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Il tempo passa in fretta. A volte non ce ne accorgiamo nemmeno di quante cose abbiamo perso nel nostro percorso di vita. Non sempre le cose sono facili ma neanche tanto difficili se e quando le vuoi con il cuore.
Il sonno mi regala un momento privo di incubi o di fiamme che devastano tutto. Non c'è nessuno pronto ad afferrarmi. Nessuno che mi schiaccia. C'è solo una piacevole sensazione di leggerezza.
La mia mano scivola sul bordo del letto pronta a sfiorare il vuoto, a provocarmi dentro un brusca sensazione di solitudine ma, a dispetto di ogni previsione, tocco qualcosa di solido. Percepisco un odore è un calore diverso dal solito. Apro lentamente le palpebre per essere certa che sia vero. Sorrido nell'immediato pur rimanendo ad occhi chiusi mentre la mia mano viene afferrata e le dita baciate una ad una a schiocco.
Il mio corpo coperto dai brividi è già attivo, i miei sensi sono tutti in allerta mentre la mia mente fluttua ancora piacevolmente intorpidita.
Mi avvicino lasciandomi avvolgere dalle sue forti braccia. Un bacio sulla testa mi provoca un mugolio sommesso. Mi sento a mio agio, nel posto giusto.
«Buongiorno», mi saluta con voce impastata dal sonno, una nota roca, bassa e gli occhi ancora chiusi.
«Giorno», sussurro.
Sbircia e notandomi sorridente ricambia avvicinandomi al suo viso. Strofino la punta del naso sul suo.
«A cosa pensi?»
«Sei la prima persona con cui mi sento bene anche nel silenzio. Anche solo averti vicino mi calma. Mi rende felice. Sento scorrere nelle vene ogni tuo sguardo, ogni tuo respiro ed è come medicina per il mio corpo. Quindi ti prego: non smettere mai di farmi questo effetto perché non riuscirei a resistere senza.»
Il sorriso che mi rivolge potrebbe fare concorrenza alla luce delle stelle. È meraviglioso.
«Come hai dormito?» Chiede sbadigliando, stiracchiandosi.
Erano giorni che non succedeva eppure è bastata la sua presenza a placare gli incubi, a spazzare via le paranoie, a farmi dormire. Appoggio la guancia sul suo petto nudo, scolpito perfettamente. Annuso la pelle che odora tanto di latte alle mandorle dolci ed è liscissima al tatto nonostante le cicatrici.
«Come una che non dormiva da giorni», replico sincera e meravigliata di ciò. «Tu?»
«Ho dormito abbastanza. Purtroppo questo materasso non va bene. Non è a norma e dovrebbe essere illegale dormirci sopra», risponde con una smorfia arricciando il naso.
Quando sono arrivata in questa abitazione, mi sono dovuta adattare e arrangiare con i pochi mobili che ho trovato. Non è di certo l'arredamento che mi piace ma è pur sempre un luogo in cui stare.
Non essendo mio il letto, l'ho coperto da uno strato abbondante di pellicola. Sopra, ho avvolto un primo lenzuolo e poi l'ho stratificato. Non è comodo, ha ragione. Ma è pur sempre un letto.
«Dovrebbe essere illegale trovare al risveglio te, mezzo nudo e tra le lenzuola, ancora accanto a me», gli sussurro sull'orecchio.
Il suo torace, le braccia, il corpo intero riceve una forte scarica in grado di provocargli dei brividi visibili ad occhio nudo.
Sorride spavaldo, pronto a replicare. «Illegale è il tuo sorriso, visto che sono ancora mezzo intontito. Così mi stendi in un solo colpo. Hai delle armi nascoste e continuo a non fare attenzione.»
Rido lasciando che mi abbracci baciandomi forte una guancia per stuzzicarmi. Infatti, mi agito.
«Sei ancora qui», rifletto ad alta voce non riuscendo a smettere di mostrare il mio stupore. «Non te ne sei andato e ti ho trovato qui.»
Travis piega la testa di lato osservandomi mentre sono ancora trasognante. Mi accarezza una guancia affondando poi le dita sulla nuca. «Mi sono addormentato come un sasso. È stato... non riesco nemmeno a spiegarlo», la sua mano si muove su e giù lungo la mia schiena nuda.
La mia pelle esposta al suo tocco si tende, soprattutto quando posa il palmo sul seno scoperto riscaldandolo con il suo calore.
Seguo ogni suo gesto che delicato mi riverbera addosso sensazioni e sentimenti contrastanti. Provo a fermarlo per non eccitarmi, per non cedere alla tentazione, ma lui, deciso, continua a giocare con la mia pelle creando piccoli cerchi intorno al capezzolo.
Trattengo il fiato quando si abbassa verso di esso. Mi fa ansimare e agitare non poco ogni suo movimento.
Sorride soffiandomi sulla pelle facendomi mugolare. «Sensibile?»
Lo spingo e si concede una risata provando persino a mordermi quando oppongo maggiore resistenza sentendomi febbricitante. Lo spingo priva di forza e ancora una volta mi abbraccia tirando su il lenzuolo sulle mie spalle notando che sento freddo.
Il tutto sembra normale, se non fosse per ciò che abbiamo passato negli ultimi giorni.
«Non scappare», sibila facendomi drizzare la schiena.
«Che hai in mente?» provo a rilassarmi sul suo petto senza tremare. Purtroppo è difficile. Lui è come vento caldo sulla pelle dopo essere usciti dall'acqua del mare.
«Rimaniamo qui per qualche ora. Poi me ne vado. Ti lascio alle tue cose, promesso», mi guarda con occhi da cucciolo anche se sa di non essere poi così bravo come crede e sa di non abbindolarmi tanto facilmente. Perché ci vuole sempre un incentivo.
«Per favore...»
«Vuoi rimanere con me sotto le coperte?»
«Si.»
Abbasso il suo viso schioccandogli un bacio che lui prolunga trattenendomi. «Voglio restare qui con te ancora un po'. Siamo adulti e possiamo farlo», prova a darsi ragione da solo.
Le braccia incrociate sul suo petto caldo, il mento su di esse. Il corpo steso sul suo, le ginocchia in sù, la coperta aggrovigliata intorno ai nostri corpi. Mi piace guardarlo e vederlo rilassato, a proprio agio con me.
«Sta anche nevicando», aggiunge per convincermi.
«Come lo sai?»
Sorride in modo furbo. Sulla guancia gli si forma quella dannata fossetta nascosta dalla barba. «Vuoi scommettere?»
«Si. Che cosa vuoi in cambio?»
«Te, tutta per me per un giorno.»
Mi alzo tirando dietro il lenzuolo mentre si copre sotto le coperte e il piumone. Mi trascino in cucina fermandomi di colpo davanti alla finestra alta.
Rimango proprio spiazzata e ammaliata dalla bellezza della città avvolta ancora dall'oscurità ma piena di soffice neve che continua a scendere ormai a giorni alterni riempendo ogni angolo. C'è una vista mozzafiato. Ci sono persino dei ghiaccioli abbastanza lunghi che pendono dai cornicioni. Non credo di avere mai visto tanta neve e sentito tanto freddo quanto in questi giorni. È incredibile!
Mi stringo sotto il lenzuolo e timida, intuendo di avere perso la scommessa, torno nella stanza.
Travis si è messo a sedere con la schiena contro la parete, visto che il letto non ha testiera. Accanto c'è un solo comodino con una vecchia lampada e una piccola sveglia di plastica bianca.
«Allora?» attende con un ghigno.
Notando la mia incertezza, perché penso che si sia svegliato prima per accettarsene, mi guarda intensamente.
Rimango un momento al centro della piccolissima stanza davanti a lui. Osservo il letto attaccato alla parete, il cassettone alla mia destra, il tappeto morbido sotto i piedi. Raggiungo i suoi occhi e non avendo alcun dubbio o timore, lascio cadere giù il lenzuolo.
Ammiro subito il cambiamento nella postura, il lampo ad attraversargli le iridi, il movimento impercettibile delle sue labbra, quello dei muscoli che guizzano contraendosi.
Sorrido soddisfatta e con malizia mi avvicino a lui salendo a gattoni sul letto.
Scosta il piumone, le coperte aggrovigliate, lasciando che mi sistemi di nuovo comodamente su di lui.
Porto i capelli da un lato e mi preme a sé sistemando le coperte con attenzione. «Sei tutta mia per un giorno?»
Le mie dita accarezzano le sue cicatrici raggiungendo il viso. Mi piace sentirne la consistenza sotto i polpastrelli.
La domanda mi ha appena provocato una forte scossa sul basso ventre. Si è depositata lì tutta l'eccitazione che sento e che potrebbe fare dei grossi danni. «Vuoi proprio sentirtelo dire?»
Spinge i fianchi e vado a scontrarmi con il cavallo dei suoi boxer. «Dimmelo!» usa un tono autoritario, sensuale. Ne assaporo ogni sillaba guardandolo da sotto le ciglia.
Con un sorriso, sussurro a fior di labbra: «mi vuoi?»
Soffia accaldato mentre mi muovo su di lui intuendo il suo gioco. «Si», risponde schiarendosi velocemente la voce ma non smetto. «Quanto?» abbasso il viso sfiorandogli il collo con la punta del naso soffiandoci sopra.
Le sue mani stringono ulteriormente i miei fianchi fermandomi ma dalla sua bocca scappa comunque un verso flebile in grado di farmi ansimare e di conseguenza farlo reagire.
Mi tiene premuta, ferma a sé. Siamo faccia a faccia. Respiro contro respiro. Occhi contro occhi. «Tu non puoi capire quanto ti voglio e quanto sono disposto a fare per riconquistarti», dice piano, a fatica, con così tanto amore da farmi tremare il cuore.
Afferro la sua testa costringendolo a piegarla all'indietro. «Tu non capisci quanto sei importante per me. Al di là di tutto questo: del gioco, della passione, delle sfide, dei litigi... sento qualcosa di forte per te. Io non ti voglio come tutti vogliono una persona. Ti voglio con questo e questo e questo e... questo», dopo avere indicato il cuore, la mente, il corpo insieme alla sua mano che guido sul mio corpo, mi abbasso per baciarlo.
E lui, intontito dalle mie parole, abbraccia la mia schiena mentre ricambia tenendo a freno il suo corpo che si incendia ad ogni mio tocco.
Ansimiamo entrambi muovendoci come quando fai l'amore per la prima volta. Con gli occhi, con i movimenti sgraziati, agitati e impauriti. Ma io ancora non lo so se sia così. Per me lo è. Per me è come quando ho fatto per la prima volta l'amore con lui. È successo con gli occhi, lentamente. Con il cuore, sentendo i battiti accelerare.
Non l'ho ancora fatto fisicamente ma l'energia che sprigionano i nostri corpi mi suggerisce come potrebbe essere. Perché in tutto questo lui mi sta rispettando dandomi il tempo che mi occorre per non avere paura e io sto provando qualcosa di nuovo per accettare questo suo modo di amarmi.
«Voglio fare una cosa per te», sussurra.
Corrugo la fronte guardandolo sgusciare fuori dal letto diretto verso la mia valigia. Vorrei fermarlo, tenerlo stretto, chiedergli di non muoversi per potere percepire ancora forte il calore della sua pelle, l'intensità del suo odore che avvolge la mia mente spazzando via i brutti pensieri.
Seguo il guizzo delle sue spalle. Ogni singolo muscolo che sembra l'incastro perfetto. Le cicatrice sulla parte sinistra è quella lungo la spina dorsale quasi invisibile.
Prende la macchina fotografica posizionandola sul cassettone. Tira su lo schermo accendendola, centrandola su di noi senza riprendere i nostri volti.
È bravo in tutto. Mi chiedo sempre come sia essere così. Al contrario io mi adatto, mi impegno per imparare qualcosa e se non mi riesce mi dispero, ma alla fine con un po' di sforzo in più ce la faccio.
Mi fermo a guardarlo. Nel frattempo con il dito preme il tasto di registrazione e voltandosi si avvicina come un falco.
«Che fai?» Chiedo incredula, tenendo a freno l'urlo che sento salire lungo la gola.
Ritorna sul letto, con la schiena contro il muro. «Questo», dice afferrandomi per i fianchi, tenendomi su di sé.
Strillo inarcando la schiena con i palmi sulla parete. «Trav... non dobbiamo...»
«Sssh, facciamolo, insieme», mormora contro la mia bocca.
La sua mano aperta, calda come fuoco, scivola lungo la mia schiena esposta al suo tocco che al passaggio solleva la mia pelle fredda, sensibile.
Lo guardo sbigottita. «Vuoi fare questo con me... oggi?»
Sorride raggiungendo la natica sotto lo strato dell'intimo. «Faremo tante cose insieme oggi. Ti fidi di me?»
Premo le labbra sulle sue. «Tu sei pazzo», sorrido gemendo quando le sue dita toccano una parte molto sensibile del mio corpo.
«Dimmi di sì», aumenta l'intensità, la pressione con le dita.
Le mie guance prendono fuoco. Allargo le cosce stringendo le labbra per non sprigionare un lamento, ma non si ferma.
«Perché lo fai?» Chiedo senza voce.
Posa la mano libera sul mio ventre abbassandomi e schiudo le labbra mentre sorride godendosi la mia espressione in estasi, lasciando che mi abitui ai gesti delle sue dita inizialmente invadenti poi improvvisi ed infine piacevoli.
«Perché voglio farti capire che ti amo e che sono disposto a tutto per te. Anche a mostrarmi così al tuo mondo di cui voglio fare parte!» indica il suo corpo e la fotocamera.
Nego stringendo le cosce, afferrandogli il viso per baciarlo. «Ma io ti amo lo stesso. Non devi necessariamente esporti», emetto un verso stridulo sentendo una forte pressione tra le gambe, seguita da un calore in grado di accelerare i miei battiti.
Non smette. Sembra proprio divertito dal fatto che sia lui a farmi contorcere dal piacere. I miei fianchi continuano a muoversi insieme alla sua mano.
Mi bacia il collo succhiando la porzione delicata di pelle sotto l'orecchio. Mugolo piegando la testa e ancora una volta mi abbassa sulle sue dita.
«Sarà molto più forte.»
So a cosa si riferisce. Scivolo giù e ci baciamo ognuno pronto a dimostrare qualcosa all'altro.
«Ma sarà comunque così...» parlo quasi senza voce perché affannata. «Piacevole... uhm... intenso?»
«Di più.»
Sorrido. «Allora si...» gemo e continua. «Si, cosa?» mi piega al suo volere.
Non resisto. Non stavolta. È troppo. «Si... lo voglio!»
Sorride raggiante spingendomi al limite anziché fermarsi. Ricado sul materasso senza fiato passandomi una mano sulla guancia accaldata e poi sul petto in affanno.
Travis segue ogni mio singolo movimento mettendosi su un fianco con la testa appoggiata al polso e il gomito sul materasso. Sposta dal mio viso i capelli e le dita indugiano sfiorandomi la pelle accaldata. Tocca proprio il rossore con il pollice accarezzandomi lo zigomo.
«Perché sorridi?»
«Perché ho grandi piani per noi oggi», dice alzandosi senza neanche darmi il tempo di riprendermi.
Indossa i pantaloni poi voltandosi mi afferra per una caviglia tirandomi fuori dal letto. «Iniziamo dalla colazione», dice sparendo dalla stanza.
Mordo il labbro indossando una vestaglia. Esce dal bagno poi si sposta in cucina. Sento i suoi passi sul vecchio pavimento scricchiolante.
Raggiungendolo mi accorgo che sta fissando il contenuto della dispensa con una smorfia. Non saprei dire se contrariato. Lo capisco solo quando chiude l'anta voltandosi arrabbiato. «Adesso sarò costretto a chiamare...»
«No, no! C'è ancora la fetta di torta e il muffin», esclamo. «Il caffè possiamo farlo», mi agito notando che non ha minimamente cambiato espressione.
Allora mi avvicino subito a lui.
«Perché non hai fatto la spesa come si deve? Tu adori mangiare la colazione dolce.»
«Perché non ho avuto poi così tanta fame e ho comprato quello che il mio stomaco avrebbe potuto sostenere senza problemi», rispondo sincera. Non me ne pento. Voglio che sappia come mi sono sentita. Non voglio che pensi che mi sia piaciuto lasciarlo per quella stronza.
«Ho anche uova e...»
Sta negando ripetutamente. Sembra quasi non volere ascoltare altre scuse.
«Bi, io ci sto provando ma tu non devi farmi preoccupare, perché sai benissimo che poi do di matto. Ok?»
Lo abbraccio. È così tenero quello che ha detto. «Va bene», sussurro alzandomi sulle punte dei piedi per raggiungerlo in altezza.
«Possiamo evitare per qualche ora di pensare a cosa non va?» strofino il naso sul suo rubandogli un bacio a schiocco. Il suono rimbomba intorno.
«È impossibile farlo. Tra cinque minuti ci ripenserò e allora non sarà cambiato niente», dice. «Possiamo eludere le situazioni ma poi tutto torna come prima.»
«Grazie per il ritorno al presente, Trav.»
Staccandomi, accendo la macchinetta con la brocca per il caffè che mi ha regalato Natalie.
Anch'io ho fatto loro dei regali. Non ero poi così in vena di scartarli quando sono arrivati ma i miei sono arrivati a destinazione in tempo e, a quanto pare sono piaciuti parecchio alle persone che mi hanno salvata.
«A colazione per te abbiamo: caffè, uova, bacon... cosa vuoi?»
Mi volto ed è vicinissimo. Sobbalzo. Il cuore prende la rincorsa. Il respiro mi si spezza per un instante. Con mio enorme stupore: mi stringe forte in un abbraccio.
Mi ci aggrappo baciandogli la spalla.
«Me ne occupo io. Tu... rilassati», sussurra allontanandomi dalla cucina con una pacca sul sedere. Sorrido e ricambia in modo dolce.
Poco prima di vederlo pronto a mettersi ai fornelli però, sento di doverlo rassicurare ulteriormente e corro da lui saltandogli addosso. «Grazie», dico schioccandogli un bacio forte sulla guancia, lasciandolo inebetito.
In camera metto in ordine il letto. Abbiamo fatto un gran casino. Cambio le lenzuola, vado in bagno per sciacquarmi il viso poi ritorno indietro ritrovandomi a guardare la fotocamera rimasta accesa.
Seduta sul bordo del letto osservo le immagini, tutto il filmato.
«Non posso metterlo sul sito», mi volto e lui mi sta ascoltando e osservando standosene appoggiato allo stipite con le gambe incrociate e le braccia conserte.
Staccandosi, cammina con la sua tipica andatura da modello, anche se un po' più rigido del solito e sedendosi accanto a me prende la macchina fotografica.
«Perché no?»
«Perché era un nostro momento e io non voglio fare soldi facili in questo modo. Le altre volte sono state casuali ma questa... non posso», dico andando in cucina dove sul ripiano, nell'unico spazio disponibile vi sono due piatti con i toast, di cui uno dolce.
Vengo abbracciata da dietro e sorrido stringendomi addosso le sue braccia. Giro il viso sentendo il pizzicore dato dalla sua barba.
«Pronta per la colazione?»
«Mi piace la variante del toast dolce», ammetto osservandoli ordinatamente posti sul piatto con la marmellata di ciliegia. Per tostarli ha usato la padella. È sempre ingegnoso.
«Non dimentico i tuoi gusti», risponde spingendomi sul divano.
Va a prendere i piatti.
«Grazie», sussurro quando è di nuovo vicino.
«Per cosa esattamente?» voracemente dà un morso al toast. Lecca le labbra e io mi protendo per baciargliele.
Tira indietro la testa inarcando un sopracciglio. Mi guarda come se dovesse dirmi: "allora?"
«Per la colazione e perché sei rimasto», guardo il piatto e per non offenderlo, anche se non ho poi così tanta fame, do un piccolo morso prima di leccare sulla superficie la marmellata.
Travis non perde un movimento. Continua a guardarmi come se dovesse mordermi da un momento all'altro. Poso il piatto sul tavolo tenendo in mano il toast.
«Non mangerai tutto, vero?» pulisce le dita con un tovagliolo che recupera dal ripiano della cucina portando sul tavolo basso il caffè.
«Lo mangerò. Dammi un po' di tempo», lo rassicuro mangiucchiando come un passerotto.
Travis si rilassa sul divano con lo sguardo rivolto alla finestra dalla quale si vede la bufera che si sta abbattendo su New York in queste ultime ore.
Continuando di questo passo non riuscirò ad andare a trovare zia Marin. Potrebbe essere rischioso persino mettere piede fuori a causa del gelo. Basterebbe una scivolata, un momento di svista.
Travis si volta e mi affretto a mordere un altro pezzo di toast che lui toglie immediato dalle mie mani. Provo a leccarmi il dito pieno di confettura ma è più veloce. «Ci toccherà trovare una distrazione perché a quanto pare al momento non possiamo uscire.»
«Devo chiamare zia Marin, accertarmi che stia bene e poi...» mi guardo intorno facendo una smorfia. «Non ho niente qui», dico mordendomi il labbro, tenendolo tra i denti sentendomi a disagio.
Sollevandosi dal divano toglie i piatti lavandoli tranquillamente. Si sta comportando proprio come se fosse a casa sua. Ad un certo punto, apre lo sportello e abbassandosi inizia a sistemare il tubo. Lascia uscire un paio di imprecazioni, contenute in parte dalla sua educazione.
Non capisco. Mi avvicino. «Che è successo?»
«Da quando non aggiustano queste cose? Solitamente in un appartamento dovrebbero fare dei lavori di manutenzione per renderlo abitabile», spiega con una smorfia pulendosi le mani.
«Dubito fortemente che la signora Wyatt tenga a questo genere di cose. È stata contenta di vedermi qui dentro, ma non ha mai parlato di lavori di manutenzione. Ha solo preso i soldi del mese di affitto ed è sparita con un ampio sorriso.»
Travis non nasconde il suo scontento, nonché il suo pensiero contrario a quello della proprietaria. «Quanto ti ha chiesto esattamente?»
Asciugo le gocce d'acqua dal lavandino. «Mille in tutto per il primo mese come caparra e affitto», replico. «Non restituibili», aggiungo.
Fa un'altra smorfia. «Dovrebbe prendere quei soldi e usarli per aggiustare questo posto. Sta cadendo a pezzi e non nego di essere preoccupato per la tua salute. Quelle macchie sul tetto non hanno un bell'aspetto», sbotta indicandole.
Prova a continuare ma lo fermo. «Capisco che saresti un proprietario migliore, preparato e...»
«Non si tratta di questo, Bi. Lei ti ha lasciato entrare qui dentro senza neanche metterti al corrente delle condizioni dell'appartamento. Non ha pensato alla tua incolumità. È una truffa!»
Corrugo la fronte. «Ne avevo bisogno ed è questo quello che attualmente posso permettermi. Gli altri appartamenti erano peggiori e costosi. Prendere o lasciare quindi io l'ho preso. E ci saranno anche infiltrazioni o freddo o... muffa ma posso chiamarla casa, visto che non ho più la mia.»
Scuote la testa innervosito. «No, non puoi davvero accettare una cosa simile!»
«E che cosa dovrei fare esattamente? Ho perso tutto!» apro le braccia.
«NO!» urla facendomi sussultare. «Tu hai me!»
Passo la mano tra i capelli. «Lo so!»
Nega. «Non lo sai. Non l'hai ancora capito che hai me. Io non sopporto di vederti qui dentro. È come una scatola di scarpe e tu continui ad adattarti a tutto soffrendo in silenzio. Per una volta lascia che...»
«Non dirlo! Non devi prenderti cura di me. Non sono una bambina o un cucciolo ferito e tu... non sei mio padre.»
Apre e richiude la bocca poi girando sui tacchi va adirato in camera. Quando esce ha indossato la felpa e sta mettendo il cappotto.
«Dove vai?»
«Me ne vado!» dice brusco.
Gli tolgo il cappotto. «Perché?»
«Perché evidentemente tu non mi vuoi qui. Perché non sopporto di vederti in questo posto e perché...»
Gli getto le braccia al collo. «Ti amo anch'io», sussurro. «Non andare», lo tiro verso di me ed indietreggio in camera allontanandolo dalla porta.
«Bi, io...»
«Mi dispiace. Dovevo fare più attenzione quando ho scelto il posto in cui stare. Hai ragione su questo. Ma ero nel panico, stavo male e avevo bisogno di trovare un luogo dove sentirmi a mio agio. Non avevo bisogno di qualcosa di enorme, mi avrebbe solo fatto sentire più sola. Alla fine quando sono entrata... qui mi sono sentita al sicuro», gesticolo. «E lo so che è piccolo, malsano... la verità è che mi basta. In questo momento mi basta.»
Travis non riesce a sostenere il mio sguardo. «Io lo capisco», inizia parlando piano, a fatica. «È stata colpa mia», contrae i muscoli facciali scuotendo ripetutamente la testa più che contrariato.
«Trav, non possiamo rimuginare sul latte versato», rispondo a tono. «È successo! Ho perso la mia casa, stavo perdendo anche te e poi ho trovato questo posto. Adesso siamo qui, siamo insieme...» lo guardo speranzosa.
Inizialmente sembra sul punto di andarsene. Stringo le sue mani e lui si agita. «Rimani con me», dico come una bambina sul punto di scoppiare in lacrime.
Soffia dal naso e mi avvicino. «Ti prego, urlami contro, sbraita, lamentati, ma non andartene. Discutiamo piuttosto. Parliamone. Ma... non andare.»
Circondo la mia schiena con le sue braccia. «Trav...»
Percepisco forte il battito del suo cuore. Il suo respiro invece diventa sempre più irregolare. I nostri occhi sono fermi. Nessuno dei due riesce a muoversi, a spostarsi. Nessuno dei due intende cedere.
I minuti passano e rischio di crollare nel panico perché in fondo lo so che senza di lui mi sentirò sempre come se qualcosa mi manca, ma ciò non accade perché Travis mi spinge verso il muro sollevandomi il mento. «Io voglio portarti via da qui, cazzo!»
«Ma non puoi perché io non voglio», concludo per lui con rammarico. «E questo ti fa incazzare.»
Annuisce. «Lo so che hai bisogno di tempo per tutto quello che intendi fare. E credimi, sono il primo a comprendere questo tuo bisogno di avere tutto in ordine. Ma vivere qui...»
«Devi accettare anche questo perché sono io a volerlo.»
Preme la fronte sulla mia. «Perché non vuoi vivere con me?»
Sa già la risposta infatti non mi lascia neanche parlare, visto che mi bacia dapprima lentamente poi eloquentemente e ad un ritmo in grado di farci ansimare entrambi.
«Io voglio vivere con te. Devi solo lasciarmi prendere delle decisioni da sola.»
«Ma non sarai con me...» si stacca camminando nervoso nell'unico spazio presente in camera.
«Io non posso cambiare ancora casa e poi perdere tutto. Non voglio sentirmi una senzatetto o abbandonata», esclamo.
Solleva il labbro. «È così che ti senti?» alza il tono. «Io non ti butterei mai fuori. Piuttosto me ne andrei io lasciandoti tutto ciò che ho!»
Nego. «È questo il problema. Io non voglio le tue cose. Non potrei nemmeno starci in mezzo alle tue cose perché io voglio te!» Arrossisco visibilmente. Lo so perché sento proprio le orecchie prendermi fuoco e sulle guance un calore piacevole.
Indietreggio fino a sedermi sul bordo del letto. Lui fa lo stesso. Mi accarezza il dorso delle mani. «Sei incredibile», sussurra sbuffando. «Io ti chiedo di...»
Gli tappo la bocca con la mano. «No...» piagnucolo.
Muove la testa liberandosi della mia presa. «Si, Bi. Comportati da adulta una volta tanto. Sai benissimo che non ti sto chiedendo di venire a vivere con me. Io l'ho solo addolcita come proposta perché so che ti spaventa fare un passo più importante. Io ti amo come un pazzo. Sto tenendo duro ma sai benissimo che non sono uno che aspetta. Vivo alla giornata e so cosa voglio, quando lo voglio e come lo voglio. Quindi...»
Tappo di nuovo la sua bocca. Questa volta mi sistemo a cavalcioni. Eppure si libera di nuovo. «Dimmi sì o no!»
Il mio cuore prende a battere forte. I miei occhi si inondando come oceani in tempesta e le mie labbra tremano come la terra in seguito ad una scossa lieve di terremoto.
«Mi spieghi come fai ad essere a volte così determinata da far paura, come se nessuno riuscisse a scalfirti e poi incredibilmente fragile e sul punto di scoppiare in lacrime?»
Scivola via inginocchiandosi davanti a me. Le mani sulle mie cosce, sui fianchi poi di nuovo. «Bambi, non ti sto chiedendo di fare i bagagli e seguirmi. Ti sto chiedendo di esserci per me. Ti sto chiedendo di non avere paura. Prenditi il tuo tempo per esserne convinta, ma dammi una risposta spontanea, adesso. Non farmi stare sulle spine.»
«Fammi capire... tu mi stai chiedendo di venire a vivere con te come... come la tua fidanzata e mi stai dicendo che adesso vuoi una risposta ma che questa potrebbe cambiare?»
«Io spero di no, ma ti darò il tempo per elaborare la cosa qualora la tua risposta sia positiva.» Schiarisce la gola. «Bambi, mi vuoi come tuo compagno, amico e rompipalle preferito?»
Sorrido. Non riesco a nasconderlo. «Travis, io ti voglio come tutto, ma non sono pronta al passo successivo. È... troppo...»
Mi bacia lasciandomi scivolare sul letto sollevandomi le ginocchia. «Si o no?»
Ansimo. «Si», sussurro.
Sorride. Abbassa poi il viso sotto l'orecchio. «Non mi vuoi adesso come tuo marito?»
Rido. «Sei impazzito?»
Mi guarda serio e deglutisco a fatica. «Tu... mi stai davvero chiedendo di... essere tua...»
«Non voglio un matrimonio comune», dice in fretta togliendomi ogni dubbio. «Ricordi quello che ho detto su questo argomento? Io ti voglio ora, perché sei l'unica. Potrà sembrare affrettato perché ci conosciamo da poco ma non ho dubbi.»
Lo fermo. «Ti farai perdonare?»
Sorride. «Non hai detto che non sei nessuno per...»
Lo spingo e stringendomi sotto il suo peso blocca i miei polsi sulla testa. Rimaniamo a guardarci. I secondi passano e dentro la stanza aleggia forte il rumore dei nostri respiri.
«Tu mi ascolti», inizio lentamente liberandomi dalla sua presa. «Mi fai sentire sempre amata anche quando fai qualcosa che mi destabilizza. Io ci tengo a te. Io ti amo. Farei tutto per te e con te. Ma venire a vivere da te... essere come una coppia mentre intorno a me è ancora tutto molto confuso... non è così che voglio che sia la mia vita. Preferisco sistemare ogni cosa prima di... di...»
Travis mi asciuga la guancia. «Prima di sposarmi?»
Annuisco tirando su con il naso. «Hai detto di dirti sì o no e la mia risposta è sì. Hai anche detto che mi darai del tempo e ti ringrazio per questo. Ho davvero bisogno di chiudere un capitolo alla volta prima di affrontare il mondo degli adulti.»
«Spero non cambi idea.»
«Io non mi libero facilmente di te e tu... dovresti fidarti di me quando dico che resto», mi sistemo su di lui. «Adesso possiamo smettere per un momento di pianificare il futuro pieno di... di cosa?»
I suoi occhi si accendono. «In ordine casuale direi: lavoro, film, palestra, amore, figli, amore, letto, amore...»
Lo spingo e ride tenendomi stretta. «Mi hai appena regalato una visione indecente del nostro futuro insieme», lo rimprovero.
Ghigna perfido. La sua mano si insinua sotto il bordo della vestaglia prima di slacciarla. «Che ne dici di iniziare adesso?»
Rido. «Vuoi fare l'amore?»
Annuisce senza ripensamenti e senza pudore. «Ma tu aspetterò. Perché voglio dimostrarti che so darti i tuoi spazi.»
Premo la guancia sulla sua poi tempesto di baci la cicatrice e lui si agita come un gatto sotto il mio attacco.
«Non useremo le pillole blu, vero?»
Ride passando la mano sul viso. Non riesce a contenersi. «Il mio uccello starà più che bene, non preoccuparti. Inoltre, stai già avendo parecchie dimostrazioni del fatto che funziona», risponde divertito portando la mia mano proprio sul cavallo dei suoi pantaloni per darmi la conferma di ciò che dice.
Sono rossa come un peperone. «Sei un vero idiota!» provo ad alzarmi.
«Che c'è? Non dirmi che ti imbarazza dopo quello che abbiamo provato insieme», mi provoca.
Sorrido timida. «Solo un po'. Ma solo perché non pensavo di potere provare e provocare determinate... sensazioni. Insomma, tu sei il primo...»
Si mette comodo, le braccia dietro la nuca. «Il primo eh?»
Gli mollo un colpetto sul petto alzandomi. «Si, sei il primo che mi tocca in un certo modo. Dovresti esserne contento.»
Mostra i denti. Mi spiazza sempre quando lo fa. «Lo sono. Mi piace che sia io il primo che ti ha fatto ansimare e gemere», mi prende in giro.
Torno su di lui colpendolo con il cuscino ma capovolgendo la situazione, apre la vestaglia affondando il viso sul mio seno.
Le mie dita affondano tra i suoi capelli. Sento il calore del suo fiato premuto sulla pelle. La sua lingua muoversi. Le sue mani scivolano lungo la vita fermandosi sul bordo dell'intimo. «Potrei toglierle e costringerti a girare per casa senza», mi stuzzica.
Sorrido eccitata. «E tu come gireresti?»
I suoi occhi si accendono di lussuria e voglia. «Deciderai tu», mormora succhiandomi un seno.
Lascio uscire un gemito fermandolo. «Togli tutto e giri in boxer, poi guardiamo un film e stasera ordiniamo una pizza. Non ho voglia di scongelare quelle surgelate. Non hanno lo stesso sapore.»
Mi accarezza la gote. Affonda il viso sull'orecchio scivolando sotto. «Mi piace come piano. Allora?»
«Lo farò solo se mi spiegherai perché», sollevo il suo viso. È così vicino da poterlo baciare ma non lo faccio. Piuttosto apro le gambe sollevando le ginocchia. Sorrido con soddisfazione notando il rossore sulle sue guance. «Perché sei sensuale e perché è una sfida.»
Gli sfilo la felpa poi abbasso i suoi pantaloni. «Qualcuno qui è sveglio», lo stuzzico anch'io.
Soffia accaldato. «Perché mi si ritorce sempre contro?» piagnucola quasi.
«Perché sai che accetto le sfide. Fallo!»
Mi bacia. La sua lingua entra con insistenza dentro la mia bocca. «Trav, fallo!» ordino quando indugia.
Toglie prima i suoi pantaloni sistemandosi tra le mie gambe. «Sei sicura?»
«Hai paura di rimanere con il tuo amico rigido tra le gambe per tutto il giorno?»
Inumidisce le labbra. «Sei una stronza!»
Abbasso le gambe. «Proviamo. Se proprio non resisti», lo avvicino. «Possiamo provare qualcosa», mormoro sull'orecchio.
I suoi occhi. Dio, quanta bellezza in un solo sguardo. Mi fissano attenti. «Promesso?»
Rido. «Prima mi sfidi e poi hai paura?»
«No, non ho paura. Temo di fare una cazzata proprio perché il mio amico rimarrà sveglio per tutto il tempo spingendomi alla pazzia.»
Lo abbraccio. «Faremo una tregua, ok?»
Sollevo le gambe. «Tu mi dirai di non resistere e insieme troveremo una soluzione che diverta entrambi.»
Riflette poi scrolla via i pensieri visto che attacca la mia pelle. Baciandomi, mi strappa via le mutandine con un gesto che fa fremere entrambi. Ci fissiamo insistentemente.
Di colpo alzandosi, esce stordito dalla stanza.
Mi guardo intorno sentendomi intontita. Cerco di capire quale sia la prossima mossa da fare. Ma non c'è soluzione. Perché tutto quello che devi fare a volte è non pensare razionalmente. Lasciarti un po' prendere dall'istinto, trascinare dalla follia. Non si vive di rimpianti, di cose non vissute. Si vive di attimi, di impatti che lasciano senza fiato. Si vive di respiri che si spezzano, di lacrime che escono. Si vive di baci che consumano le labbra. Si vive di amori che fanno paura.
Allaccio la vestaglia uscendo dalla stanza come se niente fosse, facendo attenzione a non mostrare niente.
Travis sta scegliendo un film. Prima di sedermi, chiamo alla clinica dove mi riferiscono che zia Marin attualmente sta riposando. La cosa non mi rilassa visto che non ha sentito le mie chiamate o i messaggi che le ho lasciato in segreteria. Non voglio che lei pensi che io non voglia andarla a trovare o che non sia disposta a farlo a causa del mal tempo. Voglio esserci e spero capisca quando glielo spiegherò.
Dopo la chiamata prendo posto sul divano tenendo in grembo un cuscino. Travis prepara alcuni snack disponendoli sul tavolo basso e mettendosi comodo si gode la visione del film.
Di tanto in tanto lo guardo anche se sono parecchio distratta dai tuoni e dai fiocchi che scendono dal cielo attecchendo al suolo.
La sua mano si posa sulla mia caviglia. Con il dito crea dei cerchi invisibili. Si volta appena un momento ma non dice niente. Poso le gambe sulle sue mettendomi comoda. Afferro uno snack mangiucchiando distrattamente, cercando di non pensare al suo sguardo addosso e la sua mano che nel frattempo accarezza la mia gamba.
La fermo portandola più su. Stringe le palpebre. Non dice niente. Resiste all'impulso e la cosa mi diverte parecchio.
Ha sempre quel modo pacato. Combatte silenziosamente. Ma lo fa usando una forza che mi raggiunge come un lampo da capo a piedi. «Vuoi stenderti?» Chiedo gentilmente facendogli spazio.
Valuta attentamente. Prendo un altro snack. «Non ti provocherò, promesso», dico.
Deglutisce ma anziché stendersi si alza. «Hai una birra?»
Indico il frigo. «Ho fatto la spesa e non credo di avere dimenticato birra e alcolici», ammetto rimproverandomi mentalmente.
Travis passa al setaccio il frigo e anche il ripiano tenendo una mano sul pomello dello sportello. «Avevi intenzione di organizzare qualche festa senza di me?»
«Si, nella mia stanza. È la più spaziosa come ben sai», mostro un sorriso.
Nasconde il suo lanciandomi un sacchetto di patatine, tornando con due birre. «Non ci terranno al caldo ma possiamo sempre guardare una partita», mostra i denti e afferrando il telecomando cambia il canale guardando lo schermo della piccola tv che abbiamo davanti. Stappa la birra bevendone due lunghi sorsi poi posandola sul tavolo si stende di fianco a me circondandomi la vita con un braccio.
«Senti freddo?»
Come faccio a dirgli che averlo vicino mi provoca una forte vampata di calore senza sembrare un'adolescente?
Mi volto ritrovandomi a pochi centimetri dal suo viso. «Tu senti freddo?»
Per dirmi di no preme la punta del naso sul mio strofinandolo lentamente. «Mi piace stare così, in boxer con te.»
Rido. «Chi passerebbe mai una giornata così?»
«Noi. Siamo noiosi», replica provando ad alzarsi. Lo fermo lasciando che si sistemi su di me. «Sta nevicando ormai da ore e siamo chiusi in casa. Questo non fa di noi due persone noiose.»
La sua mano sul ginocchio risale sollevandolo. «Appena smetterà di nevicare, noi due ce ne andremo da qualche parte. Ovviamente prima vedrai tua zia», organizza mentalmente qualcosa.
Massaggio la sua pelle sfiorandogli le spalle, il collo. «Trav...»
«Si?»
«Non te lo dico spesso ma io ti amo davvero», parlo sentendo vividi i battiti del mio cuore. «So che è stato difficile tra di noi soprattutto a causa mia, ma sappi che sto apprezzando quello che fai per me. Le parole, i gesti, gli sguardi, tutto mi fa sentire amata nonostante la delusione. Il fatto è che non riesco a... tenerti il muso. Non riesco ad allontanarti perché ormai fai parte della mia vita», inumidisco le labbra. «Sbaglierò ancora e ti deluderò. Ma sappi che non ti lascerò mai andare via perché non ti allontanerai mai da questo cuore che batte per te come se fosse impazzito.»
Mi accarezza una guancia quando smetto di parlare. Abbassandosi preme le labbra sulle mie lentamente, standosene ad occhi chiusi, avvolgendomi con il calore del suo corpo.
Lo sento fremere solo quando mi scappa un sorriso e un'emozione si fa strada dentro.
Si stende mettendosi comodamente sul divano. Mi adagio su di lui rannicchiandomi, sentendomi nel posto giusto.
Come? Com'è possibile? Come è possibile che lui sia arrivato così forte nella mia vita? Non è nemmeno entrato dopo avere bussato alla porta, non è comparso dalla finestra. Non ha chiesto il permesso. Si è intrufolato in una piccolissima crepa attraversandomi il cuore. È arrivato dritto come un lampo, una freccia, un proiettile. È arrivato e non se ne andrà mai più.

♥️🎄

Come proiettile nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora