschile dall'altra parte del telefono.
-P-pronto? Vi prego aiutatemi, mio padre sta picchiando mia madre e penso la voglia violentare!- cerco di non urlare, ma è quasi impossibile.
<Mi dica subito la via e il piano, rimanga nascosta non si faccia trovare va bene?> la sua voce allarmata. Do tutti i dati richiesti, dopo di ché chiamo Lauren. Uno, due, tre, non risponde. Le mando un messaggio veloce e corro da mia madre per difenderla. Quando mi riaffaccio nella stanza lei è sul letto, piena di lividi, lui soddisfatto si tira su la zip dei pantaloni.
<Ammettilo che scopare con me ti soddisfa di più, cagna che non sei altro> mi sento male. Rimango paralizzata davanti alla porta, anche quando lui si volta.
<Camila? Camila vai via!> dice lei con le poche forze rimaste, gli occhi gonfi di lacrime.
<Oh, la piccola lesbica, sei venuta per provare anche tu?> smetto di respirare. Puzza di alcol in una maniera assurda.
-No- riesco solo a dire. Ride, mettendosi una mano sulla pancia e l'altra sulla coscia.
-Stai lontano- riprendo. Si ferma e mi guarda truce.
<Credo che tu debba essere rieducata, puttanella mia> non è mio padre, lui non è così. Non lo è mai stato.
-Non ti avvicinare- non riesco a parlare, ho troppa paura.
<Se no? Che fai? Mi scopi? Oddio l'hai capita?> si metteba ridere da solo. Dove è Lauren? Non voglio lui mi tocchi. Poi le ho anche promesso che nessun altro mi avrebbe avuta e deve essere così.
-Alejandro, non ti avvicinare- lo chiamo per nome. Si ferma a cinque passi da me, gli occhi dallo sguardo vuoto. Mi allontano ancora, lui è sull'uscio della porta. Improvvisamente corre verso di me e cerca di prendermi, ma lo evito in tempo e lo colpisco con la mazza sulla schiena. Cade a terra imprecando, io scappo nella stanza dove si trova mia madre e chiudo a chiave la porta. Lo sento alzarsi poco dopo, inizia a bussare freneticamente e a urlare di aprire. Io mi avvicino al letto ed esamino qul piccolo corpo ricoperto di segni.
-Mamma andrà tutto bene okay? Ho chiamato la polizia, resisti- ho le lacrime agli occhi. Sposta i suoi iridi scuri e assenti su di me, mi sorride stanca, pinge anche lei.
-No! No! Svegliati, non dormire, mamma!- inizio ad urlare ed a scuoterla. Finalmente sento le sirene davanti casa e degli uomini entrare.
<Ma cos.. lasciatemi! Fermi! Me la pagherete! Come avete osato> le sue grida sempre più lontane. Corro ad aprire la porta e un uomo ed una donna in borghese mi informano dell'arresto. Immediatamente chiamano i soccorsi che arrivano con una barella, per portare mia madre in ospedale.
<So che sei traumatizzata, ma dovresti venire in centrale con noi per una deposizione> dice la donna. Annuisco senza ascoltarla veramente, i piedi che non si muovono. Improvvisamente sento dei passi diversi ed una voce chiamarmi.
"CAMILA?! DOVE SEI? RISPONDIMI!" È lei. Mi riscuoto e corro al piano di sotto.
<Scusi ma non puo' entrare> dice un poliziotto.
"Invece sì, è la casa-"
-Lauren!- le salto addosso. Mi stringe forte mentre mi accarezza i capelli.
-È tutta colpa mia, è tutta colpa mia- urlo nell'incavo del suo collo.
"Shh, sono qui, okay? Sono qui" mi dice piano, la sua stretta che aumenta.
<Scusi lei è?> domanda il poliziotto di poco fa.
"Sono la sua ragazza" risponde fredda.
-Vogliono che faccia una deposizione, m-ma non ce la fac-cio o-ora..- inizio a singhiozzare.
"Senta, capisco sia la procedura, ma non potrei portarla un attimo a casa per farla riprendere? È questione di pochi minuti davvero" sembra quasi spaventata. Non sento risposta e credo che sia inevitabile che vada subito.
<Vi aspettiamo tra mezz'ora alla centrale> ci informa. Occhi verdi annusice e dopo avermi presa in braccio mi porta nella sua macchina. Penso di essermi addormentata nel tragitto, perché sono sul divano di casa. Mi guardo intorno per un po', finché non scorgo una figura al mio fianco. Come è bella.
"Ehi" mi sorride.
-Ehi- le sorrido.
"Ti ho fatto una camomilla, la vuoi?" Annuisco e mi metto a sedere. Annuso il dolce profumo e poi la bevo lentamente. Appoggio la tazza per terra e poi la guardo.
-Volevo picchiarlo, davvero, con tutta me stessa. Ero così schifata ed arrabbiata, eppure.. non ce l'ho fatta.. ho avuto paura..- confesso.
"Non è stata colpa tua, capito?" Mi accarezza una guancia.
"Non pensare nemmeno un secondo di più che lo sia, perché non è così" vorrei davvero crederci.
"Sono passati già venti minuti, dobbiamo andare" sbuffa.
-Resterai con me tutto il tempo vero?- domando mentre ci avviamo alla macchina.
"Resterò con te fino a quando me lo permetteranno" risponde lei. Mi bacia dolcemente, per poi mettere in moto l'auto e partire.
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Possessive || Camren
FanfictionATTENZIONE: la STORIA NON È MIA. TUTTI I DIRITTI SONO SOLO E SOLTANTO DI @HowIceAndFire Si avvicina a me tanto da far aderire il suo corpo con il mio. Trattengo il fiato. Guardo desiderosa le sue labbra, poi guardo lei. -Ti odio- sussurro -Odio que...