2^ Parte 55

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Dinah scoppia a ridere, seguita dai miei due amici, che si piegano e quasi piangono dalle risate.
<Bella battuta> dice Thomas, mentre batte le mani sulle ginocchia. Le uniche serie siamo io e Lauren, che ho paura di guardare.
<Beh? Che ho detto di divertente?> li guarda confuso e un po' stizzito.
-Austin... ti ho lasciato più di due anni fa circa, per favore non rendere le cose complicate- ho il tono basso, così come il capo. Mi sento così in colpa per il male che gli ho fatto e gli sto facendo, ma non lo amo e non lo ho mai amato. Credevo fosse così, ma col tempo ho capito che mi aggrappavo all'idea che mi ero fatta di noi. Mi convincevo che prima o poi sarebbe scoccata la scintilla, mi imponevo il pensiero che fosse così, sapendo che in fondo non sarebbe mai stato possibile. Se qualcosa non scocca subito, non lo farà più, o almeno, così è per me. Sento la mia mano vuota, accorgendomi solo ora che Lauren l'ha lasciata. Avvolge il suo braccio intorno alle mie spalle in fare protettivo, avvicinandomi più a sé. Inizia a giocare con i miei capelli, arricciandoli ciocca per ciocca.
<Non è vero, so che mi ami, che è finita solo per il tuo trasferimento. So aspettare, per favore...> mi guarda triste implorante. Io sorrido lievemente e ripeto ciò che ho detto poco fa.
<Ma..>
"Senti ragazzino, che ne dici di andarti a trovare qualcuno a cui interessi? Lei ha una vita ormai e tu non ne fai parte. Fattene una ragione. In un futuro lontano, magari riuscirai ad essere solo suo amico, o forse, le andrai ancora dietro come un cane. Dipende da te" il suo tono è quasi atono, ma la sua freddezza è tradita dai suoi occhi, che sprizzano rabbia. Quelli di Austin sono spalancati, le labbra leggermente semi aperte ed a questa visione, Lauren sorride.
"Se non chiudi la bocca subito, entrano le mosche"
-Lauren..- la richiamo a bassa voce, mi guarda per un attimo e alza poi gli occhi al cielo.
<E tu saresti? E poi fatti gli affari tuoi> sbotta infastidito, anche se il suo tono trema.
"La sua ragazza, quindi direi che sono affari miei" afferma stizzita. Il ragazzo castano punta i suoi occhi neri prima su di me, poi sulla ragazza al mio fianco, poi ricomincia a guardarmi, per passare subito a lei. Ripete il gesto per tre o quattro volte.
<Non starebbe mai con una persona così maleducata e scontrosa> per poco non le ride in faccia.
-Smettetela!- alzo la voce, io che non urlo quasi mai. Mi guardano quasi tutti.
-Se sei qui per litigare o per convincermi a tornare con te, puoi anche andartene. Ti ho già detto le cose come stanno, mi dispiace, ma sei solo un amico per me- cerco di non essere troppo dura e fredda nei suoi confronti. È alto uno e settantacinque, cinque centimetri più di Lauren, ha una media corporatura, muscoli accentuati che non ricordavo e la pelle chiara. Il padre è americano e la madre italiana. È un bravo ragazzo, ma non sa accettare i rifiuti.
<Quindi stai davvero con lei?> leggo delusione nei suoi occhi. Annuisco.
<Ti ha costretta?>
-No-
<Minacciata?>
-No- mi sto innervosendo.
<Ti ha picchiata?> non riesco a rispondere subito, scuoto solo la testa. Effettivamente lei non alza un dito su di me, ma in generale l'ha fatto, anche se sono passati parecchi mesi da allora.
<Già... lo dicevi anche gli anni scorsi..> la guarda male.
-No.. non mi picchia per stare con lei.. ci sto perché voglio..- sussurro.
D: Okay basta così: interviene Dinah.
D: Esci da qui ora, ne ho abbastanza: è irritata, cosa non affatto positiva.
<Non ci credo! Dopo tutto questo tempo.. non hai ancora capito che non devi farti trattare così?> stavolta urla e avanza verso di me. Indietreggio impaurita, Lauren si mette davanti a me per farmi da scudo e la vedo pronta a tirargli un pugno. Viene preceduta dalla mia migliore amica che lo tira all'indietro per un braccio e glielo piega dietro la schiena.
D: Ho detto: FUORI DI QUI, ORA!: è super arrabbiata, Thomas e Normani saltano dallo spavento. Austin aspetta di essere lasciato libero e senza dire nulla, esce di casa furibondo. Ed io che volevo cercare di trascorrere i giorni qui in modo sereno. Un corno proprio.
<Ehm.. che ne dite di andare a riposarci? Ci incontriamo a cena> propone Thomas. Tutti annuiscono confermando, tranne me, troppo presa a pensare alle parole che mi ha detto Austin.
"Camila?" Mi richiama lei. La guardo distratta, non mi va di parlare al momento.
"Puoi venire con me un attimo? Dobbiamo fare due chiacchiere" lo dice all'orecchio, così che possa sentire solo io. Come non detto. Di male in peggio. Sospiro, prima o poi dovevo dirglielo, anche se avrei preferito fosse una mia scelta il quando e il dove. Normani scende al piano di sotto con Dinah, raggiungendo Ally in cucina, Thomas invece va a dormire come aveva detto e noi ripercorriamo la strada fatta poco fa. Ci dirigiamo verso la nostra camera tranquillamente, anche se i miei passi sono molto lenti e mi appaiono pesanti. Lauren cammina in modo deciso davanti a me, siamo ormai sole e l'aria è tesa. Apre la porta ed entra, dirigendosi verso il letto e sedendosi nel mezzo. Io rimango sull'uscio, non sapendo se entrare o lasciarla sola a pensare e sbollire. Si vede che non è calma.
"Per quanto intendi stare ancora lì?" Domanda dopo un sospiro. Esitante, varco la soglia e chiudo piano la porta, rimanendo comunque in piedi davanti a lei. Si massaggia le tempie, il capo chino, io mi dondolo sui talloni nervosa.
"C'è qualcosa che devi dirmi?" Ora mi fissa, trattengo il respiro, non so cosa risponderle. Potrei mentirle per rassicurarla, ma mi sentirei in colpa subito dopo. Inoltre, se non lo venisse a sapere da qualcun altro, probabilmente mi odierebbe.
"Camila, sto aspettando" non so come iniziare, come formulare il discorso senza ferirla. Sta stringendo le lenzuola sempre di più, sicuramente per trattenere la rabbia.
"Sai che quando ti domando una cosa, devi rispondermi subito" quasi ringhia, sta perdendo il controllo. Ho paura. Indietreggio, stringendomi nelle spalle. I suoi occhi mi fissano freddi, quel verde che tanto amo è quasi nero.
-Io..- ho la gola secca.
"Di' qualcosa, cazzo! Stai davvero con me per paura? È così?" Alzo velocemente lo sguardo verso la sua sagoma in piedi, il volto quasi disperato.
-No- rispondo subito.
-Come puoi pensarlo?- mi sento ferita.
-Come puoi anche solo pensarlo?! Come?!- la mia voce è un urlo soffocato.
-Dopo tutto quello che è successo, che ho fatto con te, tu pensi questo?- il tono che aumenta, la sua espressione sorpresa ma al contempo indecifrabile.
"Cosa dovrei pensare se non mi rispondi?" Sbotta a sua volta.
"Parlami, cosa intendeva?" È più calma, ma il corpo è ancora teso.
-Non posso- sostengo il suo sguardo.
"Così come non potevi farti toccare, baciare? Così come non potevi innamorarti di me, darmi di più?" Si avvicina piano, la voce roca rimbomba nella mia testa. Dio, cosa mi fa questa ragazza. È a pochi centimetri da me, il suo capo leggermente abbassato per guardarmi ed il mio alzato per fare lo stesso. Si china ad annusarmi il collo, gesto che non comprendo subito.
"Non puoi come non potevi lasciare che sentissi il tuo odore? Non potevi lasciare che ti stessi vicino?" Mi bacia il collo, sento il suo respiro, i brividi lungo le braccia.
"Siamo al punto di partenza, piccolo angelo" sussurra al mio orecchio. Ho un cedimento di gambe, mi aggrappo a lei per non cadere. Mi regge e mi spinge al muro, lasciandomi poi cadere al suolo lentamente. Ho il respiro irregolare, chiudo gli occhi per calmarmi. Odio l'effetto che mi fa, come reagisce il mio corpo al suo.
-Non voglio farti del male..- riesco soltanto a dire. Mi accarezza una guancia, poi ritrae la mano e si posiziona in ginocchio tra le mie gambe.
"Me ne stai facendo di più in questo modo. Sono sempre stata sincera, pretendo lo stesso" mi rimprovera, o forse è solo la mia impressione.
-Promettimi che nonti scuserai- dico in modo di supplica. Mi guarda senza capire.
-Prometti!- insisto.
"Va bene, prometto" è seria. Prendo un profondo respiro, guardo per terra.
-Ho lasciato Dallas anche per un altro motivo, che non riguarda i miei o il lavoro- ho la voce bassa, a malapena udibile.
-Ero stanca di vivere qui... di soffrire..-
"Cosa ti faceva stare così male tanto da spingerti ad andartene?" Ha il mio stesso tono.
-Fino al giorno in cui ho iniziato a frequentare le elementari, mi hanno sempre presa di mira. I motivi erano sempre diversi, a volte gli stessi, dipendeva dalle persone. All'inizio erano solo prese in giro, dispetti. Mi dicevo che non ero io il problema, che non gli avevo fatto nulla. Crescendo però, le cose sono peggiorate. Quando tutti scoprirono che mi piacevano anche le ragazze, per la prima volta in vita mia sarei voluta sparire. I ragazzi mi picchiavano quasi tutti i giorni, le ragazze mi trattavano come se fossi un sopruso, gli insegnanti.. beh a loro non importava. Nonostante ci fosse Dinah con me, io ormai volevo solo darci un taglio. Ero stanca. Quando un'estate incontrai Austin, che si era appena trasferito, decisi che non sarebbe più stato così. Iniziai a mangiare meno e ad uscire con lui, notando che più passava il tempo e più mi riservava determinate attenzioni. Quando si dichiarò dissi di sì senza pensarci, volevo essere normale, sentirmi accettata e lui teneva a me- ho iniziato a piangere, ricordare non ha mai fatto così male. Mi brucia la gola e il dolore al cuore è insopportabile. Mi rannicchio, mettendo le ginocchia al petto e appoggiandoci sopra la testa.
-Lui fu la mia prima volta, ma non provai nulla. Mi sentivo così in colpa verso me stessa, così vuota, da non provare nulla. Lui mi amava, io no. Né me, né lui. Non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia. Così, decisi di lasciarlo. Andai da un letto ad un altro per un mese circa, non mi importava se fossero ragazzi o ragazze, che fossero violenti, volevo staccare la spina. Lui però mi mancava e così, decisi di riprovarci. Ma come pensavo non funzionava, o almeno per me. Ero stanca di fingere, di soffrire, di prenderlo in giro. Così, quando seppi del trasferimento ne approfittai e lo lasciai definitivamente, decidendo di cambiare radicalmente. Per me stessa e per gli altri. Sono diventata ciò che sono ora e sono fiera di me stessa- silenzio. Soltanto silenzio, rovinato dai miei singhiozzi trattenti. Mi faccio davvero schifo. Magari lei ora non mi vorrà più. Si siede al mio fianco e di sorpresa, si mette a cantare. Chi è che si mette a cantare in un momento così? Non una persona normale, cioè lei.
"You don't have to try so hard
You don't have to give it all away
You just have to get up, get up, get up, get up
You don't have to change a single thing

You don't have to try, try, try, try, i-i
You don't have to try, try, try, try, i-i
You don't have to try
You don't have to try

Take your make up off
Let your hair down
Take a breath
Look into the mirror, at yourself
Don't you like you?
Cause I like you" la sua voce roca risuona nella stanza, sovrastando il rumore causato dal pianto. Mi calmo lentamente, ascoltando attentamente le parole della canzone e lei, che ho trovato a fissarmi con un mezzo sorriso sulle labbra. Alzo piano il capo e tiro su col naso, mentre calde lacrime scendono rapide sulle mie guance.
"Mi hai fatto promettere di non scusarmi, quindi non lo farò. Ma lascia che ti dica che mi dispiace. Sono stata l'ennesima persona che ti ha trattata come se fossi un oggetto di sfogo, che ti ha ferita, che non si è preoccupata dei tuoi sentimenti. Mi dispiace di averti fatto rivivere un passato del genere, di aver pensato solo a me. Sono stata egoista. Lo sono" trattiene una risata per l'ammissione di quel difetto, come se non se ne fosse mai resa conto, fino ad ora.
"Ma lascia che ti dica questo" prende il viso tra le mie mani, cercando di asciugare le lacrime con i pollici, mi fa male la testa.
"Tu non hai bisogno di una dieta per essere bella o accettata. Perché tu vai benissimo così, sei più che abbastanza, sei la persona per cui ho perso la testa. Sei semplice, te stessa, mantieni i tuoi ideali, non ti fai mettere i piedi in testa. E i tuoi occhi? Dio, potresti essere cinque, dieci chili in più che non mi importerebbe. Finché posso guardare quegli occhi, per me puoi anche un alieno. Voglio che impari ad amarti di più, perché sei una meraviglia, perché io lo faccio" rimango senza parole. Ricomincio a piangere più forte, buttandomi tra le sue braccia e lasciandomi andare. Non mi importa che ci sentano, ho bisogno di lasciarmi tutto alle spalle una volta per tutte.
"Il passato è passato, importa ciò che è ora, chi siamo ora. E la persona con cui sto adesso è la migliore al mondo. Troveremo una soluzione okay? Non permetterò ti facciano del male e che nemmeno te ne faccia io. Ora però smetti di piangere, per favore" mi accarezza i capelli dolcemente, mentre mi parla alla stessa maniera. Passiamo il tempo in questo modo fino all'ora di cena, con lei che mi consola ed io che mi lascio andare.


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