58: Visite, imbarazzo e protezione

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Angelica's Pov
Vado a casa Bernardi. Voglio risolvere il prima possibile.
Busso con esitazione, sperando che ci sia qualcuno. Oggi è la mia giornata fortunata, perché è proprio Ernesto ad aprire la porta.
"Angelica!" esclama stupito.
"Già, proprio io" gli rispondo cercando di mantenere la calma. "Ho bisogno che di un favore."
"Di che si tratta?" chiede.
"Posso entrare? È un argomento molto delicato" gli dico, sentendo l'ansia aumentare.
Ernesto mi fa entrare e andiamo su in soffitta.
"Vieni, siediti là." dice indicandomi un divanetto, sul quale vado a mettermi seduta.
"Si tratta di Francesca, non è vero?" chiede.
"Tutti molto intelligenti in famiglia, eh?" dico sorridendo.
"Fai un po' tu" risponde lui.
"Hai ancora un segno di quello che ti ha fatto quella ragazza?"
"Magari! Lei è stata fulminea, ma attenta. Il segno gliel'ho lasciato io, purtroppo. Sapessi quanto vorrei aiutarti, ma non so come muovermi, te l'assicuro! Posso raccontarlo, ma non mi crederanno mai!"
So che quel: "Magari!", è più che altro perché lui vuole aiutarmi.
"L'unica prova sarebbe il fasto cbe sono scoppiato a piangere davanti a mio fratello e a tua figlia."
"Ci sono le telecamere là! Magari potremmo chiedere a chi di dovere di rivedere i filmati!" dico, con una luce di speranza negli occhi.
"Certo, ci proverò. L'unico motivo per cui mi hanno fatto uscire è che proprio quel mostro ha inventato non so quale scusa per scagionarmi..."
"Allora andrò in commissariato a chiedere informazioni..."
"No, Angelica! Ci andrò io... tu vai da Francesca!"
"Va bene... ma ne sei sicuro?"
"Credo che lei sia preoccupata" dice lui. "Non so esattamente dove siete, ma so che ha molta paura per te..."
Detto questo ci salutiamo ed io torno al porto.
Meno male che i servizi di navigazione sono disponibili 24 ore su 24, perché arrivo tardissimo e riesco a prendere una nave che partirà alle due di questa notte.
Francesca's Pov
È mattina presto quando sento qualcuno battere alla porta, e anche piuttosto insistentemente.
"Chi è?" chiedo sottovoce.
"Sono Elena... posso entrare?"
"Certo, vieni!"
Mi dispiace di non essere andata da lei, ma stanotte mi è salita la febbre! Mi dispiace per il mio angelo, che una volta ogni due ore è venuto a controllarmi.
Per me non è stato un problema: avevo un mal di testa talmente insistente da non essere riuscita a chiudere occhio.
Oltre a questo, poi, lui e Alberto sono andati a prendere mia madre, perché mentre lui stava accanto a me Alberto è stato accanto a Melissa, quindi diciamo che si sostengono a vicenda... io neanche ricordo quanta strada abbiamo fatto io e Ginevra quando lui è arrivato qua, ero troppo presa dall'atto di tentare di capire qualcosa.
Sento Elena avvicinarsi al mio letto, tendo la mano per cercare la sua e la trovo quasi istantaneamente.
"Che è successo, Elena?" chiedo.
"È che non ce la faccio più con lui, Fra!" dice con un tono un po' triste. "Stavamo camminando insieme, non ho notato un rametto con quel coso di plastica e ferro e sono caduta!"
"E lui ha iniziato ad urlarti contro."
Lo dico con tono tranquillo, ma se non fosse perché non voglio mettere paura ad Elena e perché ho la febbre a 38 e mezzo andrei là e gli assesterei un sonoro ceffone, di quelli forti.
"Siediti, dietro di te c'è il mio letto." le dico, capendo in che posizione è. "Vuoi stare un po' qui con me?"
"Va bene... ma tu per caso sei malata?" chiede.
"Ho un po' di febbre, ma nulla di grave, amore mio!" rispondo.
Come si fa ad fare la duri con questa bambina?
Ma cosa diavolo ha Carlo al posto del cuore?
Una ciabatta o un pianoforte?
Ciabatta? Pianoforte? Ma dici sul serio?
Va' al diavolo!
Comunque a mio parere si tratta più di una ciabatta che di un pianoforte, perché il pianoforte ha le corde, che se sottoposte ad una pressione vibrano... la ciabatta non reagisce, non può reagire, e i genitori tradizionalisti, purtroppo, non le utilizzano a mo' di scarpe, ma a mo' di strumenti di tortura! Vada per la ciabatta!
"Amore, tu cosa gli hai detto?"
"Lui voleva accompagnarmi da te, perché aveva capito che era qui che voleve venire e che volevo sfogarmi, ma quando mi ha messo una mano su un braccio per farmi camminare gli ho detto che non volevo il suo aiuto" risponde.
"Secondo me dovresti parlarne con i tuoi genitori, amore, dire che con lui non stai bene." le dico.
Mi fa tanta tenerezza questa povera bambina!
Non dico: "Povera" perché non ci vede, sarebbe come un'autocommiserazione ed è una cosa che ho smesso di fare da un bel pezzo, ma perché le tocca subire malumori di una specie di insegnante al quale io non darei due soldi!
"Tesoro, io vorrei anche aiutarti... solo che mi servirebbe parlare con lui" le dico prendendole una mano. Mi sono messa a sedere accanto a lei poco dopo che ha finito di raccontare, perché mi è rimasta quell'inibizione nello sdraiarmi davanti agli altri, perché non serve vedere per capire che una persona è distesa. Il suono della sua voce, mhe può essere un po' più rilassato in certi casi, viene da un po' più in basso, come se una persona fosse seduta e l'altra in piedi... poi Elena prima mi ha dato la mano e non è sempre facile che due persone si tengano per mano se una è seduta e l'altra è distesa. Sorrido notando che, come ogni volta, sto divagando e sto pensando a cose davvero assurde.
"Non voglio andare a chiamarlo, Fra. Si arrabbierà, ne sono certa."
"Va bene, allora rimani un po' qui. Avverto io tua madre, va bene?"
La sento sorridere e capisco che concorda. Vado a recuperare il cellulare e la Barra Braille, posati su un mobiletto, per poi tornare vicino a lei e scrivere a sua madre che è tutto a posto, che Elena è qui con me e che sta bene. La risposta di Cristina è un: "Grazie, cara", che mi porta a sorridere. Cristina è una donna veramente dolce e si sta facendo in quattro per fare in modo che sua figlia non si senta un'aliena.
Sa come parlarle e come prenderla senza gridarle contro, cosa che, almeno a mio parere, è fondamentale se ci ritroviamo in una realtà a noi sconosciuta.
"Grazie di tutto, Fra!" mi dice Elena alzandosi in piedi per poi spostarsi di poco e gettarsi su di me. Il suo abbraccio è un grandissimo dono per me. È un muto: "Ti voglio bene!", ed io amo questa frase, anche nel caso in cui mi viene detta così, senza che sia pronunciata.
"Ti andrebbe di vedere com'è la mia stanza?" le chiedo. Sono sicura che abbia camminato con le mani avanti quando mi è venuta incontro, inoltre camminava piano.
"Ho paura. Non so ancora percepire gli ostacoli, Fra!"
"Quello non te lo posso insegnare, però stai tranquilla, se c'è qualcosa ti copro... solo, metti la mano destra tesa in avanti, almeno se non mi accorgo di qualcosa eviterai de farti del male!"
Le riprendo la mano sinistra e l'aiuto ad alzarsi. La mia stanza non è gigantesca, ma nemmeno piccola, quindi Elena riesce ad imparare com'è molto in fretta.
"Mobile, mobile, mobile!"
Lei scoppia a ridere per il modo in cui dico quella parola e probabilmente pensa che mi sia venuta, e non tornata, la vista improvvisamente.
"Se te lo stai chiedendo non ho iniziato a vedere all'improvviso!"
"Allora come hai fatto, Fra?" mi chiede con esitazione.
"Semplicemente l'ho sfiorato, perché so dove sono gli oggetti" le dico con un sorriso.
Sento dei leggeri colpi alla porta, riaccompagno Elena sul letto perché lei è ancora un po' timorosa, e vado ad aprire. Mi sento stringere da due braccia che, anche se solo per qualche ora, mi sono mancate davvero.
"Amore mio!" mi dice mia madre.
"Mamma!" riesco a dire in un sussurro. "Come stai? Come ti è andata là?"
"Bene, piccola, sto bene." mi risponde lei, continuando ad accarezzarmi la schiena. Probabilmente anche lei si sente come se non ci vedessimo da un semolo, forse per l'accumulo di tensione, perché quando torno da un viaggio di quelli con gli amici lei è affettuosa, ma non come se una di noi due fosse tornata da una sorta di guerra.
Forse sono stata io a contagiarla con la mia tensione.
"Ho saputo che non stavi bene!"
"In effetti ho qualche linea di febbre... ma mi dispiace per chi ho sfinito!"
"Per caso parli di..." mi sussurra in un orecchio, lasciandomi intendere a chi si sta riferendo poiché sento le guance bollire.
"Di questo non preoccuparti" mi dice proprio lui, il mio angelo, entrando nella stanza. "Ehi! Fra, vedo che hai una bellissima visita!" aggiunge, avendo evidentemente visto Elena che è seduta sul mio letto... o almeno credo che sia ancora lì. "Come stai, Elena?"
"Bene, Daniel. Tu?"
"Anch'io, soprattutto ora che vedo che Francesca è in buona compagnia" le risponde lui con tono dolce.
Praticamente ha detto che Elena è la mia buona compagnia.
"Non è soltanto buona! Elena è un'ottima compagnia, e non solo per la sottoscritta, ma a casa sua, oltre ai genitori, gli zii e la sorella non ha una compagnia altrettanto piacevole, sai cosa intendo..."
Lui si avvicina a me e lo sento posare una mano sulla mia spalla sinistra.
"Tranquilla, di lui mi occuperò io, ma ho bisogno di sapere esattamente cos'è successo."
"Elena, tesoro, ti va di venire fuori con me?" chiede mia madre staccandosi da me per andare da lei. Probabilmente Elena ha capito ed ha annuito, perché sento che si sta alzando.
Pochi secondi dopo lei e mia madre mi passano accanto, poi la porta viene chiusa ed io vado a sedermi di nuovo sul mio letto. Sento il materasso muoversi un po', segno evidente che lui mi si è seduto accanto, anche perché ci siamo solo noi due qui dentro e la definitiva conferma viene fuori dal fatto che mi sento sfiorare delicatamente il braccio destro.
"Puoi dirmi cosa le ha fatto?" chiede.
"Ecco... lei non si è accorta che nel vialetto c'era un ramo, ci è inciampata sopra e quando è caduta quell'imbecille l'ha sgridata... non lo reggo, te lo giuro, non lo reggo più... se non fosse per la febbre io sarei già andata a dirgli quello che merita!"
"Ehi, ehi, buona, tranquilla, piccola Francesca! C'è una soluzione più semplice. È necessario che Cristina assista ad una delle lezioni che Carlo fa ad Elena, in modo che sia ben chiaro il modo non molto utile che sta usando per insegnarle come rapportarsi ai suoi occhi."
"Carlo non permette a nessuno di assistere alle sue lezioni e se devo dirtela tutta mi è chiaro il motivo per cui lo fa."
"E chi ha detto che lui debba sapere che lei sta assistendo?"
"Cioè, vediamo se ho capito: lei dovrebbe stare nascosta?"
"Hai capito benissimo! Ci saremo anche noi con lei, se ti sentirai meglio, e nel caso in cui non riuscissi a riprenderti per quel momento ci andrò io, okay?"
"Spero solo che lui non vi noti e soprattutto che venga scoperto, perché Elena soffre molto per questa storia e a me dispiace tanto!"
"Tu fidati. Vedrai, andrà tutto bene. Ora però è meglio che andiamo a cambiarci tutti e due prima di raggiungere tua madre ed Elena, e copriti bene, soprattutto..."
Improvvisamente mi rendo conto dello stato in cui mi trovo. Ho la camicia da notte e, anche se a quanto ne so è nera, mi sento terribilmente in imbarazzo, tanto che le mie guance bruciano come è successo quando lui è entrato. Mi alzo di scatto, coprendomi il viso con tutt'e due le mani, rovisto velocemente tra le mie cose e senza neanche controllare di che colore sono le cose che sto prendendo, corro in bagno. Anche se ho la febbre mi butto sotto il getto della doccia e, per cercare di smorzare la fiamma che mi brucia dentro a causa dell'imbarazzo, mi getto l'acqua ghiacciata sul viso. Mi lavo con attenzione, ma al contempo velocemente, mi asciugo e mi vesto. Indosso anche un coprispalle, perché lui mi ha consigliato di coprirmi per via della febbre e perché fuori fa leggermente freddo, cosa che mi crea due problemi: il primo è proprio il fatto che potrebbe salirm di nuovo la febbre, ma a quello forse ho già badato io congelandomi la faccia; il secondo è: se dovessi arrossire ancora in che modo potrei giustificarmi?
Certo! Come se il rossore delle tue guance fosse una mancanza punibile penalmente, o no, Francesca?T
u non seccare!
Guarda che io volevo aiutarti!
Certo, come no!
Esco dal bagno, forse un po' troppo velocemente dato che rischio di inciampare. Non mi ero nemmeno accorta ci trovarmi pericolosamente vicina alle scale, ma una presa salda sul mio polso destro m'impedisce di spiaccicarmi a terra. Mi vengono i brividi se penso che anche in un'altra occasione lui mi ha evitato di cadere e io non l'ho nemmeno riconosciuto! Ma che stupida!
"Tesoro, stai bene?" mi chiede gentilmente il mio angelo. Abbasso la testa, sentendomi ancora più in fiamme di prima.
"D-Dan..." riesco a balbettare, affondando sempre di più nel mio rossore.
"Ti è salita di nuovo la febbre?" chiede.
Lo sento sollevarmi delicatamente il viso e sorrido, ma al contempo rabbrividisco.
"Scusa se prima sono scappata!"
Gli dico la prima stupidaggine che mi passa per la testa, anche se non è proprio una stupidaggine completa, perché vorrei davvero scusarmi per essere scappata in quel modo. In fondo lui mi ha detto soltanto di coprirmi bene, no?
"Perché ti agitavi in quel modo prima?" mi chiede con il solito tono gentile che, fin dal primissimo giorno in cui ho visto quest'angelo meraviglioso, mi ha conquistata.
Poverino, ho fatto le cose talmente in fretta che lui non ha avuto neanche il tempo di avvicinarsi.
"Ecco... avevo dimenticato di avere la camicia da notte e dato che non mi ero mai mostrata in quel modo mi sono sentita davvero in imbarazzo..."
"Non ricordi che ti ho detto io di mettertela perché stavi bruciando di febbre, piccola? Va tutto bene, tranquilla. Anzi, dato che anche con la febbre il tuo senso del pudore è in grado di raggiungere livelli sovrumani ho messo questa sugli occhi." mi dice mettendomi tra le mani un pezzo di stoffa.
Lo percorro con le dita e trovo un laccio molto sottile, che evidentemente lo chiude, mn modo che ci si possa infilare direttamente la testa. Io una volta avevo utilizzato una benda che avevo in casa, giusto per il principio d'imitazione, perché tanto la mia benda era dentro i miei occhi, non certo sopra, però mi divertivo a passarmi la mano in testa e trovarla cerchiata da quel semplice pezzo di stoffa.
"È stato un gesto davvero carino" gli dico con timidezza. "Sai, non tutti lo fanno!"
"Tu però sei un po' esagerata!"
"In merito a che cosa?"
"All'imbarazzo. Credimi se te lo dico: sei una ragazza davvero carina, non dovresti vergognarti come se avessi commesso un reato quando, ad esempio, non porti la fascia, anche se non ti sta male." dice lui dolcemente.
Capisco a quale fascia fa riferimento: quella che porto sempre in mezzo ai due pezzi di quei dannati costumi che detesto con tutta me stessa.
"Dai, vieni!" mi dice prendendomi per mano e aiutandomi a scendere le scale dato che a stento riesco a stare in piedi a causa dell'incontrollabile tremito delle mie gambe.
Andiamo a raggiungere Elena e mia madre, ma qualcosa mi frena. Sento le zampe di Zora muoversi avanti e indietro. Lui mi lascia immediatamente la mano e sento che sta bloccando la cagnolina. Faccio fatica a non cacciare un urlo quando la sento abbaiare piuttosto forte.
"Sei proprio una birbante tu, eh?" le dice sorridendo. "Zora, da Francy non puoi andare, perché lei, anche se non lo fa per cattiveria, quando ti vede trompo vicina si fa piccola piccola, come un riccio."
Sorrido, ripensando a tutte le occasioni in cui lui mi ha aiutata in questo genere di circostanze. È sempre stato il solo in grado di calmarmi a livelli stratosferici dopo uno scontro avuto con quello che è il migliore amico di qualche uomo.
Quando Zora viene portata via da Giorgio il mio angelo mi viene incontro e mi prende una mano per provare a rassicurarmi.
"Ehi! Ricordati sempre che se hai la necessità di essere aiutata in qualcosa non hai che da chiedere." dice.
Sento il solito suono del mio cellulare, che annuncia l'arrivo di un nuovo messaggio.
Il messaggio è sempre da quello stupido numero.
È di Natasha e dice: "Piccola Francesca, non so dove ti trovi, ma quando ti troverò avrai bisogno di versare un bel po' di lacrime!"

Luce dei miei occhi (sequel of: "Quel meraviglioso villaggio")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora