Attraverso una serie di villette, palazzi alti, negozi e caffetterie ritrovandomi nell'Upper Est side a Manhattan. L'angolo costoso e sofisticato di New York.
Anche l'odore puzza di soldi.
I balconi sono pieni di fiori colorati e gli alberi lungo i marciapiedi a delimitare i cancelli dei palazzi sono pieni di foglie gialle e rosse ormai sul punto di cadere ammassandosi per strada, sulle superfici di cemento.
Controllo ancora una volta l'indirizzo per accertarmi di non essermi sbagliata quando mi trovo di fronte un palazzo modesto.
La facciata bianca, le finestre arcuate coperte da tendine bianche a nascondere gli uffici.
Spingo il cancello in ferro battuto facendo due passi sul viale che conduce alla scalinata in marmo bianca con un corrimano centrale di ferro nero, forse messo lì proprio per non scivolare nelle giornate di pioggia o quando si è troppo distratti ad ammirare la zona.
Prendo un respiro e con tutta la disinvoltura di cui dispongo e la sfacciataggine tipica di una Stevens, premo il dito sul citofono attendendo pazientemente una risposta.
La porta emette uno scatto. Nessuno chiede niente. C'è solo un rumore metallico a permettermi di entrare.
È come se mi stessero attendendo.
Non so che cosa aspettarmi da questo incontro ma voglio davvero scoprire qualcosa in più sul sito e sulla possibilità di guadagnare da casa senza destare sospetti.
Spero solo di non essere giudicata duramente da zia Marin quando verrà a conoscenza della verità. Ma non devo necessariamente dirglielo. Almeno questo segreto, posso sempre tenerlo per me.
Spingo il portone ritrovandomi al centro di un atrio silenzioso, bene illuminato, pulito. Il pavimento a scacchi bianco e nero tenuto a lucido.
Dietro un vetro e una scrivania piena di carte: una guardia in età avanzata.
Mi sorride quando mi avvicino.
Leggo il cartellino appeso al petto che porta quasi con onore. Segno evidente che deve proprio piacergli il suo lavoro.
«Buongiorno, scusi se la disturbo. Cerco il piano dell'avvocato Emerson Douglas».
Il signore tutto sorrisi e cortesia alzandosi preme un pulsante da un quadrante posto sulla scrivania.
«Ha un appuntamento?»
La sua è una voce matura. Non riesco a sentire se puzza di naftalina perché il vetro davanti me lo impedisce. Ciò che sento è solo odore di pulito.
Evito di farmi accompagnare alla porta e mento. «Si, ho contattato l'avvocato e mi ha inoltrato l'indirizzo».
Dall'interfono si sente la voce di una donna.
Squittisce: «Si?»
«C'è qui una signorina, dice di avere un appuntamento».
«Falla salire. Douglas la sta aspettando nel suo ufficio».
L'uomo preme un pulsante indicandomi subito l'ascensore. «Ottavo piano».
«Grazie», mi incammino entrano nel quadrato lussuoso dove premo velocemente il pulsante rotondo con il numero del piano attendendo la chiusura delle porte. Lo faccio in fretta per non avere alcun ripensamento.
Aggrappata al corrimano lascio passare il momento della partenza. Lo scossone che fa contorcere il mio stomaco.
Per istinto mi guardo allo specchio aggiustandomi, cercando di apparire il più naturale possibile, nonostante io mi veda sempre uno straccio.
Non ho dormito, non ho mangiato e sto per conoscere probabilmente il mio capo. Un altro stronzo pronto ad approfittarsi di me.
Le porte si aprono ed esco ritrovandomi in un corridoio dove trovo una scrivania grande di un bianco marmorizzato.
Dietro, sulla parete, la scritta dello studio associato e una ragazza con un auricolare e una tazza in mano, impegnata in una conversazione frivola.
Quando mi vede smette un momento soppesando il mio sguardo prima di fare su e giù con la testa giudicando il mio aspetto.
Sto per alzare il dito medio quando parla.
«Aspetta, c'è una nuova cliente».
Mi sorride adesso in modo dolce. «Benvenuta signorina Stevens. Douglas la sta aspettando», indica una porta alla sua destra.
Sbircio e oltre la vetrata noto un ufficio pazzesco. Tutto nello stile minimale; sui toni del grigio, del nero e bianco.
Busso prima di entrare contro il vetro sentendomi in colpa perché potrei lasciare qualche impronta, tanto sono sudate le mie mani.
«Buongiorno sono Bambi Stevens. Ho inviato per email...»
«Ricordo chi sei», la sedia gira e davanti a me non c'è un vecchio porco ma una donna bellissima.
«Non accolgo di certo qui dentro chiunque».
Bionda, i capelli raccolti in uno chignon basso, le lunghe ciglia nere, le sopracciglia perfettamente arcuate ridisegnate a matita e grandi labbra rimpolpate dal lucidalabbra trasparente.
Emerson Douglas, indossa un tailleur nero, la camicia aperta a mostrare parte del seno abbondante.
Mi guarda tenendo una penna in bocca, un ghigno compiaciuto data la mia reazione.
«Sono Emerson Douglas prego, siediti pure», indica la poltrona davanti alla sua scrivania in vetro laminato.
«Fammi indovinare, credevi di incontrare un vecchio pronto ad approfittarsi di te?»
Accavalla le gambe mostrando un paio di tacchi a punta neri lucidi pazzeschi.
«Hai un bel viso», scrive qualcosa su un bloc-notes. «Allora...», toglie la cornetta per non essere disturbata poi incrocia le braccia sulla scrivania. «Dimmi cosa ti serve sapere».
Supero il tappeto zebrato sedendomi sulla comoda poltrona appoggiando bene la schiena senza accavallare le gambe. Stritolo le dita poi mi concentro e parlo. «Per iniziare: è necessario mostrare la faccia?»
Si mette comoda ondeggiando sulla sedia osservando ogni mio movimento con attenzione, prima di alzarsi raggiungendo una parte dell'ufficio, dove accanto ad un cassettone, contro il muro di mattoni chiaro, si trova un vassoio pieno di alcolici. Versa nei bicchieri della vodka porgendomene uno.
«Bevi, scioglierai i muscoli. Qui dentro non devi temere. In realtà penso proprio che inizierai a divertirti quando vedrai il tuo primo stipendio con un solo video o per delle foto che la gente visualizzerà», torna a sedersi.
Bevo un sorso di vodka. Non dovrei vista l'ora ma ho bisogno di rilassarmi. Sono tesa. L'alcol in parte attenua subito la tensione bruciandomi la gola.
«Ritornando alla tua domanda: non necessariamente. Ci sono ragazze che non hanno problemi a mostrarsi interamente. Sono quelle che hanno bisogno di attenzioni e il sito ne è pieno. Io non sono una di quelle per ovvie ragioni ma mi piacerebbe. Altre magari come te che intendono mantenere l'anonimato e lo fanno solo per non sentirsi sole, per passare il tempo e nel frattempo guadagnando.
Come fare? Be', innanzitutto girando video e scattando foto in posti che nessuno può riconoscere. Metti un pannello, un quadro diverso. Ah, se hai tatuaggi in posti specifici compra del fondotinta resistente, specie se intendi mantenere la privacy. Alcuni dei visitatori assidui scoprono subito chi siamo.
Qui passiamo alla prossima domanda che stai per fare...» sorride bevendo.
La sua sicurezza mi piace. Mi dà tanto l'impressione di essere una donna forte. «Puoi girare video di qualsiasi tipo. Non ci sono limiti. A meno che non sia tu ad averne. Puoi anche partire con un semplice video in cui ti togli la maglietta mostrando un completo intimo trasparente o pubblicare delle foto in determinate pose, non importa. La cosa importante è essere sensuali e anche un po' assidui».
«Questo mi rincuora», abbasso di poco le spalle.
Lei sorride digitando qualcosa sulla tastiera. Le unghie smaltate di rosso spiccano sulla carnagione pallida. Ha delle lentiggini sul petto e troppo fard sulle guance. Il suo profumo di fresia aleggia dentro l'ufficio impregnando ogni cosa. Non è stucchevole ma inizia a pizzicarmi il naso.
«Come funziona esattamente il pagamento?»
Gira lo schermo mostrandomi una carta. «Non è una truffa. È una carta creata da uno dei soci del sito. È virtuale. Una sorta di conto corrente bancario personale. Tutto quello che guadagni va a va a finire lì per poi esserti inviato. Non evadiamo le tasse ma guadagnamo abbastanza, alcune troppo, quindi dobbiamo tutelare quello che è nostro senza incappare in problemi come il fisco o... altro. Non hanno mai oscurato il nostro sito. A dire il vero alcuni di loro sono miei clienti. Abbiamo preso le giuste precauzioni per non esagerare. Ci sono delle regole. Posso continuare o vuoi scappare?»
«C'è un modulo di iscrizione?»
Sorride riempendosi un altro bicchiere che manda giù senza pensarci un secondo.
«Così mi piaci. Allora, per iniziare creeremo il tuo profilo. Non dovrai usare il tuo nome e le tue credenziali se non vuoi. È tutto fittizio. Avrai diciamo...» muove la mano. «Un nome d'arte, una chat privata con cui potrai interagire con i tuoi visitatori. È come Instagram ma in una versione sensuale».
«Devono essere necessariamente in diretta questi video?»
Nega. «Per te c'è l'opzione B. Video caricati come su YouTube. Potrai vedere i visitatori, leggere i loro messaggi e decidere chi di loro accontentare. Sempre se ti va, ovvio. Qui parliamo di video», specifica. «Se hai fantasia sei a cavallo. E sono sicura che prima o poi farai anche tu una live. Vedrai, ti piacerà».
Ho troppe informazioni da elaborare. Troppe domande da fare.
Detta così sembra facile. «Che cosa succede se voglio smettere?»
«Qui entro in gioco io. Firmerai un foglio. Hai a disposizione un periodo di prova. Per smettere mi dovrai annunciare con un mese di anticipo le tue dimissioni. La tua pagina verrà cancellata in quel lasso ti tempo. È un lavoro normale, Bambi».
Inspiro. «Ho messo all'asta la mia... purezza. Questo è un problema?»
I suoi occhi si illuminano. «Avevo rimosso questo dettaglio sulla tua verginità», sorride digitando ancora qualcosa. «Inseriremo nel tuo nuovo "curriculum" questo dettaglio con il link della pagina nella quale ti sei iscritta. Per esperienza: tra i tanti che guardano, tra questi ci sono anche donne, amano le novità e questo genere di notizia fa gola. Che rapporto hai con gli insulti o le critiche?»
«Mi piace stuzzicare, vale come risposta?»
«Notevole», annuisce. «Allora, sei dei nostri?»
«Avete un gruppo o siete tutte delle sconosciute?»
Si alza porgendomi il contratto. Noto che c'è scritto proprio tutto. Nessuna clausola alla fine del foglio.
«Te ne fornirò una copia e dopo che avrai firmato saprai se esiste una setta di conigliette in calore».
«Non mi hai ancora detto quanto è possibile guadagnare a visualizzazione».
«Dai cinquanta ai cento bigliettoni per ogni nuovo iscritto al tuo canale. Per quanto riguarda i video, tutto dipende dalle visualizzazioni. Non preoccuparti per questo, fidati: pagano per qualsiasi spettacolo a qualsiasi orario».
Sgrano gli occhi. «Per ogni video pagano...»
Annuisce. «Secondo te come posso permettermi questo studio o le mie scarpe?» muove il piede destro.
«Wow. Sono tante cose da metabolizzare», guardo il contratto poi pensando a zia Marin firmo velocemente.
«Bene. Creiamo il profilo. Puoi usarlo come un blog. Solo tu potrai modificarlo come meglio credi. Usando un tema, delle frasi. È come una finestra per quelli che hanno bisogno di svago. Bisogna solo sapere usare il proprio corpo».
«Ok», sussurro.
Mi solleva il viso. Le sue mani odorano di crema al lampone. Un po' troppo dolce. «Non sentirti sporca. Non devi necessariamente fare niente che leda la tua moralità. E per la cronaca, riguardo la tua decisione di mettere all'asta la tua verginità, non accettare la prima offerta, valuta bene i vari pretendenti. Conoscili e non scegliere quei vecchi maniaci ricchi».
Mi fa cenno di avvicinarmi. Sullo schermo compare una pagina in cui compiliamo il profilo fittizio. «Da questo momento sarai PureLily», sorride lasciandomi intuire l'accostamento. «Scrivi la password e il nome utente da qualche parte per non dimenticarlo».
Sistemo il cappotto. «Bene, direi che è tutto», mi guardo intorno. «È fatta», dondolo sui talloni.
«Quando inizierai non avrai più bisogno di regalare qualcosa che è tuo».
Capisco in fretta a cosa si sta riferendo.
«Siamo un gruppo. Con alcune ragazze ci vediamo una volta a settimana. Siamo poche quelle davvero amiche e credo proprio che ti piaceranno. Che ne dici di festeggiare il tuo arrivo... facciamo sabato?»
Mordo il labbro. «Prima lasciami metabolizzare bene questa nuova... vita nascosta. Ho bisogno di creare», indietreggio verso la porta.
«Ti manderò un messaggio. E Bambi, benvenuta nella nostra famiglia».
Sorrido. «Grazie», esco dall'ufficio stranamente serena.
Giunta a casa, trovo zia Marin davanti al televisore. Sta guardando una delle sue soap opere preferite. Sul tavolo basso il piatto con i rimasugli dei noodles.
«Hai saltato il pranzo. Mi vuoi raccontare che cosa è successo?»
Tolgo il piatto infilandolo nel lavandino preparandomi un toast.
«Ho lasciato il lavoro. Tranquilla, ne ho trovato un altro migliore. Patrick non mi dava quello che mi spettava ed ero stanca di essere sfruttata e sottopagata», mastico lentamente stando seduta sullo sgabello. «Merito di meglio».
Zia Marin guarda lo schermo. C'è la pubblicità quindi può conversare senza perdersi pezzi importanti. «L'ho sempre detto io che quello non mi piaceva. Anche Dan avrebbe potuto aiutarti visto che è anche lui il proprietario del locale. Purtroppo non ci sono più i ragazzi di un tempo», annuisce aggiustandosi la coperta sulle gambe.
Lavo i piatti. «Vedrai che adesso andrà meglio», guardo fuori dalla finestra assorta. «Non abbiamo bisogno di un uomo in casa per andare avanti».
Si lamenta e corro da lei. «Che succede?»
«I dolori, sono tornati».
Trattengo il fiato. «Vuoi che chiami il medico?»
Nega. «Dammi un antidolorifico e va a riposare».
Annuisco.
Zia Marin è sempre stata testarda. Ormai conosco ogni suo cambiamento di tono e, per questa ragione decido di non insistere.
A malincuore, dopo avere pulito per bene la cucina, salgo in camera chiudendo la porta.
Guardo tutto. Ho una stanza anonima ma spaziosa. Niente di personale appeso alle pareti. È tutto essenziale, semplice, triste.
Osservo il divisorio, la palma all'angolo, le luci, la fotocamera comprata per la mia passione.
Rimboccandomi le maniche sposto la scrivania all'angolo, sistemo il divisorio a zig zag in legno con i fiori di mandorlo stampati sopra, in modo tale che venga alle mie spalle. Sposto la palma e sulla sedia girevole liscio un plaid morbido. Posiziono la fotocamera sul cavalletto, accendo il faro che uso solitamente per i set fotografici e lo schermo del portatile attendendo il caricamento.
Nel frattempo mi guardo. Non indosso niente di sensuale quindi corro ad aprire il cassettone pescando i miei indumenti preferiti usati per il lavoro al locale.
In pelle, di raso. Non ho molta lingerie elegante ma per un primo video questi indumenti andranno bene.
Indosso una vestaglia nera di raso, un collare di stoffa ricamato con una pietra al centro. Trucco le labbra con una tinta scura che sovrasta nettamente il mio pallore e sedendomi comoda inizio a provare delle pose prima di collegarmi al sito accedendo con la mia password.
Sistemo la mia pagina usando un effetto marmorizzato per la copertina dove c'è il mio nickname. Modifico in maniera accattivante le credenziali sentendomi stranamente a mio agio ed eccitata. Poi, torno al video. Il primo.
Ad un certo punto mi sento a disagio e per superare questo momento, tiro il laccio della vestaglia lasciandola aperta mostrando sotto un corpetto di pizzo nero.
Mordo il labbro. E, senza ripensamenti premo il tasto di registrazione, controllando dallo schermo mentre provo a sfiorarmi la pelle.
Non so come si fa ad essere sensuale. Ad alcune ragazze viene naturale. Io mi sento ridicola.
Parto dalle labbra tirando giù con le dita un po' di tinta che diventa come sangue sotto il mento. Lentamente le mie dita scivolano lungo la gola per poi tornare su.
Sposto i capelli e sorridendo maliziosa mostro parte del completo intimo alzandomi lievemente. Poi copro l'obbiettivo stoppando la registrazione.
«Merda. No! Così non va».
Riguardo lo stupido video riprovando a registrare un'altra volta.
Adesso però, con determinazione, tiro indietro la sedia per mostrare tutto il corpo. Le gambe nude tenute appositamente accavallate.
Soddisfatta solo alla seconda ripresa, passo il video sul portatile montandolo per bene in bianco e nero sul mio programma di editing preferito. Aggiungo degli effetti facendo qualche zoom sulle scene principali ed infine salvo il video senza audio.
Insicura lo carico sulla mia pagina inserendo la voce: "pubblico", attendendo solo pochi istanti prima di ricevere la notifica del caricamento avvenuto.
Mi sento ansiosa e nervosa. In parte ridicola.
L'icona di un messaggio in arrivo mi distrae dall'ansia. Controllo. È Emerson.
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Come proiettile nel cuore
RomanceNessuno ha una vita come quella raccontata nei libri o vista nei film. C'è sempre un ostacolo da superare, un nuovo dolore da sopportare, certo, ma alla fine tutto si conclude positivamente. Per Bambi non è andata così. Non crede più nelle belle fa...