CAPITOLO 34

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Ci mancava solo lui.

Fabian alza gli occhi su Karol, in piedi davanti a lui con le mani incrociate dietro la schiena e un briciolo di fiatone.

Non era abbastanza rovinato il viaggio.

Tira su con il naso, senza rispondere alla domanda che ha formulato il biondo.
«Stai bene?» ripete Karol un po' preoccupato.

Tutto è cominciato con una spropositata gelosia nei confronti proprio del ragazzo che Fabian ha di fronte, ha quasi litigato con Colton, si è annoiato per tutto il pomeriggio e, quando pensava di aver finalmente risolto, ecco che scoperto l'amante insieme a Bri.
Decisamente troppo attaccato a Bri.
Come una sanguisuga.
Non ha resistito ed è scappato via, finendo a piangere nel parcheggio, tra i mozziconi di sigaretta e chissà quale altra sporcizia.
Non riesce anche a reggere Karol, sarebbe troppo per chiunque.

«Lasciami stare» lo dice quasi con un ringhio, calciando un sassolino per terra.
Spera che basti quello come ammonimento, dato che tutta l'aria intorno a lui emana la voglia di rimanere da solo, eppure, vede con la coda dell'occhio Karol sedersi proprio al suo fianco.
È evidente che non conosce lo smisurato potere di Karol di fare quello che vuole senza ascoltare nessuno.
«Primo: sono corso da te perché ti ho visto piangere e non me ne andrò senza ricevere una risposta. Secondo: sono più grande di te di due anni, quindi vedi di usare un altro tono o ti tiro un calcio nelle parti basse.»

Non lo sopporto.

Rimane inebetito di fronte a quel modo di parlare, Karol lo sta guardando con un blu intenso e deciso, per niente disposto a lasciarlo stare come vorrebbe. Adesso è sicuro che non si libererà facilmente di lui.

Non lo sopporto davvero.

«Mic ha detto che ce l'hai con me.»
Fabian sobbalza a quell'affermazione.

È andato a raccontare i fatti miei, non dovevo fidarmi del fidanzato del nemico.

«E non capisco perché dovresti. Ho già il ragazzo e non ne cerco un altro» continua Karol. «Però sei un completo stronzo, perché avresti dovuto parlarne faccia a faccia con me, invece di tenerti tutto dentro. Anche adesso, non so cosa ti stai tenendo dentro, ma è evidente che non lo contieni più.»
Fabian deve ammettere che ha un modo di fare decisamente particolare, tuttavia, non sembra così orribile come ha ritenuto fino a qualche minuto prima. Percepisce davvero una preoccupazione nei propri confronti.
Per lui che non conosce nemmeno.

Invece, io non ho fatto altro che odiarlo e, benché lui lo sappia, continua a rimanere qua.

Fabian si sente un po' confuso, ma non ha il tempo di riflettere oltre che sente risalire un attacco di pianto. Si copre il volto con le mani e scoppia a piangere, mettendo poi la testa tra le ginocchia e abbracciandole forte. Gli tremano le spalle e sente persino freddo, nonostante i quasi trenta gradi.
«Ah, aspetta, aspetta! Non volevo farti piangere!»
Fabian scuote il capo, rispondendo tra un singhiozzo e l'altro. «Non sei stato tu.»
«Posso sapere cos'è successo?»
Gli è difficile aprire ancora bocca, soprattutto perché il sapore salato l'ha impastata completamente, ma anche perché rivede davanti a lui le immagini di quella stanza e di quel tavolo.

Dove pochi minuti prima eravamo insieme noi due.

Sente una mano sulla sua schiena massaggiarlo su e giù, un po' timidamente, quasi avesse timore di essere cacciata. Non la respinge e rimane immobile a sentire quelle premure attraverso la stoffa della maglia.

Stava con me solo per fare sesso.

La consapevolezza che sia davvero così è un pugno nello stomaco che lo fa contorcere, e risale un conato di vomito. Vorrebbe ficcarsi due dita in gola e rimettere per davvero, forse si sentirebbe meglio.

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