Francesca's Pov
Finalmente abbiamo scoperto dov'è l'hotel in cui si trova mio padre ed io mi sono decisa: andrò insieme a mia madre, succeda quel che succeda. Prima o poi mi troverò faccia a faccia con lui, no? Meglio andargli incontro che creare problemi qui, in una casa nella quale siamo ospiti e per di più nella casa di persone meravigliose, che non hanno fatto niente per trovarsi coinvolte in questa storia... non voglio che Giorgio, Sofia, la signora Rosa e il signor Guido si trovino in mezzo. Non ho nominato Alberto perché lui è partito, infatti ha detto che lui e Dan sarebbero dovuti andare al residence un po' prima di giugno insieme agli altri componenti del gruppo. Mi è dispiaciuto separarmi da lui, ma so che va a lavorare in un ambiente che gli piace e va a fare un lavoro che ama molto, tanto quanto lo ama... No, accidenti a me! Non posso ricollegare chiunque o qualunque cosa a lui, non posso!
Sono le sei del mattino quando mia madre entra nella stanza in cui mi hanno sistemata.e mi dice: "Amore, è l'ora! Te la senti di venire con me o preferisci restare a casa?"
"No, mamma. Verrò anch'io."
Mia madre mi si siede accanto e mi dà un bacio sulla fronte: il contatto che mi serve per sentirmi abbastanza forte da reggere il confronto con mio padre. Mi stringe in un abbraccio e mi sussurra: "Questa sì che è la mia bimba!"
Vado a vestirmi e raggiungo mia madre dopo aver preso la mia guida. L'hotel è vicino a casa De Martino. Immagino che l'abbia scelto apposta per andare là oggi. Seguo mia madre senza dire nulla, anche perché sono occupata a pensare a come evitare di sclerare quando rivedrò mio padre. Mimi sarei aspettata qualsiasi cosa, ma non questo. In fondo, però, credo proprio che sia normale.
Insomma: chi si aspetta cosa gli succederà nella vita? Per esempio, quando inciampi: non immagini di stare per cadere. Lo puoi immaginare solo nel momento in cui sei in bilico. Allo stesso modo io non avrei mai immaginato di cadere nel baratro nel giro di un mese, ma mi è successo... solo che è da un mese che cerco di tirarmi su. A volte ci riesco e altre volte il massimo che mi succede è tornare a cadere, ed anche ad arrancare per la risalita.
Arriviamo all'hotel e riusciamo ad accedere alla Hall. La receptionist ci dice dove si trova la camera di mio padre, ma ci consiglia di aspettarlo qui.
Io accolgo volentieri il consiglio della receptionist. Non ho intenzione di andare a cercarlo fino in camera. Non voglio accelerare eccessivamente i tempi per rivederlo, perché forse, anche se mi sforzo di non farlo vedere, non sono pronta.
"Amore, se non vuoi torna a casa!" mi dice mia madre, afferrandomi la mano destra. "Posso parlare io con Fausto!"
"Non importa... ormai sono qui, non serve che vada via!" dico.
Passano circa due ore prima che una voce mi faccia sussultare. È QUELLA voce! "Francesca! Angelica!" dice mio padre. Sia io che la mamma ci alziamo. Lo so perché è lei a farmi alzare.
"Fausto!" esclama mia madre.
"Come avete fatto a sapere che ero qui?" le chiede papà.
"Esattamente come hai fatto tu a sapere dov'eravamo noi" risponde lei tranquillamente.
Io, dal canto mio, attorciglio il laccio del bastone bianco attorno alle mie dita per poi lasciarlo. Appena fatto questo torno a ripetere quell'operazione. Sono nervosa.
"Francesca, hai perso la lingua?" mi chiede.
Se io ho perso la lingua la tua è tagliente!
"No! L'unica cosa che ho perso è il contatto con una persona, e tu lo sai bene!" gli dico fredda.
"Stai pensando ancora a quel ragazzo, Francesca? Ma quando accidenti la smetterai?" chiede, per poi imitarlo in un modo che mi dà fastidio.
"La smetti di scimmiottarlo, per giunta MALISSIMO?" dico nervosa. "Era questo che volevi dirmi venendo da me e dalla mamma a casa De Martino? Eh?"
Faccio fatica a contenere il tono della voce, ma ci riesco. Non ho alacuna intenzione di dare spettacolo!
"No! Sono venuto a dirvi di ritornare a casa! Tutti e tre!" risponde. "Per ora non possiamo vivere separati e se non ritornate ci toglieranno l'affitto della casa in cui viviamo adesso!"
Per me quello è un colpo dritto in mezzo al petto. Mi volto verso mia madre come per chiederle il permesso di andare via. Lei mi sussurra un: "Vai, tesoro", ed io sto per andarmene quando mi sento afferrare la spalla sinistra.
"E di quello che penso io non te ne importa?"
"Intanto lasciami!" gli dico, come ho già fatto con Samuele. "E poi a me sembra che tu non abbia chiesto la mia opinione quando hai stretto quel patto con Natasha per allontanarmi da lui!" Detto questo esco velocemente dall'albergo per poi ripercorrere la strada a ritroso, facendomi aiutare da un passante dato che non la ricordo benissimo. Entro velocemente in casa e dico alla famiglia De Martino che probabilmente a breve andrò via.
Chiedo perdono non so quante volte per averli coinvolti nei miei problemi... ma loro si dimostrano ancora più buoni di quanto pensassi, perché mi consolano, mi rassicurano, facendomi sentire come non mi sento da parecchio tempo.
"Piccola, tu non hai colpa, è chiaro? Noi ci siamo e ci saremo sempre per te!" mi dice gentilmente la padrona di casa.
"Mi dispiace che tu vada via, Fra, credimi!"
"Sofi, io..." dico sottovoce per poi gettarmi a capofitto tra le braccia della siciliana più piccola, che poi è un po' come se fosse una mia gemella.
"Ehi, ehi, andrà tutto bene! Tu puoi comunque raggiungere chi vuoi... hai i mezzi, sai farlo, quindi se non ci saranno i tuoi genitori andrai da sola!"
"Non è soltanto questo, Sofi!"
"Che succede, allora? Dimmi."
"Lui mi marcherà stretto, Sofia! Lui... non era fatto in questo modo! È sempre stato geloso, è vero, ma non in questo modo, e anche se mi manca la mia casa... è brutto da dire, ma mi sento soffocare solo al pensiero di ritornarci!"
"Tu ce la farai! Ti sei sentita soffocare un mucchio di volte eppure sei ancora qui, no?"
Annuisco, sforzandomi di calmarmi, anche se non è facile.
"Tu sei forte e io so bene che ce la puoi fare. Se hai bisogno contattami, io ti sarò vicina!"
"Grazie Sofi!"
Passo a salutare Giorgio, che mi è sempre stato accanto, come soltanto un vero amico può fare.
"Vieni qui, brunetta!" mi dice sorridendo.
Vado da lui e lo abbraccio fortissimo. Sento il battito accelerato e la sua presa che si stringe sul mio corpo. Stavolta sembra arrabbiato e mi dispiace molto.
"Giorgio, non preoccuparti, io starò bene... davvero!" provo a dirgli, ma è palese che non ci credo neanche io.
"Non mi dire questo, perché se non riuscissi a mantenere la tua promessa ci staresti male, e io non voglio!"
"Grazie... davvero, io... v-vi ringrazio!"
Saluto di nuovo tutti, poi vado a preparare la valigia e la porto giù, insieme al resto delle mie cose.
"Vai già via, tesoro?" mi chiede la signora Rosa.
"No... ma credo che appena i miei arriveranno dovrò andarmene via, per questo ho già preparato tutto. Non voglio altri problemi!"
Finisco di parlare appena in tempo. Sento qualcuno prendermi per il braccio destro, sussurrare un: "Andiamocene!", e trascinarmi via.
Sento qualcuno rincorrerci e Zora abbaiare furiosamente.
"La lasci!" dice qualcuno alle mie spalle.
"Che hai detto, ragazzino?" chiede mio padre.
"Giorgio, vai!"
Glielo dico con un tono talmente basso che probabilmente non mi ha nemmeno sentita.
"Ha capito bene. Avete deciso di partire? Perfetto, ma le lasci subito il braccio!" ripete Giorgio.
"Giorgio, ti prego!" gli dico ormai sulla soglia delle lacrime.
"Lei è mia figlia!" dice quest'uomo che ormai non riconosco più da quando mi ha cacciata dalla stanza d'ospedale in cui era mia madre.
"Appunto perché è sua figlia non dovrebbe farle del male o permettere a un'altra persona di fargliene... e io sono intervenuto per due ragioni: la prima è che le voglio bene; la seconda è il mio amico, che non le farebbe mai una cosa simile! La lasci andare, adesso!"
Lui continua a trascinarmi, ma improvvisamente me lo ritrovo addosso. Credo che lui e Giorgio adesso stiano lottando.
"BASTA, SMETTETELA!" dico liberandomi da quella presa e tirando indietro Giorgio. "Giorgio, ti prego, vai!"
"Dovrebbe farlo lei questo per sua figlia! Lei dovrebbe difenderla, no?"
"Giorgio, per favore, ora vai! Ti scongiuro!"
Gli prendo la mano e la stringo, cercando di calmarlo.
"Ti voglio bene!" gli dico.
Lui si allontana, lasciandomi un bacio su una guancia. Sento la mano di mio padre posarsi di nuovo sul mio braccio, ma questa volta con più delicatezza di prima. Non come quando ero piccola e mi portava per mano... è ancora una presa molto rigida.
"No!" dico spostando il braccio. Prendo la mia guida ed esco dal giardino, camminando a passo svelto. Sento mia madre avvicinarsi a me e lungo il tragitto piango silenziosamente.
Ci vuole un po' di tempo prima di salire sulla nave. Io tengo la testa bassa e mi copro gli occhi con entrambe le mani per poter continuare a sfogarmi senza essere guardata, o almeno spero.
Quando mi copro gli occhi posso avere l'illusione che siano impenetrabili... ed ora ho molto bisogno di quest'illusione.
Mi sembra di stare andando in prigione, anche se in realtà sto soltanto andando a casa. Niente di più e niente di meno.
Forse mi sento come se stessi andando in prigione perché so che da qui in poi la mia vita sarà difficile, ed anche tanto.
Alla fine, dopo molte lacrime, mi lascio cullare dal movimento ritmico della nave e finalmente riesco a giungere uno stato di calma che mi permette di addormentarmi... spero solo che questo non comprenda avere qualche incubo, perché sarebbe il colmo. Per fortuna riesco a dormire e anche piuttosto bene.
Quando mi risveglio percepisco un forte calore sul viso... come se avessi una cosa calda davanti.
"Amore, prendi" dice mia madre.
"Che cos'è?" chiedo esitante.
"Ti ho preso una cioccolata."
"M-mamma... non ho voglia di nulla, davvero!"
Cerco la mano di mia madre e la stringo forte.
"Papà è uscito, vero? Dalla sala, intendo."
"Certo, piccola. Sai... vedendoti con le mani sul viso e la bocca in parte coperta mi sono venuti in mente un mucchio di bei ricordi, come quando hai ritrovato lui!"
"Chissà se lo rivedrò ancora?"
"Certo che lo rivedrai, perché io ti aiuterò!"
"Lui non me lo permetterà mai!"
"Amore, non siamo nell'Ottocento! Tu hai diciotto anni, sei una ragazza giudiziosa e responsabile e hai tutto il diritto di decidere da sola della tua vita, anche se ti dovessi trovare a sbattere la testa contro il muro. E poi lui mi sembra un ragazzo a posto: gentile, a modo e con un grande cuore. Figurati che io e Michela, per farci dare del tu, abbiamo dovuto costringerlo, lo sai? Tesoro... lo so che ti ho detto di dimenticarlo, ma ora che ho visto che non serve e che persino Natasha che è una ragazza dal carattere durissimo si è commossa e vi ha lasciati in pace non mi sembra giusto frappormi tra di voi. È meglio che resti soltanto una persona a farlo, anche se preferirei che lottassimo entrambi per te, perché lo meriti. Sei un angelo, piccola. Mi dispiace di non averti difesa prima, ma ti prego: non perderti d'animo... per nulla al mondo!"
"E come faccio, mamma? Lui se ne inventa ogni giorno una nuova!" esclamo.
Mi alzo, cercando di non cadere, appoggio la tazza che la mamma mi ha dato sul tavolino e mi alzo, barcollando un po' a causa dei movimenti della nave, per poi abbracciarla forte, come non avevo mai fatto.
"Ti voglio bene!" sussurro.
"Anch'io, piccola! Anch'io te ne voglio, e tanto" mi dice lei con dolcezza.
Sento qualcuno avvicinarsi e mi siedo di nuovo.
Sento uno sguardo bruciare su di me. Uno sguardo che non mi mette soggezione, mi fa semplicemente infuriare, al punto che alzo la testa, mi giro verso destra e, usando il labiale, dico: "Finiscila di fissarmi, non sono una statua!"
Non voglio che qualcuno mi senta. Non voglio, davvero.
Allo stesso modo, però, non voglio che continui a fissarmi. Mi dà fastidio essere osservata, soprattutto così tanto insistentemente.
"Perché non dovrei guardarti, eh?" mi chiede papà, a denti stretti.
"Perché è una cosa che m'infastidisce!"
"Va bene, state tranquilli." dice mia madre.
Continuiamo il viaggio in silenzio.
Appena scendiamo mio padre prende l'auto e sia io che mia madre ci entriamo. Io inserisco subito le cuffiette nel cellulare e faccio partire la playlist musicale. Scelgo sempre il brano: "Quello che vorrei" di Francesca Michielin. È la canzone che più mi si addice ora come ora, perché ho troppa paura di non avere la forza di lottare per essere libera di voler bene a chi mi pare, libertà che invece dovremmo avere tutti. Ci siamo arrivati dopo non so quanto tempo e sinceramente non ho alcuna voglia di abbassare la testa. Non più.
Se non si è mai stati agnelli non si può essere lupi, no?
Beh, io la mia parte da agnello l'ho fatta!
STAI LEGGENDO
Luce dei miei occhi (sequel of: "Quel meraviglioso villaggio")
JugendliteraturFrancesca ha ancora molte avventure da vivere, a partire dallo stato di Asia per concludere con le cattiverie di Natasha. Sembra che lei e i suoi amici non riescano ad avere un attimo di pace, ma lei, dopo aver attraversato il dolore, ha le cosiddet...