CAPITOLO 2

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Sono soltanto pochi passi, ma Mic si sente già rinvigorito. Menomale che il professore gli ha dato il permesso per uscire dall'aula o non avrebbe resistito ancora a lungo con quella lezione noiosa di storia.
Arriva al bagno ed entra. Stranamente non c'è nessun altro, tuttavia non se ne preoccupa; fa scorrere acqua fredda dal lavandino, per poi raccoglierla nelle mani a coppa e buttarsela direttamente in faccia. Prende un respiro profondo e ripete lo stesso gesto un altro paio di volte.

Plin. Plin.

Abbassa lo sguardo, sentendo la scarpa bagnata. Nota che un tubo perde e le goccioline finiscono proprio sulle sue scarpe da ginnastica bianche che – anche se non sono affatto nuove – ci tiene a mantenere pulite.
«Merda...»
Fa un passo indietro, agitando il piede quasi come se in quel modo potesse scomparire il piccolo alone bagnato che si è creato proprio al di sopra dell'alluce.
Sbatte quasi con troppa forza una delle porte dei servizi, prende un pezzo di carta igienica e inizia a strofinare. Per fortuna non ha lasciato nessuna macchia, ma crede che ci vorrà qualche minuto perché si asciughi completamente.

Sbuffando, esce dal bagno e decide di continuare la sua passeggiata prima di tornare in aula. La consapevolezza di essere uno dei migliori della classe non gli impedisce di saltare qualche minuto ancora, e nemmeno se ne importa più di tanto.

Proprio mentre vaga per il corridoio del secondo piano, vede fermo in mezzo a esso un ragazzino girato di schiena. I capelli ricci che ricadono appena sulle spalle gli ricordano quelli di qualcun altro, solo che sono molto più biondi e decisamente molti di più, aggrovigliati come un nido, eppure hanno un ordine tutto loro a dir poco sconvolgente.
Sembrerebbe un ragazzo delle medie, a giudicare dall'altezza e dalla corporatura, e si chiede cosa ci faccia in un liceo. Gli si avvicina senza troppi indugi, allungando una mano verso di lui senza toccarlo.

«Ehi.» Cerca di attirare la sua attenzione, ma quello non si muove di una virgola. «Ehi!» riprova e, questa volta, il diretto interessato si gira con uno sguardo crucciato dipinto in volto.

L'ho già visto questo...

Mic aggrotta le sopracciglia e qualcosa scatta in lui non appena sovrappone le immagini nella sua testa.
«Ti sei perso? Stai forse cercando la classe di tuo fratello?»
«Come fai a sapere che ho un fratello?»

Domanda più che giustificata.

«Eri con lui sabato, dopo la partita di basket. Vedi, sono un suo compagno di squadra...»
«So chi sei.» Il biondo non gli lascia il tempo di finire. «Ti ho visto giocare tutte le partite, sei il tipo che si atteggia a ogni canestro.»

E io che pensavo di averlo spaventato...

Mic stringe i pugni lungo il busto.

...invece è solo un bambino impertinente.

Nel corridoio non c'è nessuno e il silenzio è glaciale.
Troppo silenzio.
Quel silenzio che dà ai nervi, così come un bambino quando risponde come se non conoscesse l'educazione o non avesse voglia di seguire le regole impartite dai genitori.

Tuttavia, Mic decide di passare oltre e aiutare ancora quel ragazzino, qualsiasi sia il suo problema.
«Sei o no il fratellino di Klem?»
«Fratellino?!»
Questa volta proprio non capisce la collera improvvisa racchiusa in quella parola.

Sa solo che l'altro si è alzato in punta di piedi, tenendo stretto al petto il cumulo di fogli, e che i suoi occhi sono spalancati all'inverosimile.
Mic deve ammettere che hanno un colore stupendo, a dispetto di quelli di Klem – più sul celeste chiaro rispetto a quell'azzurro tendente al blu – ma non è il momento di distrarsi mentre viene sgridato da un ragazzino in preda al delirio.
«Klem è mio fratello gemello!»

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