Capitolo 40

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Victoria.

Quando metto piede nella mia stanza la prima cosa che balza nei miei occhi è il libro di poesie che ho lasciato sul mio letto, è ancora aperto sulla poesia che ho letto prima di decidere di andare da lui, prima che io decidessi di rischiare per lui. Lo prendo nelle mie mani e aprendolo, in una pagina a caso, la poesia che balza al mio occhio è:

Perché ti amo, di notte son venuto da te
così impetuoso e titubante
e tu non me potrai più dimenticare
l' anima tua son venuto a rubare.

Ora lei è mia – del tutto mi appartiene
nel male e nel bene,
dal mio impetuoso e ardito amare
nessun angelo ti potrà salvare.

(Herman Hesse)

Perché io lo amo, e nella notte sono andata da lui, impetuosa e titubante. Non potremo mai dimenticare. Gli ho rubato l'anima come lui ha fatto come me. Adesso è mia, è vero. Mi appartiene nel bene e nel male. Adesso noi siamo l'uno parte dell'altra. E non c'è cosa più bella. Tutto però ora che era iniziato, deve finire. Questo sarà il mio ricordo più bello, quello che porterò con me per sempre.

****

Sento mio padre che parte, la macchina scompare lasciando spazio al silenzio.
Chiudo gli occhi di nuovo e sprofondo nel sonno. Ho bisogno di allontanarmi da tutto questo per alcune ore.
Prima di addormentarmi passa molto tempo. Osservando il soffitto bianco mi ritornano in mente milioni di ricordi, dal più recente che mi procura un sorriso accompagnata ad una fitta allo stomaco ai più lontani. Mia madre, mio padre, il mio trasferimento qui, i miei amici, il mio cambiamento, l'arrivo di mia madre...ho così tante cose da voler chiarire.
Il suo essersene andata di nuovo, questi messaggi, tutto questo dolore...chiudo gli occhi.
Ma io non riesco a dormire.
Mi alzo e mi paro davanti ad una tela. Con in mano il carboncino inizio a tracciare delle forme. Come al solito ho un'immagine sfocata nella mia testa ma sulla tela tutto prende forma. Sono due figure, una più possente, l'altra meno imponente, uniti in un abbraccio.
Un uomo ed una donna, anzi no, un ragazzo ed una ragazza, abbracciati e insieme.
Lei ha come un telo su di lei, sul suo corpo, che le lascia le spalle, il collo e il viso scoperto, lui è a torso nudo, con i muscoli rilassati e il volto tranquillo. Sorride alla ragazza mentre, da dietro, le stringe la vita, lei invece ha gli occhi chiusi e i lunghi capelli mossi che le coprono parte minima del volto.
Non hanno il corpo intero, ma fino alla vita, ambedue. Coloro di un azzurro molto chiaro solo lo sfondo, il resto lo lascio bianco e nero, accennando le ombre nei punti giusti e dando vita ad uno dei disegni più belli, a mio parere, che io abbia mai fatto. Mi piace.
Esprime amore, tranquillità, spensieratezza. Quella che avevo io. Quella che provavo io fino a qualche ora fa. Fin quando, nuovamente, non ho rovinato tutto. Ma dovevo. Non rinnego nulla di quello che è successo, se potessi tornare indietro nel tempo, lo rifarei mille e altre mille volte. Non sono pentita di nulla. per niente. Ho finito. Mi alzo per ammirarlo un'altra volta e i piace sempre di più. Mi stendo sul letto e chiudo gli occhi. Adesso sono stanca ma anche terrorizzata da quel messaggio.
Cosa vorrà dire?
Fine dei giochi.
Non so come mai, ma ho una bruttissima sensazione.

****

Quando mi sveglio il sole è molto basso nel cielo. Sta per tramontare ma lo spettacolo è meraviglioso: il cielo è di un arancione rosato che a vederlo tranquillizzerebbe tutti. Tutti, tranne me. Mi affaccio alla finestra e noto la moto di Dylan fuori in giardino mentre tutto il quartiere sembra assente.
Non c'è nessuna macchina, le luci in tutte le case sono spente e un senso di solitudine mi riempie. Scendo giù perché ho fame.
Non ho idea di che ore siano, e sinceramente, non mi interessa. Mi dirigo al frigo e lo apro cercando qualcosa di buono da mangiare e alla fine tutto finisce con un sandwich qualunque con prosciutto e lattuga, le uniche cose già pronte senza dover faticare o fare altro.
Accendo la tv e faccio zapping fra i canali.
Anche qui non c'è nulla. Sobbalzo al minimo rumore e sto sempre all'erta. Odio tutto questo silenzio, è opprimente.
Mi sento chiusa come in una scatola, lontana da tutto e da tutti. Mentre sullo schermo le immagini si susseguono io mi immagino Leila con il suo ragazzo in giro per Manhattan, Lory e Zac in qualche parco, Dalila e Taylor baciarsi.
Immagino Dylan da solo, nella sua stanza o in palestra. A cercare di distrarsi da tutto il dolore che lo opprime, penso a mia madre, in qualche luogo del globo, intenta a spendere il denaro che ha portato con se.
Chissà dov'è piuttosto.
Chissà con chi è.
Chissà che cosa le passa per la mente. Se ha rimorsi o meno. Spengo la tv. Non c'è niente che catturi la mia attenzione. Sono stanca, non fisicamente, ma mentalmente. È ormai troppo tempo che lo dico e riconosco di essere ripetitiva ma è così.

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