Capitolo 14

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Victoria.

-Ciao Victoria- la signorina Ashley sta percorrendo il corridoio.
Indossa un'altra fascia sulla testa, blu notte, intonata alla sua maglietta e ai suoi jaens.

-salve signorina Ashley- la saluto. Sto tornando a casa. Dylan ha gli allenamenti e tornerà più tardi con Leo.

-come va?- chiede.

-potrebbe andare anche meglio- sorride-ma anche peggio- dice poi. È una donna molto matura.

-ha bisogno di una mano?- le chiedo vedendo che tra le braccia ha delle buste di carta contenenti delle tele.

-grazie..- me ne porge un paio.

-dove deve andare?- chiedo.

-alla fermata dell'aut- non se ne parla che io l'abbandoni alla fermata.

-salga sulla mia macchina- dico.

-Cosa? - chiede.

-l'accompagno io- dico mentre poso le buste nel cofano.

-Non ce ne sarà di bisogno, ce la fac..- barcolla e io mi fiondo da lei.

-sta bene?- chiedo sorreggendola.

-si,si, è solo un capogiro...tutto okay..- sorride.

-accetti il mio passaggio- le dico.

-va bene- ha accettato e mi sento più sicura.

****

-fa chemioterapia?- chiedo mentre guido.

-no, non ho voluto farla- dice sorridendomi.

-come mai?-

Sei troppo curiosa.

Oh cazzo..è vero.

-cioè mi scusi..- mi scuso per la mia curiosità.

-non farlo, mi fa piacere parlare con te- dice -non ho accettato di farla perché..so che non mi salverà la vita-

-ma la potrebbe allungare-

-allungare le sofferenze, per me e per la mia famiglia- dice.

-ma potrebbe dare una speranza ai suoi cari- penso sia questo quello che farei io.
Vorrei dare una speranza...una speranza non solo per loro ma anche per me.

-ma una speranza vana, non guarirò Victoria- stringo il volante- non potrò mai più guarire- sussurra.

-Perché?- chiedo -perché succede tutto questo?- mi faccio queste domande.

-perché vuol dire che doveva andare così..- sussurra lei, sembra così tranquilla..

-no, non può veramente andare così, non può essere che una ragazza che ancora non ha nemmeno trent'anni, muoia a causa di un male...così...così...- non trovo le parole.

-un male così feroce? È vero Victoria. La mia malattia è come se fosse un leone e il mio corpo una gazzella- dice.
Sono arrabbiata con il mondo adesso. Non mi capacito di ciò.

-dove devo fermarmi?- siamo arrivati nel suo quartiere.

-quella casa- me ne indica una rosa pallido.
Parcheggio e nel frattempo penso a tutti i sogni che mi ha detto di voler coronare.

Diventare mamma, per esempio.

-guardali- mi dice indicando le buste.

-posso, veramente?- chiedo.
È la prima vola che io vedo un suo lavoro, dei suoi lavori e ne rimango estasiata.

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