78: L'orgoglio ferito di una donna

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Francesca's Pov
È passata una settimana dal giorno in cui Alberto è venuto a trovarmi in ospedale. Sono stata dimessa tre giorni fa e Debora è partita la mattina dopo. Io cerco di tenerle in ordine la casa, perché non voglio che il fatto che io viva là le comprometta ancora di più la vita in questo senso. Durante la giornata sto qui, pulisco, preparo qualcosa con l'aiuto di Internet, mi cambio la medicazione da sola facendo qualche e la sera vado a lavorare al bar.
Debora dice che al villaggio se la passa bene e gli animatori sono tutti simpaticissimi. Sono felice che si trovi bene. Beh, non è scesa proprio nei dettagli, ma mi ha detto che si sente a suo agio, e data la bontà che mi ha dimostrato da quando ci siamo conosciute non posso che essere felice per lei.
Qualche volta vado a far visita a Ginevra, che mi sta aiutando ad organizzarmi per quando partirò per andare al residence, ma mi ha detto di non prenotare ancora niente e sinceramente non capisco il motivo per cui l'abbia fatto, ma le ho dato comunque ascolto perché, conoscendo la mia migliore amica, so che se dice qualcosa non lo fa per puro caso... solo che sono curiosissima del motivo per cui mi ha detto di non prenotare il villaggio. So solo che sono talmente felice di andarmi da poter quasi dire che non sto più nella pelle. Molti clienti del bar mi dicono che ultimamente sono una scheggia e forse lo sono, perché sono svelta a servire e in più non faccio altro che sorridere come una bambina che ha appena ricevuto il suo regalo di Natale. Anche a livello di Cover ultimamente sto optando per dei brani che almeno a me trasmettono positività e parlano d'amore.
Sono totalmente presa dai miei pensieri quando sento qualcuno suonare alla porta. Non so che fare, non sono a casa mia.
"Chi è?" chiedo con la voce che trema più del dovuto.
"Ehm... lei è Francesca Bernardi?"
"Sono io. Chi è lei?" chiedo.
Perché ho una sensazione a dir poco orribile?
"Ehm... dovrei consegnarle una lettera!"
"La faccia passare sotto la porta, allora!"
"Signorina, è molto urgente... si tratta di suo padre."
Una lettera che parla di mio padre, o mandata da mio padre? Immagino sia scritta in Braille, altrimenti come potrei leggerla?
"Di che si tratta?" chiedo.
"Signorina, mi apra, è urgente" mi dice l'uomo.
A quelle parole mi arrendo ed apro la porta, ma non appena lo faccio sento un peso che mi si abbatte addosso.
Riconosco quelle mani: è Carlo. No, Dio mio, fai che non sia arrivato a questo punto, ti prego!
"Quanto sei ingenua, piccola Francesca!" mi dice sottovoce.
"Non chiamarmi in questo modo!"
"Cosa credi di risolvere alzando la voce, ragazzina?" mi chiede beffardo.
Lui mi spinge contro il muro e io, istintivamente, gli volto la faccia. Solo una persona può toccarmi le labbra e quella persona di sicuro non è colui che mi ha mandata all'ospedale, come voleva, del resto. Lo sento posarmi le labbra sul collo, ma dopo un inizio delicato sembra che la sua bocca sbatta contro la mia pelle e le ferite ancora non del tutto rimarginate, a contatto con il muro, mi bruciano da impazzire. Lo sento stringermi forte la vita e capisco che sta tirando di proposito la pelle della mia schiena da una parte all'altra.
Stringo forte i pugni, perché non gli darò mai la soddisfazione di sentirmi gridare o implorare pietà.
Abbasso la testa in avanti, sentendolo fin troppo vicino ad essa, poi mi viene in mente un flash di una cosa che è accaduta l'anno scorso, verso la fine di ottobre. Un evento che mi stava portando a rischiare veramente molto.
Il finto insegnante di musica mi stava minacciando, premendo una pistola contro la mia tempia, e il mio angelo mi aveva salvato tirandogli un pugno in faccia.
Perfetto! Vorrà dire che questa volta mi salverò da sola.
Fingo di cedere a quello che mi vuole fare, imponendo al mio corpo di essere il più rilassato possibile, tanto che lui mi lascia un braccio, io lo faccioroteare con la mano chiusa a pugno e lo colpisco, mirando involontariamente al suo labbro.
Lui cade a terra ed io approfitto del momento per recuperare le mie cose, compresa la mia copia delle chiavi di casa, in fretta e furia, esco e lo sento alzarsi, quindi chiudo la porta, sbattendogliela probabilmente in faccia. Inizio a correre per le strade, sperando di arrivare in tempo al commissariato, perché ho paura.
Spero anche di trovare Enrico.
Sono sicura che lui saprà consigliarmi su cosa fare dato che ho chiuso in casa di Debora un uomo che, da quello che ho capito oggi, è uno squilibrato.
Riesco ad arriva in commissariato e appena arrivata chiedo di Enrico Vitale.
"Sono qui, Francesca!" mi dice Enrico, prendendomi delicatamente il braccio destro.
A quel contatto tremo leggermente, anche se non ho la più pallida idea del motivo.
"Piccola, respira" mi dice lui dolcemente.
"La verità è che mi vergogno" dico facendo respiri profondi per calmarmi.
Ricordo di aver sentito che lui affondava anche i denti nel mio corpo, neanche fosse stato uno stupido vampiro tipico dei film!
Entriamo in una stanza, Enrico chiude la porta e mi conduce verso una sedia.
"Qui non ci sentirà nessuno. Vuoi spiegarmi cos'è successo? Perché hai la faccia piena di segni?" chiede.
Che cosa? Anche questo?
Sposto i capelli dal collo e metto in mostra il punto che mi fa male.
"Chi è stato a farti questo?"
"Si chiama Carlo Bianco."
"È arrivato a farti altro oltre ai graffi sul viso e al morso sul collo, Francesca?"
Abbasso la testa, vergognandomi di me stessa anche se non ho fatto niente oltre ad aprire quella maledetta posta.
"Non devi vergognarti di me, piccola! So che non è colpa tua, ma ho bisogno che mi spieghi bene cos'è successo."
"Ecco... ho sentito bussare alla porta, ho chiesto chi fosse e mi è stato detto che mi sarebbe stata consegnata una lettera che riguardava mio padre... mi sono spaventata, ho aperto la porta, lui è entrato e mi ha sbattuta contro un muro."
Non riesco a dire quello che è successo dopo, nonostante lui non sia arrivato a fare quel che voleva, ma il segno che ho sul collo, i graffi che ho sulle guance e lo sguardo penetrante che ho percepito sulla mia pelle mi hanno fatta sentire nuda e giuro che sono sul punto di sentirmi male in questo momento.
Enrico si alza, si mette al mio fianco senza sfiorarmi e mi dice: "Ascolta, se non hai paura di me tendi una mano e prendi la mia!"
Io tendo la mano destra ed afferro la sua sinistra. Il contatto con la sua mano mi trasmette calma.
La sua pelle è morbida e la sua stretta non mi fa sentire come se fossi bloccata. Lo dico perché ho provato a fargli allentare la presa, lui l'ha capito subito e l'ha allentata.
"Va bene, stai tranquilla. Può bastare e spero che lui non sia scappato da una finestra se hai chiuso la porta a chiave. Vieni, adesso andiamo a premderlo insieme."
"Ho paura di rientrare" dico.
"Ci sono io con te, tranquilla. Se dovesse provare ad avvicinarsi a te ti proteggerò."
"Va bene."
Usciamo dall'ufficio del mio amico, che mi porta in bagno, mi disinfetta i graffi e la ferita sul collo per poi chiedermi dove si trova la casa in cui vivo attualmente. Io lo guido verso di essa, poi lui mi chiede di dargli le chiavi e apre la porta di quella casa.
La porta viene aperta ed Enrico mi dice: "Francy, dammi la mano. È meglio non separarci."
Entriamo in casa ed Enrico mi dice: "C'è un uomo qui per terra, ma ha perso conoscenza."
Mi getto per terra e scoppio in un pianto disperato. Non volevo fargli tantomale, volevo soltanto che mi lasciasse andare, per questo gli ho tirato un pugno.
"Francesca, calmati! È solo svenuto, e poi non ha sbattuto la testa all'angolo tra la porta e la parete. Io resto con lui, tu prendi un secchio e riempilo d'acqua molto fredda."
Annuisco, prendo un secchio, lo getto nella vasca e lo riempio d'acqua gelata per poi portarlo all'ingresso.
"Adesso spostati un po' più indietro che gliela rovescio addosso." mi dice Enrico. Io mi sposto indietro come mi ha detto lui, anche se sto tremando. Non volevo fargli tanto male, davvero! volevo solo difendermi.
Sento che Carlo geme leggermente a causa del dolore che deve aver provato per colpa mia ed io porto entrambe le mani al volto per coprirlo, perché non voglio che mi guardi in faccia. Mi sento malissimo.
"M-maledetta... sei una maledetta..." mugola lui, ma non finisce la frase, perché Enrico gli dice subito: "Dille solo un'altra parola e ti assicuro che il pugno che hai avuto da lei ti farà il solletico per quante te ne darò, è chiaro?"
"Chi è lui? Il tuo amante?" mi chiede Carlo e il mio amico non esita a mantenere la sua promessa e lo prende a schiaffi.
"BASTA, TI PREGO!" grido.
"Va bene, mi fermo, ma solo perché me l'hai chiesto tu. E tu, invece, ora ti alzi e vieni con me, perché dopo quello che le hai fatto almeno una notte dietro le sbarre devi fartela!"
Credo che l'abbia tirato su per le braccia e sento il rumore di qualcosa di metallo che scatta, probabilmente le manette che Enrico ha messo ai polsi del mio aggressore, che una volta lavorava all'UIC... male, ma ci lavorava eccome!
Carlo viene portato via ed Enrico, prima di andarsene, mi dice: "Posso assicurarti che quest'uomo non t'infastidirà per un bel po'."
Per fortuna la sera arriva presto ed insieme ad essa arriva il momento di andare al bar. Abito di fronte al posto in cui lavoro, è una semplicissima strada dritta, quindi ci arrivo in due minuti.
"Francesca!" mi chiama Franco.
Gli vado incontro, sforzandomi di sorridere, anche se dentro mi sento come se stessi sprofondando.
"Non hai avuto affatto una bella giornata!"
"La mattinata è andata bene. È stato il pomeriggio il punto dolente... ma c'è una cosa che ti dovrei chiedere, in merito alla seconda parte del mio lavoro."
"Di che cosa si tratta, Fra?"
"Tu conosci il brano: "Donna", di Mia Martini?" gli chiedo.
"Certo. Vuoi portarlo stasera?"
"Beh... lo so,che sto toccando una persona che in realtà sarebbe intoccabile, ma oggi ho la necessità di puntare su questa canzone."
"Ma chi te lo vieta? E poi non sei tanto male, altrimenti non avrei potuto farti lavorare qui, per quanto bene io possa volerti" mi dice Franco e quello che ha detto mi tocca il cuore.
"Grazie Franco" gli dico. "Però ora credo sia meglio che vada a dare una mano a Giada che, per quanto possa essere un angero, probabilmente mi starà maledicendo in tutte le lingue che conosce!"
"Toglimi una curiosità: da chi hai imparato a fare la spiritosa?" mi chiede il biondo, almeno da quello che mi ha detto Serena quando l'ho conosciuto.
"Ehm... lo so io da chi l'ho imparato, stai tranquillo." gli dico sorridendo.
Detto questo mi precipito in sala, chiedendo mille volte scusa alla povera Giada, che uno di questi giorni mi manderà addosso la maledizione più grande che esista al mondo.
"Sei sempre la solita, Francy. Va tutto bene, non mi pesa lavorare, lo sai benissimo!" mi dice per poi aiutarmi a trasportare un vassoio che le avevo preso dalle mani mentre le chiedevo scusa, forse per la millesima volta.
Il tempo passa molto in fretta, tanto che, quando Nico mi chiama per dirmi di andare dietro le quinte resto sorpresa.
Quando salgo sul palco mi tremano le gambe e mi tocca allargare le braccia per mantenere un equilibrio che sia più o meno stabile.
"Dato un altro piccolo incidente che ho avuto mi è venuto in mente che esistono uomini buoni, dolci, affettuosi... ma esistono anche uomini di cui aver paura."
Sento la base partire dopo qualche istante e, nonostante le lacrime che spingono per venire fuori, mi sforzo di fare del mio meglio per non distruggere ua donna INTOCCABILE... beh, almeno è così dal mio punto di vista.
"Donne piccole come stelle,
c'è qualcuno, le vuole belle,
donna solo per qualche giorno e poi ti trattano come un porno...
Donne, piccole, violentate,
molte quelle delle borgate,
ma quegli uomini sono duri
e quelli godono come muli...
Donna come l'acqua di Mare,
chi si bagna vuole anche il Sole,
chi la vuole per una notte
e c'è chi invece la prende a botte...
Donna come un mazzo di fiori,
quando è sola ti fanno fuori.
Donna, cosa succederà
quando a casa non tornerai?
Donna, fatti saltare addosso,
per quella strada nessuno passa.
Donna, fatti legare al palo e le tue mani ti fanno male...
Donna che non sente dolore quando il freddo le arriva al cuore.
Quella, ormai, non ha più tempo e se n'è andato soffiando il vento.
Donna, come l'acqua di Mare.
Chi si bagna vuole anche il Sole.
Chi la vuole per una neotte...
E C'È CHI INVECE LA PRENDE A BOTTE!
Donna... donna, come un mazzo di fiori... quando è sola ti fanno fuori.
Donna, cosa succederà quando a casa non tornerai?"
Sento il suono di uno scrosciante applauso, non reggo l'emozione del momento, unita al peso dell'"incidente" di oggi e scoppio a piangere, come se Carlo fosse andato ben oltre il limite. Come se lui mi avesse fatto quel male che viene fatto a moltissime altre donne. Come se mi avesse distrutta, oltre che con i fatti, con delle parole cattive.
Per fortuna Franco e Nicolas mi raggiungono e mentre Nico mi toglie l'archetto Franco mi aiuta a scendere dal palco e mi accompagna fuori dal bar. Una volta arrivati là non mi chiede niente, si limita a stringermi a sé.
L'abbraccio del mio amico è il regalo più bello del mondo. Non mi dà fastidio, quindi forse non sono stata colpita tanto a fondo. Anzi, la sua stretta sul mio corpo mi tranquillizza, e non poco.
"Capisco perché l'hai scelta... spero solo che continuerai ad avere fiducia in me e negli uomini che ti vogliono bene... credimi: non ti faremmo mai del male di proposito, come qualcuno ha fatto oggi. Anzi, se vuoi dirmi chi è io vado a cercarlo e gliele suono!"

Luce dei miei occhi (sequel of: "Quel meraviglioso villaggio")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora