Capitolo 44

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Dylan.

-siete sorpresi...vedo che il mio piano è riuscito alla perfezione- sorride ancora -ovviamente starete pensando: "come ha fatto il professore di storia a creare tutto questo?"- chiede sorridendo appena.

Nessuno di noi risponde. Io lo guardo in cagnesco. Non mi è mai stato simpatico e adesso ancora di meno...come ha fatto? Come diamine ha fatto?
Cosa lo ha spinto a fare tutto questo?

-vendetta- continua a parlare e rispondendo alla domanda che la mia mente si era posta-una vendetta lenta e molto dolorosa...non è vero Victoria?- allunga una mano e gli afferra il mento. Vedo gli occhi di Victoria strabuzzarsi e le mani afferrare con forza i braccioli della poltrona dove è ancora seduta e smarrita.

-ricordi il dolce viso di Dalila com'era martoriato la prima volta..? Per non parlare della seconda...anche quel peperoncino di Lory non era niente male- alita sulla sua faccia.
Nonostante lei cerchi di spostarsi lui non lascia la presa.

Io non ci vedo più per la rabbia.
È tutta colpa sua quello che è successo a tutti noi.
È stato lui a intimorire così tanto Dalila, ecco spiegato il suo comportamento, ecco perché era così spaventata.
È stato lui la prima volta ed è stato lui la seconda...

È stato lui ad obbligare Victoria a lasciarci andare, approfittando del suo amore verso di noi.

È stato lui che ha fatto di tutto per renderci la vita un inferno.

È stato sempre e solo lui.

Le sue mani sul viso di Victoria, la MIA Victoria mi fanno del tutto imbestialire.

-non la tocchi - dico alzandomi e facendo non so quanti passi verso quell'uomo schifoso.
Due uomini o ragazzi, non saprei, mi fermano per evitare che io possa fare qualcosa di azzardato.

Vedo Victoria che riesce a liberare il suo viso e incrocia i suoi occhi ai miei infondendomi subito un mix di emozioni contrastanti e straordinarie: amore, paura, forza, odio.

-perché altrimenti cosa fai, ragazzino?- Richard si volta verso di me dando le spalle a Victoria che sembra pensare a qualcosa da fare.
Lo vedo dai suoi occhi intenti a studiare tutto intorno e le sue sopracciglia increspate.

-non ha idea di cosa sono capace quando toccano quello che mi appartiene- dico ringhiando.

- e quando invece sei tu a rovinare le persone a te care?-chiede lui avanzando verso di me e infilzando con i suoi occhi chiari i miei scuri –cosa succede?- si avvicina ancora e chiude i suoi occhi in due fessure minuscole che sembrano tagliarmi dentro.

-di che cosa sta parlando?- chiedo cercando di strattonare i bisonti che mi tengono fermo.

-oh..suvvia, non fare il finto tonto. Tua sorella è all'ospedale, bloccata su di un letto per colpa tua. Non hai senso di colpa? Non ti senti un assassino?- chiede. È a pochi centimetri da me. Dalla sua bocca esce puzza di alcool.
È ubriaco ma so che quello che dice è la verità. Bea.

Bea...è su di un letto di ospedale, è vero. Sono stato io. Lo so. Ma non è morta.

-non sono un assassi..- mi dimeno per cercare di colpirlo ma non posso. Non mi fa finire di parlare.

-si che lo sei- dice lui- sai bene che non si sveglierà mai- continua.

Si sveglierà. Si sveglierà. Si sveglierà.

Queste parole risuonano nella mia mente. Sembra che io voglia convincere me stesso ma le sue parole mi stanno facendo del tutto perdere.
Si deve svegliare.

Non ti senti un assassino?

Si, io mi sento un assassino se penso a quello che potrebbe succedere...io..

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