Valentina si è trasferita a Milano per ricomporre la sua vita,trovare pace dal passato e un rifugio dalla sofferenza che l ha distrutta. Sfiduciata e apparentemente fragile, conosce un'anima simile alla sua e il rapporto di lavoro si trasforma in em...
Aveva sempre amato il profumo dei fiori di giugno, e la luce che scendeva quando si approssimava la sera. Se avesse saputo come dipingere con i colori, Valentina avrebbe descritto con i tratti i contorni di quei momenti emotivi, che si specchiavano nel paesaggio con cui lei si sentiva armonizzata. Lei, però, sapeva dipingere con le parole e molto spesso aveva provato a usarle in modo che essere riuscissero a rievocare quel profumo "di giardino interiore", "di cose che iniziano", di ottimismo mischiato alla malinconica, sebbene luminosa, discesa della sera. La luce inizia a scemare ma c'è ancora, come quando stai stringendo l'ultima speranza in te e cerchi di salvarla prima di vederla scomparire al di là della linea immaginaria della tua anima e dei solchi che ti porti dentro, per evitare che essa ceda il passo alla notte. Spesso la notte non ha stelle e nemmeno fari, ma solo cieli sconfinatamente blu che quasi mettono ansia e paura. Valentina aveva descritto proprio a tredici anni quella sensazione, una notte di maggio, guardando fuori dalla finestra la quiete dei condomini vicini, l'inquietante riverbero dei lampioni, e quel blu troppo vasto, troppo grande in cui sentiva di perdersi. Valentina, in attesa di Ermal, osservava il piccolo mondo di quartiere dinanzi a sé: lui aveva insistito per venirla a prendere nonostante la ragazza ne avrebbe fatto anche a meno. Sperava solo di non dover andare in un ristorante sofisticato. Era una ragazza semplice e in certi ambienti si sentiva a disagio. E intanto Ermal era pure in ritardo. Valentina sbuffo', calciando un sassolino sul marciapiede. Quando adottava questi atteggiamenti non lo sopportava proprio! Cominciava ad irritarsi, quando una macchina si fermò davanti a lei ed Ermal la salutò. Aveva la solita aria trafelata del ritardatario, con dei capelli decisamente improponibili, tutti scomposti. -Scusami.....- congiunse le mani ed abbassò la testa per farsi perdonare, con un atteggiamento infantile. -Mezz'ora di ritardo, Ermal!- lo rimprovero' lei, salendo e chiudendo la portiera. -Lo so che ci tieni alla puntualità, ma sono stato incastrato alla Mescal....C'hai la faccia incazzata, lo so...me la sono immaginata per tutta strada, in cui ho ovviamente beccato tutti, e dico tutti, i semafori rossi!- -Va bene, va bene, fa niente. Non mi devi spiegazioni.- Ermal guidava tranquillamente, non amava il pericolo o la velocità, e nemmeno mettersi in mostra con le auto, a differenza di ciò che lei si era immaginata. -Sto ascoltando le tue canzoni con più attenzione.- gli disse mentre lui cercava di sistemarsi i ricci, disciplinandoli con le mani. -....Credo che tu sia molto bravo ad esprimere te stesso con la musica e con le parole.- -Grazie. Io scrivo come mi viene, quello che sento. Cerco di fare musica con la più grande sincerità intellettuale possibile. Ed è tutto quello che so fare, bene o male che sia. Questo poi sono gli altri a deciderlo.- -Ma tu credi di farlo bene, di essere bravo?- -Io spero di essere bravo!- rise Ermal con la sua caratteristica spontaneità. -....Quindi scrivi con sincerità, non ciò che la gente ama sentirsi dire....- -Se c'è una cosa che non riesco ad essere è "politicamente corretto" in tutti i sensi, quindi mi filtro a fatica e difficilmente ci riesco. E poi io scrivo per me, per stare bene io. Se scrivessi per piacere agli altri sarei artificioso.- Valentina si appunto' la sensazione sul quaderno e cercò di nasconderlo dalla portata di Ermal. Lui sembrava soppesare ogni virgola, notare tutto. -Non guardo, non preoccuparti....!- la tranquillizzo':-Non guardo perché devo guardare la strada, ma non farei comunque scherzetti. Non sbircio. Se non vuoi, non vuoi.- -Sono sensazioni personali, utili per scrivere.- gli spiegò ugualmente, osservano perplessa fuori dal finestrino. Erano usciti dal centro e le zone in cui Valentina si aspettava di cenare erano ormai molto lontane. -No, senti....ma dove mi stai portando?....- gli chiese con una certa apprensione che difficilmente poteva occultargli. Era sulla macchina di un uomo che in fondo era poco più di uno sconosciuto, che stava imboccando strade secondarie e periferiche. Improvvisamente Valentina si sentì agitata, il suo cuore batteva forte e le mani le sudavano abbondantemente. E se Ermal la stesse imbrogliando? Se l'avesse costretta a fare qualcosa che lei non voleva? Se le avesse fatto del male? La cintura di sicurezza la stringeva, la ingabbiava, le soffocava il respiro, era come se fosse una catena da cui non poteva scappare. La sgancio' prendendo un ampio respiro. -Adesso vedrai....- ridacchio' Ermal. -No, senti, guarda che io non sono proprio il tipo! Credevo ti fosse chiaro!- una sempre crescente inquietudine la dominava anima e corpo. -Ma "il tipo" di che cosa?...- Ermal pareva leggermente risentito, ma mai quanto lei. -Il tipo di ragazza che lavora con te e che farebbe follie pur di dire che ci hai provato con lei o che vuole farsi qualche avventura usa e getta solo perché sei famoso e osannato. Ermal, io ti giuro che se ci provi con me, non me ne frega niente, ti mollo un ceffone.- Valentina non stava scherzando, era stata particolarmente aggressiva e le sue espressioni del volto si erano indurite. Era spaventato ed Ermal tentò di tranquillizzarla dolcemente. -Ma figurati! Non è davvero mia abitudine comportarmi così.- -Speriamo!....- -Ma come "speriamo?! Guarda che io non sono così!- -Okay, allora per favore dimmi dove diavolo mi stai portando!- -Al mio ristorante preferito. Adesso ci arriviamo. Sta' calma. Non ti mangio, non ti ammazzo, non ci provo, non ti faccio niente, okay?...Non farmi passare per quello che non sono.- -Non sei tu il problema. Sono io.- asseri' Valentina con un filo di voce quasi strozzata. -....Sono io che sono diffidente.....- Quasi le dispiaceva di avere pensato certe cose di Ermal. In fondo doveva essere una brava persona, con il cuore buono e non malizioso. Valentina era molto diffidente. Aveva quasi paura. Ermal desiderava svelarla piano piano e cercare di capire da dove le venisse tutta questa diffidenza. Probabilmente doveva essere stata gravemente scottata dalla vita, doveva avere alle spalle una storia sentimentale, e forse non solo, difficile che l'aveva resa scettica su chiunque e su qualunque cosa. La guardò mentre continuava a muoversi irrequieta sul sedile accanto al suo, e decise di cambiare argomento per alleggerire un po' l'atmosfera e il cuore agitato di Valentina. -La sai una cosa?...Mi hanno chiesto come è andato il nostro primo incontro. E sai cos'ho risposto io?- -Mh....Non so se lo voglio sapere....- La risata di Ermal era unica e pulita come quella di un bambino. Come quella di Giorgia. E un po' come la sua. A volte lui era irritante, ma altre riusciva ad essere molto carino e a farla sentire bene accanto a sé. Era un terribile contrasto di sensazioni che la ragazza cercava di descrivere perché nel suo libro voleva anche spiegare cosa significasse conoscerlo, parlarci, condividere del tempo e interagire al suo fianco. -Ho detto testualmente così: "Ha un bel caratterino! Ma è molto professionale e ama tanto scrivere. Ha un'emotivita' particolare.Credo che lavoreremo bene insieme."- -Grazie.... Lo spero anch'io.- Valentina era soddisfatta di essergli apparsa come voleva, come una donna di carattere, mentre era stata colpita in pieno come da un fulmine, dalla parte relativa alla sua creatività. Difficilmente nella vita le era capitato di essere compresa sotto quel punto di vista, che di se stessa, era sempre stato solo lo sfondo. Di Ermal le piacevano la sincerità e quella solarità emanata dai suoi sorrisi e dagli atteggiamenti spontanei, che erano di sicuro il risultato di un lungo processo interiore di elaborazione della sofferenza infantile. Finalmente arrivarono al piccolo ristorante, che era molto sobrio e tranquillo. -Vieni....- le disse Ermal aprendole la portiera per farla scendere. -Ah, no aspetta! Manca una cosa...- Si tolse gli occhiali da sole e li lasciò sul sedile dell'auto. -Va bene?...- -Sì, grazie.- gli ricambio' il sorriso e si diresse con lui verso l'entrata del locale. La sua attenzione verso le piccole cose la faceva sentire strana. -Spero di averti portsta in un posto che apprezzerai....- -A me va bene tutto. Sono qui per lavoro. Non ci sono problemi se ci vedono insieme, vero?- -E che problema ci dovrebbe essere?...- -Non lo so...Fotografie indiscrete, gossip vari...Magari non ti va.- -Delle invenzioni gossippare sai quante risate mi faccio?!- -Non lo so, non si sa mai.....- -Senti, ti va se prima mangiamo e poi lavoriamo?- -D'accordo....- Valentina in quel luogo si era sentita osservata quindi fu vittima di un certo disagio che lui riuscì a intendere: era una ragazza che tendeva a chiudersi in se stessa per proteggersi, ma la sua corazza si scheggiava facilmente e schiudeva agli altri una superficie ferita e delicatamente inaccessibile. Ermal non le chiese niente ma le offrì il suo sorriso, sperando di rassicurarla e di metterla a suo agio. Spostò la decorazione del tavolo che li divideva per guardarla meglio: gli occhi profondi di Valentina erano come calamite che attraevano i suoi e che lasciavano andare tutto l' indecifrabile mondo interiore che lei conteneva. E,gelosamente, celava. Quando il cameriere giunse a prendere le loro ordinazioni, Valentina nascose il viso dietro al menù, fingendo di essere intenta a consultarlo. -Perché ti sei schermata? Avevi paura di qualcosa?- le chiese Ermal e lei si sentì nuovamente indagata nonostante la domanda fosse posta con garbo e delicatezza, senza alcuna pretesa di invadenza. -Qui dentro ho la sensazione di essere guardata in faccia, quindi non vorrei fare il pieno di sensazioni sgradevoli stasera.- Ermal non riusciva proprio a staccare gli occhi da quelli di Valentina. Aveva uno sguardo meraviglioso perché sembrava contenere tutte le emozioni della sua vita e, pieno di contrasti,osservava il mondo con un cinismo incerto ma ostentato, perché sognare era più difficile, e temibile. -Non è paura. È difesa.- gli spiegò. -Una difesa dagli altri o da te stessa?...- -Dagli altri. Da me stessa ho imparato a difendermi.- rispose secca, mostrandogli di non gradire la conversazione. Lo sguardo scivolò addosso a quello di Ermal, lo toccò appena e si diresse altrove: verso i tavoli vicini, su in alto al soffitto, sulle luci, che la costrinsero a socchiudere leggermente le palpebre. -Secondo me no, invece.- Appena lo sentì parlare, si voltò immediatamente verso di lui. -Non hai usato del tutto bene la sofferenza che hai provato, nel dover ripartire dai segni che ti porti addosso. Se fai così, fai in modo che le cicatrici siano ancora estranee da te, e non invece qualcosa che ti caratterizza e che ti rende unica. Tu ti comporti come se questa caratteristica fosse, invece, ancora un limite. I limiti vanno trasformati in confini. I limiti sono invalicabili, i confini invece no, li puoi attraversare. E davanti alla gente che ti guarda non ti nasconderesti per la paura di provare sensazioni sgradite. Semplicemente vedresti che la gente smetterebbe di guardarti perché sei tu che non ti guardi più. - Valentina prese fiato, molto alterata:-Senti, Meta, la tua opinione non era richiesta. Non mi pare di averti domandato alcun parere, ho solo risposto alla tua domanda. Quindi, per favore, mangiamo e poi pensiamo a lavorare, perché siamo qui per questo e non per parlare di me.- Ermal voleva risponderle a tono, ma alla fine era sempre Valentina a prendersi l'ultima parola. -Non volevo offenderti.- -Lascia stare. Non fa niente. Senti....lo so che ne hai passate tante nell' infanzia, ma non credo che cio' ti autorizzi a dire cose su di me.- -Lo so che non so niente. Infatti.... ti chiedo scusa.- Ermal si mise indietro qualche ricciolo che gli ricadeva sugli occhi e le sorrise, per dimostrarle che era tutto a posto. Forse Ermal voleva solo aiutarla...e donarle la sua esperienza personale per farle del bene. Forse aveva solo detto una verita' che lei voleva allontanare da se': il tempo era trascorso ma era come se in realta' si fosse fermato. Anche con Andrea, infatti, era andata cosi': il passato aveva inibito le speranze del presente, il panico inibiva la corsa. Negli ultimi giorni si erano sentiti e lui le era parso distante, le aveva parlato solo di lavoro e di routine. Andrea si sforzava di evitare altri argomenti e sembrava essersi raffreddato molto. Non che Valentina ci soffrisse, ma a volte si biasimava per i salti che non riusciva a compiere per ricomporre la sua vita. Ricambio' il sorriso ad Ermal, un po' dispiaciuta di avergli parlato duramente. La cena tra loro fu abbastanza silenziosa, fino a quando Valentina, sempre sovrappensiero, non presto' attenzione e si macchio' il vestito con il sugo. Cerco' goffamente di ripulirsi con un fazzoletto di carta ma senza risultato. Era imbarazzata: di certo le donne cin cui Ermal era abituato a uscire erano tutte impeccabili e perfette, non si imbrattavano di certo il vestito! "Bene, sono proprio presentabile adesso! Questa macchia mi ci voleva proprio! Fantastico!" -Mi spiace....Sono sbadata....- -Guarda che anch'io sono cosi'!- Ermal rise come in ragazzino. -Sbadato come sono, quando mangio mi macchio spesso o la giacca, o la maglietta....o mi strappo qualcosa....Sono imbarazzante!- -Ah si'?!- -Si!- Valentina si mise a ridere: Ermal aveva un'autoironia che le piaceva perche' era simile alla propria, nonostante lei l'avesse in parte persa lungo la strada del dolore. -Certo che....sei magro ma mangi!- gli disse, al termine della cena. -Ah ma anche tu non hai affatto scherzato! Di certo non sei a dieta!- -Non credo di averne bisogno.- -Assolutamente no!- Gli sguardi erano stretti l'uno nell'altro, si abbracciavano piano, sul silenzio delle parole. -Va beh, vado a pagare il conto...- Ermal si rese conto della sottile intensita' del momento e decise di interromperlo. Valentina aveva perfettamente retto il suo sguardo, forse anche lei alla ricerca di qualcosa. -Okay...intanto io vado ai servizi e vedo cosa posso fare con questa macchia....- Tento' di toglierla con l'acqua con pero' l'unico risultato di spanderla di piu'. Sospiro': adesso era anche peggio ma in fondo riusciva anche a sorriderne. Ando' in bagno e si chiuse dentro e quando usci', per poco non le prese un colpo:Ermal si era nascosto dietro la porta ed era saltato fuori all'improvviso. La ragazza lancio' un urletto e lui si miseba ridere come un matto. Il cuore di Valentina, pero', sembrava uscirle dal petto: certi agguati maschili la terrorizzavano. Si mise a braccia conserte mentre Ermal non la smetteva di ridere. -Allora, senti un po'...intanto...la mamma non ti ha insegnato che non si entra nel bagno delle donne?...E poi questi giochetti li fanno all'asilo da mia figlia, sono accettabili alle scuole elementari e sono gia' penosi alle medie, figuriamoci fatti da un adulto! E poi....mi sono spaventata davvero....- Abbasso' il viso mentre si stava lavando le mani ed Ermal noto' un velo di buio che era sceso su di lei. -Scusa...Volevo solo scherzare....- Lei pero' non l'aveva perdonato e si vendico' gettandogli addosso degli schizzo d'acqua che lui tento' di scansare abilmente. Valentina allora lo blocco' per asciugarsi le mani gocciolanti nella sua maglietta. Risero come due bambini e il momento cupo di Valentina era passato. -Okay....hai ragione. Me lo merito!- Ermal allargo' le braccia guardandosi la maglietta bagnata. -Adesso pero'esci da qui prima che venga una signora meno clemente di me e ti butti fuori a calci in culo!- Quando era imbronciata, la cicatrice vicino al mento si accentuava leggermente. La sua espressivita' era, per Ermal, carica di tenerezza. Lui si volto' e fece per andarsene, quando senti' arrivargli sulla testa altri spruzzi d'acqua. Valentina si era riempita le mani e gliele aveva rovesciate addosso. -Sei ancora incazzata,vero?....- rise Ermal scuotendo la testa per scrollarsi via l'acqua e mettendosi una mano nei capelli. -Moltissimo.- In realta' l'aveva gia' perdonato, ma gli tenne il muso ancora un po'. Era un antipatico insopportabile, ma aveva un'anima simile alla propria. Fuori dal ristorante, stava scendendo la sera. Camminarono per qualche minuto senza parlare. -Vieni, mettiamoci qui.- Ermal le indico' la panchina di un parchetto non molto distante:- Ci venivo spesso con la mia fidanzata....- -E....adesso non ci venite piu'....?- -Siamo noi a non esserci piu', adesso. Aveva smesso di funzionare, in realta' da tempo, ma a fare lo strappo hai sempre paura, quindi cerchi di sistemare tutto....ma si arriva poi a un punto in cui devi guardare in faccia la realta'....- Doveva essere una ferita ancora fresca in lui, perche' infatti cambio' argomento e Valentina non approfondi',iniziando il suo lavoro. Ermal collaborava molto bene e lei, guardandolo nei suoi atteggiamenti spontanei, tutto il contrario di quelli che si era immaginata, si chiese quante e quali donne avesse avuto. Probabilmente molte e sicuramente belle, ricche e famose, senza un solo problema al mondo. -.....Che altro posso dirti della mia infanzia...vediamo.....aspetta un attimo....aspetta un attimo.....- -Ricordi di scuola, magari...- -Okay....- Ermal gli descrisse bene la scuola elementare, la classe numerosa e il suo disagio nell'essere guardato, un po' come Valentina, dagli altri bambini, perche' aveva spesso addosso i segni delle violenze di suo padre, che giustificava come poteva, inventando bugie a cui pero' non tutti credevano. Ermal in quei momenti aveva solo un anno piu' di Giorgia e Valentina provo' l'istinto di abbracciarlo e di dirgli che capiva tutto, ma si trattenne, mantenendo le distanze e continuando ad ascoltarlo come se niente fosse. Ascolto' della severa maestra Margherita, che pero' non lo sgridava mai perche' era uno dei primi della classe. -La materna invece?....- -L'ho frequentata poco. Scappavo.- -Ah, bene!- sorrise Valentina,intenerita dal bambino che era e che, risanato da tanta sofferenza immeritata, si portava dentro ancora. -Credo che sia tutto....- -Okay....Allora parliamo della scelta, compiuta sicuramente dai grandi, di lasciare la tua terra....- Il buio della sera era ormai sceso e solo la luce di qualche lampione illuminava. -Vuoi passeggiare un po'?...- le chiese Ermal:-E' una zona tranquilla, con poca gente, non sempre raccomandabile, ma non preoccuparti, ci sono io.- -Si', perche' tu come stenderesti un malvivente?...Con uno dei tuoi falsetti?!- Ermal scoppio' a ridere:-Guarda che mi sottovaluti! Ma certo che tu....asfalti che e' una meraviglia!- -Con te mi viene decisamente spontaneo. E poi anche tu mi sottovaluti: non ho bisogno di principi difensori. Non sono la fragilina che sembro.- L'argomento cadde. Passeggiavano l'uno di fianco all'altra, Ermal teneva una mano in tasca e con l'altra reggeva il cellulare di Valentina, con cui si registrava. -La decisione di partire e' stata presa da mia madre, con grande coraggio. Io avevo 13 anni, quindi mi ricordo abbastanza distintamente quasi tutto....- Le spiego' del viaggio al di la' del mare, della traversata con il traghetto e di cio' che in quei momenti provava, del coraggio che tentava di infondere nei fratelli piu' piccoli. -.....Siamo cosi' arrivati a Bari....- -Io sono nata e cresciuta ad Andria. Poi ho anche vissuto a Bari, ma da adulta....E poi....sono venuta qui....tre anni fa....- Ermal le parlo' in dialetto barese e lei, ridendo, gli rispose a tono. -Eh, ma sei bravo!! Senti, e ti va di raccontare un po' il tuo percorso di integrazione?- Valentina si accorse che avrebbe parlato con Ermal per ore senza annoiarsi. Le disse che le difficolta' maggiori erano state linguistiche e che aveva sofferto molto a non riuscire a "dire" o scrivere le cose come voleva, ma una volta superato questo, non aveva incontrato particolari problemi o ostilita'. Ermal era partito dalla sofferenza per ricostruire se stesso: im un certo senso le assomigliava.E il bello era che Francesca sembrava saperlo da sempre! -....La mamma ha dovuto adattarsi a svolgere qualsiasi lavoro:badante, donna delle pulizie.....mentre prima era abituata a tutt'altra vita. Quindi spesso era molto stanca e io cercavo di aiutarla per come potevo. Noi in famiglia ci siamo sempre voluti bene e stati vicini. Non avevamo tanto, ma eravamo ricchi proprio perche' restavamo uniti. Eravamo felici con il poco che avevamo perche' in realta' sapevamo di avere tutto.- -Che belle parole.....tua madre deve essere stata una donna straordinaria....- -Lo e'tutt'ora....- esclamo' Ermal,grato, mentre Valentina non pote' evitare di pensare alla propria madre. L'istinto di raccontargli qualcosa di se' fu forte, ma non prevalse: non lo conosceva ancora abbastanza. -Aspetta.....ti mostro un paio di fotografie della mia famiglia....- Ermal prese il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans neri che indossava. -Eravate bellissimi.- commento' lei con un sorriso:-Si vede il bene che vi volevate e che la vostra forza per ricominciare era davvero starsi vicini. Eravate dei ragazzini fortunati: conoscevate gia' cosa davvero conta nella vita, perche' siamo qui, anche quando soffriamo....-
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Ermal la guardo' intensamente sotto la luce della sera: non aveva mai conosciuto nessuno come lei. -.....E questa qui invece e' recente....- Valentina perse un battito e gli strappo' il telefono di mano per guardare meglio quella fotografia. Non poteva crederci. -Blocca la registrazione, per favore.- Ermal non capiva, ma esegui'. ************* Ciaooo! Grazie a chi sta leggendo. Ho scritto un capitolo un po' lungo,mi spiace, ma non sono riuscita a dividerlo. Spero sia stato interessante lo stesso! A presto! Ness♥