Capitolo 17.

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Metà della giornata è già andata via e con lei anche Riccardo. È tornato a casa qualche minuto fa, dicendomi di dover organizzare diverse cose per l'udienza di domani.
Poiché sono ancora le cinque del pomeriggio, decido di raggiungere la mia famiglia, come avevo promesso qualche ora fa a mia mamma. Salgo in macchina, raggiungendo la mia auto all'istante. Il traffico è davvero infinito, e nell'attesa che possa raggiungere la mia vecchia casa, alcune imprecazioni scappano dalle mie labbra.
Ad interrompere questo momento di crisi è lo squillo del mio telefono. Lo afferro, notando il nome di Riccardo sullo schermo.
Indosso l'auricolare e rispondo alla chiamata, sentendo la sua dolce voce riempire i miei timpani. "Non puoi proprio stare senza di me eh?" Chiedo divertita, spezzando il silenzio.
"Già, angelo. Proprio così"
Non riesco a non sorridere, le sue parole hanno un effetto strano dentro di me. "Ti stavo pensando"
Mi prendo un attimo per poter ascoltare la sua voce mentre mi sussurra un semplice 'ti stavo pensando'. Penso non ci sia cosa più bella e dolce di tutto questo. Provo diverse sensazioni contrastanti, che riescono a rendere la mia anima molto più confusa del solito ma allo stesso tempo anche placida.
"Le tenere perle dell'avvocato Marcuzzo"
"Dovresti essere onorata di sapere che queste 'tenere perle' come le chiami te, hanno solo un'unica destinataria" Risponde a tono, ma è divertito. Io amo stuzzicare lui e lui ama stuzzicare me.
"Infatti lo sono, avvocato" Affermo, stringendo il volante con le dita per poi ruotarlo verso destra.
"Bene" Sospira. "Stai guidando?"
"Si, come fai a saperlo? Mi osservi anche da lontano?" Chiedo immediatamente. Ridacchio lievemente e lui mi segue, facendo risuonare la sua armoniosa risata all'interno del mio cuore.
"Sento il rumore del motore, scema"
"Wow, sei un avvocato molto perspicace" Lo stuzzico, sentendolo sorridere dietro quel banalissimo aggeggio che riesce ad unirci completamente.
"Lo so, angelo"
Accosto la mia auto sulla strada, parcheggiandola proprio accanto alla villa della mia famiglia. Lascio scivolare la testa sul sedile, sentendo i respiri di Riccardo tremendamente vicini nonostante non sia qui con me. Parliamo per i successivi cinque minuti, giurando di risentirci questa sera.
Non appena attacco la chiamata, raggiungo l'entrata di casa e suono il campanello. Ad aprirmi è proprio mia madre che mi osserva con un sorriso stampato sulle labbra. Ha i capelli legati e indossa una tuta grigia. Mi saluta con un bacio sulla guancia, per poi lasciarmi passare e raggiungere mio papà.
"Come stai, figliola?" Mi chiede lui. Mi schiarisco la voce con un colpo di tosse prima di sedermi sul divano e guardarli attentamente.
"Abbastanza bene, voi?"
"Bene" Rispondono all'unisono. I loro sguardi esprimono preoccupazione e quando si incrociano con il mio, ne ho la conferma. "Mamma mi hai detto che stanotte non hai dormito a casa" Inizia mio papà. Io sospiro, ruotando lievemente il capo per non poter incrociare i suoi occhi preoccupati. Non so cosa rispondergli e soprattutto non so in che modo farlo.
"Si, sono stata da un amico. A causa del temporale non ho potuto prendere l'auto" Gli dico molto vagamente. Il vero problema non è questo e io lo so bene. Io e Riccardo volevamo stare insieme e penso, anzi sono certa che tutto questo non sia un problema di grande importanza.
"Chi è questo amico, Federica?"
"Riccardo, il ragazzo che hai incontrato l'altro giorno in biblioteca"
Dalle sue labbra scappa un 'oh' sospirato e dalle mie un leggero sospiro che assomiglia ad uno sbuffo.
"Tu lo conosci?" Chiede mia madre girandosi verso mio papà, con la fronte corrugata e le sopracciglia inarcate.
"Si, l'ho visto qualche giorno fa. Si scambiava tenerezze con nostra figlia" Risponde lui. Da quel giorno che ci ha beccato insieme, non mi ha più detto nulla, adesso riprenderà di sicuro il discorso.
"Stavamo scherzando, nulla di più"
"Aveva le mani su di te" Puntualizza. I suoi occhi scuri diventano più intensi, facendomi rabbrividire.
"Non credo di aver fatto nulla di male, siamo soltanto amici"
"Eravate da soli questa notte?" Domanda mia madre. Io annuisco lentamente. Lei sospira, facendomi notare quanto sia alta la voglia e la paura di chiedermi qualcos'altro.
"Non abbiamo fatto nulla, abbiamo dormito separati" Chiaramente non è vero, ma non posso dirgli una cosa del genere ai miei genitori. Come minimo mi vieterebbero di vederlo nonostante abbia ben ventiquattro anni.
"Fede, noi abbiamo paura. Questo lo sai, vero?"
"Lo so, posso immaginare. Ma dovete cercare di tranquillizzarvi, starò bene" Sussurro con un filo di voce. Parlare con loro mi ha sempre tranquillizzato, ma quando affrontiamo discorsi di questa importante mi sembra di cedere come gelatina.
"Non è quello il punto! Non ci fidiamo di nessuno, dopo tutto quello che è successo con Andrea, cerchiamo di proteggerti il più possibile" Sbotta mio padre, dopo qualche istante di silenzio. Non appena il nome di quel ragazzo risuona all'interno delle quattro mura e nel mio cuore, il mio corpo viene attraversato da diversi brividi. Brividi di terrore, paura, disgusto, rabbia e tristezza.
Sono costretta a socchiudere le palpebre, cercando di riprendermi. Odio ricordare lui e tutto ciò che mi ha fatto.
"Quella è acqua passata e Riccardo non si può assolutamente mettere a confronto con quello lì!" Urlo, sentendo la rabbia scorrermi nelle vene ad una velocità davvero intensa.
"Non sto dicendo nulla di tutto ciò, figliola!" Sussurra mio padre, cercando di calmarsi e di calmare me. "Proteggere i propri figli è la minima cosa che un genitore possa fare"
"Non è così che lo fate. Ho bisogno di fare le mie esperienze, di sorridere, di ridere, di essere felice, di vivere la mia vita! Riccardo è riuscito a regalarmi tutto ciò, ma non stiamo insieme! Siamo amici e non è detto che debba ferirmi o spezzarmi il cuore" Ammetto alzando il tono della mia voce. "Dannazione, ho ventiquattro anni! Vi prego di farmi sentire libera, com'è giusto che sia"
"Federica, noi-" Inzia mia mamma, ma io la interrompo allungando un braccio verso la sua direzione.
"No, fatemi finire! Ho sempre ricevuto male da tutti e da tutto, se dovesse succedere la stessa cosa anche questa volta, me ne farò una ragione. Ho imparato a convivere con il dolore e con la delusione, e anche questa servirà per rendermi più forte. Dovete solo avere un po' di fiducia. Ho bisogno del vostro appoggio, dei vostri sorrisi o di una vostra semplice parola di conforto"
I loro occhi sono terribilmente lucidi e i miei strapieni di lacrime. Sono sull'orlo di una crisi di pianto, questo argomento è sempre stato il tasto dolente e riparlarne dopo diversi anni, mi fa un certo effetto.
"Scusami, scusaci" Sussurra mia mamma, portandosi una mano sulle labbra per poter bloccare quel leggero tremolio che le attraversa. Mio padre è in silenzio mentre mi fissa con lo sguardo perso. "Avrai tutto cui che desideri, figliola"
Alle sue parole annuisco, sentendomi autorevole ma allo stesso tempo anche frangibile e impaurita.

Amore infinito - Federica e RiccardoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora