Capitolo 47

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Sono ormai tornata a casa da due giorni. Adesso riesco a camminare senza piegarmi dal dolore e riesco a stare in piedi senza che la mia testa inizi a girare. Sono giorni che Lory va all'ospedale per avere notizie di Ashley, ma niente.

Mio padre è in casa e mia madre con lui. Non so esattamente quali rapporti ci siano fra di loro, ma sono più che convinta che non torneranno insieme. Non ho voluto parlare con mia madre. Non ne ho le forze.
Sarò una debole, sarò una stupida...ma non ci riesco.
È più forte di me: dopo tutto quello che ha fatto, ancora non sono pronta a perdonarla.
Dylan è steso sul mio letto, accanto a me. Io non parlo, ho troppe cose per la mente a cui pensare.
Principalmente mia madre. Continuerò ad evitarla o un giorno riuscirò ad affrontarla? È una domanda che mi sorge spontanea.

-dovresti parlarle- Dylan mi coglie alla sprovvista. Per lui adesso sono un libro aperto. Mi stupisce come lui mi capisca e come sembri, delle volte, che mi legga nel pensiero.

-non ci riesco-

-devi riuscirci-

-come posso perdonarla?-chiedo.

-è lei che ti ha salvato la vita, principalmente. Ha rivelato a Richard chi sei per lui.. -

-non sono niente per Richard, Dylan. Si è solo portato qualche volta a letto mia madre e sono uscita fuori io. Non sono nulla né per lui, nè per lei.-

-se non fossi stata nulla...- non lo faccio finire di parlare.

-se non fossi stata nulla non mi avrebbe abbandonato per ben due volte-

-o non ti avrebbe salvata, no?- chiede -sai benissimo che la seconda volta non è stata lei a volerlo-

-non me l'ha ancora detto-

-non gliel'hai permesso-

Non gli rispondo. È vero. Non gliel'ho permesso.

-dovresti farlo- continua dandomi un bacio sui capelli.

****

Apro gli occhi e capisco subito di essermi addormentata. Dylan non c'è più, al suo posto c'è un foglietto con su scritto " ma quanto dormi? Ci vediamo stasera ghiro, ho gli allenamenti di basket"

Sorrido. Quando sono arrivata a casa ho appeso il quadro che ho fatto prima che tutto quello che è successo iniziasse e adesso, sola nella mia stanza, li osservo tutti. Qualcuno bussa alla porta e quando si apre spunta il viso di mia madre. Ha un vassoio nelle sue mani e su di esso un piatto con un po' di pasta e un bicchiere di acqua.

-scusami...John non c'è, ho pensato di portarti qualcosa da mangiare...ti va?- istintivamente vorrei dirgli di no. Istintivamente vorrei urlarle di andarsene via. Ma poi ripenso alle parole di Dylan e annuisco.

-posso sedermi?- annuisco ancora. Lei mi poggia il vassoio sulle mie gambe e mi osserva.

-se devi dirmi qualcosa, fallo ora. Non so se avrai altre possibilità in futuro di ritrovarmi così calma- le dico secca.

-io non me ne sarei voluta andare- inizia- non me ne sarei voluta andare via una seconda volta. Io sarei voluta restare ed era il mio intento- mi guarda dritto negli occhi. È davvero molto simile a me. Richard ha ragione.
Ha i miei stessi occhi, forse leggermente più piccoli, ma dello stesso colore. I capelli ricci ma, a differenza mia, sempre sistemati.

-in quegli anni io ho girato il mondo, ho conosciuto molta gente e sono cambiata. Sono scappata per i sensi di colpa. Sono scappata perché, dopo averlo rivisto, sapevo che tutto sarebbe stato insostenibile per me. Sono stata vigliacca e non ho affrontato le cose. Adesso, ripensandoci, sarebbe stato tutto molto più semplice ammettere le mie colpe. John mi avrebbe perdonato- silenzio per un momento: vedo i suoi occhi abbassarsi leggermente e perdersi in un punto qualunque della stanza.
Come se stesse ripensando a quanto la sua vita fosse perfetta prima e a come lei l'abbia completamente stravolta.

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