Nella Baita

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Siamo chiusi nella baita.

Il tiratore scelto ha smesso di spararci contro, ma credo di non averlo colpito: nel bosco gli spari sono andati avanti due ore, probabilmente ha trovato qualcosa di più importante da fare, come ad esempio salvarsi la pelle.
Qualcuno là fuori sta facendo una grande confusione.

Per due ore abbiamo sentito il terribile ronzio dei droni dell'esercito: non è sicuro rimanere qui, ma forse se non accendiamo la torcia o il fuoco del camino passeremo inosservati per qualche ora.

London è ferito e deve recuperare le forze. Il proiettile è entrato e uscito e non ha colpito organi, ma lui ha la febbre alta.

Mi avvicino e gli sussurro: - Comandante dobbiamo controllare la ferita.

- Ancora? Non hai altre scuse per vedermi nudo?

- Dobbiamo cambiare la garza.

Mia madre mi ha insegnato a fare medicamenti, non sono in grado di mettere punti di sutura, ma pulire le ferite con il disinfettante sì. Aiuto London a togliersi il maglione cercando di non fargli male. Gli arrotolo la maglietta e scopro il fianco, nonostante la ferita non posso fare a meno di ammirare il suo torso da bronzo di Riace, abbronzato e scolpito. La ferita consiste in due fori scuri nel fianco. Lo disinfetto veloce e riapplico la garza con i cerotti.

London riprende a battere i denti. – Dov'è il mio Rum?
Ho nascosto la sua fiaschetta, non gli fa bene bere alcoolici.
- Abbiamo due modi per scaldarci - dico seria - o ci sdraiamo una sull'altro o accendiamo il fuoco.

- Il fuoco non è possibile lo sai,  ci vedrebbero. - Dice sorridendo.

A quel punto, senza dire altro, mi corico sopra di lui con le mani davanti a me, i guanti appoggiati sul suo petto.

Siamo uno sopra l'altro come due amanti. Appoggio la testa sulle mie mani e sotto sento il suo il cuore che batte, attraverso la cassa toracica che sale e scende lenta. Il suo corpo sa di ginepro e disinfettante.

Trema ancora, ma meno di prima.

Ad un tratto si riscuote e dice:

- Soldato, se avessi saputo delle tue cure, mi sarei fatto ferire prima!

Arrossisco, per fortuna è buio e non mi vede.

- Se provassi a chiamarmi June, Comandante? E' già la seconda notte che dormiamo insieme.

Mi pento subito di quella frase, so che gli sto dando troppa confidenza e aggiungo subito.

- Mi sono sdraiata sopra di te solo perché tu non vada in ipotermia. Sei molto debilitato e potrebbe succedere.

Ad un tratto mi si rizzano tutti i peli delle braccia.

Il ronzio è inequivocabile. C'è un drone vicino alla finestra.

Vediamo le luci delle telecamere. I raggi attraversano il vetro sporco e si muovono sopra le nostre teste, illuminano i suppellettili di rame e ottone del capanno appeso al muro: tratteniamo entrambi il respiro. Ho la balestra con un dardo armato a pochi centimetri dalla mia mano, devo solo togliere la sicura e far saltare quel piccolo bastardo con le ali.

Io non lo farei se fossi in te! - Sussurra London, che ha capito le mie intenzioni - La mitragliatrice è già puntata contro di noi. Il minimo movimento e potrebbe farci a pezzi! -

Al corso di addestramento Droni abbiamo provato di tutto con "Bobby", il drone militare catturato e riprogrammato da Parcy.  A meno di un metro, anche nel buio totale, il drone notava il respiro caldo;  i sensori di Bobby rilevavano un grado in più rispetto all'aria esterna, e subito le mitragliatrici ti sparavano addosso due chili di vernice da addestramento alla pressione di una atmosfera. Sento ancora il sapore della vernice e lo rimpiango: i proiettili al carbonio del nostro amico là fuori sono molto peggio.

Calcolo che il drone incursore sarà a circa a tre metri. A quella distanza non percepisce più il respiro. Però i raggi infrared intercettano ogni piccolo movimento, anche una battito di ciglia. Oltre i cinque metri non usa più  il sistema infrared, ma le telecamere con gli otturatori aperti al massimo, colgono i riflessi della luna sul vetro di un orologio o sugli occhiali.

Io e London conosciamo tutto del sistema nervoso di quei mostri volanti, più mortali dei barracuda e siamo tesi come due corde di violino. London si trattiene per non battere denti: vedo spuntare una lacrima tra le sue palpebre chiuse, per lo sforzo di non muovere i denti che sta stringendo con stridore quasi metallico.

Vorrei aiutarlo a sopportare il dolore e il freddo, ma non posso fare nulla.

Infine il drone indietreggia. Lo capiamo dalle luci che si affievoliscono. Forse sta per distruggere tutta la baracca e mandarci arrosto con uno dei due missili terra aria. Sentiamo le eliche che si allontanano ancora: conto i secondi. Dai mie calcoli ora è a venti metri, la distanza giusta per il lancio missili. Dopo un istante interminabile si allontana ancora e la tensione si scioglie. Anche London sta contando come me e incomincia a rilassarsi.

- Ora sarebbe il momento di baciarsi no?-  Dice e sento dalla sua voce che sta sorridendo.

Sorrido anche io e mi scosto da lui.

- Forse ora Comandante ti lascerò bere un sorso di quel rum che tieni nella fiasca.

Fino ad ora non glielo ho lasciato prendere per non peggiorare le condizioni del suo sistema immunitario, ma piuttosto che in uno slancio di vita, mi salti addosso è meglio che glielo dia.
O preferisco che lo faccia?

Tranquilla June! Devi badare alla salute del tuo Comandante, deve passare lo notte.

Gli offro il rum che sorseggia con avidità e subito dopo si corica di nuovo e lo sento respirare pesante. E' sfinito e spero che si addormenti.

Il mattino seguente mi risveglio con il sole che illumina la capanna. Mi arrampico fino alla finestra e vedo uno spettacolo meraviglioso: un laghetto ghiacciato a Sud e una distesa coperta di neve: il sole la illumina in tanti puntini brillanti.

Vedo uno scoiattolo che corre nel bosco. Incredibile: rimango incantata dalla vista della sua lunga coda e di come zampetta sulla neve: mi sento come sa avessi di fronte una fatina del bosco, fin ad oggi avevo visto uno scoiattolo solo sui libri! Da noi non ce ne sono più da anni,  dicono sia per via dei cambiamenti climatici. 

Non odo più il rumore di eliche.

Devo uscire, mentre London dorme ancora. Gli tasto la fronte: è calda, ma non più bollente come la sera prima. Ce la farà a rimettersi in marcia?

Decido di uscire in cerca di cibo. Le scorte degli zaini son quasi finite.

Che mi sono messa in testa? Di prendere un cervo con un dardo esplosivo? Sono una Ribelle, non Diana la cacciatrice. Per difendermi non esiterei a sparare ai soldati dell'esercito, ma non credo di avere il fegato di ammazzare a sangue freddo uno scoiattolo innocente, animale ormai mitico sulle nostre Alpi; Perciò se non trovo i compagni con le scorte dovrò scendere in pianura e cercare soccorso tra le gente dei villaggi.

Questa regione dovrebbe essere pacifica, qui non ci sono stati gli assalti ai supermercati, come nelle zone del Sud. E non credo siano vere le terribili storie sui campi profughi. Questo è un posto civile, si capisce da come è ordinato il capanno.

Non ho alcuna idea di dove sia finito Nemo e gli altri: c'è stata un battaglia nella notte e devo andare a vedere cosa è successo.

June La RibelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora