CAPITOLO 13

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Ha aspettato ancora invano.
Mic non gli ha mai mandato un messaggio, è già tanto se ha continuato a salutarlo nei giorni seguenti. Non è neanche andato a vedere la partita di quel sabato in cui non è stato convocato e Karol lo sa bene, dato che ha passato almeno venti minuti a squadrare ogni singola persona nella speranza di vederlo. Solo quando Klem gli ha comunicato che non si è presentato nemmeno negli spogliatoi ha capito seriamente che non doveva esserci andato.
Sono giorni che non fa che pensare a Mic.

Ormai sono passate due settimane intere e tutto sembra essersi rotto come niente. Eppure Klem dice che, da dopo quel giovedì in cui Mic se n'è andato dalla palestra arrabbiato, è tornato il solito ragazzo di sempre. Gli ha chiesto persino di uscire a mangiare qualcosa senza dire niente a Karol.
È palese che non voglia più avere niente a che fare con lui e questo non fa che renderlo triste e arrabbiato.

Si è aperto con Mic, gli ha confidato il suo più grande segreto, quello che non rivela mai a nessuno perché tutti continuino a vederlo come un bambino disinteressato del mondo. Adesso, però, ha capito che il suo essersi lasciato andare in quel modo non ha portato che terribili conseguenze.
Non doveva farlo. Non per qualcuno che per un nulla ha deciso di troncare la loro amicizia.

Ha sempre ritenuto di aver trovato una persona fantastica. Non è il tipo di ragazzo che si abbandona ai sentimentalismi, non è il tipo che esprime agli altri quello che prova realmente, ma con Mic ha creduto che sarebbe anche potuto uscire quel suo lato.

Fidarsi delle persone non porta a niente. Queste ti calpestano senza darti una spiegazione.

Alla fine è arrivato a quella conclusione.
Tuttavia, più ci riflette e più non vuole che sia così. Dentro di sé sa che Mic non è affatto come lo sta dipingendo da due settimane. Non sarà allegro e spontaneo in maniera spropositata come lui, ma questo non significa neanche che non lo sia. Inoltre, lo stare in sua compagnia l'ha sempre fatto sentire bene e l'ha reso felice in qualche modo, un modo diverso da quello a cui è stato abituato con gli altri suoi amici di quei diciassette anni, e ancora diverso da quello con Klem.

Perciò, adesso, si trova fuori dalla palestra, dove al suo interno non dovrebbe esserci nessuno, poiché gli allenamenti sono finiti da più di un'ora, ma che invece ha le luci accese perché Mic non è tornato ancora a casa come suo solito.
Subito gli saltano alla mente quei giorni in cui è rimasto a giocare con lui, disturbandolo anche dai suoi esercizi per il solo capriccio di giocare. Tuttavia, Mic non l'ha mai respinto, quindi non vede una motivazione sensata perché debba succedere proprio oggi.

Ha detto a Klem di tornare a casa senza di lui, deciso a parlare con Mic.
Non ce la fa più a non sapere il perché di quella discussione inesistente. Neanche il gemello ne è a conoscenza e Karol ha davvero insistito parecchio. Non ha altri a cui domandare se non al diretto interessato.

Fa un passo dopo l'altro, un po' incerto, impaurito da quello che potrebbe scatenare e, magari, ingrandire quel burrone che si è creato tra loro.

Smettila di pensare in negativo. Mic è tuo amico, giusto? E da bravo amico devi prenderlo a schiaffi quando fa cazzate.

Quello è un motivo più che valido per fargli scemare il tremolio delle dita.
Non si è mai spinto così con nessuno.
Mic è tutt'altra faccenda.
Prende un piccolo sospiro profondo prima di varcare la soglia.

Kreeek.

I rumori della palestra lo trafiggono come sempre.

Boom. Boom. Boom.

Mic ha la maglietta completamente appiccicata alla schiena e sta facendo rimbalzare il pallone con la mano destra, probabilmente per allenare anche quella che non usa così spesso.
«Mic?»
Non è che un attimo che la palla rimbalza via dalle mani del castano e questo si volta di scatto verso di lui. Gli occhi sono spalancati e sorpresi, la bocca socchiusa per permettere agli ansimi della fatica di uscire.

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