45.
Andreas pov.
Cosa c'era di peggio di vedere il Giulia soffrire?
Lo sapevo.
Lo avevo appena sperimentato.
Vederla soffrire per colpa mia.
Questo era veramente una tortura.
Sentivo come se ci fosse un mammut sul mio petto che mi evitava di respirare.
Inutile dire che le cose che le avevo detto non le pensavo sul serio.
Mi veniva da strapparmi i capelli dal nervoso.
Sicuramente se non ci avessi tenuto così tanto alla mia nuova macchina, le avrei tirato un bel calcio per la frustrazione.
Come avevo potuto dirle quelle cose?
Salii in macchina e dopo aver sbattuto la portiera un po' troppo forte, partii il più velocemente possibile.Avevo sempre detestato andare a scuola, ma ultimamente era ancora più straziante alzarsi la mattina e seguire le lezioni.
Ero orribile girare per la scuola e incontrarla e non poterla abbracciare, baciare o anche salutare.
Non mi rivolgeva neanche uno sguardo. O per lo meno lo toglieva non appena incrociava il mio.
Mi veniva da spaccare la faccia a chiunque in quel periodo, quindi mi allenavo più duramente durante gli allenamenti e andavo a correre spesso quando non dovevo studiare.
Mi sentivo un po' uno sfigato ad andare a scuola, correre, studiare, andare agli allenamenti, mangiare e andare a letto.
Ma da una settimana ormai ero quello che facevo.
"Mi accompagni al bar, ho una fame assurda!"
Chiese Lucas dopo pochi minuti che era suonata la campanella che segnava l'inizio della pausa.
Quel giorno il mio amico indossava dei pantaloni che gli arrivano alle ginocchia e una maglietta a maniche corte.
Non era ancora estate, però incominciava a essere abbastanza caldo.
"Allora vieni o no?"
Insistette lui richiamando nuovamente la mia attenzione.
Annuii e basta.
Non ero mai stato di moltissime parole e in quel periodo lo ero ancora di meno.
"Grande partita ieri Andreas!"
Mi urlò Max dandomi una pacca sulla spalla, quando lo incontrammo mentre attraversavamo il corridoio.
Gli sorrisi per ringraziarlo dei complimenti.
Il giorno prima avevamo stra vinto 5:1 per noi.
Avevo fatto tre goal, ma stranamente non ero così contento come dovevo effettivamente essere.
Giulia non era venuta e immaginavo che il motivo fossi io.
Eccoci di nuovo.
Tutto mi faceva pensare a lei e a quanto potevo essere stato stronzo.
Era un chiodo fisso che avevo sopratutto quando andavo a dormire.
"Un cornetto al cioccolato."
Ordinò Lucas appena arrivammo davanti al bancone del bar.
La cameriera gli sorrise e dopo avergli dato il resto gli diede il cornetto con la stessa mano.
Storsi il naso a quella vista e mi avvicinai per ordinare una lattina di coca cola alla stessa cameriera. La quale mi sorrise con un sorriso malizioso.
La ignorai e aprii la lattina.
Amavo quella bevanda e non riuscivo proprio a capire come facesse a non piacere pure a Giulia.
Oddio di nuovo!
Strinsi i pugni e presi un lungo sorso direttamente dalla lattina.
Mi girai per parlare nuovamente con Lucas ma vidi ben presto che era intento a raggiungere Carola fuori dal bar.
Probabilmente mi aveva anche avvisato ma non lo avevo sentito, troppo impegnato con i miei pensieri.
Vidi che ormai rispetto a prima il bar era praticamente vuoto, perché la pausa si stava concludendo.
Finito di bere la mia cola la buttai nel cestino affianco a me e mi avvicinai alla porta.
"Credo di averti dato il resto sbagliato..."
Sentii dire alle mie spalle.
Quando mi voltai mi ritrovai praticamente appiccicato alla cameriera che ci aveva precedentemente serviti.
"Ah, non mi sembrava, ho controllato. Mi hai dato di più o di meno?"
Chiesi allontanandomi leggermente.
Non ci voleva un genio per capire che ci stava provando con me.
Continuava a toccarsi i capelli e sbattere le ciglia.
"Mi sa di meno se vieni un attimo te li ridò subito..."
Disse senza spostarsi neanche di un millimetro.
"Fa lo stes..."
Non feci in tempo a finire la frase che sentimmo la porta del bar aprirsi bruscamente.
Spostai lo sguardo e il mio cuore perse un battito.
Giulia era appena entrata di corsa dalla porta.
Appena alzò lo sguardo e incontrò il mio, mi parve che il tempo si fermò.
Anche lei si bloccò di scatto come scottata da quell'impatto con i miei occhi.
Poco dopo però reagì e il suo sguardo da stupito passò ad arrabbiato.
Non appena però guardò intorno a me e vide la cameriera vicino a me lo sguardo cambiò in deluso e ferito.
No, no, no.
Che cavolo stava pensando?
Non impiegò molto a girarsi e richiudere la porta dietro di se dato che la teneva ancora mezza aperta.
Non ci pensai due volte e la seguii fuori dal bar.
La fermai per un polso.
"Giulia aspetta che cavolo fai?"
Chiesi io cercando il suo sguardo.
"Vi lasciavo un po' di intimità."
Disse acida e incontrando i miei occhi.
"Ma che cazzo stai dicendo lo sai benissimo che non stava succedendo niente. Lei ci stava provando con me e io me ne stavo andando."
Dissi sincero.
"Ma guarda un po', poverino, le ragazze ti cadono tutte ai piedi! Che tristezza! Comunque tranquillo non mi interessa, possono anche leccarti le scarpe per quanto mi riguarda."
Disse lei con aria indifferente.
Quelle parole mi tagliarono come un'ascia affilata.
"Giulia me ne stavo andando non stava succedendo niente."
Affermai calmo e deciso.
"Okay."
Disse lei freddamente, come se non le importasse nulla.
"Perché fai così?"
Chiesi io supplicandola.
"Così come?"
Domandò lei con la stessa aria gelida.
"Come se non ti interessasse nulla..."
Dissi io scrutando il suo sguardo.
La vidi vacillare e togliere la sua maschera di freddezza, ma presto si trasformò in tristezza e rabbia.
"Forse perché mi hai dato della Troia!"
Chiese lei retorica.
Sussultai a quelle parole.
Non le si addicevano proprio.
Aveva ragione.
Meritavo di essere trattato così...
Ma non riuscivo a sopportarlo.
Le presi il viso tra le mani e quel contatto mi fece formicolare le mani.
Mi mancava da morire.
Vidi che fece effetto pure a lei perché le vennero i brividi.
Provò a fare resistenza ma non sembrò funzionare.
"Giulia dimmi ti prego che sai che quello che ho detto non lo pensavo davvero e che non ti direi mai una cosa del genere, se non perché ero particolarmente arrabbiato e geloso... ti prego ho bisogno che tu mi dica solo questo. Che lo sai... io non volevo."
Dissi tutto continuando a guardarla negli occhi e scandendo ogni parola.
Ormai la campanella che segnava la fine della pausa era suonata da un pezzo.
Lei esitò per un bel po' di tempo poi abbassò lo sguardo come se non riuscisse più a mantenerlo.
"Io... io penso di sapere che tu non pensavi veramente quelle cose... ma dette da te fanno veramente male, come se fossero vere e..."
Sussurrò allontanandosi da me.
Sentii subito che quel contatto mi mancava.
"Adesso devo andare..."
Concluse lei.
Non sapevo se essere sollevato dal fatto che mi avesse detto di credermi o essere ancora più distrutto perché se ne stava andando, ancora, ed era tutta colpa mia.
"Domenica c'è il compleanno di Travis, sarebbe molto contento se venissi... ci sarai?"
Provai un'ultima volta.
"Mi ha mandato un messaggio a proposito, ci penserò..."
Disse prima di allontanandosi del tutto da me e voltarsi dall'altra parte.
Era lunedì quindi avrei dovuto aspettare altri sei giorni prima di poterle parlare.
Ma ne sarebbe valsa sicuramente la pena.
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VERT
RomansaAndreas è un ragazzo difficile, cupo e soprattutto pieno di preoccupazioni e di dolore. In questo momento ha un solo obbiettivo: vendetta. Non vuole avere distrazioni, non vuole altri problemi e soprattutto non vuole legarsi ad altre persone. Riusci...