70: Dedicato ad una coppia straordinaria...

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Francesca's Pov
"Francy, sembri stanca" mi dice Franco. "Vuoi che ti guidi io fino a casa mia?"
"No, stai tranquello, ce la faccio" dico.
Apro l'occhio a rotelle, trascinando la bicicletta con la mano sinistra e concentrandomi il più possibile sulla direzione presa da Franco. A dire il vero faccio fatica a farlo, perché il mio pensiero fisso è quello che mi è toccato vivere con mio padre, che mi ha sbattuto in faccia una mia fobia solo perché non ho accettato di essere sottomessa alla sua volontà e rinunciare ad andare in quel benedetto posto.
Io sono una ragazza, non un manichino, e mi sono fatta sottomettere per troppo tempo... adesso basta, voglio lottare, anche se mi farò male, ormai non m'interessa più. Dopo aver battuto la fronte molte volte si può arrivare a un punto in cui si diventa forti e non fa più male.
"Francesca, stai male per quello che è successo con tuo padre al bar?" mi domanda Franco, rompendo il silenzio ed interrompendo, fortumatamente, i miei pensieri.
Lo ringrazio mentalmente per averlo fatto. Facevano un male del cavolo!
"Già, ma non mi conviene pensarci." dico.
"Appunto! Dai, vieni con me che è meglio" mi dice togliendomi di mano la bici e afferrandomi il braccio sinistro per guidarmi fino a casa sua.
La casa non è molto distante dal bar. Nico oggi non c'era perché ultimamente è stato poco bene.
Forse anche per questo sono felice che Franco mi abbia ospitata per stanotte. Vorrei tanto salutare anche lui.
Appena entro mi ritrovo ad essere avvolta da due braccia molto familiari.
"Sery!" esclamo felice, abbracciandola a mia volta.
"Ciao Francy!"
"Come stai?"
"Alla grande! Anche i miei hanno accettato il fatto che io..." risponde.
Capisco e la stringo più forte.
"E il pupo? Cresce?" chiedo facendola ridere. Non ho mai chiamato un bambino in questo modo, non so da dove diavolo mi sia venuto fuori, ma l'ho detto e la cosa, per mia fortuna, fa ridere anche me.
"Come mai sei qui?" mi domanda di colpo Sery.
"Perché secondo mio padre non ho il diritto di fare quello che mi dice il cuore" rispondo.
"Si tratta di mio fratello?"
"Oggettivamente parlando... ma lui non ha colpa, poverino! Per qualche motivo mio padre non può vederlo e nonostante le dimostrazioni è disposto a tutto per impedirmi di vederlo quest'anno! Mi ha persino cacciata di casa, sostenendo che tornerò tra due giorni, con la coda tra le gambe... pensa!"
"Francy, mi dispiace tanto!"
"Tranquilla, io ho avuto la fortuna di avere in dono molta pazienza e sento che quella mi aiuterà... e poi ho molti amici! Gli amici ti stanno sempre vicino, giusto?"
"Certo! A questo proposito: da amica ti dirò una cosa: io andrò là dal 3 al 17 luglio... ci saranno anche gli altri. Se ti va puoi venire con me!"
"Sul serio?"
"Fra, tu mi hai aiutato molto e se non fosse per te a quest'ora io non avrei più il bambino, perché avrei già "risolto" con la soluzione più drastica! Se non fosse per te io ora non sarei tanto felice! Se non mi avessi aiutata quando ho perso la vista sarei rimasta ferma, a fare il palo e ad avere paura!"
"E con questo?"
"Credo sia il momento di restituirti il favore che mi hai fatto, non credi? Se le cose non dovessero risolversi entro quella data e se sei d'accordo verrai con me!"
"Oh Sery, grazie!" esclamo nascondendo il viso sulla sua spalla. È tanto cara e dolce, proprio come lo è suo fratello e giuro che mi si stringe il cuore al pensiero che ci siano persone che non lo possono vedere nonostante sia un degno angelo, con tanto di aureola, ali e luci. Il tipo che sa farti ridere, ma che, se sei una persona timida, come nel mio caso, lo capisce e non ti prende in giro, ma si conquista poco a poco la tua fiducia, ti accompagna per mano, t'incoraggia quando hai paura di sbagliare e ti dà sicurezza.
È quel tipo di persona che t'inquadra non appena ti conosce, e non sono l'unica prova vivente di questo. È quel tipo di persona che, anche se non sa cosa dire per consolarti, lo fa attraverso i gesti più semplici come un abbraccio, un bacio, una carezza. È quel tipo di persona che se ti vuole bene è capace di dimostrartelo in tutti i modi esistenti, se stai male se ne accorge e arriva addirittura a farti sorridere.
Forse tutte queste cose mi hanno attratta sin dall'inizio.
Insomma: lui non è il classico animatore che si espone fin troppo per fare il suo mestiere.
Si espone, certo, ma nel giusto. Sa con chi scherzare in un modo rispetto ad un altro, è divertente, ma anche discreto e sensibile, e... cavolo, come dice mia madre: "Vicino a te ci voleva qualcuno come lui!" È vero che quando siamo vicini mi sento spesso in imbarazzo, ma non è l'imbarazzo che ti suggerisce di scappare. È un imbarazzo dovuto ad una ragione che non so spiegare, ma non m'infastidisce se non per il fatto che non riesco a dimostrargli a sufficienza quanto bene può farmi la sua vicinanza, unita al suo modo di porsi a chi gli sta vicino. Nemmeno con Stefano, che è un grande nel campo, sono mai stata così bene.
In realtà non dipendeva nemmeno tanto da lui, che è stato il primo a coinvolgermi in tante cose, ma ero io che, all'epoca, volevo vedere gli animatori soltanto la sera, quando c'erano gli spettacoli. Per il resto non facevo altro che stare nascosta.
Almeno fino a quando non ho conosciuto il Ragazzo dei Miracoli. Nei tre giorni in cui ho parlato con lui, che era al villaggio da molto prima di me, ma che aveva iniziato a parlarmi verso la fine, forse perché sperava di farmi sentire sicura in merito ad alcune cose, avevamo legato tanto, al punto che lui veniva a prendermi ogni sera verso le 9 e mi portava agli spettacoli.
Mio padre all'epoca non c'era per lavoro e mia madre, notando la tranquillità che quel ragazzo mi trasmetteva, mi aveva permesso di andare con lui. Anche Clelia e Matilde venivano con noi ed eravamo soliti sederci sulle gradinate.
Una volta gli avevo confessato la soggezione che provavo quando i ragazzi dell'animazione mi parlavano, ma lui mi aveva detto: "Se hai paura che ti prendano in giro ci mettiamo qui, in modo che nessuno ci veda, e ti copro io... a patto che la sera in cui ci sarà la lotteria anche se io non ci sarò, andrai tu a pescare i tre biglietti! Ci stai?"
Lui aveva capito fin da subito come prendermi: ponendomi la domanda senza farmi trovare in una situazione antipatica lll'improvviso, e forse fu la sua dolcezza a farmi promettere che, nel caso in cui fossi stata chiamata a pescare i numeretti, sarei andata là e avrei sfidato il "panico da palcoscenico" che mi torturava da quando ero arrivata in quel residence. Il giorno della lotteria non parlai molto, fui solo in grado di sussurrare una specie di risposta affermativa alla domanda: "Sei nervosa?", e basta, ma meglio di niente, no? Mi tremavano le mani, ma almeno non avevo fatto cadere il paniere con i numeretti, e per me stare su un palco, con tanti sguardi addosso e il panico che mi circolava nelle vene fino a farmi diventare matta, era qualcosa di impossibile. Anzi: direi che era assurdo, ma pensai che forse il Ragazzo dei Miracoli aveva fatto da mediatore tra me e la compagnia, perché nessuno di loro mi disse niente che avrebbe potuto mettermi addosso più ansia di quanta ne avessi a prescindere.
Quel ragazzo ora è cresciuto.
Lui stesso è diventato animatore e quello che ha fatto per me lo fa per chiunque abbia la sindrome dell'Aiuto, Mi Vergogno! Basti pensare a Lucia: la bambina del residence in cui per una settimana ho lavorato anch'io. Lei era messa praticamente peggio di me e riusciva a parlare soltanto con lui, cosa che, nonostante la dolcezza di moltissimi dei soggetti che lavorano in quell'ambiente e che io conosco, mi ha resa felice come se quel dono ce l'avessi avuto io stessa. Beh, nel mio caso alla fine non è un dono: io ho una natura timida, quindi capisco perfettamente chi vive questo tipo di situazioni e cerco, nei limite delle mie possibilità, di intercedere tra quella persona e chi di dovere.
"Fra! Sutto bene?" mi chiede la giovane Bernardi, risvegliandomi dal mio groviglio di pensieri estivi.
"Sì... scusami, è che mi sono venute in mente tante cose in un colpo solo e mi sono distratta" le rispondo. "Vedi... non so se lo sai, ma io tuo fratello lo conoscevo da molto prima del 2014."
"Seria?" chiede lei, che sembra più che sorpresa dalla mia rivelazione.
"Serissima! Se non ti dispiace vado a salutare gli altri, poi ti giuro che, se vuoi, ti racconto tutto!"
"Allora non aspetto altro!" dice sorridendo.
Vado a salutare anche gli altri, compreso Nico che, poverino, sembra sia appena stato travolto da un camion con tanto di rimorchio per quanto sta male.
Vado nella camera in cui è Serena e dato che ha due letti l'hanno prestata anche a me.
"Dai Francy, ora siediti sul mio letto e spiegami la storia che tu e mio fratello vi conoscete da più tempo di quanto immaginassi..."
"Beh... tu conosci Stefano Parker, vero?"
"Certo! È un amico di famiglia, d'inverno fa il benzinaio in un paesino dove c'è la neve e d'estate continua a lavorare nei residence, ma lui che c'entra? È stato lui a presentarvi?"
"Non esattamente. Vedi, quando avevo dieci anni sono andata in un residence nel quale lavorava anche lui... e all'epoca non eravamo particolarmente in confidenza... Io e Stefano, dico. Anzi, io ero l'opposto di come sono ora... dove c'erano gli animatori non c'ero io, eccetto la sera. Una volta incontrai tuo fratello per puro caso. Avevo fatto una pessima figura con Stefano ed ero ancora scottata, diciamo, da questo, ma lui mi ha rassicurata dicendo che il Boss stava solo scherzando. Mi ha fatto vedere il Sole e mi è stato accanto durante tutta la vacanza... poi, quando è andato via, ci siamo fatti una promessa: non sapevamo né come né quando, però ci saremmo rivisti, e questo è capitato dopo sei anni. Pensa che quando siamo arrivati al residence io ho detto che non volevo espormi, che avevo paura di farlo... poi è arrivato lui, o meglio: è tornato lui, stavolta facendo quel lavoro, e ha cambiato le carte in tavola. Io ho scoperto solo allora il suo nome, perché all'epoca lo chiamavo: "Il Ragazzo dei Miracoli", dato che mi faceva fare un sacco di cose, ma al contempo mi trasmetteva una sicurezza che da sola non avrei mai raggiunto... mai! Capisci?"
Mentre parlo mi trema la voce. Il mio cuore batte forte e istintivamente porto le mani al petto per cercare di tranquillizzarmi, cosa che mi è un po' difficile ora come ora.
"Sei emozionatissima!" dice Serena, alzandosi ed accarezzando il mio viso. "Qui hai la pelle completamente rossa, Francy!"
"È vero, Sery. Questa parte della mia vita è una parte che mi emoziona, non so neanche spiegarti quanto" le dico.
"Proverai ancora quell'emozione!"
Serena me lo dice con un tono di voce che mi fa credere in tutte queste cose e questo dettaglio, che ha molto più valore di un qualunque dettaglio, mi fa sentire bene. Questo, però, mi fa pensare al fatto che voglio fare qualcosa per la coppia Franco-Serena.
Io e Sery ci salutiamo, poi ognuna di noi infila il rispettivo pigiama ed andiamo a letto.
È proprio quando mi sdraio che mi viene il cosiddetto "lampo di genio", ma non perché mi considero un genio... semplicemente sono contenta che mi sia venuta l'idea... in pratica vorrei che domani sera ci fosse anche lei.
Vorrei realizzare degli effetti in modo che sullo schermo che ho alle spalle di solito, quando vado su quel palco, si vedessero loro come se fossero in mezzo al Mare, sulle note del brano: "Straordinario" di Chiara. Scrivo a Giada, che ,come Nico, se la cava bene con i computer e sa realizzare questi effetti... prima dell'operazione lo faceva con non so che programma e Nico dice che le vengono bene.
Le spiego tutto quello che vorrei fare e le dico: "Appena hai tempo mi fai sapere se puoi aiutarmi in qualche modo?"
Fatto questo metto il cellulare sotto carica, poi riesco ad addormentarmi...
Mi sveglio molto presto. Credo che la finestra sia aperta, perché un vento piuttosto freddo mi passa sulle guance. Mi alzo lentamente, perché non so se Serena sia ancora addormentata o meno e non vorrei rischiare di svegliarla.
Cammino piano per la stanza, poi mi appoggio ad una parete e mi avvicino alla rampa di scale.
Scendo in punta di piedi, cercando di non fare rumore. Ho preso una vestaglia per uscire un po' in giardino. Non mi sembra il caso di allontanarmi troppo, non per ora, almeno. Ho portato con me il telefono e la Barra Braille perché voglio cercare una pensione che abbia camere con un fitto non troppo alto considerando il fatto che, se devo essere sincera, se voglio smettere di sentirmi un peso per loro, prima tolgo il disturbo, meglio potrò sentirmi.
Trovo qualcosa che fa al caso mio. Una casa che, tra l'altro, si trova proprio di fronte al bar. Mi metto immediatamente in contatto con la proprietaria: una certa Debora, anche se so che è un po' presto. Non pretendo che risponda subito, basta che mi dica se può ospitarmi oppure no. Mi sono informata bene e per fortuna è tutto in regola.
Mi riscuoto dai miei pensieri quando mi rendo conto di non essere più sola.
"Chi c'è?" chiedo a bassa voce.
"Sono Martin."
"Ah... il giovane Freud!"
Non è stata una mia idea, nella sua famiglia lo chiamano tutti in questo modo.
"Già. Proprio io" mi risponde.
"Avevi bisogno di qualcosa?"
"No. E tu?
"No, nemmeno io."
Lo sento prendere un'altra sedia plastificata, come quelle dei villaggi, uguale a quella su cui sono seduta io.
"Eccomi! Sono accanto a te" mi dice.
"Lo so" rispondo sorridendo.
"Senti Francy, volevo farti una domanda."
"Certo, dimmi."
"Non ti mancano i tuoi genitori?"
"Credo tu sappia meglio di me quanto mi mancano" rispondo, "ma non posso farci niente! Non me la sento di lasciar perdere, perché tengo a loro, ma al tempo stesso tengo anche a... a lui... e..."
"Ma non me lo devi spiegare, Francesca! Te lo chiedevo perché spesso mi sembri la classica tipa invincibile."
"Forse ho una Sosia e l'hai scambiata per me. Io non sono affatto quel tipo di persona. Piango spesso, lo sai? Ah, e in più non provo alcuna vergogna nel rivelarlo!"
"Lo dico perché ti vedo sempre sorridente e ultimamente ti tocca decidere addirittura dove vivere... cosa che non è affatto facile!"
"Beh, immagino tu sappia cos'è l'istinto di sopravvivenza, no? A me viene fuori soltanto a patto che ci sia qualcosa o qualcuno a cui tengo e che solo quello mi permetta di raggiungerlo..."
"Già. So fin troppo bene cos'è. Sai, dopo aver visto mia madre spegnersi lentamente, saputo a freddo che papà era precipitato con un elicottero e mio fratello a momenti restava coinvolto in un incidente ho imparato a sfruttarlo molto anch'io."
"Ah... capisco. A proposito: è passato molto tempo da allora. Il tizio che ha investito tuo fratello... insomma... è stato rintracciato?"
"Sì... solo che in Argentina avevamo troppi ricordi dolorosi e la nostra casa ci portava a pensare a troppe cose che ci ferivano... per questo, quando mio fratello si è completamente ripreso ci siamo stabiliti qui."
Non so che cosa dirgli. Forse a volte è meglio allontanarsi dai ricordi dolorosi... ma io i ricordi più belli, per quanto ora mi facciano male perché sono lontana da chi me li ha fatti vivere, me li stringo al cuore ugualmente. In ogni caso abbraccio il piccolo Freud, che con poche parole è riuscito a darmi tanto. Mi dice che per lui sono invincibile e, anche se non lo sono, posso sforzarmi di non mollare quando perdo una battaglia...
È sera e Giada mi ha detto di essere riuscita a fare quello che le ho chiesto. Spero solo che la mia idea sia utile.
Quando arriva il momento fatidico mi faccio accompagnare da Giada sul palco, perché per la äensione m@ tremano fin troppo le gambe.
"Eccoci qui" mi sussurra Giada per poi scendere silenziosamente.
"Oggi non ho scelto una Cover che rispecchia il mio umore. Faccio più che altro da "accompagnatrice", non da cantante, anche perché non sono MAI stata una cantante!" dico.
Che soddisfazione! Risata generale!
"Franco... Serena... se non vi dispiace potreste venire qui e mettervi alle mie spalle, davanti a quello schermo?"
Li sento salire e mettersi dietro di me.
"Che vuoi fare, Francy?" mi chiede Serena.
Faccio il segno dell'Okay con la mano destra e dico: "È una sorpresa!"
Parte la base e parto anche io.
"Mi chiedo spesso se tu sei felice come me,
se poi ti basta quello che ci unisce. Un po' d'amore e poche regole.
Mi chiedi spesso di chi sono quegli occhi che ci guardano.
Io ti rispondo: "Sono stelle", ma tu non ci credi neanche un po'...
Allora saliremo sopra al Cielo a piedi nudi, mano nella mano.
Andiamo dritti, fino al Paradiso e un po' più su...
dove tutto intorno esplode l'universo ed io che vedo solo il tuo sorriso, che fa sembrare tutto straordinario come te...
Se un giorno io volessi di più di tutto quello che già ho ti troverei dentro un'altra vita, con lo stesso sguardo perso, ma sincero.
Ci siamo presi a pugni e poi a baci, fino a ridere...
Le mani ci hanno fatto male, senza volersi mai staccare.
E saliremo insieme sopra al Cielo,
a piedi nudi, mano nella mano.
Andiamo dritti, fino al Paradiso e un po' più su.
Dove tutto intorno esplode l'universo, ed io che vedo solo il tuo sorriso che fa sembrare tutto straordinario come te...
Come questi anni che sono veloci,
che stancano i volti mentre formano i cuori,
sono gli anni più duri... ma dicono i migliori...
E saliremo insieme sopra al Cielo,
a piedi nudi, mano nella mano.
Andiamo dritti, fino al Paradiso e un po' più su.
Dove tutto intorno esplode l'universo ed io che vedo solo il tuo sorriso che fa sembrare tutto straordinario come te..
Andiamo insieme fino in capo al mondo!
Perdiamoci, ma mano nella mano!
Questo viaggio avrà un finale straordinario se viaggi con me...
mi chiedo spesso se tu sei felice come me!"
Finito il brano sento gridare la parola: "BRAVI!", e mi viene da piangere.
"Voi due siete una coppia straordinaria... che è arrivata a scontrarsi per poi rimediare a quel dolore che vi siete procurati tra di voi con un bacio" concludo, sulla soglia delle lacrime.
"Tu sei straordinaria!" mi sussurra Franco prima di prendermi sottobraccio mentre Serena mi prende l'altro. Lui mi toglie l'archetto ed entrambi mi portano giù dal palco poiché non mi reggo in piedi.

Luce dei miei occhi (sequel of: "Quel meraviglioso villaggio")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora