28: Quanti cuori svuotati!

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Francesca's Pov
Oggi, con la scuola, andrò a Napoli Sotterranea. Nei prossimi giorni ci saranno solo gite: oggi là, domani a Pompei, dopodomani a vedere: "Noi e la Giulia" e lunedì: "Selma: la strada per la libertà".
Sono appena fuori dal condominio quando sento qualcuno prendermi il braccio destro, cogliendomi di sorpresa. In ogni caso riconosco il suo tocco: deciso, ma anche molto gentile.
"Miguél!" esclamo, felice di vederlo.
"Paquita! Come stai?" chiede.
"Domanda da un milione di dollari, direi!"
"Perché, che succede?" chiede preoccupato.
"Facciamo la strada insieme?"
"Perché, è così lungo da spiegare?"
"Mmm... abbastanza" dico con una risata.
"Dammi il braccio, se vuoi. Mi dispiace di non avere la macchina, ma..."
"Non fare tante cerimonie! Io, quando non avevo la mia bicicletta, me la facevo a piedi tutti i giorni, non preoccuparti..."
"Sei incredibile, lo sai?"
"Perché?" chiedo, mentre metto a posto la mia guida e mi lascio condurre.
"Perché nonostante tutto quello che ti succede continui a sorridere, e non è da tutti!"
"Oddio... più che nonostante io direi che sorrido proprio perché mi succedono tante cose. Soffrire per i miei occhi è stato davvero difficile, se è quello che intendevi, ma adesso che sono in pace con loro e con me stessa mi sento molto, molto meglio... credo sia una delle cose più belle che possano accadere ad una persona che convive con un compagno che in un certo qual modo si è imposto."
Lui mi sorride, si avvicina al mio viso e mi dà un bacio sulla guancia.
Non mi accorgo del fatto che lui sta scendendo un gradino, perché rischio di inciampare un attimo prima che lui me lo dica.
"Ops! Scalino" mi dice facendomi sorridere.
"Tranquillo, sono tutta intera."
"Ora però raccontami: cosa ti è successo?"
Gli stringo un po' il braccio e mi sforzo di fare un sorriso.
Un sorriso amaro, certo. Un sorriso che ha il sapore amaro dei limoni. Un sorriso che vuole nascondere troppe lacrime.
Inizio a spiegare tutto: dalla A alla Z. Lui è attento mentre mi ascolta e quando finisco di spiegare, facendo fatica a non scoppiare a piangere per l'ennesima volta, Miguél mi attira al suo corpo e mi abbraccia forte.
"Comunque mi aspettavo qualche lacrima in più" mi dice.
"Sai... non ho la forza necessaria per piangere, quindi cerco almeno di sorridere" dico lasciandolo per alzare le mani.
"Credo dispiaccia molto anche a lui il fatto di essersi allontanato..."
"È il mio eroe, Miguél!" dico sorridendo.
"Lo so già." mi dice. "Francesca, stai attenta al..."
Realizzo all'ultimo momento che si riferisce ad un altro gradino, e forse proprio per questo non finisco a terra.
Quando sono davanti a scuola Miguél dice: "I tuoi compagni sono già tutti là..."
"Okay, Miguél. Grazie mille!"
"A presto, Francesca!"
"A presto!"
Mi avvicino ai miei compagni e inizio a parlare del più e del meno con loro. Per fortuna, alla fine, Natasha è stata spostata in un'altra classe.
Giuro, dopo quello che mi ha fatto per me sarebbe stato un bel problema stare a contatto con lei per sei ore al giorno, dal lunedì al venerdì. Forse avrei reagito a suon di lacrime, ma questo nella migliore delle ipotesi, perché avrei anche potuto diventare "antipatica"... almeno con lei.
Arriva il momento di incamminarci e la professoressa Maria mi affianca e mi prende per mano.
"Allora? Come siamo vestite?" mi chiede.
Dio mio, tutto, ma questo no!
""Wow! Ma come siamo radiose questa mattina!"
"Ra-radiosa? Chi, io"?"
"Com'è vestita lei non lo so." dico, cercando di buttarla sullo scherzo e, fortunatamente, mi riesce bene.
Oggi fa molto caldo, tanto per cambiare, anche se è primavera.
Viene formata una specie di fila ed iniziamo a camminare tutti verso la destinazione.
Una volta arrivati ci fanno aspettare qualche minuto prima di entrare, poi viene il billo, ovvero l'ingresso.
Ci viene spiegato il funzionamento delle autocisterne, la leggenda di quello che si definisce: "'O Munaciello", ovvero, da quello che ho capito, degli operai entravano in casa della gente per regalare delle cose alle donne, le quali, alla domanda dei mariti: "Da dove viene questa roba?", rispondevano: "L'ha portata 'o Munaciello!"
Poi viene il turno di alcune scritte incise sui muri nel periodo della guerra, tra cui: "Mamma, non piangere!", e: "Papà, salvami!" Mi viene da piangere se ci penso, ma a consolarmi è il fatto che stiamo per vivere un'avventura in uno dei cunicoli che, giusto per fare in modo che tutti noi del gruppo siamo uguali, è stretto e buio. La cosa mi fa piacere, perché stavolta guido io, in un certo senso. Mi metto in posizione laterale, tastando il muro per proseguire.
Dopo qualche rampa di scale di troppo andiamo in un basso, una tipica casa napoletana, e sollevando un letto si accede ad una cantina che porta ad un anfiteatro.
Dopo la visita fatta anche là si va in pizzeria, e là, come di rito, si fanno foto a gogo... peccato che, anche se sto facendo di tutto per non darlo a vedere, la mia testa è totalmente da un'altra parte. È persa in quel: "Siamo" di stamattina, nelle mani che mi hanno condotta da casa a scuola e in quelle che mi hanno accompagnata da scuola a Napoli Sotterranea... quelle mani che conosco, ma che non mi trasmettono gli stessi brividi di altre che, forse, non sentirò mai più.
È brutto da dire, certo, ma ci sono persone che si fanno amare molto nel tempo in cui le conosci... peccato che tu sappia benissimo che molto probabilmente, dopo un periodo passato insieme, non rivedrai quella persona. Io, quando ho rivisto Daniel, anche se all'epoca non avevo capito che lo conoscevo già da prima, pensavo che dopo la settimana di vacanza sarebbe finito tutto... ma lui ha continuato ad esserci per me, sempre, e anche nei miei sogni e nei pensieri... solo che adesso è diverso. Non posso più sperare in quello, perché una ragazza, alla quale, almeno per quanto ne so, non ho mai fatto niente di male, ha bloccato tutte le strade per la felicità.
L'ha fatto come se quello fosse un suo diritto.
"Francy! Tutto bene?" mi chiede Franco, sedendosi accanto a me.
"Sto bene, tranquillo" rispondo con un filo di voce.
"Non si direbbe dal modo in cui stai tremando."
"Credimi, non è nulla, davvero. Passerà" dico.
Lui, senza aspettare che io glielo chieda, mi abbraccia. Anche se ho cercato di non darlo a vedere, lui ha capito a cosa stavo pensando. O meglio: a chi stavo pensando.
"È ora di andare, brunetta. Vieni: dico alla professoressa che ti accompagno io a casa." dice l'argentino prendendomi per mano.
Franco è di parola: mi accompagna fino alla porta del condominio e mi saluta con un bacio sulla guancia. È un gesto dolce, che mi piace molto, ma in questo momento fa male.
Ernesto's Pov
Ieri mi hanno fatto uscire di prigione ed oggi ho intenzione di andare a parlare con Melissa. Non voglio perderla.
Vado sotto casa sua, dove lei è riuscita a tornare da poco.
Inizio a bussare alla porta, ma nessuno risponde. Oltre a colpire la porta, a quel punto, inizio ad urlare, sperando che Melissa mi senta e mi apra.
Dopo un po', finalmente, Melissa apre la porta.
"Che cosa vuoi ancora?" chiede.
"Amore, ti prego, ascoltami un momento. Io non volevo baciarla!" dico.
"Forse, ma come gliel'hai fatto presente? L'hai colpita!"
"Non volevo, ma lei non mi si staccava di dosso, e..."
"Vattene!" dice Melissa. "Sparisci dalla mia vista e dalla mia vita!"
"Melissa..."
"Ti rendi conto del fatto che hai fatto molto male a Natasha? Non m'importa se volevi quel bacio oppure no! Avresti potuto picchiare anche me come hai fatto con lei... cosa sarebbe successo se al suo posto ci fossi stata io?"
"Non ti avrei colpita, perché ti amo" rispondo semplicemente. "Tu non sei quel mostro!"
"No! Se io fossi stata lei a quest'ora come minimo avrei un occhio nero..."
"Ti prego, ascoltami..."
"VATTENE!" mi urla contro lei.
Io lascio la sua casa ed inizio a camminare per le strade, senza meta. Vado a casa mia e trovo mia sorella Serena che, appena mi vede, si alza e viene ad abbracciarmi.
"Ernesto! Ma cos'è successo?"
Dato che ho saputo che Sery aspetta un figlio da Franco mi dispiace farla preoccupare, ma crollo tra le sue braccia e scoppio a piangere. Io, che le dicevo di non farlo mai, adesso le crollo tra le braccia.
"Dimmi che succede, Ernesto! In casa nostra c'è un clima teso e adesso tu torni in lacrime! Che cos'hai?"
"Melissa... mi crede un mostro, e tutto per colpa di quella strega di Natasha!" dico.
Serena stringe la presa sul mio corpo. Piango, perché non mi è possibile fare altro.
"Quella ragazza ci sta rovinando la vita!" dice Serena. "Franco ce l'ha con lei da quando è arrivata, ma da ieri ancora di più, e non ha voluto spiegarmi perché."
Sento le chiavi girare nella serratura e capisco che è arrivato anche qualcun'altro.
"Ernesto!" esclama mio fratello, venendomi incontro. "Che ti prende? Ehi!"
"Ho perso per sempre Melissa" rispondo.
"Cosa? Perché?"
"Per Natasha."
Decido di raccontare tutto anche a lui, che cambia di colpo espressione.
"Dopo di me ha distrutto anche te. Chi sarà il prossimo?"
"Perché dici questo?" domanda Serena.
"Perché... perché sembra che lo faccia apposta."
"A fare la sfasciacoppie?"
Lui annuisce.
"Che cosa ti ha fatto? Perché Francesca non si fa più viva?"
"Perché se lo facesse... no, lascia perdere!"
"Ti prego, spiegami tutto!"
Alla fine, dato che Serena si sta agitando e che io so tutto perché è stata proprio Natasha a dirmi tutto, spiego a Serena quello che è successo.
"Capisco perché non me ne volevi parlare."
Ci uniamo tutti e tre in un abbraccio. Un abbraccio che mi dà un minimo di sollievo.
Almeno fino alla sera, momento in cui desidero uscire.
Decido di andare al bar in cui lavora Francesca. Sono sicuro che, conoscendola, con una delle sue Cover mi permetterà di sfogarmi fino a sentirmi meglio.
Vado al bar e vedo che lei non serve ai tavoli come al solito, ma è in cucina.
"Potrei avere una birra?" chiedo.
La cameriera di turno mi serve subito, sorridendomi gentilmente. La guardo meglio e la riconosco: è Giada!
"Giada!" esclamo stupito.
"Ernesto! È la prima volta che ti guardo!" dice lei, altrettanto sorpresa.
"Da quanto tempo lavori qui?" le chiedo.
"Sono in prova" risponde. "Ho iniziato oggi... Franco è stato molto gentile a mettermi alla prova. Sai, vorrei fare un regalo a Nico e sono al verde."
"E dopo che farai?"
"Continuerò a lavorare. Voglio essere indipendente." mi risponde lei.
"Ma Nicolas sa che vuoi fargli un regalo?" chiedo sottovoce. Lei scuote la testa.
"Ernesto, so che stai male per qualche motivo, ma vacci piano con la birra, mi raccomando" dice posandomi una mano fresca sulla guancia. Il suo sorriso gentile, in un certo qual modo, mi calma. La vedo spostarsi e andare agli altri tavoli.
Bevendo mi prendo la testa tra le mani e ripenso a Melissa. Rivedo i suoi capelli biondi, gli occhi di un insolito grigio, le mani bianche e le labbra rosse come rose.
Me la rivedo di fronte e voglio soltanto piangere. Voglio farlo fino a quando non avrò più nessuna lacrima.
La vedo, qualche tavolo più avanti. Mi guarda e sembra chiedere perdono con lo sguardo.
Perdono. La parola che io, a quanto pare, ho urlato al vento che, senza pietà, l'ha portata via con sé. La parola che ho sussurrato alla bellissima ragazza bionda seduta poco più in là, che mi dà le spalle e beve un caffè accompagnato da un cornetto. La guardo e vorrei alzarmi, andare da lei e posare le mie labbra sulle sue, per poi stringerla a me e dimenticare ogni cosa tra le sue braccia, come ogni volta. Peccato che se lo facessi lei mi respingerebbe perché ha paura di me. Troppa, per amarmi come mi amava prima.
Quello sguardo che mi ha lanciato voltando di poco la testa mi ha fatto noäare i suoi occhi, completamente lucidi... eppure è stata lei a lasciarmi.
Melissa's Pov
Guardo Ernesto e mi sento come un albero al quale si sta seccando la linfa vitale. I suoi occhi sono gonfi e lucidi, sta bevendo una birra e ricordo che solo una volta l'ho visto in quelle condizioni: dopo l'incidente che ha tolto temporaneamente la vista a Serena... ma stavolta non posso andare là e consolarlo.
Mio padre mi ha detto di allontanarmi dall'uomo che amo e del quale, nonostante tutto mi fido. Lui è un poliziotto, ma fa uso e abuso del suo potere, perché ha troppo "senso della giustizia": una cosa che va bene, ma che ti logora comunque.
Da quando ho perso mia madre lui è spesso ubriaco. Mi vuole ancora bene certo... forse troppo, per questo ha voluto allontanarmi da Ernesto. Era lui che temeva che, come ha fatto con quella ragazza, lui avrebbe potuto colpire anche me. Ha detto che era meglio che lo lasciassi, perché se lui mi avesse fatto qualcosa di male mio padre non avrebbe esitato a fare altrettanto. Mio fratello Enrico ha fatto di tutto per aiutarmi, ma non ci è riuscito.
Vedo una ragazza uscire da dietro le quinte, da sola.
Non so come faccia, ma riesce a trovare le scale senza problemi. Dico questo perché l'ho riconosciuta: è Francy. Si sposta verso il centro del palchetto, questa volta con più esitazione.
Franco va verso di lei e le mette qualcosa sulla faccia. Capisco che sta utilizzando un archetto, in modo che lei abbia le mani libere dato che è troppo agitata per reggere qualunque cosa.
"Ecco..." balbetta, portandosi una mano sul cuore, "stavolta... non posso regalare un sorriso a nessuno... e non perché non voglio, davvero. Purtroppo ne ho esauriti persino per me!"
Lo dice con un tono che crea una risata generale, e lei dice: "Meno male! Forse le risate sono inesauribili..."
Un'altra risata.
"Beh... oggi avevo pensato di realizzare una Cover di un brano di Giorgia, che ora come ora mi sta a pennello."
Parte il brano: "Per fare a meno di te" di Giorgia e capisco che Francesca ci ha preso in pieno.
"Per fare a meno di te
non so dove me ne andrò, che cosa inventerò...
Per fare a meno di te
io no, non mi sveglierò, non ti ricorderò.
Quando guardo il Cielo cerco te,
distrattamente guardo il Cielo e cerco te.
E mi sollevo...
Per fare a meno di te
non so quanto cuore avrò, io mi difenderò.
Quando guardo il Cielo cerco te.
Distrattamente guardo il Cielo e cerco te.
E mi sollevo...
Sulle circostanze il tempo scivola e sopra di noi l'infinito sceglie la sua lacrima...
Dove cercare qualcosa di più ancora... ancora, per fare a meno di te...
Quando guardo il Cielo cerco te.
Distrattamente guardo il Cielo e cerco te...
e scioccamente mi sollevo... su con te, su con te. Su con te."
Istintivamente mi alzo dalla sedia, vado verso il palco e abbraccio forte la brunetta, che ha gli occhi pieni di lacrime. Vedo Ernesto che mi guarda. Non capisce. Certo, è colpa mia. È colpa mia se lui non capisce.
È colpa mia se va tutto storto.
Amore, credimi: io lo faccio per proteggerti.

Luce dei miei occhi (sequel of: "Quel meraviglioso villaggio")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora