Assalto

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L'assalto al muro é iniziato: gli arcieri alle nostre spalle usano le balestre e gli archi per accecare i droni. Senza più telecamere, i robot volanti vanno in stand by e planano a terra inoffensivi, ad uno ad uno, come falene assonnate.

Io e Sheila, con il resto degli incursori siamo appostate a cento metri dal muro e aspettiamo che l'ultimo drone si appoggi a terra, prima di alzarci con lo zaino pieno di esplosivo e correre ai piedi del muro.

Finalmente quando anche l'ultimo drone scende a terra cieco e silenzioso, London da il segnale.

Parto in corsa nel tratto che separa gli alberi dal muro. Il cuore mi martella in gola e nei timpani. Secondo i calcoli di London abbiamo sette minuti, prima che altri robot volanti raggiungano quel tratto di muro. Con le eliche alla massima velocità, un drone viaggia a centoventi chilometri-ora, il deposito più vicino è a trenta chilometri: sette minuti e saranno qui.

Quando i miei compagni arrivano a dieci metri dal muro ci accorgiamo che qualcosa non va.

Sheila urla e io vedo che la mia amica è ferita ad una gamba, per fortuna una ferita lieve di striscio, ma comunque impressionante. Guardo verso l'alto e ciò che vedo mi pietrifica: sul muro di cinta ci sono soldati veri, almeno una trentina di uomini con fucili imbracciati, visori notturni e giubbotti, e le mostrine del governo centrale.

London alza il pugno, segno che si deve ripiegare: per fortuna ci sono alcuni massi, ma è troppo tardi. I due incursori più avanzati, mentre corrono al riparo, rimangono feriti e si trascinano dietro i massi.
Non riesco a credere ai miei occhi: i soldati di frontiera hanno ordine di sparare sui ribelli, anche se sono ragazzi?

Sono nascosta dietro un sasso conscia che non appena uscirò dal riparo mi colpiranno.

Poi accade qualcosa di ancora più incredibile.

Alle mie spalle sento un rumore di eliche e vedo quattro droni militari, del nuovo modello francese armati con missili, che puntano su di noi.

E' la fine: mi preparo a morire.

Invece i droni fanno fuoco sul muro: i missili emettono un sibilo acuto seguito da un boato assordante. Tanto che devo tapparmi le orecchie con le mani.

Dopo dieci minuti di finimondo, che mi sembrano un'eternità e in cui sono rimasta accasciata dietro il masso terrorizzata e con le mani sulle orecchie come una bambina, odo il fischio di London, il segnale di avanzare.

Regna un silenzio spettrale: una sezione di sei metri del muro è ridotto in macerie e non si vede più nessuno. I soldati sono fuggiti, messi in fuga dai missili dei droni neri, ma temo che siano rimasti feriti alcuni soldati.

London corre al muro e inizia a posizionare le cariche.

- Forza mettete l'esplosivo alla base del muro.

Rabbrividisco e chiedo a London:

- Comandante, non rischiamo di ferire qualcuno?

- Gli ordini di Nemo sono di fare cadere questo muro. Del resto i soldati ci hanno teso un'imboscata. Per fortuna c'era Parcival a coprirci le spalle: Nemo è sempre un passo avanti.

Non voglio rischiare di uccidere un uomo. Davvero Nemo ha ordinato di usare l'artiglieria pesante contro soldati in carne e ossa?

Posizionate le cariche ci allontaniamo per nasconderci di nuovo dietro i sassi.

London preme il telecomando e un boato terribile è seguito da un forte odore di bruciato.

Avanziamo con le balestre cariche. Ma sono utili per affrontare un'arma automatica? Ne dubito.
Non so se sentirmi protetta o intimorita dai droni di Parcival che girano sopra noi come corvi. Oltre il muro non troviamo feriti, ma ovunque regna l'odore di pendrite e gelatina esplosiva.
I soldati sono sepolti sotto le macerie o li hanno portati via?

- Missione compiuta, Ritiriamoci. Dice London.

Rientriamo, trasportando i feriti su camion al campo. Il piano di fuga prevede che tutta la brigata di cinquanta Carpe Diem si divida in alcuni nascondigli nei boschi. Perciò abbiamo con noi provviste per un mese e un team medico, nel gruppo: giovani studenti di medicina, stanchi di infiniti praticantati, che si sono uniti a noi.

- Come va?
Chiedo a Sheila mentre i compagni la portano all'ospedale da campo.

- Ho solo un graffio, ma Archer è gravemente ferito. Perché è così importante abbattere un pezzo di Muro? Dice con una smorfia di dolore Sheila e poi aggiunge: - Per poco non ci facevamo ammazzare!

London risponde:

- Oggi siete stati coraggiosi, vi meritate di diventare "Carpe diem", Il muro è un simbolo. In passato abbiamo fatto una sceneggiata sul Bundestag, ma era solo vernice. Ogni luogo dove si rappresenta il popolo è degno di rispetto e noi non lo colpiremo con esplosivo, invece abbiamo deciso di attaccare, con ogni mezzo, i simboli della dittatura e del potere, ovvero questo maledetto Muro.

- Ma Nemo non ci ha mai detto che avremmo affrontato soldati vivi.

- Ci hanno sparato addosso: ci siamo difesi.
Sono scossa. Nonostante tutto l'allenamento non avrei mai immaginato di dover partecipare a  diciassette anni ad un'azione di guerra contro soldati veri. Con voce incrinata dico:

- London abbiamo due feriti. Forse i "nostri" droni hanno colpito i soldati! Perchè tanta violenza? Che senso ha? Presto chiuderanno il buco nel muro.

London risponde con voce di ghiaccio.

- Anche a me non piace la guerra, ma non chiuderanno il varco tanto in fretta, credimi, questa notte hanno altro a cui pensare.

Accende la radio e le notizie mi paralizzano.

"Decine di ribelli hanno attaccato in quindici punti il muro a Sud. Non è ancora noto il numero delle vittime nell'esercito:  si teme che dalle province del sud un'ondata non controllata di ribelli invada il centro Europa. Subito dopo l'attacco, colonne di camion di clandestini si sono riversate sulle strade e attraverseranno i varchi nelle prossime ore. Il governo sta valutando come intervenire."

Allora il nostro gruppo non è il solo ad attaccare in quella notte, e ci sono state vittime.

Non dormirò per questo pensiero. Sono diventata una ribelle con la speranza che nessuno sarebbe mai morto.

Che ingenua sono stata.

June La RibelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora