23.

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Staccai un pezzetto di scotch e lo appiccicai nel retro della fotografia. Mi avvicinai al mio letto e la attaccai nella parete sopra completamente spoglia.

"Allora, vi siete chiariti?" Domandai curiosa a Lis mentre osservavo soddisfatta le nostre facce.

"Più o meno. Mi ha detto che avrebbe fatto finta di non aver sentito niente" mi rispose. Non mi parve entusiasta.

"E tu hai accettato?" Le chiesi. Lei annuì debolmente. "Perché gliel'hai permesso se non è quello che vuoi?"

"Perché a lui non interesso, non nel senso in cui lui interessa a me" sussurrò.

"Come fai a saperlo? Te l'ha detto lui?"

"No ma lo so che è così" mi rispose stringendosi le ginocchia al petto.

"Per caso riesci a leggere nella mente? Sei una sensitiva?" Lei fece di no con la testa guardando verso il basso. "Ecco appunto, quindi non puoi sapere in che senso tu gli interessi. Magari semplicemente è uno che ci mette un po' a capire cosa vuole" riflettei.

"O semplicemente cerca di meglio di me. Qua dentro ci sono tantissime ragazze molto più carine, divertenti e simpatiche di me"

"Ma siccome non ha accennato a niente di tutto ciò non puoi dirlo" ribadii. Lei sbuffò e si batté una mano sulla fronte.

"Devi sempre essere così testarda?" Esclamò.

"In questo momento mi sei sembrata mio padre quando cercava di rimproverarmi ma io non mi spostavo dalla mia idea" risi. Lei mi guardò con tristezza.

"Non viene mai a trovarti. Non ti va di sentire la sua voce? Di fare una chiacchierata con lui?" Mi chiese. Quella volta fui io a sbuffare.

"Secondo te sprecherebbe una giornata per venire fin qui? Lui è ossessionato dal suo lavoro, viene prima di ogni altra cosa. Io non sono mai stata la sua priorità e sinceramente non mi va di ascoltare le sue patetiche scuse. Ormai le conosco a memoria" le dissi giocherellando con il bordo del mio lenzuolo. Lei si morse le labbra poi si alzò e si sistemò al mio fianco. Mi osservò per qualche attimo prima di abbracciarmi. Non ero ancora abituata alle sue dimostrazioni d'affetto.

"Ti voglio bene April" mormorò.

"Davvero? Perché?" Le chiesi appoggiando la testa sulla sua spalla. Non mi ero mai lasciata andare in quel modo con nessuno.

"Si davvero. Perché finora non hai mai esitato un secondo prima di aiutarmi. Mi fai sentire meglio ogni volta che ci sei" mi confidò. Lis non se ne accorgeva, ma faceva tanto per me. Si interessava, spendeva parte del suo tempo ad ascoltarmi senza sentirsi obbligata. Per lei forse era scontato chiedermi come era andata la giornata, ma per me non lo erano. Mai.

Mi staccai da lei, mi allungai e dal pavimento raccolsi il mio quaderno di matematica.

"Mi dispiace doverti abbandonare ma purtroppo devo darmi da fare o non ne uscirò viva" le dissi. "A noi due" borbottai fissando con sfida il quaderno.

"Buona fortuna" ride Lis alzandomi i pollici.

Bussai due volte, alla terza Logan comparve dietro alla porta con un'espressione assonnata, nella faccia aveva stampati ancora i segni del cuscino.

"Mi dispiace aver interrotto il tuo pisolino" ridacchiai.

"Sei crudele" mormorò appoggiandosi allo stipite, ero sicura che sarebbe stato capace di addormentarsi li in piedi.

"Non sono io quella che pur di non affrontare la realtà fa finta che non sia successo niente" commentai. Sbatté le palpebre.

"A cosa ti riferisci?" Mi domandò.

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