PROLOGO

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19 maggio 2015 (Bari)
-Hai sentito anche tu?...- la ragazza bionda si voltò nel letto e,spaventata, scosse il compagno per le spalle, il quale assenti'. Si guardarono negli occhi ricoprendosi di domande,poi lei si alzò dal letto, seguita dal compagno. L'urlo non era stato uno scherzo del dormiveglia. La ragazza diede uno sguardo dallo spioncino: la porta di fronte era aperta ma non vi filtrava alcuna luce. C'erano soltanto lingue di buio e urla che squarciavano il sottile ma possente velo del silenzio. Il compagno provò a fermarla,ma lei aveva già aperto la porta e,senza curarsi dei suoi piedi scalzi,dei capelli spettinati e di indossare solo il pigiama,uscì sul pianerottolo.
-Aspetta un attimo...non so se intromettersi sia una buona idea...-la bloccò l'uomo ma lei si liberò della sua mano che le toccava il braccio sinistro nel tentativo di tirarla indietro e di convincerla a comportarsi come tutti gli altri vicini, che avevano di certo udito le urla, ma si erano voltati dall'altra parte,continuando a dormire.
-Certo che lo è!- lo riprese e lui desistette dal farla ragionare: era determinata e testarda e la amava anche per questo.
-Non posso fare finta di niente. Non è questo che mi è stato insegnato.- gli ricordò.
-Allora ci vado io. Potrebbe essere pericoloso per te...-
-No,tu resta con la bambina- disse lei ed era già oltre la soglia di casa. Contava i passi, il cuore le picchiava forte.
-...stai attenta....- ammoni' nuovamente il suo uomo, molto preoccupato mentre la vide entrare dai vicini ed inghiottirla il buio.
Lei avverti' un brivido correrle lungo la schiena: trasparivano solo le ombre dei mobili e le urla di dolore che straziavano le pareti.
La voce proveniva dalla cucina e implorava aiuto. La biondina accese la luce e trovò lei in condizioni terribili:aveva il terrore nell unico occhio sbarrato, mentre l'altro era coperto da una mano come se fosse stato colpito.
La vicina bionda mantenne la calma e la strinse a sé, tranquillizzandola per come poteva.
-Ci sono qui io....non sei da sola....Appoggiati a me, devo lavarti subito...- Non sapeva da dove le venisse tutta quella forza.
La sostenne a fatica, mentre si riempiva le mani di acqua fredda tra le urla dell altra ragazza.
-Fa male!!!!!! Sto per morire.....ascoltami.....devi ritrovare la mia bambina.....!-
Il dolore la divorava.
-Non morirai....Adesso chiamiamo i soccorsi...e te la caverai....adesso vado a dirlo al mio compagno, ma ti prometto che faccio prestissimo...Non ti abbandono...Non fare niente! Sono subito da te....!-
Le labbra e le mani le tremavano vistosamente quando chiese al compagno di chiamare con urgenza un'ambulanza, che la vicina era molto grave.
L'ambulanza giunse a sirene spiegate, che ferivano la notte.
La biondina si offrì di accompagnare la coetanea all'ospedale.
-Non posso certo lasciarla da sola...- disse al compagno. Indossava solo una giacca sopra al pigiama ma non le importava; salì sull'ambulanza, che riparti' a tutta velocità.
La ragazza le teneva la mano e le parlava a voce bassa mentre lei,sedata, si addormentava lungo il tragitto. Aveva parlato anche della bambina, che infatti non c'era, ma la priorità era soccorrerla, cercare di salvarle la vita,anche per il bene della piccola.
La biondina tornò a casa la mattina seguente,accompagnata dalla madre che era andata a prenderla in ospedale, e si accorse che il condominio era in fermento. Tutti avevano sentito, ma nessuno era intervenuto. Però tutti sapevano parlare.
-Certo che ho sentito!- rispose la ragazza indispettita all'anziana del pianterreno:-E sono stata anche l'unica a darle una mano! Se fosse stato per voi.....-
Con uno sguardo la madre la invitò a non polemizzare e la trascinò via, sull'ascensore.
-Dobbiamo fare qualcosa per lei,mamma....-
La donna assenti' mentre il genero apriva la porta, colmo di preoccupazione.
-...Devo tornare in ospedale e parlare bene con lei....-
-Vengo con te.- si offrì la madre e le unì un cenno d'intesa.

16 aprile 2017 (Milano)
"Ciao,torno tardi. Mangia pure."
Appoggiò le chiavi sul piattino e vi mise di sopra la posta. Le solite bollette. Accese le luci e si raccolse i capelli. Buttò il cellulare sul tavolo. Sbuffo' e sprofondo' nella sedia. Il solito messaggio whatsapp che annunciava l 'ennesimo ritardo.
E lei, che sperava invece di vederselo con indosso il grembiule a prepararle la cena,accompagnato dalla musica e con il suo sorriso!...E invece ormai era tutto silenzioso. E troppo grande. Lei ascoltava il suono di quel rumoroso silenzio che la avvolgeva in un crescendo di inspiegabile e rarefatta tristezza.
I viaggi da sola. Il tempo da sola. La distanza che "...tanto non cambia niente tra noi..." così aveva detto lui, facendola soffrire, ma non gli aveva detto niente per non rovinargli i suoi momenti importanti. I distacchi e i ritorni. Le discussioni sempre più frequenti. I saluti e le valige in mano. Il sentirsi data per scontata. La solitudine di cui non riusciva più a parlargli. Lui che alzava la voce, ma poi la teneva stretta. La paura di perdersi e di scoprire di non stare più bene. La paura di guardare in faccia la realtà. L'inutilità di questa sofferenza che forse lui non capiva oppure la sottovalutava. L'abitudine. Quella parola che faceva paura. I ripensamenti. L'amore annegato in un tempo stanco,che non ha saputo contenerlo.
Lei si alzò dalla sedia e si mise alla finestra:le luci giocavano tra le strade togliendo le ombre al buio. Uscì sulla terrazza per osservare la città dall'alto: tutto pareva piccolo ed insignificante, milioni di finestre illuminate e di fari delle auto che sfrecciavano via, gli aerei scivolavano sul cielo in punta di piedi per poi sparire.
La ragazza si strinse nelle spalle e tornò dentro,avvertendo di nuovo silenzio.
La casa era tutta illuminata dai faretti led, che parevano beffardi riflettori che contribuivano ad acuire il senso di solitudine.
Improvvisamente,si sentì quasi mancare. O forse era solo stanchezza dovuta al lavoro.
Accese la sua musica preferita ed alzò il volume. Si tolse le scarpe e le ripose nella cabina armadio,insieme ai vestiti. Andò in bagno e si fece una doccia. L'acqua le scivolava addosso.
Si asciugo' e indossò abiti comodi e le ciabatte. Si strucco' davanti allo specchio ed avvolse un asciugamano intorno ai capelli. Si recò ai fornelli: doveva cucinare qualcosa.
Appena sentì il cellulare squillare,rispose di fretta senza nemmeno prestare attenzione,speranzosa che fosse lui per dirle che stava tornando.
-Ciao,mamma...- salutò, un po' delusa.
-Sì,certo,tutto benissimo, mami.....No, non stavo dormendo. In realtà devo ancora cenare...Eh sì, abbiamo degli orari assurdi, com i nostri lavori....Ah sì,...sta bene, sta bene anche lui...Ma certo che è qui con me! Te lo saluto senz'altro..
Ciao, a presto mamma. Salutami il papi... un bacione...-
Congedo' la madre e si avvicinò alla luce che vedeva filtrare dalla finestra:era la luna. Grande. Tonda."Nostra". Ogni piccolo ricordo era ormai distante.
Quella sera la voce del cuore urlava un po' più forte ed era come se facesse un po' male.
Aveva mentito a sua madre perché non voleva dirle quanto si sentisse sola, che non era vero che le bastava "sapere che ci siamo" e che sentiva che,insieme, stavano trascurando il "noi".
Si preparò gli spaghetti al pomodoro e ceno' velocemente.
All'improvviso si sentì molto stanca, si legò i capelli in una morbida treccia e si raggomitolo' sul divano con un libro in mano.
Le parole stampate correvano sul silenzio. Sembravano sussurrare insidiose il tempo passato della voce del verbo "stare": stare insieme. Stare io e te. Stare qui. Esserci davvero.
....E pensare che lei aveva addirittura pensato di rallentare un po' i suoi ritmi lavorativi per programmare un figlio....! A lui non ne aveva mai parlato direttamente ma era un pensiero del tutto irrealizzabile.
-Amore....- lui la chiamò dolcemente e lei, riprendendosi dal dormiveglia, non capi' quanto tempo fosse trascorso.
-Ciao.....- lo salutò.
-Ciao. Come va?...Tutto bene?- Sorridendole, le accarezzo' il viso.
Lei assenti':-....ero stanca....e mi sono addormentata!...-
-Lo so, me ne sono accorto!- rise lui lasciandole un bacio in fronte.
-...Hai mangiato?....-
-Sì e tu? Ti ho lasciato la pasta se vuoi....-
-Ho mangiato...Mi hanno costretto a restare fuori a cena per organizzare i prossimi mesi...-
-Hai fatto bene....- lei gli mise una mano nei capelli e gli pizzico' una guancia.
-...Mangi male, amore....Dormi male...Per me sei anche dimagrito qualche chilo.....-
-Ma dai,smettila di fare la mammina! Guarda che mi basta già la mia che quando ci vediamo mi riempie i piatti come se non mangiassi da due anni! Cos' è che stavi leggendo?....-
-Una nuova uscita...Se vuoi poi te lo passo....-
Lui rigiro' il libro tra le mani e se lo lasciò raccontare brevemente.
-....Andiamo di là?.....- lui abbassò la voce baciandole il collo.
-Sì. - gli rispose e lanciò un urletto quando si sentì sollevare da terra per poi essere dolcemente poggiata sul letto.
Lo chiamò mentre lui le andava di sopra. Smise di baciarla per darle ascolto.
-Ti amo.-
-Anch'io. Un casino. Ti amo come l'ultimo amore della mia vita.-
-L'unico....-
-No. Non l'unico. L'ultimo.- preciso' lui prima di riprendere a baciarla e di trovare con lei il piacere di amarsi sempre e comunque.
Non era cambiato niente. Silvia lo guardò dormire. Certe volte l'illusione comandava il tempo dell'amore. Ma era,appunto,ormai solo un'illusione. Lei lo sapeva.

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Spazio di Vanessa
Ciao! Innanzi tutto grazie per avere iniziato la lettura! Io mi scuso in anticipo per la lunghezza dei capitoli che però spero siano interessanti, scorrevoli e coinvolgenti e quindi non noiosi da leggere.
La storia è completa, quindi salvo imprevisti dovrei aggiornare con una certa regolarità.
Vi chiedo, se vi fa piacere, qualche commento o consiglio sulla storia e sulla mia scrittura. Ogni suggerimento costruttivo è ben accetto.
Un nuovo ringraziamento e a presto!


















Quasi niente (STORIA COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora