Francesca's Pov
Stamattina io e Ilenia stiamo andando a scuola. Oggi si parla delle festività. Qui, da quello che ricordo, è famosa la settimana di Pasqua e c'è anche un'altra festa: la Feria de Abril. Noi abbiamo parlato delle feste in Italia, la professoressa ha detto qualcosa in merito alle feste e siamo andate di nuovo all'università a chiedere informazioni sulla Feria de Abril. Ci sono state due ragazze che ci hanno detto praticamente tutto. Sono state gentilissime... peccato che le mie compagne del gruppo si siano intromesse con la questione della foto. Va beh! Fa niente!
Abbiamo esposto delle ricette di cibi usati nelle feste e mi sono divertita.
Il pranzo è stato abbastanza tranquillo. Oggi ci sono due tappe nella visita: la cattedrale della Giralda e la piazza di Spagna.
Verso le tre meno venti io e Ilenia usciamo per dirigerci a scuola. In realtà ci vorrebbero circa dieci minuti, ma dato che mi è un po' difficile correre con l'occhio a rotelle, ci avviamo prima. Lo rimetterò a posto appena arrivata davanti a scuola, tanto a che mi serve?
Arriviamo a destinazione, io chiudo l'occhio a rotelle e lo infilo nel sacchetto per poi andare verso Ilenia e mettermi sotto il suo braccio. Mia cugina resta un po' sorpresa, perché stava per dirmelo lei.
"Come hai fatto a saperlo, Chicca?" chiede.
"Beh... a dire la verità non lo so..." ammetto.
È vero. Forse mi ha avvertito uno scalino che più che essere tale è una sorta di discesa.
Mi sento sfiorare una spalla e mi volto di scatto.
"Francy, c'è poco tempo! Vieni, ti porto in mezzo agli altri ragazzi!" mi dice Daniel.
Gli sorrido e lo ringrazio.
"Ti ci avrebbe portata la prof, ma trovandomi più vicino ho voluto farlo io" mi dice calmo. "Ah, tieni! I tuoi modellini!"
Prendo tra le mani la busta che mi sta dando e ne osservo il contenuto. Una campana, una torre con una punta, delle aperture ai lati e quattro cerchi agli angoli della parte alta, un quadro, credo, con una riga nel mezzo e con in basso la scritta: "San Antonio." Non è un errore di grammatica, semplicemente descrizioni e nomi sono in spagnolo e loro, forse perché non mettono mai l'apostrofo, dicono: "San Antonio."
Sulla campana c'è scritto invece il numero 25.
"Perché proprio 25?" chiedo curiosa.
"Ah, non lo so" mi risponde lui ridendo, cosa che mi fa intuire che vuole che tutto sia una sorpresa per me. "C'è anche altro, ma ti conviene vederlo dopo..."
Al suono della parola: "Vedere" mi s'illuminano gli occhi.
Vado in mezzo ai miei compagni dello stage, poi arriva la guida e la professoressa mi prende sottobraccio.
Arrivati sotto la cattedrale la guida, ovvero la professoressa che c'era ieri, ci fa fermare e ci dà una sorta di radiolina con un laccio da mettere al collo e delle cuffie, che però mi risultano subito scomode. Che stupida che sono stata, avrei potuto usare le mie!!
Entriamo nella cattedrale. Dato lo spostamento dell'aria immagino che il porto sia enorme e la conferma mi arriva esattamente tre secondi dopo.
Entriamo in varie sale e io sono contenta di avere i modellini, almeno le cose le vedo anch'io.
Quando è il momento del quadro, oltre ad una descrizione fatta dalla guida del quadro stesso, si rivela il motivo della linea che lo divide in due: dei ladri avevano deciso di fregarsi Sant'Antonio dal quadro, ma si erano fatti scoprire e il quadro era stato incollato. Questa me la segno, perché è l'esempio per antonomasia del: "Tutto è bene quel che finisce bene."
Ora viene il bello: salire trentaquattro rampe per arrivare in cima alla terrazza. Prima di questo, però, viene rivelato il motivo per cui c'era scritto il numero 25 sulla campana: qui dentro ce ne sono giusto 25.
Fra Martino ne avrebbe per un bel po'. Chi è Fra Marjsno? Quello della canzone: "Fra Martino campanaro..."
Si inizia la salita delle rampe, che però non sono di scale, sono in salita e basta perché il Re ci passava a cavallo... e giustamente, per quanto un cavallo percorra lunghe distanze chiedergli di farsi trentaquattro rampe di scale è un po' troppo. Le rampe procedono ad angolo retto, quindi per me è abbastanza semplice capire quando inizierà la rampa successiva, e anche la distanza. Non dal numero dei passi, certo, ma dal fatto che la pendenza man mano diminuisce.
Una volta arrivati in cima usciamo sulla terrazza ed una delle campane inizia a suonare. Che ci sia davvero un fra Martino Campanaro qui dentro?
Del panorama ricordo solo due dettagli di quello che mi è stato detto: il primo è che la città si vede piccola piccola da qui e il secondo è che si vede l'arena della Corrida. Poi... chiedo scusa per il sarcasmo... anzi, no, tanto mi prendo in giro da sola... è buio!
Andiamo a sederci su di un muretto. Qui si sta benissimo e pensandoci mi viene da sorridere.
Ilenia mi mette una mano su una spalla. Riconosco le sue dita fredde e la fedina liscia che porta al dito.
"Ti piace, Fra?" mi chiede sorridendo.
"Moltissimo... però capisco il motivo per cui ci sono le inferriate" dico ridendo.
"Infatti credo che qualcuno potrebbe avere la pessima idea di buttarsi di sotto al pensiero delle rampe da fare a ritroso" mi dice una delle professoresse di spagnolo.
Adesso, guardacaso, tocca a noi scendere. La prof mi tiene sottobraccio, ma sembra esitare.
Io, dal canto mio, sento molte persone venire verso di noi, di sicuro turisti.
Se non ci sbrighiamo credo che ci verranno addosso, quindi questa volta il turno di condurre la prof giù dalle rampe passa a me. È facile: distanza tra âna rampa e l'altra: un angolo retto, la pendenza in aumento per un tratto, ovvero la stessa rampa, e poi il tratto piano successivo, cioè un altro angolo retto.
Arriviamo tutti giù, sani e salvi, poi usciamo dalla cattedrale e ci dirigiamo a Plaza de España. Ora tocca fare una cosa che per me è un po' noiosa, ovvero la foto con la statua di un tizio: l'architetto della stessa piazza, che ha la faccia girata dall'altro lato perché è stata aggiunta una fontana che lui non aveva messo.
Sbrigata questa faccenda c'è la visita della piazza nel suo complesso. Io mi perdo nell'ascolto della fontana. Amo il rumore dell'acqua, forse più di molti altri rumori, e se a questo si unisce il rumore delle carrozze che passano di continuo, tra le ruote e lo scalpitare dei cavalli, i bambini che corrono e gridano felici, la camminata tranquilla di alcune coppiette e il chiacchiericcio della gente, diventa un vero spettacolo per le mie orecchie, come una festa.
Forse non dovrei dirlo perché non ho mai visto un panorama, ma per me questo vale molto di più. È una descrizione fatta in un modo speciale, che mi attira, mi coinvolge, perché non è diretta a me. Non è diretta a nessuno in particolare, ma è come se, senza rendersene conto, tutti i coinvolti in quaesti rumori creassero un'armonia tale da renderli il più bel suono da ascoltare.
Molti dei compagni mi salutano, poi credo si siano divisi in gruppi dato che alcuni sono in classe con la guida che ha chiesto loro di fare alcune cose.
"Ehi, tesoro... la guida mi ha chiesto di darle una mano, quindi devo andare anch'io."
"Okay Dan... a domani" dico, e subito dopo lui mi bacia sulla guancia e va via.
Le professoresse che ci fanno da accompagnatrici restano ancora un po', scattiamo un'ulteriore foto tutte insieme e ci sediamo su una panchina che sullo schienale ha un mucchio di Azulejos, ovvero una sorta di piastrelle quadrate e lisce, credo in vetro, che, da quello che mi è sembrato di capire, hanno questo nome percvia del colore azzurro. Mi viene anche detto che uno di questi rappresenta una battaglia di un cavaliere di cui si parla in un poema che abbiamo studiato: El Cid. La storia di quell'uomo mi affascina, è intrigante, appassionata e molto complessa.
Dopo un po' due insegnanti su tre si allontanano e restiamo io, Ilenia e la professoressa Maria.
Proviamo a fittare una barchetta a remi per un giro sul Guadalquivir, ma c'è troppa gente... e io, anche se cerco di pensare ad altro, tipo alla musica che mi piace, ho delle fitte terribili alla gambe, partendo dalle ginocchia per arrivare alle punte dei piedi.
La cosa simpatica è che incontriamo un tizio che vuole venderci delle cose e a un certo punto mi chiede: "Se non è davanti è...?"
Mentre cerco di sentire meno dolore spostando costantemente il peso del corpo da un piede all'altro penso: "Questo tizio è tutto matto!"
"Se non è davanti è...?" insiste lui.
"Dietro?" chiedo.
"Intelligente."
E detto questo mi dà un bacio su una guancia. Ma che cosa...?
Andando avanti c'è un negozietto con manichini di ballerine di flamenco, quelli in cartone, per fare le foto, e tanto la prof quanto Ile ci tengono a fare un selfie là. Okay Francesca, hai resistito fino ad ora, ce la puoi fare.
La prof mi fa vedere il vestito della ballerina, del quale non ricordo il colore, ma il fatto che è a balze, poi il negoziante, che a quanto pare conosce l'italiano, mi fa mettere una sorta di scialle e mi attacca una sorta di velo in testa, ma che copre solo la parte alta dei miei capelli e ci fa delle foto per poi dire, una volta saputo il mio nome: "Francy, sembri una modella!"
Gli sorrido per ringraziarlo ed in quel momento mi sembra addirittura di sentire la voce del mio angelo che me lo dice, cosa che, dopo le foto, mi aiuta a resistere al dolore fisico fino a Starbucks, dove prendo dei biscotti e dell'acqua per poi tornare a casa.
Dopo la cena e quattro chiacchiere con le signore di casa io e Ile andiamo in camera, io compio il mio solito rito e scrivo al mio ragazzo la cosa della modella. La sua risposta, però, dato che sono cresciuta in un contesto in cui la gelosia la fa da padrona, mi lascia spiazzata: "Spero che almeno questo ragazzo riesca a convincerti del fatto che sei meravigliosa..."

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Luce dei miei occhi (sequel of: "Quel meraviglioso villaggio")
Fiksi RemajaFrancesca ha ancora molte avventure da vivere, a partire dallo stato di Asia per concludere con le cattiverie di Natasha. Sembra che lei e i suoi amici non riescano ad avere un attimo di pace, ma lei, dopo aver attraversato il dolore, ha le cosiddet...