Epilogo

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Due anni dopo...

È sempre così bello svegliarsi senza pensieri, con la sola consapevolezza di avere tutto, di essere felice e completo.
Ormai dormo sonni tranquilli.
Non sapevo cosa significasse sdraiarsi, chiudere gli occhi e stare bene fino a quando non ho dormito accanto a lei per la prima volta. È stato breve ma intenso, piacevole e incredibilmente confortante perdere il pieno controllo del mio corpo.
Inspiro rigirandomi sotto il lenzuolo che odora tanto di ammorbidente, di pulito.
La mia mano cerca il suo corpo sempre freddo e delicato. È ancora qui.
Mi avvicino abbracciandola, baciandole una spalla mentre dorme serenamente con una mano sul cuscino e l'altra sotto la federa. Un'abitudine la sua insieme a quella di appoggiare la guancia sul mio petto agganciandosi al mio corpo come se non volesse lasciarlo scappare.
Dopo l'ultima volta, non sono più riuscito a negarle la mia presenza al suo risveglio. In qualche modo la terrorizza aprire gli occhi e svegliarsi da sola. E, anche se a volte succede per motivi di lavoro, cerco sempre di evitare per non destabilizzarla oppure la sveglio prima di uscire di casa in modo tale che non vada nel panico.
Bambi ha un carattere a tratti forte, a tratti deciso ma sa essere molto fragile. Vederla spezzata in due dal dolore ha fatto stare male entrambi. Vederla soffrire mi spezza il cuore e a volte vorrei tanto prendermi carico di ogni suo tormento quando la vedo distratta o spenta a causa di un ricordo o di un'immagine che le passa davanti facendole capire quanto sia ingiusto il mondo.
Con lei è stato crudele persino il destino.
La stringo forte e mugola nel sonno. Le bacio la nuca e le si spezza il fiato. Sento la sua mano spostarsi dietro, posarsi sulla mia guancia e poi tornare sul cuscino.
Sorrido rimanendo fermo, dandole il tempo di svegliarsi, vedermi e poi iniziare questa giornata piena insieme.
Dopodomani è il giorno del suo compleanno. So che odia le sorprese. Per questa ragione ho deciso di farle preparare una torta simile a quella che aveva scelto per me tempo fa, quando ancora il nostro futuro era incerto e di riempirle la casa di palloncini, petali e candele. So che le farà piacere sapere che non ho dimenticato quel momento i suoi gesti dolci e significativi.
Sarà difficile tirarla fuori dalle coperte per potere organizzare tutto, visto che ama starsene da sola per il giorno del suo compleanno. In caso contrario la porterò all'appartamento di peso o chiederò ad Emerson o Nan di tenerla impegnata.
«Pensi troppo.»
Trattengo il fiato.
A volte mi spaventa. Riesce a percepire i miei pensieri e ad anticipare le mie mosse. È lei a sorprendermi costantemente.
Da quando sono riuscito a trascinarla nella nostra folle avventura, si è impegnata tanto. Non si è più chiusa in se stessa, mi ha sempre parlato apertamente di tutto. Non abbiamo più segreti e abbiamo trovato un nostro equilibrio perché ci amiamo e siamo a conoscenza dei nostri limiti.
Le bacio la spalla fino al collo. La sua pelle ha l'odore delle mandorle dolci.
Piega la testa agitandosi, stringendomi il braccio che le tengo sull'addome.
«Davvero? Cosa te lo fa credere?»
Dapprima mi guarda piegando la testa e un po' il corpo poi si volta posando le mani sulle mie spalle. «Ti sei svegliato presto oggi, parecchio e stavi fremendo dalla voglia di svegliarmi e parlarmi. Che succede?» Chiede baciandomi il naso.
«Ti amo», sorrido come uno stupido.
Lei assottiglia lievemente i suoi occhi stupendi, in grado di spiazzarmi anche quando sono assonnati.
Nasconde il viso sotto il mio mento. «Dormi un altro po' Travis Williams.»
Se prima non mi sono mosso adesso le mie mani posandosi sulla sua schiena coperta da uno strato delicato di seta, scivolano in basso raggiungendo le sue natiche. Quando le strizzo lei si agita ansimando mentre prova a baciarmi.
«E se per caso non avessi voglia di dormire?»
Sorride mostrando i denti. Mi spinge e farle un dispetto mi alzo a metà busto appoggiandomi alla testiera del letto. Guardo il tetto pieno di stelle poi sporgendomi accendo la luce abbassandola d'intensità con un tocco sulla superficie.
Bambi si sistema su di me. Non demorde di certo. «Non vuoi dormire?»
Nego alzando il mento. Adoro stuzzicarla. Metterla alle strette o impedirle di scappare. Soprattutto mi piace quando le si posa sulle guance l'imbarazzo, quello di una ragazza che prova tanto e in modo incontrollabile.
«No, non ho sonno.»
Si muove sul cavallo dei miei boxer involontariamente facendo risvegliare in me una certa voglia. Mordo il labbro.
«Hai avuto un incubo? Vuoi parlarne?»
Scrollo la testa. «No, mi sono solo svegliato e ti guardavo pensando a quanto sono fortunato e felice.»
Mi strizza un capezzolo facendomi urlare. Ride e l'abbraccio coprendola di baci sul collo che si lascia imprimere sulla pelle continuando a ridere, ad ansimare ed infine a gemere insieme a me quando lasciandola scivolare sotto il mio peso le divarico le gambe premendomi su di lei senza fretta, con affanno e sempre più voglia.
«Quando ti ho detto che di te non ne avrò mai abbastanza, era vero.»
Sorride passando la mano sulla mia guancia prima di abbassarmi il viso. «Non ne dubito mio caro MisterX», solleva le ginocchia. Guarda poi l'ora. «Abbiamo cinque minuti...»
Bacio sotto l'orecchio. «Oggi niente corsa e niente lavoro.»
Si agita. «Che significa?»
Odia i cambiamenti. Mi fa sorridere questo suo strano comportamento ma riesce a tenerlo a bada senza più fare delle scenate.
«Significa che sono tutto tuo.»
Mi guarda intensamente. «Mio? Non lo sei da quando ti ho detto di sì?»
Ecco perché la amo alla follia. Perché nonostante tutto trova sempre una scappatoia, un modo per stare bene con me.
«Si. Tutto tuo.»
Gioca con la cicatrice che ho sulla spalla. Guardo le sue dita prima di afferrarle e baciarle. «Che cosa vuoi fare?»
Morde il labbro guardandomi con malizia da sotto le ciglia.
Chiudo un momento gli occhi sentendo la pelle prendermi fuoco. Soprattutto in mezzo alle gambe qualcosa si risveglia e non poco.
«Devo decidere io?»
Strofino la punta del naso sul suo. «Possiamo decidere insieme se mi dici cosa ti va di fare.»
Accarezzo i suoi fianchi facendola agitare. «Va bene.»
Sorrido baciandola e mi circonda il collo con un braccio e la schiena con l'altro allargando le gambe. «Stiamo facendo uno strappo alle regole?»
Avvicino i suoi fianchi e lascia scappare un brevissimo strillo che mi scarica addosso una fitta. Boccheggio visibilmente accaldato.
«Ti riferisci al fatto che abbiamo avuto così tanto da fare da non coccolarci o scopare?»
«Si. Da quanto non lo facciamo?»
È arrossita. Mi piace quando succede. Non le piace essere volgare nonostante le scelte prese tempo addietro per salvare la famiglia o meglio: sua zia.
Ci penso un momento. «Un mese?»
Mi guarda male. «Ok, di più.»
«Direi circa tre ed è stato davvero bello ma rivoglio mio marito dentro di me.»
Sento una spinta tra le gambe. Mi lamento. «Ok, se continuerai a parlare così non arriverò fino alla fine.»
Sorride avvicinandomi. «Abbiamo fatto una lunga pausa. So che abbiamo avuto dei mesi intensi e altri meno ma... mi manca mio marito, a letto», dice in modo dolce massaggiandomi il collo, la clavicola.
«Abbiamo passato la luna di miele chiusi in casa, vero, poi abbiamo capito di doverci trattenere e da allora abbiamo sempre cercato di farlo "succedere" in casi di emergenza o di estrema passione che è sempre scoppiata all'improvviso e ha reso entrambi schiavi. Il lavoro ci ha sfiniti nell'ultimo periodo, lo so. Non abbiamo avuto tempo. Però... voglio anch'io mia moglie», concludo sussurrandoglielo all'orecchio. «E voglio trovarmi dentro di te.»
Mi abbasso e posa l'indice sulle mie labbra fermandomi. «Mi manchi», mormora. «Tanto», conclude.
Sorrido sulle sue labbra facendola fremere. Questa mia reazione la fa sempre reagire in modo strano, le provoca un brivido dietro l'altro, i battiti le accelerano in modo scostante, si agita.
Le piace ma allo stesso tempo la rende inquieta quando sorrido così.
Stringo la mano sulla sua coscia prima di tirare il bordo delle mutandine di pizzo che indossa.
«Anche tu mi manchi», sussurro sfilandogliele. «Tanto», bacio la sua gamba dall'interno e si agita maggiormente affondando le mani tra i miei capelli. Mi tira per farmi sollevare e mi avvento sulle sua bocca avidamente. Mugola dal piacere che le provoca la mia mano tra le gambe. Quando noto che si contorce smetto.
Mi guarda male avvicinandomi ancora. Tiro indietro la testa. La guardo in estasi ma allo stesso tempo allarmato di ciò che la mia bocca potrebbe lasciare uscire in un momento simile.
Mi fa stare male vedere nei suoi occhi grandi e tristi il vuoto riempito da quello che non avremo mai. Una casa piena di giochi, di ciucci e biberon sparsi sulla superficie della cucina, pannolini e panni sporchi perché di fare la lavatrice non c'è stato tempo. Una casa piena con un bambino che non avremo mai ad imbrattare le pareti con le mani sporche, a sorriderci con i soli due denti di davanti e magari una fossetta sulla guancia come la mia.
Mi fa stare male vedere il colore dei suoi occhi cambiare e farsi cupo perché questo la fa sentire incapace.
Mi piacerebbe litigare con lei. Urlarle che non è colpa sua. Farle capire che non è difettosa. E poi vorrei chiederle scusa. Ma il coraggio non sono riuscito ancora a trovarlo perché percepisco anch'io il peso del suo vuoto.
Il problema è che ha sempre avuto la capacità di influenzare il mio umore, i miei pensieri, i miei stati d'animo. In parte la odio per questo, ma allo stesso tempo la amo da impazzire per riesce ad alleviare tutto con la sua presenza nella mia vita.
Se ne accorge chiedendo silenziosamente una spiegazione.
«Stavo per dire una grandissima cazzata. Per questo mi sono fermato.»
Mi bacia il mento. «Facciamo un bambino?»
Rimango spiazzato e lei sorride raggiante. «Come...»
Mi accarezza la testa. «Lo voglio anch'io. Proviamoci.»
Sfioro delicatamente il collo. «E se va di nuovo male?»
Non oso pensare all'ultima volta. Alle aspettative e poi alla delusione.
«Riproveremo. Voglio il tuo bambino dentro di me. Voglio sentirlo scalciare e poi piangere e poi...»
Le tappo la bocca e lei ansima quando le sollevo tirandole dalla testa la vestaglia di seta avventandomi sul seno sodo e prosperoso. «Credi che prima o poi funzionerà?» Domando baciandole il ventre.
Si agita. «Tentar non nuoce. Adesso vieni qui maritino, ho bisogno di sentirmi tua.»
Non la faccio attendere piuttosto la faccio gemere e tremare dalla voglia.
Allargo con un ginocchio la sua coscia e sistemandomi su di lei abbasso i boxer.
Ansima sulla mia bocca urlando flebilmente quando mi spingo dentro di lei muovendomi secondo il suo ritmo, facendole crescere la voglia e la passione.
Mi graffia le spalle provocandomi un verso basso, animalesco. In risposta chiude gli occhi muovendo i fianchi.
Aumento il ritmo spingendo sempre più a fondo. È una sensazione sempre nuova per me. Lei è una continua novità. È come la prima volta che l'ho vista.
«Ti amo», dico.
Mugola trattenendo il fiato quando mi fermo e lei si contorce. «Continua!»
Mordo il collo. «Oppure che fai?»
Prova a spingersi su di me ma premo forte e urla sorridendo stringendo a sua volta la presa sulle mie spalle.
«Così?»
Conferma allargando le cosce. «Si, ti amo anch'io.»
Ancora una volta mi premo dentro di lei velocemente facendola impazzire. Notando le sue guance arrossate e la mano sul materasso intuisco che sta per perdersi, così aumento il ritmo portandola al limite.
Le sue gambe tremano abbassandosi. Affannata resiste mugolando. Mi bacia e quando mi tocca è come se innescasse qualcosa. Con un colpo di reni sprofondo in lei fermandomi, svuotandomi.
Mi accarezza i capelli mentre mugolo muovendo i fianchi e lei mi accoglie in estasi. Lo sono anch'io su di lei, sul suo corpo da dea. Le bacio i seni e si agita stringendomi il viso.
«Trav...»
«Si?»
«Non fermarti mai, mai, mai...»
Sorrido schioccandole un bacio. Esco lentamente guardandola assopirsi.
Mi sdraio osservandola ma i miei occhi decidono di abbassarsi e mi addormento più che rilassato.
Percependo i suoi capelli sul viso mi riscuoto e più che intontito mi alzo sgusciando dal letto. Indosso i pantaloni della tuta scendendo di sotto in cucina.
Preparo i pancake per lei mentre per me opto per uova e bacon ripensando alla prima volta che ci siamo incontrati e lei si è addormentata sul mio divano più che sfinita.
Da allora ho conosciuto meglio i suoi gusti in fatto di cibo e colazione. Non ama le uova e le cose salate al risveglio, tranne in rari casi. Inoltre si è sempre accontentata e io al contrario ho cercato di viziarla per farle capire che può avere tutto ma solo se lo vuole e se pensa di meritarlo.
Sto sistemando la colazione sui piatti quando lei spunta dall'arco abbracciandomi da dietro.
Posa un bacio sulla mia schiena. Le accarezzo le mani baciandole a mia volta la fede. Un gesto ormai familiare. «Buongiorno maritino.»
Anche se sembra stupido, adoro quando mi stuzzica in questo modo usando dei nomignoli dolci per famo impazzire e sentire uno stupito.
«Ben svegliata mogliettina», replico divertito.
Arriccia il naso. «Che hai preparato?»
Le faccio cenno di sedersi ma si sistema con uno slancio sul ripiano. «È più comodo qui», replica giustificandosi prima che io possa protestare.
Allora mi metto tra le sue gambe. «Come stai?»
«Mi hai fatto male alla patata, tante grazie», mi guarda seria.
I secondi passano scanditi dal ticchettio dell'orologio e dal cane dei vicini che abbia ormai da diversi minuti.
Sono sbalordito. Ma quando le si solleva l'angolo della bocca capisco e scoppiamo a ridere.
Mi spinge lievemente prima di abbracciarmi. «Sto bene, tu come stai?»
Le rubo un bacio. «Rilassato, svuotato e ho detto rilassato?»
«Un paio di volte ma ti si legge in faccia che hai scopato e pure bene.»
La guardo stupito. «Chi sei tu e che ne hai fatto di mia moglie?»
Ride assaggiando i pancake che spezza con le mani. Emette un verso di pura estasi continuando a mangiare.
«Sei davvero bravo a fare i pancake.»
«Sono bravo in tante cose», la stuzzico sollevando entrambe le sopracciglia.
Mi molla un colpetto. «Non essere modesto», replica bevendo un sorso di te' caldo.
Spazzolo il mio piatto poi bevo un sorso di caffè. Quando provo a baciarla fa una strana smorfia.
«Che succede?»
«Niente», scende in fretta dal ripiano. «Devo controllare una cosa per il lavoro. Lascia tutto dentro il lavello, faccio io.»
Scappa al piano di sopra prima ancora che io possa trattenerla.
In casa fa sempre tutto lei. Non si lascia aiutare neanche da Nan, concedendole lunghe giornate di spasso o di lavoro insieme a me. Per questa ragione lavo io i piatti poi pulisco il casino fatto mettendo in ordine. In questo modo non dovrà occuparsi anche della cucina.
Quando salgo in camera, la trovo al computer. Ha già messo in ordine il letto. Vedendomi entrare lo chiude scivolando sul bordo del letto guardandomi.
Entro in bagno lavando i denti. «Tutto ok?»
«Si», si avvicina quasi in punta di piedi.
Sputo la poltiglia lasciandomi spingere verso la vasca idromassaggio.
Apre il rubinetto azionando i getti rotanti. Sto già scartando una saponetta lanciandola in acqua. Ormai so cosa fare quando reagisce in questo modo.
Si spoglia davanti a me guardandomi con dolcezza.
Mi avvicino facendo lo stesso e in breve ci troviamo abbracciati dentro la vasca, la sua schiena aderisce sul mio petto, le mie braccia sono intorno alla sua vita, le labbra sulla sua nuca.
Passa le dita sulle mie braccia. «So perché lo stai facendo», si volta.
Drizzo lievemente la postura e lei mi sorride sistemandosi su di me. Con una spugna mi lava poi lascia andare tutto baciandomi, staccandosi con affanno dopo una manciata di secondi.
«Scusami.»
«No, scusami tu. Voglio solo che superi questo ostacolo che continui a portarti dietro.»
«Quello della vigilia e del mio compleanno?»
Annuisco eccitandomi sentendola agitarsi su di me mentre parliamo e i nostri corpi si attraggono come calamite distraendoci.
«Si», confermo.
Lecca le mie labbra. Non resisto e accontento la sua richiesta silenziosa abbassandola su di me.
«Che cosa dovrei fare?»
«Liberati dai pesi e goditi tutto il resto.»
Ci riflette un secondo poi mi ama senza controllo facendomi impazzire.
«Mi sto godendo te e tra poco sarai anche dentro di me. Ahhh...»
Sorrido impegnandomi e quando affonda le unghie sulla pelle gemendo capisco che non riesce più a tenere tutto dentro e avvicinando a me i suoi fianchi scivolo dentro di lei facendola ansimare sempre di più non fermandomi fino a sentirmi di nuovo completo.
Impieghiamo qualche istante per riprenderci. L'affanno è troppo. Bambi si stacca quasi dispiaciuta poi schioccandomi un bacio esce dalla vasca e come se niente fosse sparisce.
Rimango attonito sul suo strano comportamento attuale. Non so, c'è qualcosa che non torna. Sembra sfuggente.
Esco dalla vasca e avvolto da un asciugamano la seguo in camera. «Che ti succede?»
«Niente. Sono felice», mi abbraccia. «Adesso devo lavorare quindi ordina al tuo "uccello" di stare buono.»
La trattengo. «E tu ordina al tuo corpo di non farmi eccitare.»
«Metterò qualcosa... tipo i mutandoni della nonna o una tuta lercia, qualcosa di anti-tisaltoaddosso.»
Rido poi quando mi spinge esco fuori dalla stanza. «Ok, Bi.»
Mi dirigo nel mio studio dopo avere indossato una delle mie comode tute.
Seduto dietro la scrivania, la ricreazione aggiornata del mio studio come quella che ho all'appartamento, accendo il portatile lavorando a qualche nuovo progetto. Chiamo un paio di volte Nan per avere informazioni utili e in più poi le chiedo come va la vacanza e lei mi rassicura chiedendomi di non lavorare troppo e di godermi il Natale con mia moglie. Rispondo poi a delle e-mail di lavoro.
Bambi bussa alla porta dopo il tramonto. Entrambi a quanto pare abbiamo saltato il pranzo.
«Hai fame?»
Toglie il guantone da cucina mettendo le mani dietro la schiena come una bambina. Alle narici mi arriva l'odore buono delle patate, del calamaro al forno.
«Dove trovi il tempo di fare tutto?»
Prendendomi per mano mi porta in cucina dove ha già apparecchiato la tavola e anche messo al centro i piatti che mangeremo. C'è persino una candela accesa.
«Sono organizzata. Com'è andato il lavoro?»
Mi siedo versandole del vino bianco. Lei mi serve la cena aspettando che assaggi per darle un parere.
A volte è così insicura da farmi tenerezza ma è brava in cucina. A dire il vero è un portento in tutto quello che fa. Le manca solo quel pizzico di sicurezza e coraggio in più.
Assaggio il pesce. «Davvero buono!»
Se ne compiace e mangia voracemente la sua porzione.
Raramente la vedo mangiare così e in minima parte mi fa piacere.
«Il lavoro è andato bene. Ho messo le grinfie su due nuovi progetti e quando Nan tornerà dalla breve vacanza in quel centro di bellezza che le hai offerto, avrà inizio l'assalto.»
Sorride facendo una strana smorfia. Come quella di questa mattina.
«Tutto ok?»
Avvicina il bicchiere poi ci ripensa bevendo un sorso d'acqua. «Si.»
Dopo cena l'aiuto a rimettere in ordine la cucina poi prendendola in braccio, quando si appisola sul divano mentre guardiamo un film, la porto in camera da letto.
«Ti amo tanto», sussurra.
Mi riempie il cuore di gioia sapere che finalmente si è liberata di qualche peso. Le sistemo la coperta e la guardo dormire fino a quando il sonno non colpisce anche me.
Al risveglio però non la trovo al mio fianco.
Il letto è freddo, in ordine. Mi sollevo di corsa e come un pazzo la cerco in ogni stanza del piano superiore trovandola infine di sotto, sdraiata sul divano sotto la coperta morbida in tartan rossa.
Sotto l'albero, a pochi passi dal camino, ha sistemato i regali.
Accendo proprio il camino. Qui dentro si gela. «Sveglia dormigliona! Oggi dobbiamo andare a pranzo da Emerson.»
Si lamenta. «Non posso.» Le esce un tono basso, roco.
«Perché?»
Sbircia. «Sto male.»
Corrugo la fronte. «Che significa che stai male?»
«Che non mi sento bene», risponde di getto irritata.
Mi inginocchio davanti a lei. «Non ci credo. Stai usando solo una scusa. Andiamo. Coraggio!»
«No, sto davvero male. Vacci tu!»
Il tono che usa mi allarma.
«E lasciarti qui da sola? Non se ne parla.»
«Ti conviene se non vuoi prendere lo stesso virus.»
Corrugo la fronte. «Di che diavolo stai parlando?»
Sbircia ancora con un occhio. «Ho lo stomaco sottosopra e non posso neanche pensare al cibo perché...» tappa la bocca. Diventa bianca come un cencio e scostando la coperta corre in bagno.
La seguo ma chiude la porta a chiave forse ricordando l'ultima volta che è successo come ho reagito.
Mi appoggio con la fronte ad essa. «Bi, tutto ok lì dentro?»
La sento vomitare. «Si», tossisce premendo lo sciacquone. Sento lo scroscio dell'acqua sul lavandino poi la porta si apre. Profuma di menta.
«Puoi prepararmi un po' di te'?»
La prendo in braccio. È così debole da non protestare. Non è proprio da lei. Lamenta un dolore dovuto ad un crampo e mi fermo tra il corridoio e il soggiorno.
«Bi...» cantileno.
«È solo una fitta, niente di cui preoccuparsi», la vedo soffrire e boccheggiare. «È passata.»
La sistemo con delicatezza sul divano. «Ok, mi sto spaventando. Sei pallida e hai dolori. Da quanto stai così? Perché diavolo non mi hai svegliato?»
Appare spaventata dalla mia reazione.
«Che c'è?»
Morde il labbro. «Posso avere prima il te'?»
Sempre più confuso, annuendo vado in cucina borbottando tra me e me.
«Ti ho sentito.»
Sorrido preparandole la sua bevanda calda preferita con un po' di limone e zenzero. Credo aiuti con la... nausea.
Torno in soggiorno con un vassoio sulla quale ho anche messo un piatto di biscotti.
Lei non c'è. Corro in bagno e la sento bisbigliare qualcosa.
Busso una volta alla porta. Trovandola aperta entro senza avvisare e lei è al telefono appoggiata al ripiano.
«Si, ok. Grazie infinite.»
Chiedo spiegazioni. Lei spegne la luce del bagno portandomi in soggiorno tenendomi per mano come un bambino. Mi siedo sul tappeto davanti a lei.
Beve un sorso di te' caldo rilassandosi. «Hai imparato a fare il te'», sorride in modo dolce.
Purtroppo sono agitato dentro da qualcosa, un pensiero che non riesco neanche a formulare perché potrebbe scatenare l'inferno e allora la fisso non riuscendo a ricambiare la sua dolcezza.
Mi tira a sé e mi siedo sul bordo del divano.
Bacia la mia spalla come per chiedermi scusa.
Ci guardiamo intensamente e sento di amarla così tanto da impazzire.
«È passato?»
Nega. «Se le previsioni sono errate sarò così ancora per qualche ora. In caso contrario andrò nel panico perché il rischio è alquanto alto.»
Inarco un sopracciglio. «Che cosa significa? È solo un po' di nausea. Ti avrà fatto male qualcosa», controllo che non abbia la febbre e scaccia via la mia mano.
Mi bacia il collo. «Ti stai preoccupando e lo so ma è solo un po' di nausea come hai detto tu. Con il tuo te' magico sono sicura che passerà.»
«Mi prendi in giro adesso?»
Mi alzo sbuffando. «Ok, ho bisogno di un momento.»
Lei appare stranita. «Ok, Trav...»
Bambi è una persona che si fa amare e odiare perché ha la capacità di mandarti via facilmente. Ma so che dentro di lei si scatena sempre la tempesta perché non si abituerà mai più ad una nuova perdita. Lo so che a mandare via è solo il suo cuore pugnalato troppe volte. Lo so che in fondo è sempre stata una persona dai grandi sentimenti. Quelli veri che non è mai riuscita davvero a gestire perché forti e incontrollabili.
La lascio tranquilla spostandomi nel mio posto preferito: il roseto.
Qui spazzo via le foglie secche, taglio le rose che non ce l'hanno fatta a causa del freddo portandole in casa dove trovo Nan. Se ne sta in cucina, osserva la vetrina con interesse.
«Signor... Travis!»
Finalmente sta imparando a chiamarmi per nome.
«Nan, non ti aspettavamo. Che succede?»
«Sono solo venuta a portare un regalo a Bambi.»
«E lei dov'è?»
Gratta la tempia. «Sta un po' male oggi. È corsa in bagno.»
Confermo. «Si, avrà mangiato qualcosa che le ha fatto male. Mitch?»
«Qui fuori. Sta parlando al telefono con i suoi parenti per fargli gli auguri.»
Bambi compare in cucina. Sembra spaventata. Ha il viso letteralmente atterrito.
Nan le si avvicina come una mamma apprensiva e mi sento morire quando abbracciandola le da un bacio sulla guancia e con un sorriso se ne va senza dire niente.
Il silenzio diventa improvvisamente intollerabile.
«Ok», sbotto. «Che diavolo succede?» Alzo il tono.
Mi prende per mano. «Facciamo una passeggiata?»
Mi lascio trascinare fuori. Mi porta nel roseto dove sfiora la rosa, quella più grande che sono riuscito a far crescere.
«Allora?»
Mi guarda in modo dolce. «Non credo ci sia un modo specifico per dirtelo... e la cosa mi spaventa perché è abbastanza pericolosa.»
Rimango in attesa non capendo.
Si avvicina e prendendo la mia mano la posa sul ventre. Abbassando il mio viso mi bacia delicatamente.
«Ricordi tre mesi fa che cosa è successo... come ieri...»
Come dimenticarlo. Annuisco poi sgrano gli occhi. Improvvisamente tutto cambia. «Mi stai dicendo che...»
Scoppia in lacrime. «Ho le nausee due mesi circa e ho appena fatto tre test. Per questo c'era Nan. Non sapevo che cosa fare... e avevo paura di deluderti. Così l'ho chiamata e mi ha portato tutto l'occorrente.»
«E... va al dunque!»
«Presto saremo in tre», strilla d'un fiato spezzando la tensione e il silenzio. «E ho paura.»
La guardo stordito abbassando le spalle e le difese. Poi la fisso con così tanto amore da emozionarmi come un bambino proprio davanti a lei che mi abbraccia.
«Non voglio perderlo.»
Dovrei essere io quello a darle forza, mi dico ricomponendomi. «Andrà tutto bene. Sarà un combattente proprio come te e me.»
L'abbraccio stringendola forte al petto, asciugandole le lacrime che continua a lasciare uscire perché spaventata ed emozionata.
«Non puoi lontanamente immaginare quanto ti amo! Mi hai reso più che felice.»
Batto le palpebre incredulo sentendomi più che stordito. Non posso crederci. «Presto sarò papà», rido. «Saremo genitori, Bi. Io... io ti amo», la sollevo baciandole le labbra morbide.
Sorride. «Ti amo Travis.»
Mettendola giù le accarezzo la pancia prima di inginocchiarmi e baciargliela.
«Sei la mia vita, Bi.»
Singhiozza. «Tu sei la mia, Trav.»
Siamo sempre stati diversi io e lei, eppure ci siamo completati perfettamente come i pezzi di un puzzle sin dall'inizio. Ci siamo ritrovati sullo stesso sentiero fatto di ricordi, di dolore e solitudine. Lei con le sue incolmabili mancanze ed io con i miei vuoti. Io con i miei momenti di distacco e lei con i suoi attacchi di panico. Io con le mie paure e lei con le sue debolezze.
Lei con le sue fantasie, con i suoi momenti no, con i suoi improvvisi cambi d'umore ed io con i miei tentativi di aiuto spesso vani, perché non sempre puoi aggiustare un cuore ferito troppe volte.
Ci siamo spinti lontano. Abbiamo attraversato i pericoli insieme, superato gli ostacoli e imparato le durissime lezioni di una vita fatta di dolore.
Ma ci sono stati dei momenti in cui mi sono sentito davvero amato da lei e non nella misura paragonabile ad un semplice amore tra due che si rispettano. È un qualcosa che è andato oltre agli sguardi, ai sorrisi, al silenzio pieno di parole e frasi mai pronunciate. Come nei momenti in cui mi permetteva di avvicinarmi davvero alla sua anima e di abbracciarla tenendola stretta e forte tra le mie braccia, con il petto dove già il mio cuore stava lottando per uscire e ricongiungersi al suo incastro.
Ed era in quei momenti che avrei tanto voluto ripetergli quanto amore ho provato per lei. Adesso la amo più di prima perché nonostante i casini che ha fatto, la paura che ha avuto, io ho sempre saputo che sarebbe stata lei la mia unica persona e non me ne sarebbe fregato di nient'altro. Sapevo che prima o poi tutto si sarebbe risolto e che il destino finalmente ci avrebbe dato tregua. Sapevo che mi sarei perso negli occhi, nelle labbra, nei sorrisi, nel corpo, nei pensieri, nelle paure, nei desideri, nell'anima di qualcuno. Sapevo che avrei avuto un enorme potere, quello di cambiare tutto quanto. Quello di trasformare il mio destino. Perché prima o poi succede. Da arma diventi proiettile. E ti senti così forte da non avere neanche bisogno di colpire.

♥️

N/a:
Se andate sul mio profilo trovate una sorpresa intitolata: "Come crepe sull'asfalto".

Come proiettile nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora