Sei mesi dopo...Quando finisce una storia, devi soffrire. Quando ami sei consapevole del fatto che quando tutto finirà starai male. Il dolore lo si affronta in modi diversi. C'è chi cerca di non sentirlo facendo molteplici cose, chi al contrario si lascia travolgere.
In fondo è inevitabile. Perché quando finisce una storia, vivi ogni fase come se fosse una perdita. E quindi inizialmente non senti niente, ti chiudi in te stesso, diventi persino apatico. Poi, lentamente qualcosa dentro di te si scioglie. Inizi a vedere ovunque quella persona fino ad impazzire. E allora ridi, piangi, rimani in silenzio. Ma vivi il dolore perché non puoi fermarlo neanche volendo.
Alla fine però torni a respirare perché hai la piena consapevolezza che sia finita, quindi torni a vivere mettendo un punto, voltando pagina o forse semplicemente cambi libro, cambi storia. Magari la tua. Quella che cerchi di riscrivere con un lieto fine.
Tutto quello che ho fatto o faccio, lo faccio per non perdermi più. Non voglio dimenticare chi sono stata ma voglio vivere per quella che sono adesso. Perché il passato ti forgia come una spada. Sta a te poi saperla usare nel modo giusto, per difenderti, per combattere.
«Ancora un sorriso... così!»
Il flash della macchina fotografica, il rumore dell'otturatore mi riportano al matrimonio di Emerson. Vengo abbagliata e strizzo lievemente gli occhi ricomponendomi.
Siamo appena uscite dalla chiesetta conservata nel suo stato originale, in netto contrasto con i grattacieli e la modernità e stiamo continuando a fare foto su foto su un prato del parco vicino a questa, dove i tacchi affondano a causa della morbidezza del terreno ancora umido.
Per questa ragione, ho tolto le scarpe rimanendo a piedi nudi, invogliando un po' tutti gli invitati a fare lo stesso.
Questi, adesso appaiono meno a disagio, un po' più sorridenti e rilassati, visto che in chiesa, durante i voti, c'era troppa tensione. Era un momento di verità, di vita. Poteva anche essere un momento di fuga ma ciò non è accaduto, per fortuna. Emerson ha detto sì senza tentennamenti, con l'emozione negli occhi di una donna che ha davanti a sé il vero amore, forse l'unico ma comunque amore.
«Signorina potrebbe mettersi di nuovo accanto alla sposa? Poi posso scattarle una foto da sola? Ha un viso da modella.»
Guardo il fotografo mostrando un sorriso imbarazzato e lui, scatta a raffica fino a quando io ed Emerson non proviamo a fermarlo.
Mi fermo voltandomi e la mia amica mi abbraccia. Mi si getta proprio addosso più che emozionata ed euforica.
È davvero bellissima nel suo abito da sposa principesco. Un corpetto a cuore tempestato di diamanti che risplendono alla luce del sole mandando bagliori ovunque, il lungo velo bianco incastrato su una tiara e la gonna a sbuffo con qualche decoro in pizzo.
Non hanno badato a spese per questo matrimonio da favola. Ecco perché andremo in uno dei ristoranti più esclusivi di tutta New York. Hanno anche pagato una stanza a tutti gli invitati nell'hotel. Questo, per evitare che qualcuno si metta alla guida ubriaco, visto che i parenti dello sposo bevono ormai da ore. A quanto pare come da usanza di famiglia devono fare dei brindisi per portare fortuna alla nuova coppia di sposi.
«Ti prego non bere quella roba che il nonno di Brian ha nella fiaschetta. Neanche se ti urla addosso che è per benedirci o altro. Mi servi in piedi e vigile almeno tu», mi sussurra all'orecchio. «Ho notato come ti guarda e devi stare attenta. Sa essere molto persuasivo.»
Sorrido anzi rido posando la mano sulla bocca. «Non berlo neanche tu se vuoi indossare il tuo secondo abito costoso e arrivare a fine serata in piedi.»
Strizza un occhio sollevando lievemente il labbro. «Ci proverò! Sarà difficile visto che sono quasi tutti su di giri», replica indicandoli. «Ecco perché abbiamo qualche ora per riposare e per riprenderci.»
Alzo gli occhi al cielo. «Comportati da adulta Emerson!» la prendo in giro. «E in questo giorno rilassati e divertiti. Goditelo a pieno e non preoccuparti di niente. Vedrai che andrà tutto bene e il nonno di Brian non oserà farmi assaggiare il liquido misterioso dentro la fiaschetta.»
Ride abbracciandomi ancora. «Ti voglio bene Bambi Stevens. Non dimenticarlo mai», preme le labbra sulla mia guancia e per poco non mi bacia in bocca. «Sei la migliore amica che io abbia mai avuto. Sappilo!»
«Ehi, ehi. Che stai facendo con la damigella più bella? Non è ancora presto per certe scappatelle?»
Brian si avvicina con il suo completo grigio antracite lucido e il sorriso smagliante di uno a cui piace fare surf. È davvero bello ed Emerson sta già sbavando. Le chiudo infatti la bocca e picchia la mano sulla mia.
Ridiamo. «Stava già tradendo lo sposo.» Mimo. «Tienila d'occhio credo abbia bevuto l'intruglio di tuo nonno.»
Brian abbraccia Emerson. «Tanto lo so che voi due andate a letto senza di me.»
Emerson ha dormito da me prima del matrimonio. Non la facevo una persona scaramantica. Abbiamo passato delle bellissime serate insieme prima di questo giorno stupendo, pieno di emozioni e sorprese.
Oggi più che mai, sono davvero felice per lei. La vedo solare e piena di energia. La vedo se stessa, libera da un peso che forse per anni le ha schiacciato il cuore. Brian poi, pende letteralmente dalle sue labbra. È l'unico uomo per lei. Sono sicura che insieme avranno tantissimo successo.
«Lo so che ti piacerebbe averci nel letto tutte e due ma dovrai accontentarti di me per quanto tempo?»
«Direi per sempre. E non mi approfitterei mai di Bambi.»
Li lascio alla loro conversazione avvicinandomi a Beverly con il suo pancione che ormai da quattro mesi continua a crescere.
Ci ha dato la notizia sin dal primo istante rendendoci partecipi della sua gioia e con il suo ragazzo, Oliver, hanno deciso di evitare le nozze in pompa magna per come avevano programmato per sposarsi intimamente in una località qui vicino la scorsa primavera.
Anche lei era bellissima quel giorno. Adesso la vedo attenta al suo pancione, sempre disponibile e solare, proprio come l'ho conosciuta. Oggi indossa un abito verde acqua in grado di rendere la sua pelle scura luminosa.
Le sfioro la pancia. «Come sta la nostra principessa?»
Beverly mi circonda le spalle con un braccio. «Cresce e mi fa ingrassare come un rinoceronte. Credi a me, sarà una stronza!»
Rido.
«Tesoro!» la rimprovera il marito che, richiamato da Brian, scusandosi si sposta verso di lui per una foto di gruppo tutta al maschile.
«Vuoi del succo di frutta? Non dovresti stare al sole senza bere qualcosa di fresco.»
«Si, grazie. In effetti fa davvero caldo oggi.» Risponde sventolandosi.
Ci spostiamo nella zona coperta da alberi dove è stato allestito il rinfresco, facendoci servire due bevande colorate con ghiaccio. A distanza c'è una lunga tavola piena di stuzzichini.
Passo a Beverly il suo bicchiere mentre Natalie e le sue due pesti che continuano a correre sul prato insieme agli altri bambini, ordinando qualcosa al marito, si avvicina a noi mandando giù un cocktail con l'ombrellino.
Oggi indossa un abito blu elettrico in stile dea. I suoi capelli sono raccolti e qualche ciuffo ondulato ricade dall'acconciatura.
«Sei bellissima», mi sfiora le braccia guardandomi dall'alto in basso un paio di volte.
Arrossisco lievemente guardando il mio abito. Rosa cipria molto delicato, scelto da Emerson. Un corpetto simile al suo pieno di lustrini, una gonna morbida lunga con uno spacco vertiginoso, un foulard che ho legato al collo dopo essere uscita dalla chiesa per non sentirmi oppressa.
Ho raccolto i capelli e mi sento bella. Mi sento a mio agio.
«Se vi dico che mi sento bella mi giudicherete o mi riterrete piena di me?»
Ridono negando. «Lo sei. Oggi hai una luce diversa negli occhi. Sembri serena.»
Mi scrutano attentamente facendomi sentire un po' troppo al centro dell'attenzione.
«Lo sono», alzo il bicchiere. «È una bellissima giornata per un matrimonio e mi sento a mio agio tra di voi. Ci voleva proprio qualcosa di positivo.»
Emerson, staccandosi dal gruppo di parenti dello sposo che tentano di rifilarle qualcosa di alcolico, si unisce a noi.
«Ehi, di cosa si parla qui?»
«Bambi si sente bella. Finalmente la nostra piccolina sta uscendo dal bozzolo.»
Emerson guarda attentamente nei miei occhi sembrando sul punto di avere un malore poi sorride raggiante. «Si, dovevate vedere l'entusiasmo nell'aiutarmi nella scelta degli inviti, delle bomboniere e persino del viaggio di nozze che faremo. È stata praticamente lei ad organizzare tutto questo. Non è grandiosa?»
Solleva il calice. «Alla bellissima e disponibile organizzatrice di matrimoni delle amiche, Bambi», mi circonda le spalle con un braccio.
«Si, è stata davvero brava anche nel mio riuscendo in poco tempo a farmi ottenere quel gazebo per la cerimonia.»
Sorrido loro in imbarazzo. «Voi avete fatto tanto per me, era il minimo aiutarvi. Poi diciamocela chiaramente: sono brava e organizzata.»
Natalie mi abbraccia. «Sei meravigliosa e siamo felici che ti senti meglio e che ti trovi a tuo agio con noi.»
«Vi voglio bene ragazze.»
Brindiamo.
Dopo qualche chiacchiera e qualche aneddoto divertente sugli sposi, dopo una passeggiata al parco per smaltire il primo buffet e tutti i drink, ci spostiamo finalmente in hotel dove possiamo riposare nelle nostre singole stanze e cambiarci per la cena.
Faccio una lunga doccia nel bellissimo bagno tecnologico accompagnata dalla musica che parte dalle casse poste in alto, tenute ben coperte per proteggerle dall'umidità. Tolgo finalmente il lieve sudore sulla pelle a causa del caldo.
In asciugamano, gentilmente offerto dell'hotel insieme ad una cuffia, uno spazzolino e un flacone di bagnoschiuma alla vaniglia, mi sposto nel piccolo salotto sedendomi sul comodo divano ad L. I cuscini sono dello stesso tessuto di pelle del divano. In alternanza bianco e nero sul grigio ghiaccio. Un tavolo di vetro con un piede al centro dalla forma simile al tronco e il ramo di un albero. Sopra alla superficie una rivista, un posacenere, un vaso a forma di cuore pieno di rose bianche di quelle che non appassiscono mai. Mi stendo un momento sfogliando la rivista.
Annoiata mi rialzo in fretta girando a piedi nudi sul pavimento di legno chiaro. Scosto la tenda bianca aprendo la vetrata, uscendo sul balcone dove ammiro l'oceano, le barche che passano lente. Alzo gli occhi verso il cielo azzurro, incontaminato, qualche aereo lascia la sua scia bianca.
Tornata in camera mi cambio togliendo l'asciugamano. Indosso l'abito rosso fiamma con lo scollo alla Marilyn e il fondoschiena scoperto, direi vertiginoso. Cambio rossetto sulle labbra mettendone uno in tono con l'abito e due gocce di profumo sui polsi e sul collo.
Mi guardo allo specchio per qualche istante, quello posto tra il bagno e la stanza illuminato sulla parte alta dai fari, sentendomi davvero bene interiormente.
«Vediamo se riesci a schivare il nonno di Brian ancora anche con questo abito», mi prendo in giro da sola recuperando la borsetta.
Fuori dalla stanza parecchio ampollosa e ricca di dettagli in stile moderno, scendo al piano di sotto ritrovandomi in una bellissima sala finemente decorata nello stile estroso di Emerson. Mentalmente mi do la pacca sulla spalla da sola per averla aiutata nella scelta.
Lampadari di cristallo pendono a distanza e i tavoli sono numerati e ogni posto assegnato meticolosamente.
Io mi trovo insieme alle mie amiche e per fortuna non faccio parte del tavolo dei single insieme allo zio della sposa. Un adorabile uomo con i baffi e le guance rosse. Gli manca un dente ma è abile nel raccontare barzellette, un po' troppo quando ci prende la mano.
«Rosso di sera...» mi stuzzica Beverly agitando le spalle con un sorriso malizioso. «Ti sei riposata?»
«Sono scesa prima perché mi annoiavo.»
Beve un sorso d'acqua accarezzandosi la pancia.
Forse non potrò mai avere un momento del genere, rifletto ripensando alle parole del medico, quando sei mesi fa sono andata a farmi visitare in seguito all'aggressione perché avevo continui dolori al ventre e mi ha detto che le probabilità di avere un bambino erano scarse e pericolose dopo quello che avevo subito. Sono state le innumerevoli pedate ricevute a togliermi questa felicità.
Per me è stato uno shock, ma le mie amiche ci sono state per me mentre io ero assente. Avevo proprio spento una parte di me ignorando quel dolore.
Di tanto in tanto adesso esce tutto allo scoperto ma lo ricaccio subito nel profondo perché so di poter essere forte. Lo devo a me stessa per tutto quello che ho passato. Sono una sopravvissuta.
«Non hai scoperto la tv posta dentro l'armadio davanti al letto allora.»
La guardo entusiasta. «C'è una tv lì dentro?»
Sorride. «Si, io e Oliver abbiamo guardato una soap opera mentre ci sistemavano.»
Afferrandomi la mano la porta sulla pancia guidandola dove si trovano i piedini della bambina. La sento scalciare e mi emoziono contenendo tutto in un sorriso.
«Avremo una calciatrice tra di noi oppure una ragazza tosta che prenderà a calci nel didietro chiunque.»
Beverly ride. «Si, sarà un mix e voi ci sarete come zie?»
«Non vedo l'ora che nasca per portarla al parco o in piscina.»
Apre una confezione di grissini. «Sono spaventata ma so di avere voi accanto.»
Ritraggo la mano quando la lascia andare. «Certo», dico con sicurezza.
«Signori e Signore gli sposi», annuncia il vocalist che sta già animando la cena.
Ci alziamo in piedi quando Emerson e Brian fanno il loro ingresso sorridenti, mano nella mano.
«Per inaugurare la cena, faranno il loro primo ballo con una canzone che ha accompagnato la loro storia.»
Ridiamo quando ci racconta qualcosa sul loro fidanzamento. Elementi che nessuno a parte i famigliari conoscono.
La cena ci viene servita mentre loro si esibiscono al centro della sala ballando sensualmente l'uno attaccato all'altra.
Mi emoziono nel vederli così complici e mi volto per non mostrare a nessuno la mia breve debolezza.
Sono stata forte in questi mesi. Nessuno mi ha più visto fragile o impaurita. Ho ignorato ogni sensazione tenendola con uno sforzo dietro l'altro all'angolo. Non ho più ceduto. Mi sono solo presa cura di me stessa medicando ogni profonda ferita.
Natalie mi passa di nascosto un fazzoletto notandomi girata dall'altro lato con gli occhi rossi.
«Ci voleva questo matrimonio per farti sciogliere un po'?»
Sorrido negando. «No, non funziona così. Odio i matrimoni.»
Ride. «Si, certo.»
La cena è ricca, un menù vario e a scelta. Graziosa questa modalità. Mi diverto a prendere piatti diversi mentre il cameriere continua a flirtare con me.
«Posso portarti altro?»
«No, grazie.»
Si allontana.
«Hai visto come ti guarda?»
Ridono Natalie e Beverly indicandolo mentre serve i bambini tutti seduti ad un tavolo e scherza con loro continuando a guardarmi, a mandarmi strani segnali.
«Già. Mi avrà riconosciuta dalle clavicole», replico divertita e con enorme sarcasmo.
Ridono. «O forse avrà notato che sei bella.»
Emerson si avvicina. «Ehi conigliette, si va in pista!» urla trascinandoci al centro della sala piena di colonne e dal pavimento di marmo dove ci scateniamo come solo noi sappiamo fare insieme.
Togliamo tutte i tacchi coinvolgendo persino i vecchietti che hanno bisogno delle bombole d'ossigeno per riprendersi dopo ogni ballo. Ma sono tutti divertiti. Tutti uniti.
La musica cambia in fretta, da quella da discoteca passiamo ai lenti ed Emerson mi avvicina. «Sei bellissima. Hai qualcosa di diverso.»
Le faccio fare una giravolta. «Sono felice per la mia amica. Adesso facciamo ingelosire Brian?»
Ghigna avvicinandomi e guardandolo con sfida sfiora le mie labbra con le sue rimpolpate dal lucida labbra.
Tutti notandolo iniziano a fischiare, battere le mani e ridere mentre lui, a distanza, scuote la testa vistosamente accaldato.
«Non hai un cavaliere», dice ad un tratto la mia amica.
Corrugo la fronte. «Non ne ho bisogno di uno. Ho già la mia dama.»
«Si, ma non hai un cavaliere», ripete facendomi fare una giravolta.
Dopo avere bevuto così tanti bicchierini insieme a lei e Natalie dopo ogni ballo, sento tutto girare.
«Che significa?» Chiedo spiegazioni gesticolando.
La musica ancora una volta cambia. La band suona un lento con i soli strumenti. Il ragazzo che sta suonando il pianoforte è davvero bravo.
Tutti corrono a prendere i loro partner mentre io indietreggio lasciando Emerson nelle mani di Brian che le circonda velocemente la vita prima che lei possa sfuggirgli. Ma continua a sorridermi.
Mi insospettisce la sua strana reazione, visto che non mi ha ancora dato una risposta.
«Te lo avevo promesso mesi fa e non mi hai creduta. Davvero non ricordi?»
Rifletto un momento a quello che sta blaterando mentre tutti stanno già ballando con qualcuno. Sono circondata da persone eppure mi sento improvvisamente sola ed esposta. Come quando ti rendi conto di essere invisibile agli occhi di chi al contrario tu vedi e pure bene.
Mi abbraccio. «No, non capisco», indietreggio alzando le spalle. «Non ricordo quel giorno ero impasticcata di antidolorifici.»
Emerson sorride in modo inquietante. «È per questo che ti ho promesso che sarebbe andato tutto bene.»
I suoi occhi intercettano qualcosa alle mie spalle. Le cade letteralmente la mascella. Un po' come accade anche a Natalie e Beverly, quest'ultima con la testa appoggiata al petto di Oliver sgrana gli occhi stringendo la presa sulla sua giacca.
Non capisco la ragione del loro improvviso cambiamento e mi volto lentamente.
Vedo il mondo, le persone muoversi a rallentatore. Rimango spiazzata. Mi sento per un lungo istante priva di peso ma non lascio trapelare i miei sentimenti che rischiano di straripare di colpo, non ho una reazione esagerata. Drizzo solo le spalle e con nonchalance mi sposto al tavolo, dove per riprendermi dal colpo basso da parte della mia amica nel suo giorno speciale, bevo un bicchiere di champagne.
Sentendomi meglio. Dopo avere calmato il fuoco divampato al centro del petto, torno a guardare verso la pista. I miei occhi continuano a posarglisi addosso.
Alto, spalle larghe, capelli corti in ordine. Un abito elegante di sartoria con la camicia bianca, il gilet damascato e la giacca nera. Cravatta intorno al collo, dei gemelli d'oro sui polsini della camicia. Pantaloni che sfiorano la forma scolpita delle sue gambe.
Sono sei mesi che non ci vediamo. Eppure eccoci di nuovo qui. Tutto sembra come sempre. Direi quasi normale.
Lo vedo mentre fa gli auguri ad Emerson e Brian che gli sorride come se fossero amici di vecchia data.
In fondo è da tempo ormai che si frequentano senza mai lasciare trapelare niente durante le cene o le nostre serate.
So che la mia amica lo ha fatto per me, per non farmi soffrire. E so che non hanno mai smesso di sperare per noi.
Forse neanche il mio cuore ha smesso, visto come ha reagito nel rivederlo.
In questi mesi ho evitato i luoghi che ci accomunano, ho percorso il mio sentiero rafforzando un lato di me che rischiava di cadere a pezzi. Sono cresciuta e maturata. Mi sono data da fare nel lavoro, nelle mie passioni che ho continuato a coltivare. Non ho avuto posto per i drammi, le lacrime e il dolore. Ho superato con alti e bassi ogni cosa, ma l'ho fatto con tenacia rendendo me stessa orgogliosa.
Quando noto il cameriere pronto ad avvicinarsi, mi sposto di nuovo verso la pista per evitarlo.
Una mano mi sfiora il gomito. Mi giro di scatto credendo che sia proprio quest'ultimo, invece è lui. Mi sta sorridendo nel suo modo spontaneo e sereno.
Sembra proprio non avere resistito.
«Ciao», mi saluta.
Sentire la sua voce seppur smorzata dalla musica mi fa un certo effetto. Tremo dentro. Mi si ferma il cuore. Mi manda in subbuglio la mente. In tilt il corpo intero.
«Ciao», rispondo con la gola secca, il cuore adesso a battere impazzito come non mai e le gambe improvvisamente molli. Me ne sto impalata ad ammirarlo come una stupida ragazzina che si ritrova davanti al proprio idolo.
«Ci siamo già visti da qualche parte?»
Nascondo il sorriso che vorrebbe uscire come il sole dietro le montagne all'alba, di fronte a questo strano modo di attaccare bottone, ma non riesco a fare lo stesso con il rossore sulle guance che sento ormai in fiamme da parecchi minuti.
Il suo sguardo su di me è come acqua calda mentre intorno c'è la neve. Mi ustiona ancora la pelle e da questo comprendo il potere che ha e avrà sempre su di me.
«Probabilmente ci siamo incontrati in qualche altro matrimonio dove io ero sempre la damigella della sposa.»
Anche lui nasconde il sorriso, lieto di non essere cacciato via. Ho notato come ha rilassato le spalle dinanzi la mia reazione spontanea e divertita.
Assottiglia l'occhio dall'iride scura come la notte. «Ne sei sicura? Forse ci siamo incontrati dopo un addio al nubilato e tu ballavi su un cubo mezza ubriaca ed io ero il tizio seduto al bar che ti fissava come un maniaco.»
Faccio finta di pensarci su. «Si, può darsi. Mi ricordo di te.»
Guardo la pista minacciando silenziosamente la mia amica che ha progettato tutto questo facendomi sfidare di nuovo il destino. Lei mi risponde con una linguaccia poi bacia Brian sensualmente facendolo eccitare, trascinandolo fuori, in giardino.
«Oggi sei solo una damigella o anche una cubista?»
Liscio l'abito. «Non vorrei rovinare l'abito volteggiando intorno ad un palo», esclamo. «Direi più la prima opzione.»
Sorride ancora con un rossore gradevole sulle guance. Guarda ovunque con disinvoltura poi mi porge la sua mano.
«Balli?»
Indossa ancora l'anello. Guardo per istinto il mio con un po' di nostalgia.
Ci sono momenti in cui sai benissimo cosa vuoi. Eppure continui a trattenerti per paura di soffrire. Non da sola ma in due. Perché la verità a volte è davanti ai nostri occhi, è così evidente anche se non la notiamo o facciamo finta di non vederla. Perché per affrontare la realtà devi sacrificare sempre qualcosa. Devi fare soprattutto delle scelte. Ma sai benissimo di non essere ancora pronta a perdere. A perderti. Per cui aspetti anche se il tempo sfugge come sabbia dentro una clessidra e i rimpianti si accumulano come polvere.
«Se sei un palo no, grazie. Non vorrei sgualcire la gonna.»
Quando mi afferra la mano, una forte scarica investe entrambi. Noto le sue pupille dilatarsi e nei suoi occhi il riflesso dei miei che si perdono nel colore diverso delle sue iridi. Precipito nella loro luce accecandomi, lasciandomi avvolgere dal calore e dalla piacevole sensazione di appartenenza che in parte ci lega ancora.
«Posso essere una sedia o un bravissimo ballerino se vuoi. Tutto dipende da te. Sai muoverti o sei un pezzo di legno?» Mi provoca.
La sua mano con una certa e più che spudorata sicurezza, scivola lungo la mia schiena nuda facendomi trattenere il fiato. Porta la mia sulla sua spalla mentre mi prende l'altra incrociando le nostre dita, guidandomi per un po' seguendo il ritmo della musica.
«Non sei un po' troppo scoperta?»
Mi fermo guardando il seno in evidenza tra lo spacco del vestito e dietro.
«Dici? Credi che sia un problema per lo zio di Emerson o per il nonno di Brian?»
Li intercetta velocemente sollevando l'angolo della bocca carnosa. Quei due denti storti. Vorrei che mi mordesse il labbro o la pelle.
«Adesso capisco perché quel poveretto sia attaccato a quella bombola.»
«E della nonna di Emerson che mi dici? Non fa altro che divorarti usando quello sguardo.»
Le rivolge il suo facendola sorridere. Ci saluta persino con la mano tenendo l'altra stretta ad un fazzoletto che preme nel petto.
«Forse somiglio al suo defunto marito», mi sussurra complice. «Ho paura.»
Rido non riuscendo a trattenermi. «Forse vuole solo fare un ballo con te.»
Mi fa fare una giravolta afferrandomi i fianchi, avvicinandomi a sé. Le mie mani sono già sulle sue spalle. Le dita risalgono accarezzandogli la nuca poi le intreccio.
Abbassa il viso e guardandoci negli occhi, balliamo così, senza dire niente, per qualche minuto.
«Chi sono io per negare un ballo ad una signora.»
La musica cambia ancora. Mi stacco in fretta per non cedere alle innumerevoli tentazioni che Emerson mi ha messo davanti come ciliegina sulla torta in questo giorno già pieno di emozioni.
Travis fa un passo indietro guardando la donna poi ci ripensa circondandomi la schiena.
Alle narici arriva costante l'odore che da mesi ho cercato di dimenticare. Ma non se ne è mai andato da lì, dal suo posto nel mio cuore dove ho tenuto davvero qualche goccio da parte per quei momenti di cedimento.
«Posso farti un complimento senza sembrare uno stalker o continuo a flirtare con te come quel cameriere?»
Sbircio e il ragazzo se ne sta dietro la colonna ad osservarci.
Le guance mi prendono fuoco. Travis si è accorto di questo dettaglio?
Nel profondo non voglio che sia imbarazzante tantomeno che lui si senta dimenticato tanto in fretta e con un ragazzo estraneo che neanche ho guardato attentamente perché ho disinteresse in queste cose.
Non so nemmeno perché sto pensando a questo proprio mentre sono davanti a lui, tra le sue braccia.
«Non flirtava con me.»
Inarca il sopracciglio. «Ah no?»
«Come l'hai notato?»
Abbassa il viso e la mia pelle inizia a formicolare.
«Le cose belle bisogna ammirarle. Soprattutto se sono persone belle.»
Guarda il ragazzo. «Comunque si, sei bella», si complimenta.
«E tu sei come i testimoni ma più da copertina.»
Ride e rimango spiazzata.
Mi guardo intorno e ognuno sta assistendo a questo nostro momento senza però interromperci. È come se sapessero esattamente come comportarsi con noi due.
Vedendomi imbambolata, Travis si ricompone. «Allora, vuoi rimanere per tutto il tempo tra i parenti della sposa o hai qualche piano di fuga?»
Ci allontaniamo dalla pista. «No, pensavo di uscire in giardino ma troverei Emerson e Brian in pose compromettenti per cui sto evitando di andarci per visitare il labirinto e tornare a casa con l'immagine di loro due avvinghiati come conigli.»
Travis riflette un attimo. «Freghiamo una bottiglia e saliamo sul tetto», propone.
Ci penso sopra un secondo sentendomi stupida anche solo per avere avuto il dubbio. Sono adulta e so che non devo mentire con lui. Inoltre mi va di stare un po' insieme alla persona che ho appena rivisto dopo mesi di lontananza e silenzio. Sarei ipocrita nel dire che non mi è mancato neanche un po'.
«Si, tu pensa alla bottiglia io mi occupo dei bicchieri.»
Mi strizza l'occhio e staccandoci all'unisono ci muoviamo quasi in fretta evitando gli sguardi attenti dei presenti che, non perderanno un momento per fare del gossip.
Mi sento ebbra, euforica. È come se niente fosse cambiato. Provo un piacevole senso di leggerezza interiore. Come se tutto si stesse mettendo al posto giusto dentro di me. So che la sensazione passerà domani ma non voglio perdere uno solo di questi minuti di tempo che passerò insieme a lui.
Frego due bicchieri di plastica dal bancone del bar ritrovandomi in ascensore con lui. Siamo soli e a distanza di sicurezza. Anche se non abbastanza.
«Cinque anni di riposo e tanto volume o dovrei dire alcol», mi rende partecipe leggendo l'etichetta dorata e color borgogna.
Alzo i bicchieri scuotendoli. «Usa e getta. Probabilmente un paio di ore di vita», esclamo con sarcasmo.
Ride alla mia stupita battuta inumidendo le labbra.
Non riflette più di tanto quando posando la bottiglia ancora chiusa al suolo, staccandosi dal corrimano d'oro dell'ascensore si avvicina al quadrante elettronico premendo il tasto di blocco. L'ascensore traballa lievemente. Dalla cassa fuoriesce un trillo e il tasto rosso inizia a lampeggiare.
Mi ritrovo all'angolo. Lui premuto addosso. Mi solleva il mento con due dita e il contatto sulla pelle mi brucia.
«È bello vederti.»
Annuisco. «Si, è un piacere anche per me.»
Gonfia il petto. Notandomi un po' nervosa, ricomponendosi preme il tasto che da rosso torna verde. Dopo un paio di minuti passati avvolti nel silenzio, ci ritroviamo sul tetto dell'hotel dove si trova anche l'enorme insegna luminosa e qualche ospite impegnato a baciarsi sensualmente.
Travis mi fa cenno di seguirlo sul retro. Non mi sfiora più. Non si avvicina pericolosamente, forse intuendo il mio disagio nel non sapere cosa fare.
Ci sediamo sul muretto. I miei piedi nudi oscillano.
Travis stappa la bottiglia riempiendo i bicchieri. Me ne passa subito uno pieno quasi fino all'orlo.
«A cosa brindiamo?» Solleva il bicchiere rimanendo in attesa.
Tiro un po' indietro la schiena girando lievemente il liquido dentro il bicchiere. «Agli incontri durante i matrimoni degli amici?»
«Si, salute.»
Dopo avere bevuto un lungo sorso, si siede accanto fissando la città, le luci.
Qui sopra si sta davvero bene perché è tranquillo, non si sente alcun rumore, ma ad un certo punto sento freddo.
Notandolo Travis posa il bicchiere vuoto di lato e togliendosi la giacca la sistema sulle mie spalle.
Apprezzo molto il suo gesto così spontaneo e attento. Di nascosto annuso il suo profumo infilando anche le braccia dentro le maniche per lasciare che si imprima direttamente sulla pelle.
La sua felpa lavata più volte non ha più il suo odore. Però mi aiuta a dormire. La indosso anche adesso che è estate. Mi fa sentire protetta, al sicuro, tiene lontani gli incubi.
«Ti ho vista sai?»
Rido. «Hai un buon odore. Mi dirai mai il profumo che usi?»
Scende dal muretto mettendosi davanti a me. Indugia un momento ma decido di allargare le gambe per permettergli di sistemarsi nel mezzo eliminando l'imbarazzo.
Mi riempie un altro bicchiere. «Che te ne pare?»
«Rosso, corposo e scende giù pericolosamente. Nel giro di qualche ora saremo stesi su un tappeto privi di sensi.»
Ride annuendo, posando i bicchieri di fianco.
«Ti è piaciuta la villa?»
«Molto. Hai fatto un ottimo lavoro.»
Guardo il bicchiere. Non ho bisogno di coraggio liquido per affrontarlo, mi dico.
«Per questo hai sussurrato il mio nome ad altri uomini d'affari per ricostruire le loro ville diroccate quasi tutte fuori da New York? Era anche un modo per farmi viaggiare e scoprire nuovi posti, vero?»
Indica se stesso facendo la parte del colpevole. «Già, mi hai beccato. Sono stato io. Colpa mia. Ma sei davvero brava e professionale nel tuo lavoro. Non potevano perdersi la migliore. Inoltre ho pranzato con loro e ho sentito gli elogi.»
Guardo il cielo tempestato di stelle. La luna piena a fare loro compagnia. Ripenso sempre alla sua frase e poi anche alla mia. Quelle parole che ci siamo detti e che mai potrò dimenticare perché sono rimaste impresse nel petto come un tatuaggio.
«E scommetto che hai gongolato un po' quando ti hanno ringraziato.»
Conferma. «Si. La tua casetta?»
«Ultimi ritocchi e potrò finalmente trasferirmi.»
Le sue mani stanno tremando un po' per cui le afferro senza neanche pensarci sopra un momento. Le mie sono fredde. Si sciolgono quasi tra le sue così calde.
Le osservo girandole. Nota anche lui l'anello che porto anch'io. In realtà non l'ho mai tolto. Per me rappresenta ancora una promessa.
«Tiri ancora pugni senza guantoni?»
Gratta la tempia. «Mi hai beccato.»
Lo spingo e si avvicina di nuovo. Questa volta posando le mani sulle mie gambe.
Sussultiamo e insicuro le stacca schiarendosi la gola. «Stai bene?»
«Si. Ho quello che mi serviva da tempo. Tu come stai? Non mentire.»
Lo trattengo quando prova a voltarsi. Lo tiro a me posando le sue mani sulle cosce dove vorrebbero stare. Lo spacco dell'abito gli permette di toccare direttamente la pelle. Di torturarmi il cuore con i brividi.
«Io? Bene. Ho ancora qualcosa da aggiustare.»
Si avvicina al mio viso. «Ho delle questioni in sospeso poi potrò smettere di vagare come un fantasma tra la gente.»
Non resistendo gli accarezzo il viso sentendo la barba pizzicarmi i polpastrelli. «Non lo sei. Com'è passeggiare per strada?»
Mi sorride premendo le labbra sulla mia fronte. Rimane per circa tre lunghi secondi prima appoggiarvi la sua. Appare affannato. Lo sono anch'io perché la sua reazione mi ha appena spiazzata.
«È davvero bello. Anche se il termine mi sembra riduttivo. Vado a correre tutte le mattine poi faccio colazione almeno una volta a settimana al bar.»
Passo i palmi sulle sue braccia. «Nan e Mitch? Lavorano ancora per te?»
«Stanno bene. Anzi, più che bene. Continuano a bacchettarmi.»
Rido abbracciandolo. Trattengo il fiato e lui se ne accorge schiudendo le labbra.
«Scusa», sussurro.
Nega. «No, scusami tu», risponde a bassa voce battendo le palpebre.
I nostri visi si avvicinano così tanto da sfiorarsi.
Sentiamo delle voci. Dal buio compaiono Beverly e Natalie.
«C'è il taglio della...» inizia euforica Beverly. Entrambe si bloccano. «Torta.» Conclude Natalie.
Mi guardano entrambe con occhi a cuore.
«Arrivo», dico loro agitata dentro.
«Ti aspettiamo di sotto.» Scompaiono ridacchiando.
Scendo velocemente dal muretto restituendo la giacca a Travis.
«Grazie per la compagnia. Adesso devo tornare di sotto e fare il mio dovere in qualità di damigella e testimone.»
«Ti accompagno. Hai bisogno di una spalla per il discorso?»
Circondo il suo braccio e scendiamo di nuovo in sala dove sono quasi tutti andati.
Alcuni degli ospiti si sono persino tolti le giacche e le cravatte e stanno cantando al karaoke urlando come pazzi. Altri ancora hanno sbottonato le camice e stanno ridendo e scherzando tra loro. Mentre le ragazze se ne stanno sedute tra due sedie, senza scarpe.
«E siamo solo ad inizio serata», esclamo.
Emerson mi sorride radiosa spalmando la torta in faccia a Brian che la bacia come se volesse ritornare fuori.
Mi siedo e Travis prende posto accanto a me. «Una fetta per due?»
«Io sono il Vagabondo e tu sei Lilli?»
Ride. «Per me va bene anche se non abbiamo un piatto di spaghetti», ringrazia il ragazzo mettendo la torta nel mezzo.
Mi passa una forchetta. «A lei l'onore signorina.»
Taglio un pezzo imboccandolo e lui fa lo stesso. Presa da una strana euforia quando stiamo per mangiare l'ultimo pezzo, spalmo il dito con la crema al cioccolato sulle sue labbra. Vorrei baciarlo ma rimango ferma a trattenermi.
«Porta fortuna.»
Lecca prima il labbro inferiore poi quello superiore mordendolo. Si avvicina ricambiando. «Volevo condividere la fortuna con te», risponde alla mia domanda inespressa.
Dopo l'abbondante cena, i discorsi che nessuno ascolta, ci spostiamo nella discoteca adiacente al ristorante dove si trovano fiumi di alcol e tanto divertimento oltre alle attrazioni da casinò e le innumerevoli distrazioni come le cubiste, gli spogliarellisti e i barman mezzi nudi.
Questa è la sorpresa di cui ci parlava Emerson non anticipandoci che saremmo entrati nella città della perdizione per una notte.
Mi fermo ad osservare tutto come una ragazzina appena entrata in una discoteca poi mi sposto verso i cubi e dopo avere brindato a base di tequila, salgo su uno di questi che al buio diventa fosforescente, di un azzurro pastello.
Ballo lentamente, ad ogni chiusi. Quando la musica cambia apro gli occhi e lui se ne sta seduto, stravaccato sul divano. Mi sorride salutandomi con la mano e io ballo ancora per lui.
Sentendomi sul punto di non reggermi in piedi, avvertendo la stanchezza, scendo un momento dal cubo sedendomi accanto.
Porta le mie gambe sulle sue massaggiandole lentamente regalandomi non solo brividi ma anche fremiti e sospiri che si perdono con la musica a tutto volume, le urla di felicità e tutto il resto.
Il suo braccio circonda la mia schiena avvicinandomi ulteriormente quando dei ragazzi provano ad offrirmi da bere. Rifiuto e loro se ne vanno dopo avere ricevuto uno sguardo torvo da parte di Travis.
Appoggio la testa sulla sua spalla. «Vuoi ballare ancora con me?»
Allarga lievemente la cravatta togliendosi la giacca. Arrotola le maniche della camicia infilando i gemelli dentro le tasche e alzandosi senza neanche riflettere sulla mia proposta mi tira sul cubo dove balliamo a stretto contatto.
Labbra schiuse, occhi negli occhi, affanno, lussuria, dolcezza, sensualità. C'è tutto questo quando ci sfioriamo e stuzzichiamo.
Emerson e Natalie fischiano a qualche cubo di distanza facendo come sempre il tifo per noi.
Ad un certo punto, leggermente sudata e accaldata, mi volto fermandomi. «Gira tutto è meglio se non ballo più.»
Travis mi aiuta a scendere, recupera la giacca e ignorando le allusioni da parte delle mie amiche prendendomi in braccio mi porta in ascensore.
«Che numero è la tua stanza?»
Cerco di ricordare. «71B»
Solleva l'angolo della bocca. «Emerson...» soffia.
Mi appoggio con la testa al suo petto. È bellissimo potere riprovare la stessa sensazione. «Già. Lo ha fatto a posta. Ma prima in chiesa non ti ho visto. Non c'eri durante la cerimonia. Altrimenti la nonna avrebbe gridato al miracolo o chiamato un esorcista nel vederti comparire.»
Ride. «Sono arrivato in ritardo perché ero fuori per una riunione di lavoro. Non avevo fatto promesse ma mi sembrava giusto esserci. Emerson ha insistito tanto. Adesso alle riunioni ci vado di persona, sai?»
Lo guardo da sotto le ciglia. «Sono noiose come immaginavi e piene di stupidi idioti che giocano a tetris con il telefono?»
Sbuffa. «Parecchio e non puoi riagganciare perché sei lì e non dietro uno schermo.»
Le porte scorrevoli si aprono e Travis mi guida in fondo al corridoio. Svoltiamo a destra dove si trova un lungo tappeto rosso. Mostro la carta pescandola dalla borsetta ed apre la porta inserendola sull'apposito aggeggio elettronico.
Scivolo giù dalla sua presa ricomponendomi. Ci guardiamo un momento. Un lungo battito come un tuono che si propaga su per il corpo mi fa tremare.
C'è silenzio attorno. Ci sono i nostri sguardi. Ci siamo noi. Solo io e lui.
«Sei arrivata incolume», mormora.
«Si», soffio.
Lascia a terra la giacca ed io la borsa e le scarpe aggrappandomi a lui quando mi si preme addosso baciandomi con impeto. Mi solleva e circondo le gambe intorno al suo fondoschiena. Ansimo e freme impossessandosi della mia bocca, delle labbra, del collo. Muove i fianchi e tiro via la cravatta sbottonandogli i primi passanti della camicia. Tocco il suo petto gemendo. Allargo le cosce e mugola mordendomi la spalla.
Ci fermiamo entrambi intuendo quello che sta succedendo. Scivolo giù dalla sua stretta ricomponendomi più che stupita dal mio comportamento.
«Devo... andare.»
Annuisco. «Si.»
Lo guardo andare via. Entrare nella stanza qui di fianco a sparire. Sento ancora dentro la voglia generata dalla sua mossa azzardata. Mi sento febbricitante e forse prima di mettermi a dormire avrò bisogno di una lunga doccia gelata.
Chiudo la porta trascinandomi sul letto dove mi rannicchio sfiorandomi le labbra che sento gonfie. Continuo a sorridere come una stupida sentendomi in preda alla felicità.
Il rumore di una notifica mi fa cercare il telefono.
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Come proiettile nel cuore
RomanceNessuno ha una vita come quella raccontata nei libri o vista nei film. C'è sempre un ostacolo da superare, un nuovo dolore da sopportare, certo, ma alla fine tutto si conclude positivamente. Per Bambi non è andata così. Non crede più nelle belle fa...