Capitolo 50

2.6K 101 3
                                    

50.

Andreas pov.

Sapete quando sbattete il piede sullo spigolo del tavolo? Oppure quando vi muovete bruscamente, colpite il nervo del gomito, e vi viene la vista appannata dal dolore.
Ecco...
In quel momento mi sentivo proprio così.
Il problema era che non passava velocemente come al solito.
Il dolore aumentavo sempre progressivamente.
Gli occhi di Pasticcino spalancati e la sua schiena inclinata dal colpo.
Queste erano le immagini che mi rimanevano impresse mentre mi trovavo all'ospedale.
Non riuscivo più a capire nulla.
Era solo un incubo.
Un bruttissimo incubo niente di più...
Chiusi gli occhi, pensando che quando gli avrei riaperti mi sarei svegliato.
Non funzionò.
Quello che vedevo non era la stanza da letto dei miei zii.
Ma era la sala d'aspetto dell'ospedale.
Avevo le nocche tutte rosse del sangue di quel bastardo che le aveva fatto del male.
Inizialmente non avevo capito la gravità della situazione e ho pensato solo a precipitarmi sullo stronzo.
Quando però, dopo avergliene date di santa ragione per averla toccata, mi accorsi che la mia Giulia era a terra tutta insanguinata, mi sentii malissimo.
Mi ero paralizzato e non avevo saputo cosa fare.
Non ero riuscito neanche a muovermi, l'unica cosa che ero riuscito a fare era guardare il sangue che le colava.
Poco dopo era arrivata la polizia, che aveva chiamato subito l'ambulanza.
Sono rimasto sdraiato in ginocchio per tantissimo tempo finché un paramedico non ha deciso di portarmi in un'altra ambulanza.
In questo momento mi trovavo nella sala d'attesa.
Non potevo avere informazioni perché non ero familiare del paziente.
Stronzate.
Io avevo tutto il diritto di sapere se Pasticcino stava bene o no.
"Che diavolo è successo?"
Alzai lentamente la testa per vedere chi stesse parlando e notai Luca, che mi guardava con lo sguardo da assassino.
"Andreas dimmi che cazzo è successo?!"
Urlò lui vedendo che non rispondevo e abbassavo la testa.
Mi sentivo in colpa, era tutta colpa mia.
Se le fosse successo qualcosa di grave non sarei riuscito a sopportare il senso di colpa.
"Luca adesso calmati anche lui mi sembra sconvolto..."
Intervenne Laura per tranquillizzarlo.
"Io voglio capire cosa è successo a mia sorella! Ne ho tutto il diritto! Dottore mi scusi potrebbe aiutarmi?"
Era agitatissimo, e non potevo biasimarlo.
Dopo aver detto il nome e i dati di Giulia e dopo aver confermato di essere il fratello di Pasticcino, riuscì a ottenere le risposte dal dottore.
Sbuffai frustrato perché per me non era stato possibile. Avevo urlato e sbraitato ma nessuno mi aveva ascoltato.
"Ha una profonda ferita da arma da taglio sul fianco destro. Ha perso molto sangue. In questo momento non ho informazioni sufficienti da darvi, perché in questo momento il suo medico è in sala operatoria  con lei. Appena sapremo qualcosa vi avviseremo immediatamente."
Questa conversazione non mi dava nessuna risposta.
Era inutile.
Non sapevo ancora se Pasticcino stava bene o no...
Mi scompigliai i capelli frustrato.
Un'infermiera mi guardò accigliandosi.
"Mi scusi ma dovremmo medicare anche lei."
Disse riferendosi alle mie mani e al mio occhio ferito.
"Non mi serve nulla!"
Sbottai arrabbiato.
Luca mi lanciò uno sguardo cattivissimo.
Decisi quindi di alzarmi e di seguire l'infermiera.
Dopo essere stato medicato, tornai di nuovo in sala d'aspetto con le mani bendate e con una fascia sulla testa.
All'interno della sala trovai i genitori di Giulia, che mi guardavano con aria preoccupata e triste.
L'unico arrabbiato mi sembrava Luca.
"Dovresti andartene..."
Mi disse a denti stretti.
Lo guardai in cagnesco.
"Io non vado da nessuna parte."
Risposi imperterrito sedendomi sulla sedia più lontana da loro.
Dopo un po' di minuti di silenzio riprese a parlare.
"È colpa tua non è vero?"
Chiese con tono schifato.
Era così evidente?
Quella domanda mi spiazzò.
Era colpa mia?
Dannazione lo era!
Cosa dovevo dire?
Non risposi, non potevo negare.
Stava aspettando una risposta, ma non riuscivo a parlare.
Mi sentivo così in colpa.
Presi coraggio e lo guardai.
Dal mio sguardo avrà intuito il mio senso di colpa perché rise capendo ero io l'artefice di quel casino.
"Brutto figlio di..."
Si alzò di scatto, ma per fortuna suo padre fu abbastanza veloce da fermarlo.
Proprio in quel momento arrivarono Carola, Lucas, Alice, Matt, Elena e Davide. Poi da dietro spuntò anche quella faccia di merda di Alan.
Mi stavano chiamando.
Credo fosse Alice a farlo.
Poi anche Carola.
Tutti che mi chiedevano cosa fosse successo. Io non ce la facevo più.
La mia testa stava scoppiando dalla confusione, rabbia, frustrazione e tristezza.
Perché non se ne andavano tutti?
Perché non stavano zitti?
Perché non potevo tornare indietro di 12 ore?
Mi alzai di scatto e lanciai a terra la prima sedia che trovai davanti.
Tutti mi guardarono accigliandosi, ma io me ne fregai altamente.
Uscii di corsa da quel ospedale e decisi di prendere un po' d'aria.
Purtroppo nonostante fossi all'aria aperta mi sembrava di non riuscire a respirare.
Presi un paio di respiri profondi e dopo aver pensato a lungo, presi una decisione.
La decisione più difficile della mia vita.

Giulia pov.

Prima un occhio e poi l'altro entrarono in contatto con la luce di quella stanza.
Era accecante.
Mi sembrava che la mia testa stesse per scoppiare.
Presto capii di non essere in camera mia.
Il mio lampadario non era sicuramente così grande.
Il mio letto era sicuramente più comodo e la mia stanza non profumava di disinfettante.
Dopo aver intuito di essere in una stanza dell'ospedale, cercai di trovare qualcuno di famigliare, ma non vidi nessuno.
Ripercorsi i miei ricordi e piano piano iniziai a ricordare gli avvenimenti della mattina.
Perché ero attaccata a tutti quei macchinari?
Decisi di chiamare l'infermiera con il bottone del telecomando affianco al mio lettino.
Poco dopo arrivò una signora sorridente sulla quarantina che sembrava gentile.
"Buongiorno! Ti sei svegliata finalmente! È da un po' che dormi lo sai?"
Mi stava già simpatica.
"Perché che ore sono?"
Chiesi confusa.
"Le 15 di pomeriggio..."
Sospirò ridacchiando.
Beh pensavo peggio.
Saranno state quante, tre ore?
"Del giorno dopo..."
Disse continuando e leggendomi nel pensiero.
Io sbarrai gli occhi.
"Ho veramente dormito così tanto?"
Affermai sbalordita.
Da tre ore che pensavo aver dormito, avevo dormito una giornata intera.
Lei annui semplicemente, e iniziò ad analizzarmi la flebo e la ferita.
Di colpo la realtà mi piombò addosso e la mia preoccupazione salì alle stelle.
L'angoscia mi pervase tutto il petto
"Come sta Andreas? Il mio ragazzo? Dovrebbe essere venuto con me in ambulanza? Sta bene posso vederlo?"
Chiesi agitandomi notevolmente.
"Tranquilla aveva solo qualche ferita sulle nocche e sulla tempia."
Mi tranquillizzo l'infermiera sorridendomi.
Sospirai di puro sollievo e le sorrisi.
"La mia famiglia è qui?"
Chiesi dopo un po' di tempo.
"Fuori c'è tua mamma e una tua amica. Vuoi che le faccia entrare?"
Chiese lei sorridendomi.
Io annuii ricambiando.
Poco dopo si precipitarono appunto mia mamma e Alice.
"Oh tesoro come stai! Mi hai fatto così preoccupare!"
Affermò con gli occhi lucidi mia mamma.
Mi baciò la fronte.
Poco dopo si avvicinò Alice, anche lei con la faccia molto preoccupata.
"Carola e Elena stanno arrivando sono andate a prendere qualcosa da mangiare siccome siamo qui da un po'. Hai fatto stare in pensiero un po' di persone..."
Esclamò sorridendo amaramente.
"Mi dispiace...."
Risposi io veramente dispiaciuta.
"Come si sente signorina?"
Chiese quello che sembrava essere il dottore mentre si avvicinava a me.
"Bene direi, ho solo un po' male quando mi muovo."
In realtà avevo un dolore un po' più forte di quello che dissi di avere, e questo sembro capirlo anche lui quando si avvicinò e mi spostò lievemente. Infatti feci una faccia che mi tradì subito.
"Da uno a dieci quanto ti fa male se faccio così?"
Chiese toccando lievemente la ferita.
Chiusi gli occhi soffrendo.
"Sei?"
Risposi più come una domanda.
Il dottore sorrise.
"Giulia mi devi dire la verità..."
Non capivo perché prima mi aveva dato del lei e adesso mi dava del tu.
"Otto..."
Dissi questa volta veramente.
Vidi mia mamma un po' troppo preoccupata.
Il dottore mi fece gli ultimi controlli e diede alcune indicazioni a mia mamma.
Da quello che avevo capito sarei dovuta rimanere altre due notti in ospedale.
"Giulia!"
Urlò Elena correndo ad abbracciarmi.
Fece attenzione a non farmi male e mi baciò la guancia.
Dopo avermi fatto ottocento domande su come stessi, diede spazio pure a Carola per salutarmi.
Quest'ultima appoggiò il sacchetto con le cose da mangiare sul tavolo e mi baciò e abbracciò come Elena.
Mangiammo del cibo decente, non quello che vedevo sul tavolo, e l'aria si fece più rilassata non più preoccupata come prima.
Circa un'ora dopo arrivarono pure Matt, Jacob, Alan, mio fratello, la sua ragazza e mio padre che stava parlando con la polizia.
Piano piano la giornata passò e iniziarono ad andare via un po' tutti.
La prima fu mia mamma che era rimasta in ospedale dalla mattina prima e aveva bisogno di riposarsi.
Poi la raggiunse mio padre.
Successivamente mi salutarono Matt, Alan e Jacob.
Infine andarono via le mie amiche e Laura.
Rimase solo mio fratello.
"Mi dispiace così tanto Giulia... avrei dovuto proteggerti...."
Sembrava veramente arrabbiato con se stesso.
Era la terza volta che lo diceva, ma lui non avrebbe potuto fare comunque nulla.
"Luca tu non centri nulla... adesso sto bene no?"
Cercai di tranquillizzarlo di nuovo.
"Si..."
Sussurrò poco convinto.
Lo vedevo afflitto e incavolato allo stesso tempo.
"Luca sai dov'è Andreas?"
Formulai finalmente quella domanda che mi stava tormentando da quando mi ero svegliata.
Pensavo sarebbe passato a trovarmi e il suo comportamento mi sembrava strano.
Mio fratello si incupì e serrò la mascella.
"Cerca di dormire adesso... ne parliamo domani."
Mi sussurrò dandomi un bacio sulla guancia.
Non feci in tempo a ribattere che uscì dalla stanza lasciandomi da sola.
La sua faccia mi aveva turbata e non poco.
Quella fase di confusione non durò troppo, perché mi addormentai ben presto.

VERTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora