Capitolo 34

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Victoria.

Sdraiata sul mio letto osservo il soffitto chiaro e spoglio. Quando ero piccola spesso, assieme a mia madre, attaccavo delle stelline che la notte, nel buio pesto della mia stanza si illuminavano. A quel tempo il buio non era il io incubo peggiore, a quel tempo ero la bimba più felice del mondo, mi trovavo nella famiglia più bella del mondo: mio padre tornava da lavoro molto presto, dava un bacio a mamma e subito dopo a me. Non andava in ordine di importanza, era solito, esclusivamente, fare così. Era tutto perfetto fin quando mia madre non ha iniziato perdere la ragione, in un certo senso. Il buio, le crisi e le urla. Mi ritorna in mente tutto, tutti i minimi particolari, tutto quello che è riconducibile a lei lo vedo materializzarsi davanti a me. Il buio, quando chiudo gli occhi, le grida, quando respiro, le crisi, le mie lacrime che non lascio sfuggire. Eccola davanti a me, la sua figura esile, contornata da un cappotto lungo e nero, eccola lì, quegli occhi verdi dalle sfumature marroni, eccola lì, mi osserva ma non parla. Allunga una mano verso di me e io mi lascio andare. Sono stanca. Cado.

Il telefono squilla e mi sveglio di soprassalto. Sono le 5:20 del mattino e come al solito,dopo un brutto incubo, mi sveglio di soprassalto. È passata una settimana circa e domani dovrei incontrarmi per finire il progetto con Chris.

Ho dovuto evitare Dylan e gli altri e ho abbandonato i vari gruppi WhatsApp che avevano creato così da poter parlare sempre. Mi passo una mano sul volto e mi alzo. Ho bisogno di una doccia calda e quando esco da essa sembra che i miei muscoli si siano rilassati leggermente. Sullo schermo del mio telefono c'è l'icona di un messaggio ed ecco che ne rimango di sasso. Ecco perché mi sono svegliata.

Messaggio da sconosciuto:

"continua così piccolina, ottimo lavoro. Adesso, visto che dagli amici e dall'amore ci siamo allontanati..che ne dici i allontanarti dall'unico componente ella tua famiglia rimasto accanto a te?"

Mi manca l'aria e il cellulare casca a terra. mio padre adesso? Non so se ne avrò il coraggio. Nonostante io e lui non abbiamo molte occasioni di dialogo...io non voglio separarmene...io non voglio.

Messaggio a sconosciuto:

"perché? Adesso basta. Chi siete? Cosa volete da me? Cosa vi ho fatto?"

Invio senza pensarci e poi mi tiro leggermente la cute dei capelli. Sono domande che avrei dovuto fare a tempo, che avrei dovuto voler sapere e conoscere a subito.

Il telefono vibra i nuovo.

Messaggio da Sconosciuto:

"forse hai bisogno di qualche altra dimostrazione. Ma questa volta non so e ne uscirà qualcuno vivo, ho una mira infallibile"

"Una mira infallibile"

No...non può essere.. per un attimo vedo mio padre per terra, inerme con un buco nello stomaco. Tanto sangue e i suoi occhi vitrei. Non ci penso neanche e digito:

" no, va bene, lascerò anche lui" e lo invio.

Crollo su me stessa e lotto con le unghie e con i denti per non piangere ma non ce la faccio. Piango. Sono una debole.

-Victoria..- neanche mi accorgo che mio padre arriva alla porta. È lì, nel suo pigiama a quadretti -cosa succede?- mi domanda avvicinandosi a me e toccandomi la spalla. In quel tocco rivedo l'uomo che molti anni prima mi ha stretta come se fossi stata l'unica cosa della quale importava, rivedo quell'uomo che la notte piangeva nella sua stanza cercando di non farsi sentire, rivedo quell'uomo che inizialmente non riusciva neanche a guardarmi in faccia per la troppa somiglianza e rivedo, inoltre, quell'uomo che ha lavorato tanto sul quale volto non inganna. Rivedo in quegli occhi di ghiaccio così lontani dai miei, il dolore, la forza e l'amore. mio padre. Il padre che devo abbandonare.

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