Parte 43

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Mi sento scuotere bruscamente da una mano che non mi sembra di conoscere.
<Forza sveglia, è ora di andare> la voce di un uomo.
"Le tolga le mani di dossa" la sua voce è roca e tagliente. Non le piace proprio che altre persone mi tocchino. Aspetta. Se non è lei che mi muove, chi è? Spalanco gli occhi, mi rizzo a sedere velocemente, perdo l'equilibrio e mi sbilancio verso sinistra. Sento dei passi veloci e qualcuno sorreggermi. Quel profumo, dio, lo riconoscerei ovunque. Anche se ci fossero altre persone con lo stesso, saprei sicuramente qual è il suo. Le sue braccia mi sorreggono, le mani sono calde, hanno una presa forte e delicata al contempo.
<Cercavo solo di svegliarla, stia calma> la voce scocciata. Voltandomi verso destra trovo un dottore diverso da quello di ieri, il camicie verdognolo, gli occhi castani chiaro e il viso dai lineamenti più marcati e duri. I capelli sono biondo scuro e ricci, la barba ridotta a piccoli peli che probabilmente pungono al tatto.
<Venite con me, devo cambiare medicazione> il tono serio e rigido. Esce dalla stanza e chiude la porta in modo poco delicato. Mi strofino gli occhi ancora assonnata, mi stiracchio e poi mi volto dalla parte della ragazza più bella del mondo. Indossa vestiti diversi rispetto a ieri, probabilmente stanotte non me ne sono accorta presa dal panico. Ha dei pantaloni bianchi a vita alta, che le fasciano in modo perfetto le gambe e probabilmente anche i glutei, un maglioncino blu e delle Converse dello stesso colore. Credo proprio che abbia le scarpe di ogni colore rinchiuse in qualche armadio segreto. Sorrido involontariamente e cerco di nascondere il viso nel suo ventre. Ora che ci penso, da questa posizione ho il volto proprio lì davanti.
"Uno, ho visto che hai sorriso. Due, leva subito la tua faccia da lì e vestiti. Capisco che sei in astinenza, ma cerca di contenerti" quest'ultima frase sussurrata all'orecchio. Arrossisco per l'imbarazzo e mi allontano velocemente. Scendo dal lettino d'ospedale e vado in bagno a cambiarmi e a darmi una lavata, per quanto io riesca. Faccio in fretta, non volendo far aspettare quel dottore scorbuto e impaziente che mi è capitato, ritornando nella stanza dopo due minuti circa. Mi sento flash. I capelli sono ancora arruffati e ai piedi ho ancora le ciabatte, ma avrò tempo di rendermi presentabile più tardi. Lauren mi prende la mano sinistra e mi accompagna dove ci attende l'uomo. Rispetto a ieri la ferita fa meno male e riesco a muovere un po' le dita. Penso sia un passo avanti. Entriamo nello studio di colui che dovrebbe chiamarsi Dr. Whitlock e ci accomodiamo su due sedie, poste entrambe difronte alla grande scrivania. Egli è intento a leggere qualcosa al computer, dopodiché guarda noi, squadrandoci per un momento.
<Quell'impacciato del mio collega ha dimenticato di scrivere il rapporto, quindi dovrai raccontarmi di nuovo come ti sei causata quel brutto taglio e il perché la tua amica ha tutte le nocche sbucciate> ci avverte. Sbuffa. Ma è nato stanco o perennemente scocciato? Sospiro, occhi verdi al mio fianco ha uno sguardo abbastanza gelido.
-Veramente?.. non ci hanno chiesto nulla, le ha solo chiamato qui per un controllo alla mia ferita che non smetteva di sanguinare..- rispondo esitante ed indicando la ragazza al mio fianco. Schiocca la lingua evidentemente infastidito e si rivolta verso il monitor.
<Bene, lo farete ora. Che è successo?> merda. E ora cosa gli dico? Non sono molto brava a mentire.
"Ero ad allenarmi con il sacco da box, mentre la mia ragazza stava mettendo a posto una pianta in un vaso. Nel farlo, l'ha fatto cadere e si è tagliata nel raccogliere i pezzi di vetro" afferma Lauren sicura. Come puo' distorcere la realtà in questo modo? E in così poco tempo poi. Mi sorprende ogni giorno sempre di più, dato che quando penso di conoscerla, ecco che spunta qualcosa che non so' o che non pensavo di poter ritrovare in lei.
<Capisco, ha perso molto sangue? È svenuta? Quanto tempo è passato prima di venire qui?> domanda, lo sguardo fisso sul monitor.
-Sì, ma sono rimasta cosciente.. penso.. quaranta minuti- si volta a guardarmi, è accigliato.
<Quaranta minuti? Stà scherzando vero? Mi spiega che ha fatto in tutto quel tempo?> okay, lui e la calma non sono grandi amici. Guardo la mia ragazza non sapendo cosa rispondere. Annuisce come se avesse capito e mi accarezza una coscia da sotto il tavolo.
"Credevamo fosse un taglio superficiale, ma quando abbiamo visto che anche con le medicazioni non smetteva di sanguinare, siamo venute qui subito" il tono atono. Non le piace proprio e sinceramente, nemmeno a me. Lui annuisce e una volta finito di scrivere, mi cambia la medicazione, controllando i punti e se c'è stata qualche infezione. Una volta finito, mi prescrive degli antidolorifici, mi scrive un esonero da ogni attività in cui rientri l'utilizzo della mano e ci saluta sgarbatamente. Ci dirigiamo nella stanza precedente, dove metto le scarpe e riordino la mia capigliatura da pazza. Era da un po' che non mi guardavo allo specchio, mi sembro più magra, gli occhi sono di un marrone scuro insolito e il colore della pelle è più chiaro del normale. Una volta sistemata per bene, prendiamo le nostre cose e andiamo.
-Non paghi?- chiedo ormai fuori dalla struttura. L'aria fresca mi sveglia completamente, mi accarezza il viso e mi fa' pizzicare il naso. Il sole riscalda la parte di corpo illuminata, mentre il resto è percorso da brividi di freddo. Finalmente è quasi primavera.
"No, ho pagato quello di ieri. Quando ti hanno ricoverata, ciò che hanno fatto poi è gratuito. Ed è stato meglio. Per quanto quell'uomo ci detesti, avrebbe fatto di tutto per farci sborsare più del dovuto" dichiara con una strana espressione sul volto. Penso sia disprezzo o... fastidio?
-Non ti piace proprio eh?- soffoco una risata. Scuote la testa e mi prende la mano quando attraversiamo la strada per entrare nei parcheggi. Mi sento una bambina, ma non sono a disagio. Mi piace questa sensazione. Camminiamo per un po', nessuna delle due parla, forse non ce n'è bisogno. Entriamo nella macchina, ci sistemiamo e mette in moto. Durante il tragitto il silenzio è rotto dalla musica proveniente dalla radio, che canzone sia non lo so. Guardo fuori dal finestrino, tutto scorre abbastanza veloce, l'unica cosa che ricordo ancora tra tutte quelle immagini è la gelateria. Mi piacciono, ovvio, ma non per quello. Ricordo che un giorno, da piccola, ero andata in gelateria a Dallas con i miei genitori a fare una passeggiata e io volevo il gelato. Era estate, faceva molto caldo, ed io odio avere caldo. Perché poi sudi, di conseguenza puzzi e guarda caso odio puzzare. Beh, ci fermammo in un bar e me ne presero uno confezionato. Mentre mangiavo, riconobbi i bulletti della mia scuola, ma non volevo far vedere ai miei che le cose non andavano bene, li avrei resi tristi, così quando vennero verso di me gli andai incontro. Non l'avessi mai fatto. Me lo fecero cadere a terra ed io ci rimasi davvero male. Non tanto perché fosse un gelato, ma perché me l'avevano comprato mamma e papà. Non ci vidi dalla rabbia. Spinsi Dereck, il capo banda, che andò a finire contro un bimbo di cui non ricordo il nome, cadendo poi a terra come un sacco di patate. In tempo i miei mi chiamarono ed io corsi via. È stata l'unica volta che ho reagito. Il giorno dopo, come temevo, si vendicarono, ma non mi importò molto. Ero fiera di me per ciò che avevo fatto. I miei pensieri vengono interrotti dall'auto che si ferma. Lauren scende e aspetta che io faccia lo stesso, per poi bloccare le serrature. Entrate in casa, ricordo del casino che ho lasciato la sera prima, così mi dirigo dai frammenti di vetro abbandonati al suolo. Prendo la scopa e la paletta, cercando di maneggiarli al meglio delle mie possibilità.
"Che stai facendo?" Salto sul posto per lo spavento. Mi paralizzo.
-Ehm... niente.. io..- non so cosa dire. È evidente che sto pulendo nonostante mi abbia detto il dottore di tenere la mano a riposo, ma è più forte di me.
"Quale parte della frase "esonero da attività che implicano il lavoro manuale" non ti è chiara?" Il tono severo, come se fosse mia madre. Oddio, ci sto davvero pensando? Okay, ho qualche problema. Si avvicina a me, prende gli oggetti dalle mie mani e mi indica il divano con la testa. Vado a sedermi e aspetto che venga anche lei. Una volta sedute una difronte all'altra, sento l'agitazione salire.
"Dobbiamo parlare" immaginavo.
-Lo so..- ho paura a guardarla.
-Che è successo ieri? Perché eri così arrabbiata?- mi risponderà? O farà finta di nulla? E se si arrabbia di nuovo? Solo il pensiero mi fa' rabbrividire.
"Ti avverto, non potrai farmi cambiare idea, non potrai farlo nemmeno con lei, dovrai solo accettarlo" la voce è un po' esitante ma neutra. Né agitata, né nervosa. La guardo in attesa.
"Clara vuole che io mi metta col figlio del suo nuovo fidanzato. Non le importa cosa voglio io, le interessa soltanto apparire perfetta e piena di soldi, che i suoi familiari soni ricchi e che appaiano sulle riviste. Ma io sono adulta, non faccio più parte di quella famiglia e non intendo rientrarci. Nemmeno mia sorella ne voleva far parte. Ha minacciato di farti espellere dalla scuola grazie alle sue conoscenze, cosa che non voglio. Così abbiamo fatto una scommessa. Se al prossimo torneo di pugilato riesco a rientrare tra i prima due posti, mi lascerà in pace" fa una pausa. Ma sua madre che problemi ha?
-Altrimenti?- prende un gran respiro. Non mi piace.
"Lascerò te e la scuola, dovrò mettermi con quel tipo e gestire con lui l'azienda del padre" il tono schifato. La notizia mi lascia per un attimo senza parole. Perché una persona che ha ciò che vuole, deve costringere la propria figlia ad essere qualcuno che non è? Perché non pensa anche alla sua felicità, a ciò che vorrbbe fare nella vita? E c'è un'altra cosa che non capisco.
-Ma perché un incontro di pugilato? Non potevate scommettere su qualcos'altro..?- qualcosa non mi torna. Da quel che ho notato lei non si allena più, non partecipa a nessun tipo di gara. Quindi perché puntare su quello? Non sarà che..
"Perché è convinta che perderò" il suo sguardo arrabbiato e contemporaneamente triste.
-Perché dici così?-
"Perché l'anno scorso sono stata a rischio di perdere l'udito, un polso e la caviglia sinistra. L'ultima la ruppi alla fine dell'incontro dopo il quale mi ritirai, il secondo lo slogai e in quanto l'udito lo salvai per poco. Basterebbero pochi colpi messi a segno in questi punti, che potrei rimetterci" ho paura. E se non vincesse? E se perdesse? E se si ritrovasse nella stessa situazione di anni fa?
-Io non voglio tu lo faccia- le dico seria. Mi guarda incredula.
"Tu cosa?"
-Non voglio. Come puoi sperare che mi vada bene se so che potresti rimetterci l'osso del collo? O cambiate le condizioni o..-
"O cosa? Mi lasci? Stai scherzando vero? Ti dico che sto rischiando tutto per te e tu? Tu che fai? Vuoi lasciarmi per questo?" Stà urlando mentre si è alzata in piedi davanti a me. Perché non mi fa mai finire di parlare? Perché deve essere sempre così arrabbiata con me?
-I-io non volevo dire questo- cerco di farmi coraggio, anche se sento ogni dellula del mio corpo tremare dallo spavento.
"Ah no? A me sembra di sì"
-Beh ti sbagli, okay? Volevo solo dirti che avrei parlato con lei e che l'avrei presa anche a schiaffi pur di farle cambiare idea. E volevo anche dirti che ho qualcuno che potrebbe aiutarti ad allenarti al meglio, ma sai cosa? Fa nulla. Credi sempre di sapere tutto quello che mi passa per la testa, ma non è così! E smettila di scaricare la tua rabbia su di me, fa male!- ora sto urlando io. Sento la gola bruciare per lo sforzo, le mani tremare dalla rabbia e il petto abbassarsi irregolarmente. Non volendo peggiorare le cose mi alzo e vado in quella che dovrebbe essere la mia stanza, lasciandola lì, in mezzo alla sala.

Possessive || Camren Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora