La ragazza che si presentò al posto di Levi qualche ora prima al suo alloggio, ovvero Petra, era proprio davanti a me, che stava mettendo le sue mani dappertutto sul corpo di Levi mentre lo stava baciando. Sgranai gli occhi, indietreggiando senza fare rumore. "Lo sapevo. Erano tutte cazzate. Gli sguardi, i paragoni con Olivier, il salvataggio dal gigante anomalo, il suo calore sulla mia pelle, la cena prima dell'attacco dei giganti alle mura, tutte cazzate. Erano forse tutte sceneggiate per farsi adorare anche da un tipo come me? Stronzo narcisista del cazzo". Presi la giacca e cominciai a camminare via, sempre più veloce, fino ad iniziare a correre, mentre gli occhi cominciavano ad arrossarsi e a gonfiarsi per colpa delle lacrime. "Correre. Devo correre. Non devo pensare, devo correre, il più lontano possibile.". Mi fermai di colpo: ero davanti a un pub. Entrai, evitando gli sguardi di tutti, ed andai diretta al bancone. Acquistai due bottiglie di whisky. Uscita dal pub, cominciai a correre di nuovo, fino ad arrivare ai miei alloggi; entrai e nascosi le bottiglie dentro la giacca, correndo di sopra nella mia stanza. Mi buttai sul letto, e cominciai a fare un sorso, poi un altro, e un altro ancora, con un solo pensiero fisso nella mente. La testa girava e i conati di vomito erano frequenti. Dovevo uscire, l'aria dentro quella stanza mancava. Lasciai una bottiglia vuota e l'altra mezza piena nella mia stanza, e poi uscii senza farmi vedere. Barcollavo per strada; le reclute mi guardavano quasi schifate, tutte pensando alla stessa cosa. Senza accorgermene, ero arrivata vicino agli alloggi dei superiori: appena lo notai, decisi di ritornare indietro, ma finii addosso a qualcuno. << Oi! Che ci fai qui a quest'ora del pomeriggio? >>. Era Levi, che probabilmente stava tornando ai suoi alloggi. << N-non... non sono fatti tuoi, capitano. >>. Feci capolino per andarmene, ma Levi mi afferrò il braccio, avvicinando il suo viso al mio.
<< E' alcool quello che sento? >>. Levi mi guardò con gli occhi sgranati.
<< Ho detto, non sono f-fatti tuoi, capitano. Lasciami andare. >>.
<< Devo riportarti ai tuoi alloggi. >>.
<< Capitano! Mi lasci! >>. Mi dimenavo come una matta.
<< Ma che ti è preso, Chise? Non ti riconosco più! >>.
<< COSA E' PRESO A TE, LEVI? >>. Levi mi guardò sorpreso con la bocca spalancata, mentre io iniziavo ad urlare come una matta ubriaca (infatti ero ancora brilla). << PRIMA FAI FINTA DI ESSERE INNAMORATO DI ME E POI TE NE VAI CON UN'ALTRA. È GIUSTO COSI'? >>.
Levi continuava a fissarmi con gli occhi sgranati, ma sembrò capire a cosa mi riferissi.
<< Chise, non è come sembra, posso spiegart... >>.
<< COSA C'E' DA SPIEGARE, LEVI? NON E' COME SEMBRA? E COM'E' ALLORA? HO VISTO COME LA BACIAVI. È STATO BELLO? QUELLO DOVEVA ESSERE IL NOSTRO BACIO! >>. Ero ubriaca, ma sapevo cosa stessi dicendo. "Appunto, cosa diavolo sto dicendo?". Levi aveva lo sguardo coperto dai capelli rivolto verso il basso, rimanendo immobile. Diedi uno strattone per liberarmi il braccio dalla presa di Levi. << A quanto pare, Levi, non sono io colei ad aver sciolto il tuo cuore, sempre se tu lo abbia un cuore. Andarsene con la prima che ti cammina davanti, sempre se è la prima, dopo aver passato quella sera con me, e ti fai chiamare capitano. Ne ho abbastanza, domani chiederò al comandante di farmi trasferire ai campi e me ne vado da qui. >>. Mi voltai e cominciai a camminare lentamente e barcollando leggermente, per poi essere fermata dalla voce di Levi. << Chise, aspetta, ti prego. >>.
<< Mi chiami recluta Chise, capitano. Basta con questa messinscena. >>. Dopo quelle parole, ripresi a camminare, sempre più veloce, fino ad iniziare a correre di nuovo, lasciando Levi immobile, con i pugni stretti e lo sguardo rivolto verso la terra. "Correre. Devo correre. Non devo pensare più a nulla. Devo solo correre.". Quelle parole mi avevano lacerato il cuore. Ero quasi ai miei alloggi, fin quando non vidi un piccolo masso per terra che mi fece cadere in avanti. Rimasi stesa a terra, piangendo. Non riuscivo ad alzarmi, ero distrutta. "Era davvero un addio quello? Ho davvero detto addio al capitano Levi? No, non poteva, non doveva. Non volevo che quello fosse un addio, ma non avevo altra scelta, lui non mi ama.". Mi rialzai, e ripresi a correre, stavolta zoppicando per la caduta; entrai nei miei alloggi, e fui subito notata da Eren, Mikasa, Armin, Conny e Jean che stavano chiacchierando. Eren fu il primo a parlare. << Ehi, Chise! Ma... che diavolo è successo alla tua divisa? >>. Senza rispondere, salii di corsa le scale, per poi chiudermi in stanza. Sentivo Eren e Armin discutere di sotto: << Armin, devo salire, devo sapere che è successo! Lasciami! >>.
<< Eren, no, lasciala in pace, vorrà sicuramente stare da sola! >>.
Erano le 21:00. Iniziai di nuovo a piangere. Notai che sulla sedia c'era ancora il vestito che indossai alla cena con il capitano. Mi alzai, lo presi e lo buttai giù dalla finestra, non pensando che potesse sporcarsi o rovinarsi, non mi importava, e poi tornai sul letto a piangere. I conati di vomito e il giramento di testa ormai erano andati via. "Voglio andarmene da qui, domani dirò al comandante che voglio ritirarmi. Eh? Cosa sta succedendo di sotto con tutto quel casino?". Non riuscivo a sentire nulla tranne alcune urla irriconoscibili, finchè dei passi si avvicinavano alla mia porta. "Chi sarà mai?". Quella persona bussò tre volte alla porta della mia stanza quasi con violenza. Solo una persona bussava in quel modo, una persona che conoscevo molto bene.
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Le Ali della Libertà
Fiksi PenggemarChise Yamada, una ragazza ventottenne, viveva insieme alla sua famiglia nel distretto di Shiganshina, una delle città al confine del grande muro denominato Wall Maria. Al di fuori di esso era proibito andarci, essendoci i giganti "divora-uomini" com...