CAPITOLO 134- Mi prenderò cura io di te

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"La carriera di Ermal Meta stroncata da un grave incidente sul palco durante il soundcheck. Dopo il crollo di parte dell'impalcatura da cui è stato colpito, le condizioni del cantautore restano molto riservate, ma la moglie, la scrittrice Valentina Galimi, tranquillizza personalmente i fan ogni giorno sui social, dicendo che  Ermal è vivo e, per ora,stabilizzato. Il quadro clinico appare comunque molto grave, dato che l'artista risulterebbe in coma dopo avere subito una delicata operazione in testa. Il tour "Pta pta", avviato da poco dopo la promozione dell'ultimo album omonimo del cantautore, sopraggiunto dopo un periodo di crisi personale ed artistico, è annullato e i fan vivono giorni di grande apprensione......"
I giornali, i siti avevano parlato per un po', poi la notizia era invecchiata, come Valentina, che invecchiava ormai da un paio di mesi al fianco di Ermal che, in un lettino e attaccato alle macchine che monitoravano il suo cuore e le sue funzioni vitali, restava fermo, addormentato, sul confine della vita.
Otto settimane. Era in coma da otto settimane, da quando era uscito dalla sala operatoria, la notte stessa dell'incidente. Un coma di secondo grado, che potrebbe migliorare, oppure scendere nel terzo, ovvero lo stato di come profondo, in cui un risveglio diventa difficile, se non impossibile con il trascorrere dei giorni, delle settimane, forse degli anni.
I medici visitavano Ermal ogni giorno, controllavano i tracciati, le sue reazioni agli stimoli, ad dolore, alla luce. Restava stabile da dopo l'intervento, né meglio né peggio, un limbo. Ma mano a mano che passavano i giorni e le settimane, la possibilità di risvegliarsi facilmente era sempre più debole e rarefatta, mentre si faceva più concreta l'idea di un coma ormai profondo, senza più, quindi, la possibilità di recepire stimoli esterni, musica, voci amate, per potersi risvegliare.
L'intervento aveva ridotto di molto l'emorragia cerebrale e gli aveva salvato la vita; i medici erano subito stati ottimistici al riguardo: sarebbe sopravvissuto, senza grandi danni, quindi avrebbe potuto condurre una vita di nuovo quasi normale. Erano riusciti ad arginare i danni sul sistema nervoso, anche se non era ancora ben chiaro quanto le lesioni cerebrali avessero danneggiato la parola, il movimento, la memoria. Bisognava aspettare per capirlo correttamente, per avere una risposta più adeguata delle solite supposizioni.
Ermal aveva riportato anche una frattura multipla alla spalla destra, per cui aveva subito un altro intervento ed era stato immobilizzato con un tutore. Il letto bianco, asettico. La cameretta singola. Le macchine che monitoravano la sua vitalità. I suoi occhi chiusi. I suoi movimenti piccoli, che stringevano un lembo del lenzuolo, un sorrisetto accennato, le pupille che si muovevano sotto le palpebre, come stesse sognando. Tutti questi movimenti avevano illuso Valentina da subito, convincendola ogni volta che lui stesse per svegliarsi, e invece no. I medici dicevano che reazioni minime di questo tipo erano caratteristiche del suo stadio "medio" di coma.
Valentina aveva voluto trasferirlo a Milano, dopo essersi consultata con Mira,  convinta che lì avrebbe potuto ricevere un'assistenza migliore, ma alla fine, non era il luogo a fare la differenza. Ermal era stato curato nel migliore dei modi, eppure non migliorava. E nemmeno peggiorava. Restava lì, come indeciso sul da farsi, come spaventato sia di "tornare", che di "andare via",ed era uno strazio da vedere e da vivere per chi gli voleva bene. Era una condizione a cui non ci si riusciva ad abituare mai.
Intanto, era trascorsa l'estate, chiusa in un ospedale, tra l'odore di disinfettante, e le paure. Tutto ciò che era accaduto fuori, era lontano.
Valentina non lo lasciava mai, nonostante le pressioni di Mira, che si era trasferita con lei a Milano, per restare con le bambine e darle il cambio in ospedale con Ermal, ma lei non ne voleva sapere. Non riusciva a staccarsi, a lasciarlo solo, e in due mesi, era invecchiata di vent'anni:si sentiva stanca, disillusa, attaccata a un filo di speranza che si assottigliava sempre di più ogni giorno, si sentiva l'ultimo tepore estivo che fa i conti con il cielo plumbeo e gli ombrelloni chiusi. Si sentiva impotente, e colpevole. Ermal era in coma perché aveva salvato lei, dimostrandole cosa fosse il vero amore, oltre al perdono: sacrificio, altruismo, fino in fondo.
Valentina mangiava poco e male, e aveva perso il sorriso anche per le sue bambine: Giorgia sapeva tutto, Sofia sapeva che il papà si era fatto molto male ed era in ospedale sempre addormentato, mentre Luce si accorgeva solo della sua assenza, e chiedeva come mai non smettesse di fare la nanna, alle sorelle maggiori, o alla nonna.
Valentina ascoltava i consigli dei medici, e proponeva ad Ermal ogni sorta di stimolo affettivo ed emotivo per aiutarlo a risvegliarsi: gli parlava raccontandogli la giornata, delle bambine, gli faceva ascoltare le sue canzoni preferite, la voce registrata delle figlie, le loro risate; gli leggeva pagine dei suoi libri preferiti, gli teneva la mano e gli parlava instancabilmente per ore, stupendo persino i medici e gli infermieri. Valentina gli accarezzava i capelli e voleva essere lei stessa ad occuparsi della sua igiene: lo lavava passandogli una spugna umida, come le avevano insegnato le infermiere e intanto gli parlava, gli sussurrava tante cose, si prendeva cura di lui come una madre del suo bambino. Ermal non riusciva a nutrirsi, aveva perduto il controllo degli sfinteri, ma il battito del suo cuore e il continuo reagire agli stimoli mostravano la sua voglia di restare, di combattere per la vita.
Valentina gli aveva anche fatto ascoltare un video realizzato da alcune fan apposta per lui, ma niente. Ogni tanto, pareva reagire,ma poi tornava nel suo guscio letargico, lontano dal mondo, lontano da tutto, ma non distante da quell'amore che lo sosteneva sempre e comunque, l'amore di sua moglie, della sua Vale, che comunque fosse andata, gli avrebbe dedicato la sua vita, fino alla fine, come aveva fatto lui, proteggendola dal crollo e rischiando tutto.
-Vedrai che andrà tutto bene. Si risveglierà e tornerete ad essere felici tutte e cinque insieme.....-Mira la incoraggiava di continuo, nonostante anche lei affievolisse le speranze mano a mano che il tempo, impietosamente, scorreva.
-Io lo assisterò fino alla fine, e spero che non debba soffrire. Altrimenti, metterei fine al suo dolore.-
-Non parlare così. È un coma leggero, il suo......si sveglierà....Bisogna avere tanta pazienza....e stargli vicino.....-
-E' un coma di secondo grado, Mira.- le ricordava, però, Valentina:-E' di media entità da cui, o se ne esce, o ci si addentra di più, e allora sarà sempre più difficile svegliarsi....E tornare a quella che tu chiami "normalità".....Ma io non lo abbandonerei mai, sia che rimanga su quel letto di ospedale, sia che si risvegli, che torni con noi, ma un po' "diverso" rispetto a com'era prima. Io mi prenderò cura di lui, dovessi rinunciare a tutto il resto. Io lo amo,Mira.....anche se non sempre gliel'ho dimostrato.....anche se avevo sbagliato.....Ci eravamo appena ritrovati....e abbiamo dovuto separarci di nuovo......-
-Non essere triste. Ermal lo avverte, questo.....-
-Infatti cerco sempre di sorridere qua do gli parlo.... se è vero che, a modo suo, mi può sentire.....-
-Ci sente.....anch'io gli parlo, gli racconto del passato, dei suoi fratelli, dei nipotini, di voi, della sua famiglia, delle sue bambine adorate, di te......E poi ci sono le tue figlie, Vale....Devi essere forte anche per loro e curvare di tanto in tanto le tue labbra in un sorriso, anche se è difficile.....-
-Lo so,Mira...lo so....Ne ho passate tante, con Ermal, per conto mio....e in qualche modo, supererò anche questa, spero assieme a lui.....-
-Sara' così, tesoro.... Abbi fiducia in me.....-
Spesso piangevano insieme, tra gli argini della notte, Valentina e Mira. Si facevano forza a vicenda, restavano abbracciate.
I riccioli di Ermal, vivaci come lui, che si spostavano a ogni suo movimento, restavano ora fermi, sparpagliati su un cuscino bianco e asettico, di gommapiuma. Le sue labbra socchiuse. Il suo viso magrolino, quasi allungato, il segno del piercing al sopracciglio che aveva tenuto per oltre vent'anni e che era stato tolto in sala operatoria.
Valentina era sempre lì con lui, ci perdeva l'anima, tramontava insieme all'estate che era passata, senza essere vissuta. E non sapeva che cosa mai né sarebbe stato di lui, della sua famiglia, di lei stessa. Ogni giorno in più si abituava a fare a meno di lui, a vederlo appassire sempre di più, a scivolare in un coma più profondo come una stagione cade nella successiva, come l'estate si spegne nell'autunno, lentamente, ma inesorabilmente.
Sono queste le cose del destino che non si possono evitare, decidere, e cambiare. Accadono e basta. E non resta che accettarle, e farsene una sacrosanta ragione.
Valentina ogni tanto parlava con i fan, ma era stringata, non aveva molto da dire. Non concedeva interviste, di rado scriveva il libro. Jacopo la sosteneva, cercava di starle vicino, pur sapendo quanto fosse difficile perdere qualcuno a poco a poco, goccia dopo goccia, piuttosto che in un colpo solo, com'era accaduto a lui con sua madre.

Quasi niente (STORIA COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora