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Il passato non è solo un tempo lontano lasciato alle spalle. Rimane con noi, ci accompagna nel presente. È un nastro che imprime nella mente immagini, sorrisi, lacrime, candeline spente, abbracci, baci. Non si va realmente avanti. Ci si illude di farlo. Perché le cose cambiano solo esternamente, ma nel profondo non mutano. Il dolore provato fa parte del nostro percorso. È come un'insegna luminosa che ti guida nel presente, che non ti abbandona mai.
«Bambi»
Conosco la voce pur vedendo ogni cosa a rallentatore. Una scena fuori fuoco, da film dell'orrore, visto chi mi ritrovo davanti. E non posso neanche crederci. Forse sto avendo una stupida e assurda allucinazione.
Batto le palpebre per pulire le iridi ma niente cambia. Lui è davanti a me, fermo, immobile, sconvolto, sorpreso.
Dalla mia bocca improvvisamente arida come il deserto sfugge via una sola parola, un nome che si perde quasi velocemente nell'affanno.
«Nic?»
Le gambe iniziano a tremarmi come se da un momento all'altro dovessero cedere all'emozione facendomi ritrovare a terra. Ogni muscolo si tende come la corda di un violino impolverato. Gli occhi mi si appannano e scuoto la testa nel tentativo di eliminare la sua immagine.
«No...» sussurro. «No», ripeto più volte indietreggiando malamente con il rischio di travolgere qualcuno.
Non è possibile tutto questo. Sto di sicuro sognando e sono intrappolata in un qualcosa simile alla realtà. Qualcosa che la mia mente deve avere messo su dalla forte emozione che ho provato oggi.
Ma Travis si irrigidisce, mentre le mie amiche sbiancano di colpo come se avessero appena visto un fantasma spalancando come me gli occhi e la bocca.
«Bambi», ripete Nic con il tono di un uomo pacato, facendo un passo avanti.
«Non sei reale!» strizzo le palpebre e in un momento di panico scappo fuori dall'ospedale.
Corro verso il vicolo più che affannata. Mi appoggio contro un muro senza fiato, alzando il viso verso il cielo coperto da grosse nuvole. Un po' come lo era anche il giorno in cui l'ho conosciuto.
Lascio uscire continue nuvole di fiato stringendo poi i pugni sugli occhi. E cammino avanti e indietro agitata nel tentativo di raccapezzarmi.
Mi sento pazza. Pazza e del tutto fuori controllo. Forse il dolore spinge anche a questo: a cedere alla follia.
Quando le mie amiche mi raggiungono e insieme a loro non vedo Travis, capisco che non sto sognando, che è reale. Tutto questo non è un fottuto incubo ma la realtà.
E dentro la mia testa iniziano a susseguirsi a raffica le domande. Una dietro l'altra non mi lasciano scampo.
«Ehi»
Emerson mi si avvicina cautamente. Mi guardano tutte come se davanti a loro ci fosse una tigre con le fauci imbrattate di sangue dentro una gabbia aperta.
«Ditemi che ho avuto una brutta allucinazione», strillo agitata. «Ditemi che non è vero, vi prego», piagnucolo.
Natalie, in parte la più coraggiosa al momento, forse guidata dal suo istinto materno, mi abbraccia. «È tutto ok, piccola.»
Attualmente un abbraccio non è di certo quello di cui ho bisogno per cui mi scosto allontanandola da me. «No, non è tutto ok. Che diavolo sta succedendo?» Chiedo loro delle spiegazioni pur sapendo che sono estranee a tutto.
«Bambi»
Ci voltiamo all'unisono e lui è lì, a pochi passi, in piedi. Travis si affianca guardandomi con sguardo tetro, seguendomi, valutando ogni mia possibile reazione.
Mi sento asfissiata, confusa, tradita. Il petto mi si schiaccia e gli do le spalle scuotendo la testa. «Non sei reale», sussurro per convincermi di ciò.
Sento una mano sul gomito. La stretta abbastanza forte. Ricevo come una fitta che si intensifica infreddolendo ogni fibra, ogni osso del mio corpo che, si mette in allerta.
Mi giro di scatto. Lui è davanti a me a pochi centimetri. Sento il suo profumo, mi investe con la sua forza. Vedo i suoi occhi scuri puntati addosso, mi scavano dentro. Sfacciatamente, credendosi in diritto di torturarmi, prova ad accarezzarmi la guancia con le dita che tremano, ma non glielo permetto.
Stringo i denti scansandomi, guardandolo con ribrezzo e quando prova a parlare lascio esplodere la mia furia picchiando i pugni contro il suo petto massiccio nel tentativo di allontanarlo da me perché attualmente è come l'herpes che non riuscirai mai a debellare davvero, che ritornerà a galla sulla tua pelle nei momenti di stress.
«Sei un grandissimo pezzo di merda. Un rifiuto umano. Sei un bastardo. Un bugiardo. Un fottuto manipolatore. Sei...» tutta l'energia mi si scarica ma continuo a picchiare forte anche se sempre più a rilento. «Come hai potuto? Come? E adesso sei qui, sei vivo... sei qui dopo cinque anni. Sei qui e...» non respiro e indietreggio posando una mano sul petto.
Emerson, la più vicina del gruppo, mi allontana da lui guardandolo male.
Ma lui non si muove dal suo posto, non ha ancora avuto il coraggio di fermarmi o di dire una parola. Forse perché sa esattamente che facendolo spezzerebbe tutto. Renderebbe il suo tradimento reale.
Il mondo mi crolla letteralmente addosso perché ne ho la piena consapevolezza anche senza la sua stupida motivazione.
Mi nascondo dentro l'abbraccio della mia amica ma non trovo alcun conforto. Sento solo le ossa appesantirsi, il petto schiacciarsi sullo sterno e il cuore dolere terribilmente.
Nic fa un passo verso di me. Apre la bocca.
«Non azzardarti a fare ancora un passo avanti o a toccarla perché ti spezzo le dita una ad una e poi te le infilo su per il culo lurido bastardo!» Emerson gli ringhia addosso minacciosa allontanandomi ulteriormente.
Sto piangendo come una bambina senza neanche rendermi conto di essere tra le braccia di Travis. Lo capisco solo quando il suo profumo mi avvolge regalandomi un certo sollievo. Ma nonostante ciò, sento la tensione farsi sempre più presente nei suoi muscoli. Questa, mi fa stare maggiormente male.
«Che cosa vuoi?» urla Natalie.
Nic continua a guardarmi. «Voglio solo parlare con lei. Non ho cattive intenzioni.»
«Vuoi... parlare con lei? Adesso che l'hai incontrata per caso dopo cinque anni? Tu l'hai abbandonata! Cosa ti fa credere che lei voglia parlare con te dopo che ha pianto sulla tua tomba?»
«E tu non hai aspettato un momento a trovarla e a...»
Ho un attimo di lucidità. Mi volto con rabbia e per non farlo concludere gli mollo un pugno in faccia così forte da mandarlo a terra. Non se lo aspettava di certo, appare infatti sorpreso della mia reazione.
La mia mano si gonfia ma non me ne curo. La scrollo via con un gesto secco quando Travis prova a vedere se ho fatto dei danni.
«Come osi parlare in questo modo? Credi di potere presentarti qui e fare finta che sia tutto ok?»
Nic si alza passando la mano sul labbro. Pulisce il giubbotto di pelle sorridendomi. Su questo non è cambiato di una virgola. È sempre il solito spaccone piantagrane.
«Come vedo... hai imparato in fretta a difenderti. Mi fa piacere che le mie "strane" lezioni all'alba sono state utili alla fine.»
«Lezioni? Le tue erano manie di persecuzione. Lurido...» Mi avvento di nuovo contro di lui ma Travis usando una certa forza mi trascina a distanza prima che io possa colpirlo. Lo spingo.
«Che diavolo fai? Adesso lo difendi? Che c'è, è forse vero quello che ha detto?»
«In realtà voglio saperlo anch'io. Hai conosciuto Bambi dopo avere cercato informazioni su di me in seguito all'incidente?»
«Sta zitto!» gli si rivolge sgarbatamente Beverly odiandolo visibilmente.
«Come facevo a sapere che Bambi stava con te in quel periodo se sei una spia e non lasci tracce?»
Nic non guarda nessuno tranne me. I suoi occhi sono puntati sul mio corpo sin da quando mi ha vista in sala d'attesa. E so esattamente a cosa sta pensando. So cosa sta provando. So cosa vorrebbe fare ma non può perché ha capito di non avere più alcuna possibilità.
«Giusto ma uno bravo come te ha scovato Bambi ovunque, non credi che avresti potuto anche trovare qualcosa su di noi?» ipotizza rispondendo in questo modo all'attacco di Travis.
«Io non sapevo niente di voi due finché Dan non...»
«Dan? Ancora parli con quel figlio di...»
Lo guardo male interrompendolo. Ho sempre avuto questo potere. A quanto pare non è cambiato.
«Sei ancora vivo?» uso il suo stesso tono.
Mette le mani avanti. «Punto per te, Bi.»
Chissà perché questo nomignolo pronunciato da lui mi fa stare male, mi innervosisce persino.
«Per favore potete lasciarci un momento da soli?»
Scuoto velocemente la testa. «Perché non parli davanti a loro. Sanno che sei un bastardo. Una spia. Non cambierà di certo la loro opinione su di te la scusa che userai per abbindolarmi.»
Non riesco a guardarlo. Se ne accorge. Come se ne è appena reso conto anche Travis, sempre più teso.
Mi dispiace per prima. Ho reagito male ma tutto questo manderebbe chiunque al manicomio.
«Mi hanno colpito a morte», inizia abbassando il colletto del maglione nero che indossa mostrando al centro del petto una brutta cicatrice. «Ne ho una anche sulla gamba. Altre tre sparse sull'addome.»
«Eri morto», conferma Travis. «L'ho visto, non respiravi, hai cambiato espressione...»
Nic lo guarda per la prima volta con rabbia. «Ho solo perso i sensi per un paio di minuti. Forse non te ne sei accorto perché avevo il polso debole. La mia vita era appesa ad un filo, proprio come la tua. Dopo quell'enorme boato che ho sentito standomene impalato, incapace di muovermi o di sentire il mio corpo, non ho capito più niente. Hanno come staccato la luce fino a quando non mi sono risvegliato in ospedale. Ero lì da circa un anno e ho fatto tanto per riuscire a muovermi di nuovo, visto che uno dei proiettili mi aveva quasi rovinato la spina dorsale.»
Travis ascoltando le sue parole scuote ripetutamente la testa. «No, non c'eri. Ho passato al setaccio ogni stanza in cui c'erano i nostri compagni. Ho controllato per anni per sapere...»
Nic alza il labbro nel suo solito fare da stronzo. Sa esattamente come raggirare le persone.
«A quanto pare non hai controllato abbastanza. Voi due... Da quanto state insieme?» non nasconde la gelosia.
Ha la capacità di parlare di più argomenti contemporaneamente. Ti manipola per non ritrovarsi sotto accusa.
Sbuffo alzando gli occhi al cielo. «Vuoi davvero saperlo o parliamo di come sei sparito per anni come se niente fosse facendomi credere che fossi morto come un criminale?»
«Si, mi sembra opportuno parlarne visto che tu se... eri la mia ragazza.»
«Ero, hai detto bene. Adesso sono...»
«E dove sei stato per tutto questo tempo?» ci interrompe Travis. «Dove ti sei nascosto?»
Anche lui ha bisogno di risposte. Ma non capisco perché non mi ha fatto concludere la frase.
«Ho passato due anni di inferno per rimettermi in piedi. Ho sempre amato il mio lavoro quindi sono ritornato dove stavo bene quando ho avuto l'occasione giusta. Dove sono stato? Qui, fuori dagli Stati Uniti, un po' ovunque.
A proposito: che cosa è successo alla tua faccia. Per poco non ti riconoscevo. Ma io ricordo tutte le facce che ho incontrato. La tua in particolare mi è rimasta impressa perché sei stato l'unico a non volermi morto. Be' questo dopo avere ammazzato tutti gli altri.»
Ecco Nic, mi dico. Avevo dimenticato quanto fosse astuto. Sporco dentro. Un bastardo senza sentimenti. L'uomo che ucciderebbe la vicina solo perché il cane gli ha pisciato sulla pianta.
Travis non si lascia disturbare dalla domanda sul suo viso. Forse per la prima volta decide di mettere in secondo piano la sua paura di apparire come un mostro o forse, è solo l'effetto che fa Nic quando parla, quando ti stuzzica. Lo combatte con lo stesso sguardo carico di gelosia.
«Il boato che hai sentito prima che qualcuno spegnesse la luce. Credendoti morto, sono corso ad affrontare chi ti aveva messo a tacere e poi», gesticola mimando l'esplosione.
Mi sembra davvero assurdo tutto questo. Non riesco più a stare qui. «Vedo che avete tanto da raccontarvi. Io me ne vado», sussurro alla fine girando sui tacchi.
Le mie amiche, rimaste da parte per tutto il tempo, rianimandosi, mi seguono dopo che ho superando il vicolo.
«Sul serio? È lui? Lasciatelo dire: è un gran bastardo!» Natalie appare schifata. Scosta i capelli scuri dal viso.
«Lui era l'ex morto di cui parlavi nel messaggio? Cazzo Bi, hai tanta carne sul fuoco...» Beverly sgrana gli occhi abbracciandosi sentendo freddo.
Indossa una giacca di pelo sintetico e sotto un tubino. Stivali bassi ai piedi e calze non poi così coprenti. I suoi capelli ricci sono come sempre tenuti di lato da un fermaglio e ha un lip gloss sulle labbra carnose a rendere la sua pelle scura luminosa insieme all'illuminante usato sugli zigomi.
«Ok, pensiamo ad una cosa alla volta. Adesso che cosa vuoi?» interviene Emerson.
Massaggio la fronte. «Io... non ne ho la più pallida idea. Mi sento... sul punto di scoppiare.»
Mi massaggia le spalle. «Hai davvero lasciato quei due da soli?»
Alzo il mento. «Si, io non ho niente da dire a Nic. Insomma: mi ha abbandonata facendomi credere che fosse morto come un criminale qualunque. Invece per assurdo è sopravvissuto ad un attacco. Ha la scorza dura ma la mia lo è di più. Ho imparato a stare senza di lui e continuerò a farlo perché non ho nessuna intenzione di...»
Natalie indica alle nostre spalle e mi volto.
Travis sta pulendo il labbro. È anche parecchio arrabbiato.
Corro subito da lui. Provo a sfiorargli la ferita ma tira indietro la testa infastidito dalla mia attenzione. Che diavolo gli succede?
«Sto bene. Ho solo messo in chiaro una delle tante cose su cui ho riflettuto prima.»
«Ci rendi tutte partecipi o dobbiamo cavarti le parole dalla bocca a modo nostro?» intervengono le ragazze, a parlare proprio Natalie.
Travis sputa del sangue all'angolo della strada. Non è da lui comportarsi in questo modo, ma lo lascio fare.
«Avrebbe dovuto lasciarti in pace. Non avvicinarsi o farsi di nuovo vivo. Ma a quanto pare la voglia di vederti e scombussolare tutto era proprio tanta. Dovrebbe tenerti lontana da questa storia e invece...» ringhia guardando male le ragazze per qualche assurda ragione.
«Quale storia?»
«Quella in cui lui torna per fottere mio padre e forse anche me!»
Raggelo. «Che cosa significa?»
«Te lo spiegherò a casa. Andiamo. Non possiamo parlare di certi argomenti davanti a tutti. I muri hanno le orecchie.»
Mi fermo proprio come una bambina viziata puntando i piedi al suolo quando prova a tirarmi.
«Trav... devi dirmi altro?»
«Dipende. Vuoi sapere se mi ha detto che ti ama o che sei diventata una bella donna e vorrebbe portarti a letto?»
Lo spingo. «Vaffanculo!»
Mi tira a sé e sento travolgermi inarrestabile la collera.
«Dimmi che non hai provato niente per lui quando l'hai rivisto. Dimmi che non vorresti correre da lui e...»
«No», dico subito. «A parte quello che è uscito fuori dal mio attacco di panico non voglio fare niente. Non voglio neanche averci a che fare. Ma l'hai visto?»
Mi volto per scusarmi del teatrino. Le mie amiche però sono già in auto. Ci hanno lasciati a discutere da soli. Per fortuna almeno loro hanno capito che la situazione con Nic nei paraggi si è appena complicata.
«Ricevuto. Adesso vuoi che ti prenda di peso o...»
Mi muovo verso la sua auto. Si ferma prima dicendo qualcosa ad Emerson, la quale mi fa cenno che mi chiamerà poi parte sulla sua Audi bianca e le altre mi salutano.
Entro in auto più che irrigidita e durante il viaggio di ritorno verso casa nessuno dei due parla. Non oso neanche chiedere dove sia andato Nic. Perché adesso che so che si trova nei paraggi, dovrò fare attenzione a dove metto i piedi, perché rischio costantemente di trovarlo davanti e avere un infarto.
Mi sento ancora frastornata e più volte mi ritrovo a stringermi in un abbraccio sentendo un freddo penetrante addosso.
Travis accende la stufa dopo essersi fermato in una zona isolata. Riscaldo subito le mani evitando di fissarlo troppo.
Passa i palmi sulle ginocchia più che nervoso. «Voglio chiederti alcune cose prima di urlarci contro o altro», dice pensieroso guardando davanti a sé.
«Ti è mancato?»
«Quando è morto ero distrutta. Certo che mi è mancato. Per anni ha fatto parte della mia vita. Non posso negarlo perché è così.»
«Lo amavi?»
«Te l'ho detto...»
«Rispondi!»
Mordo il labbro. «Gli volevo bene.»
Prendo un respiro. «Vuoi sapere se ne ero invaghita? Si, avevo una cotta per lui perché per me rappresentata la libertà e l'immagine del cattivo ragazzo più grande di dieci anni che i tuoi non vorrebbero mai ritrovare a cena. Lui era quelle ore di serenità che mi facevano sentire una persona. Gli volevo bene, ma non gli ho mai detto di amarlo. Avrei potuto, ma non l'ho fatto. Non l'abbiamo fatto. In qualche modo sentivo che aveva qualcosa di sbagliato. Ero affezionata. So che tutti pensano che ero innamorata...»
Guarda oltre il finestrino. «Lo eri. Non negarlo. Sei come impazzita nel vederlo vivo e vegeto. Ho notato come hai reagito. Come tutto si è fermato dentro di te.»
Apro e richiudo la bocca. Lui si volta a guardarmi. «Mi stupisce persino che l'hai picchiato.»
Faccio una smorfia. «Mi stai mettendo alla prova?»
«Forse», non lo nega.
Corrugo la fronte. «Trav, mi sto allarmando. Che diavolo ci facciamo qui è perché mi stai facendo queste domande?»
«Hai paura?»
«Di cosa esattamente? Che lui possa manipolarti per raggiungere il suo scopo come fa sempre o magari che lui possa rovinare tutto? Be', se vuoi un consiglio sincero da me: non fidarti mai ciecamente di lui. Guarda quello che mi ha fatto e avrai la risposta ad ogni tuo dubbio.»
Incrocio le braccia infine apro il finestrino per riprendere aria.
Travis mette in moto ammutolendosi. Pensa e ripensa a qualcosa rimuginando senza mai lasciare trapelare niente.
Il suo atteggiamento mi allarma. Mi fa sentire in bilico.
«Perché ti ha mollato un pugno? Che cosa vi siete detti quando me ne sono andata?»
Sfiora il colpo incassato posteggiando nel parcheggio sotterraneo del palazzo. Si guarda brevemente allo specchietto retrovisore uscendo dall'auto, dirigendosi verso l'ascensore più che in fretta.
Lo seguo corrugando la fronte sentendomi delusa dal suo atteggiamento così schivo e infantile. A volte si perde proprio cadendo in un banalissimo cliché del ragazzo stronzo e privo di senso.
«Abbiamo chiarito una cosa, te l'ho detto. In casa ne parliamo.»
Attendo impaziente questa sua spiegazione. Sul pianerottolo non c'è nessuno e neanche dentro casa.
Travis toglie il cappotto posando la mia cartella clinica sul ripiano. Mi aspetta mentre faccio lo stesso scambiando dei messaggi con qualcuno.
Strofino i palmi freddi rimanendo in attesa. «Allora?»
Alza gli occhi e pure il viso dallo schermo. «Che cosa vuoi sapere?»
«Mi prendi in giro?» gli strappo dalle mani il telefono. «Voglio sapere perché hai quel livido sul labbro per iniziare.»
Prova a prendere il telefono ma i nostri corpi si scontrano. Irrigidito fa un passo indietro aprendo il palmo e gli porgo il telefono. Invia il messaggio che ha scritto velocemente ed infine mi porta sul divano dove si mette comodo.
«Vuoi sapere che cosa è successo quando te ne sei andata perché stavamo litigando come due ragazzini? Mi ha detto che ti ama ancora. Che non ha mai smesso, anche se attualmente è fidanzato con una donna che fa il suo stesso lavoro mentre ne usa un'altra da qualche settimana per ottenere informazioni. Non ci arrivi di chi si tratta? Bi, a me sembra tanto uno psicopatico.»
Rifletto un momento sulle sue parole. Sono tante informazioni contenute in un'unica risposta. Solo un nome mi viene subito in mente: «Jesse», sibilo acidamente.
Travis me lo conferma. «Già, quindi lui sa più di quanto ci abbia lasciato credere prima quando ha chiesto della mia faccia. Ha raccolto sufficienti informazioni arrivando proprio a Jesse... sa qualcosa, ma non mi importa.»
Gratta la guancia toccando per sbaglio la ferita.
Vado a prendere il disinfettante. Tornando sul divano la sua mano si posa sulla mia nuca avvicinandomi. Oppongo resistenza. «Poi mi ha detto che ti ha tenuta d'occhio. Che non ha avuto coraggio...»
«E tu, tu che cosa gli hai detto?» lo interrompo premendo il disinfettante sul suo labbro credendo di fargli male. Ma lui non si muove.
«Non gli ho detto che siamo sposati.»
«Perché? Avresti potuto.»
Getto la salvietta e i guanti prendendo una bottiglia d'acqua dal frigo. Bevo un sorso attenuando il senso di sete tornando da lui che mi ruba velocemente la bottiglia.
«Pensavo che sarebbe stato più opportuno... saperlo da te.»
«Glielo stavo dicendo ma tu mi hai interrotta. Che c'è? Avevi paura che potessi ferirlo? Lui l'ha già fatto con me e non mi importa un fico secco se ci rimane male.»
«Non era il momento giusto», guarda fuori dalla vetrata provando ad accarezzarmi la schiena.
Mi scanso. «Poi?»
«Gli ho detto che ci conosciamo da qualche mese. Che non sapevo niente di te. Senti Bi, io non ho fatto ricerche su di lui. Per me era morto in quel posto ed aveva innescato in me la reazione che ci ha condotti a quella bomba. Non ho fatto neanche ricerche su di te. O meglio: solo quando mi hai risposto, ma solo per sapere come vivevi.»
Fisso la sua mano, l'anello. Il nostro matrimonio è una bugia, mi dico avvertendo una fitta al cuore.
«E riguardo tuo padre?»
Si irrigidisce. «Dopo l'incidente ho scavato a fondo in questa storia che ha dell'assurdo. Ho scoperto molte cose qualche mese fa, prima di conoscerti e lasciar perdere. Sono informazioni che costano la vita per l'importanza che hanno. Causerebbero gravi danni perché non era solo mio padre quello ad essere invischiato in questa storia. Tra loro c'era anche il padre di Nic.»
Spalanco la bocca e Travis me lo conferma. «Già, suo padre sapeva che Nic era lì ed era d'accordo sull'attacco, ma lo ha mandato lo stesso a morire. Mio padre doveva essere in pensione ma a quanto pare la guerra non va mai in vacanza per quegli uomini che amano giocare ad un tavolo con le vite delle persone come se fossero delle pedine di una scacchiera.»
Lo dice con rabbia avvicinandosi alla vetrata. Beve l'acqua come se fosse birra poi picchia il pugno contro il vetro.
«Hanno mandato entrambi lì a morire.»
Mi alzo avvicinandomi a lui. «Mi spieghi perché sapere che Nic è vivo ti provoca questa reazione?»
«Perché cambia le cose», dice brevemente fissando un punto lontano.
Mi abbraccio. «Spiegami.»
«Bi, non voglio che ti invischi in questa storia.»
Lo guardo male. «Certo, mettiamo da parte la "moglie" fino a quando non si deve andare a letto», sbotto irritata allontanandomi da lui.
Pesto i piedi sul pavimento fino a raggiungere la stanza dove cammino avanti e indietro cercando di raccapezzarmi un momento.
Nic è vivo. Non è morto in quel tragico giorno, in quell'incidente. Non l'hanno fatto fuori come credono e si è nascosto per anni da suo padre escogitando la sua vendetta usando Jesse per avvicinarsi alla famiglia di Travis. Quindi in qualche modo ha escogitato anche un piano contro di lui.
Ma dov'è si è nascosto? Perché farsi vivo proprio adesso? È stata una casualità?
Passo i palmi sulla testa.
La porta della stanza si apre. Travis entra quasi in punta di piedi. «Possiamo discutere?»
Tengo le dita sul setto nasale. «Sono stanca e sono confusa. Sono anche sconvolta e... ho detto di essere confusa?»
Travis si avvicina provando ad abbracciarmi. Premo i pugni sul suo petto facendo resistenza, allontanandolo. «Perché vuoi tenermi lontana? Io non voglio essere sempre quella estranea ai fatti. Voglio essere davvero tua moglie ma se non c'è fiducia... non può esserci nient'altro, Trav.»
Sciolgo l'abbraccio allontanandomi quando non mi risponde.
Le lacrime iniziano a scendere silenziose dal viso. Le asciugo con compostezza. Apro l'armadio tirando fuori le valigie.
Travis non prova nemmeno a fermarmi. «Starò per un po' da Emerson», lo avviso sperando che mi renda partecipe dei suoi pensieri. Ma non lo fa. Non funziona così con lui.
«Ok, ti accompagno.»
Lo guardo male, come per dirgli: "sul serio?".
Soffio dal naso. «No, vado da sola.»
In realtà andrò nel mio piccolo appartamento. Tornerò da dove sono venuta. Mi sembra inevitabile.
Chiude gli occhi poi mi abbraccia. «Mi dispiace», sussurra provando a baciarmi. «È difficile anche per me e sto avendo un comportamento inappropriato.»
Lo guardo contrariata. «Ma continui a non dirmi la verità. So che stai escogitando qualcosa ma mi stai anche tenendo lontana dalla tua vita. Quindi dimmi: hai una sola vita o il passato possiamo considerarlo come...»
«Tu fai parte della mia vita, credimi. Ma non voglio metterti in pericolo. Con Nic vivo... cambia tutto.»
Lo guardo stordita. «Che cosa cambia?»
«Non ti lascerà stare con me.»
«Non è lui a decidere.»
«Ma sarai tu.»
Sto per replicare aspramente quando sentiamo bussare alla porta.
Travis corre ad aprire mentre io, sempre più confusa lo seguo a rilento trovandomi davanti proprio lui.
Scuoto la testa. «No, no, no», faccio il gesto con l'indice. «Che diavolo succede qui?» alzo il tono cercando subito una risposta.
Nic avanza e io indietreggio. «Non pensarci proprio. Che ci fai qui?»
«Non è difficile per una spia scoprire dove vai. Puoi lasciarci soli?» Chiede poco gentilmente a Travis.
«Lui rimane!»
«Dobbiamo discutere con il tuo fidanzatino?»
Lo guardo male. «In realtà è mio marito!» lo urlo quasi sentendomi meglio.
Nic indurisce lo sguardo. «Che cazzo significa?»
Travis non riesce ad accettare la situazione e sparisce lasciandoci soli. Vorrei tanto fermarlo ma so che ha bisogno di trovare momentaneamente uno sfogo per non impazzire mentre dentro di lui si ammassano i pensieri. Forse ha capito che con Nic non si scherza.
«Significa che sei morto e che io ho voltato pagina, ho trovato l'uomo della mia vita e l'ho sposato. Mi sembra che anche tu hai fatto la stessa cosa. Anche se hai dimenticato di avvisarmi che sei vivo.»
Sorride. Alza il labbro nel suo tipico modo che non credevo più di vedere. Avanza senza indugio, senza preoccuparsi della mia reazione. Mi sento infatti come un animale ferito troppe volte e arrabbiato. Sono proprio pronta ad attaccare come una iena, a comportami da pazza isterica.
«Non mi hai dimenticato.» Non è una domanda la sua.
«No, non l'ho fatto perché sei stato importante per me ma è finita nell'esatto istante in cui mi hai abbandonata senza neanche avere le palle di dirmi la verità. E avrei capito. Ti avrei lasciato andare. Ma non l'hai fatto. Hai solo lasciato una cazzo di lettera che Dan mi ha dato solo poche ore fa, proprio quando ha scoperto che mi sono sposata con Travis. E ci hai scritto sopra un mucchio di stronzate.»
Si avvicina ancora. «Non hai fatto attenzione con lui. Mi dispiace.»
Mi preme saperlo. «Sei stato tu a dare quella roba a Dan?»
Appare colpito dalla mia domanda. «Mi credi in grado di fare una cosa del genere? Andiamo Bi, mi conosci meglio di chiunque altro.»
«Non so più chi sei quindi non ci credo.»
Si avvicina ancora. Prova ad abbracciarmi e lo respingo. «Sai chi siamo noi due. Lo hai sempre saputo», sussurra provando a baciarmi.
«Non toccarmi!» mi allontano.
Sorride innervosendomi. «Sei davvero innamorata di lui», appare stupito e nasconde a stento la gelosia.
Inumidisco le labbra. «Che cosa hai in mente?»
«Vendicarmi, mi sembra ovvio.» Torna in sé.
«Hai avuto cinque anni per farlo.»
Nega. «Tecnicamente quattro e due di riabilitazione motoria, ma ho dovuto studiare attentamente la famiglia che mi ha distrutto la vita visto che la mia la conoscevo già. Tranne il tuo caro marito, mi sembra ovvio. Lui è per me ancora un enigma. Non ho trovato niente sul suo conto. Neanche la sua adorata e affezionata cognata ha voluto parlare di lui.»
Quando pronuncia la parola "marito", la dice quasi con disprezzo. E lo odio per questo.
«E adesso? Che cosa farai?»
Sorride avvicinandosi ancora. «Lui non te lo ha detto, vero?»
Scanso la sua mano che prova a sfiorarmi la pelle. «Dirmi che cosa?»
Posa la mano lo stesso sulla mia guancia. «Che ti lascerò stare con lui solo se mi aiuterà.»
Spalanco gli occhi. In tutto questo sono un premio?
Adesso appare proprio come uno psicopatico.
«Che cosa?» urlo. «Tu sei pazzo! Hai picchiato forte la testa! Travis non è un oggetto e non ha niente a che fare con quello che hanno fatto tuo padre e il suo. Lui...»
«È complice quanto loro. Ha ucciso un sacco di compagni dicendo di avere saputo la verità da me, ma non ci credo. Quindi vedilo come una piccola clausola del nostro possibile accordo: dovrà aiutarmi se vuole uscirne pulito e godersi il resto dei suoi anni a casa e non dietro le sbarre.»
Lo fisso inorridita. No, lui non è il ragazzo che ho conosciuto. Non è il ragazzo che si è fermato in un giorno di pioggia ad importunarmi con il suo sorriso. Lui è cambiato dentro. È marcito come un corpo in putrefazione.
«Travis non lo farà mai. Non rischierà mai per...»
Mi afferra il mento avvicinandomi a sé. «Per distruggere suo padre e il mio o per non perderti? Lo metterai davvero davanti a questa scelta? Un po' patetico, non credi?»
Quando si avvicina, rende l'aria satura di rabbia, ricordi e tanto altro che non riesco a spiegare. Per questa ragione e perché provo disgusto mi ritrovo a spingerlo.
«Sei uno stronzo!»
Sorride. «A te è sempre piaciuto proprio questo lato di me. La mia schiettezza. La mia sicurezza. Il mio non fare promesse.»
«Va all'inferno, Nic.»
Inarca un sopracciglio. «Ci sono stato e mi sei mancata.»
Soffio dal naso. «Non mi hai neanche chiesto scusa. Non mi hai dato una spiegazione. Non hai ammesso di essere...» mi fermo. «Non so nemmeno perché sto parlando ancora con te. Non mi importa. È tardi. Il treno è passato. Quindi adesso vattene!»
I suoi lineamenti facciali, gli occhi, i muscoli, si induriscono. Diventa di pietra. Un predatore. «Tu non vuoi delle scuse. Non vuoi delle spiegazioni. Tu vuoi sentirti dire che mi sento una merda, che ci sono stato male per averti lasciata senza dirti la verità. Tu vuoi che ti dica che non ti ho mai dimenticata e che ti ho immaginata costantemente accanto a me in tutti questi anni. Vuoi che ti dica che ti ho seguita quando sono tornato perché la voglia di vederti era tanta ma che non potevo farmi vedere da te perché mi avresti trattenuto. Vuoi che ti dica che ti amo ma non ci crederesti perché sto con una donna e ne uso un'altra ma sei sempre stata tu la mia...»
Gli mollo uno schiaffo per farlo smettere di parlarmi in questo modo. «Sei un bugiardo. Stai solo cercando di manipolarmi come sempre. Non sai fare altro. E adesso non sopporti il fatto che io sia riuscita senza di te a crearmi un presente. Per me sei morto, Nic. Sei morto quel giorno e non sei più tornato. Davanti a me ho solo un estraneo che crede di potermi convincere di essere il ragazzo che ho conosciuto e a cui mi sono affezionata. Davanti a me ho solo un pazzo che con ogni probabilità si farà ammazzare ancora», sussurro scoppiando in lacrime.
Gli do le spalle per non mostrarmi debole. «Chiudi la porta quando te ne vai e non tornare, non bussare, non osare neanche entrare in punta di piedi. Hai distrutto tutto quel giorno e niente cambierà.»
Mi abbraccia ma picchio forte i pugni allontanandolo. Non voglio essere toccata da lui, neanche lontanamente sfiorata. Mi fa ribrezzo.
«Ho detto vattene!» urlo affannata.
«Sai quello che ti avrei chiesto quella sera...»
Sorrido mesta. Certo, adesso userà questa carta.
«Che cosa? Non hai neanche avuto il coraggio di lasciarmi come si deve. Sei solo un codardo Nic.»
«Sai benissimo che ti avrei chiesto di sposarmi! E sai che mi avresti risposto di sì!»
Travis si ferma a metà tra il soggiorno e il corridoio. «Davvero?»
Nic si volta. «Come se non lo sapessi», borbotta ricomponendosi.
Nic è strano. È come se avesse due personalità. Forse sono stati gli anni di lavoro a renderlo così paranoico, meschino, bugiardo.
«In effetti no, Bambi non me ne ha parlato.»
«Bambi non lo sapeva ma potevi anche arrivarci. Non so se hai letto la lettera ma era sottinteso che lo avrei fatto.»
Nego scuotendo la testa. «Sei proprio un coglione. Non avrei mai detto di sì ad uno che spariva e poi tornava come se niente fosse con una valanga di scuse e bugie. Non ero stupida.»
«E allora perché hai continuato ad aspettarmi fuori dalla porta?»
«Si commettono degli errori. Ma quando mi hanno detto che eri morto, ho smesso di crederci. Ho smesso di credere che in te ci fosse del buono. Ho smesso di credere nel tuo amore.»
«Ti amo ancora.»
«E chi ci crede più alle tue parole? Sparisci di nuovo che si stava bene senza di te.»
Dandogli le spalle, mi sposto in camera dove mi stendo un momento sul letto a fissare il soffitto. Abbraccio il cuscino del lato in cui dorme Travis inspirando il suo odore sulla federa.
Mi rigiro un paio di volte infastidita dai pensieri prima di alzarmi, aprire l'armadio, infilarmi una felpa di Travis e tornare sul letto. Sono stanca, troppo.
Mi risveglio sentendo una gran sete e allora mi alzo per andare a prendere un bicchiere d'acqua sperando vivamente di non trovare Nic ancora nei paraggi.
Non so, mi porta a pensare troppo a quello che eravamo, a come sia finita e a come tutto sia cambiato dopo tanto tempo. Mi spinge anche a pensare a come saranno le cose adesso che Travis intende credergli.
Apro la porta e sono in corridoio, sul punto di entrare in cucina, quando li sento parlare. Sbircio un momento facendo attenzione a non farmi vedere e se ne stanno seduti sul divano, i muscoli tesi. Attorno c'è proprio una strana aria di tempesta. Il malumore circola attorno.
«Spiegami come sono andate le cose allora perché non intendo fermarmi.»
«Ti ho già detto come sono andate le cose. Io non ne sapevo niente. Siamo di nuovo sullo stesso argomento. Sono due ore che ne parliamo e non abbiamo ancora concluso.»
Travis sembra sul punto di scoppiare. Passa la mano sulla nuca scuotendo la testa, bevendo un sorso di bourbon.
Nic svuota il suo bicchiere riempiendone un altro. «Qualcuno ti avrà detto qualcosa quel giorno o la sera prima. Tra compagni succede.»
Travis nega. «No, l'ho saputo quando ti ho incontrato e da quel momento ogni cosa mi si è parata davanti. Anzi, è andato tutto a puttane.»
Nic si alza schioccando le ossa del collo. Ha qualcosa in mente. Ecco perché si è trattenuto in questo posto. Anche Travis a quanto pare se gli ha permesso di starmi a qualche metro di distanza.
«Come hai incontrato Bambi?»
Travis solleva il bicchiere, questo rimane a mezz'aria. «Ti dispiace così tanto che sia stato proprio io ad incontrarla e a renderla felice?»
«Rispondi e basta. Ho perso questo dettaglio.»
Nic appare per un momento perso, deluso da se stesso.
«Hai perso molte cose della sua vita. È stata un inferno dopo che te ne sei andato. Lei ha superato tutto e alla fine ci siamo incontrati e adesso anche sposati. E per la cronaca stai rovinando la nostra luna di miele.»
Nic beve un lungo sorso come se volesse annegare nell'alcol le parole di Travis. «È davvero felice? Cioè la vedi di buon umore quando si alza o replica a tono quando si arrabbia anziché chiudersi?»
«Chiedilo a lei.»
Soffia dal naso sentendosi offeso. «Non mi parlerà più. Sono morto davvero per lei.»
«Perché ti sei comportato da stronzo.»
Nic lo guarda subito male ed è pronto a colpirlo. «Che cosa avrei dovuto fare?»
«Sei stato egoista e non riesci ad ammettere che quando l'hai rivista è stato come vederla per la prima volta. Non sono cieco, mi accorgo di tutto. Ho visto come l'hai divorata con lo sguardo. Come se fosse ancora tua. Ma ci sei anche rimasto male quando lei ha reagito rifiutandoti.
Che cosa credevi? Lei ti ha perso. Ti ha odiato. Ti ha anche amato. Non puoi biasimarla o pensare di tornare come se niente fosse nella sua vita. Anche se questo non accadrà mai.»
«Che cosa ne sai tu? Non sei rimasto chiuso qui dentro per cinque anni?»
Travis incassa il colpo senza scomporsi.
«Ho toccato un tasto debole? Mi dispiace. Anzi no. Comportati da uomo e dimmi che cosa intendi fare. Vuoi aiutarmi, non avere un debito e un rimpianto o vuoi startene qui nel tuo castello a baciare la mia bellissima Bambi?»
Un pensiero fugace attraversa i suoi occhi che, ancora una volta si annebbiano riempendosi di gelosia. «Te la sei portata a letto?»
«Possiamo smettere di comportarci come due ragazzini? Qui non si tratta del mio matrimonio. C'è in ballo la nostra vita e Bi dovrà rimanerne fuori.»
Nic sorride eccitato. Conosco quello sguardo. Ha in mente qualcosa di pericoloso e ha appena ottenuto quello che vuole ormai da anni.
«Allora hai deciso che mi aiuterai? Molto bene.»
«Bambi dovrà starne fuori!»
Avanzo più che decisa. «Quindi io dovrei essere un soprammobile?»
I due si voltano colti alla sprovvista.
Travis si avvicina nell'immediato provando a scusarsi a spiegarmi.
«Dobbiamo chiudere questo capitolo e poi potremo stare insieme senza problemi. Voglio che mio padre riceva la giusta punizione...»
«No, Trav. È quello che vuole Nic non tu. Ti stai facendo friggere il cervello come un rammollito. Lui fa proprio questo. Usa le tue debolezze per farti sentire in colpa, ti spinge al limite e poi ti butta via.»
«Sono qui!»
«Sta zitto!» gli urlo contro.
«Ti farà ammazzare e sai che tuo padre non aspetta altro.»
Adesso mi è tutto più chiaro. Ecco uno dei motivi, il perché Travis sia rimasto lontano dalla sua famiglia per tutto questo tempo. Suo padre non lo sta solo cercando. Suo padre vuole sapere se ricorda o è a conoscenza di qualcosa che possa distruggerlo. Magari perché sa che Nic è ancora vivo.
Travis continua a negare. «Bi, non capisci...»
«Invece si. L'hai fatto entrare in casa. Gli hai offerto il tuo bourbon. Hai parlato con lui senza rancore. Ho capito perfettamente chi sei. E ho capito chi sono io. Mi trovo al secondo posto dopo la vendetta, non la tua, ma la sua. Capisco perfettamente. Quindi goditi pure il tuo nuovo amico, lasciati abbagliare gli occhi e annebbiare la mente da lui.»
«Bi...»
Mi dirigo in camera, indosso il cappotto, recupero le mie cose, infilo le rose dentro le valigie e sentendo le voci dal soggiorno ma non me ne curo. Mi trascino verso la porta dove Travis lasciando Nic a sbraitare, mi ferma.
«Dove vai?»
Nella vita ho fatto i conti con il mio essere imperfetta. Con i miei assurdi modi di fare. Con le mie molteplici paranoie. Ho sempre costruito barriere, alte mura e recinzioni che, con il passare del tempo sono state più volte buttate giù con una folata di vento. Ho continuato ad ambientarmi, a sentirmi stretta e a non lamentarmi. Ho lasciato scorrere il tempo ritrovandomi in bilico tra quello che avrei tanto voluto e quello che avevo ottenuto. Ho fatto passi in avanti e interminabili corse indietro chiedendo costantemente al mio cuore di non cedere, di essere forte, di lottare ancora un po'. Mi sono illusa di potere riuscire a godermi il presente senza mai dovermi arrangiare con gli avanzi lasciati dal passato. Ma adesso non sono poi così sicura di avere preso le decisioni giuste per non sentirmi ferita. Non sono più sicura di volere accontentare gli altri annullandomi completamente.
«Hai già scelto e io non posso accettarlo. Ti farai ammazzare e non voglio passare altri cinque anni a piangere su una tomba vuota. È finita Trav.» Esco dalla porta.
E più mi allontano, più mi rendo conto che andarsene è roba per chi sa il significato di un addio. È roba per chi ha un cuore forte e in grado di reggere altro dolore, altra sofferenza, altro vuoto. Forse il mio ce la fa ancora perché in fondo è abituato a tutto questo e ad ogni battito andato, si affievolisce insieme ad esso anche la speranza di potere essere felice.

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