Cap. 23

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"Dove mi porti?" Chiesi curiosa.

"Vedrai." Rispose facendomi infine l'occhiolino.

Dopo circa un'ora arrivammo davanti ad un parco abbandonato. Era grande, pieno di alberi, con un'altalena un po' mal ridotta e qualche altro gioco sparso. Delle vecchie panchine e, camminando, un piccolo laghetto.

"Perchè mi hai portata qui? Non c'è nessuno." Chiesi, non capendo.

"Beh, qui c'è una parte di me." Lo guardai e corrugai la fronte, ancora non capivo.

"Vieni, entriamo." Mi prese per mano e scavalcammo quel vecchio cancello.

Lui si sedette su una panchina, mentre io giocherellai con l'altalena.

"È davvero mal curato qui" dissi guardando i folti alberi e gli ammassi di cespugli.

"Già... Lo chiusero circa 4 anni fa, ma nessuno volle ristrutturarlo per farne qualcosa in futuro. È rimasto così, abbandonato da tutti."
- fece un sospiro, poi continuò -
"Ci vengo spesso sai? Quando non mi va di vedere nessuno, quando devo semplicemente calmarmi. Mi rilassa."

"Come fai a conoscerlo?" Chiesi curiosa.

"Ci venivo da piccolo. Mio padre era sempre a lavoro, mentre mia madre voleva dedicare del tempo solo ed unicamente a me. Mi ci portava lei, giocavamo insieme, scherzavamo, ridevamo. Poi andavamo in quel laghetto e mi faceva osservare le tartarughe e i vari animali che ci stavano dentro." Disse indicando il laghetto, mentre un sorriso gli sfiorava il viso.

"Mi diceva di parlargli, che loro mi ascoltavano e che la mia voce li rendeva felici. Ero piccolo e ci credevo, erano davvero belli."

"Dove sono ora?"

"Chi lo sa... Gli avevo anche dato dei nomi. Runny era il mio preferito, un piccolo pesciolino rosso. Sembrerà stupido, ma ci tenevo. Un giorno chiesi a mia madre di portarlo a casa e scoppiò a ridere. Appartenevano al parco, non potevo mica rubarlo." Concluse con un ghigno di ironia.

"E tua madre?"

"Oh, più avanti le cose si misero molto male. Il parco venne chiuso, dopodichè scoprì che mio padre la tradiva con un'altra donna."

"Jasmine?" Chiesi, sperando di non farlo irritare.

"Proprio lei. Dissero che il loro fosse 'amore'. Mia madre perse anche il lavoro, e dopo qualche mese morì mia nonna, sua madre. Tutti questi fattori portarono lei ad una depressione totale, era cambiata del tutto. Non era più quella donna di tempo prima, sempre sorridente e positiva, che voleva passare ogni giorno con me e rendermi felice. Ora non le importava più neanche di sè stessa, a stento si alzava dal letto... A stento viveva."

Disse quelle cose guardando un punto fisso, lo sguardo pieno di vuoto. Dalla sua voce non traspariva alcun sentimento, forse solo amarezza. A me scesero delle lacrime, pensando a tutto il dolore che subirono lui e sua madre. Mi alzai dall'altalena e mi sedetti sulle sue gambe, lo abbracciai senza dire nulla.

"Io... Io invece presi dei brutti giri. Non avevo più una guida, perchè se per molti ragazzini la loro guida era il padre, per me era mia madre. Era lei la figura forte e determinata in famiglia, lei prendeva le decisioni, lei si faceva rispettare. Aveva un carattere forte, mentre io senza di lei ero diventato debole. Non andai più a scuola, frequentai brutte persone che mi fecero entrare in brutti giri. Ne uscì anni dopo, o forse ancora non ne sono uscito veramente, se penso a lei mi manca ancora. Penso che tutto il buono che c'era in me, se ne sia andato da quando lei mi abbandonò."

"No Ethan, non è vero. In te c'è tantissimo buono, credimi. Forse sei l'unica cosa buona che mi sia mai capitata, e certe cose o persone non possono essere paragonate all'inferno. Ti ci avvicini, ma non sei poi così male." Dissi infine ridendo, facendo ridere anche lui.

"Qualcosa giusta almeno la so fare." Continuai, vedendolo ridere.

"Tu sei tutta giusta Margot." Disse guardandomi negli occhi, mentre le sue labbra si avvicinavano sempre di più.

I nostri respiri si fecero più pesanti e più vicini. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare al tocco delle sue soffici labbra che mi erano mancate talmente tanto. La sua lingua si fece spazio tra le mie labbra ed entrò a contatto con la mia. Ora potevo finalmente dire che era un momento perfetto, che forse non avrei mai dimenticato. Non si trattava di un bacio dato alla svelta, non aveva bevuto, non c'era alcuna festa.

Niente di tutto ciò, potevo godermelo per un tempo infinito, sapendo che lui ci sarebbe sempre stato.

Dopo infiniti minuti ci staccammo ed iniziò a piovere, anzi a diluviare.

Senza dire nulla, Ethan mi prese per mano e scavalcammo il cancello. Entrammo in macchina bagnati fradici, mentre il suono delle nostre risate si mescolavano in una sola.

"Meglio se torno dalle ragazze."

"Già, andiamo." Disse sospirando.

Accesi la radio ed iniziai a cantare a squarciagola, mentre lui mi guardava e rideva.

"Avanti unisciti a mee, non fare il perfettino."

"Perfettino io..." Disse come per fare una ripassata, dopodichè rise e si unì a me a cantare Fix You dei Coldplay.

Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you

Tears come streaming down your face
When you lose something you cannot replace
Tears come streaming down your face
And I

Tears come streaming down your face
I promise you I will learn from all my mistakes
Tears come streaming down your face
And I

Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you.

Dicemmo quest'ultima frase guardandoci, mentre lui mise una sua mano sulla mia coscia, ed io probabilmente arrossì come un peperone.

A rovinare il momento fu il suo cellulare.

"Pronto" - "cazzo, è vero. Scusami, sto arrivando." Disse attaccando.

"Chi era?" Chiesi curiosa come sempre.

"Mi sono dimenticato di avere un impegno, devo fare presto."

Mi limitai ad annuire, anche se la mia domanda era un'altra.

Dopo vari minuti arrivammo davanti casa mia, aprì lo sportello della macchina e scesi. Prima che se ne andasse, lo salutai con un cenno della mano, dopodichè mise in moto e andò via come un fulmine.

Entrai in casa e c'erano tutte quante sul divano ad aspettarmi, con un sorriso furbo.

"Ok, ok. Vi racconterò tutto quanto." Dissi alzando le mani, in segno di resa.

Ci sedemmo sul divano tutte quante ed iniziai a raccontare, mentre loro avevano sguardi sognanti ed iniziarono a saltellare. Dopodichè parlammo di tante cose, e la serata trascorse così, tra risate e grida di gioia. Anche se mi martellava ancora in testa il suo 'impegno'.

Come un UraganoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora