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Prima o poi arrivi al punto in cui devi prendere una decisione. Ti trovi davanti un bivio e non hai scorciatoie. Non puoi scappare. Devi solo andare avanti. Scegliere da che parte dirigerti e prendere ogni conseguenza. Nella vita, ho creato muri per non permettere agli altri di annientarmi. Perché in fondo è inutile sprecare il tempo che hai a disposizione di una vita difficile, piena di incognite ed imprevisti per un qualcosa di impossibile. È difficile mettere pezzo dopo pezzo ogni cosa nel suo ordine per tenerti al sicuro. Con il passare dei giorni, puoi solo decidere per chi vale la pena rischiare. Per chi vale la pena creare un varco in mezzo agli innumerevoli mattoni. Per chi lottare. Attualmente ho solo una certezza: sto sprofondando. Lentamente sto annegando in un mare di incertezze che, come sabbie mobili continuano a tirarmi giù. Presto o tardi di me non rimarrà che un mucchio di polvere.
«Ripetimi perché non puoi raggiungermi adesso», la voce di Travis mi riporta al presente. Usa un tono dolce tenendo per sé la voglia di mettersi al volante e raggiungermi. Questo non solo perché è pieno giorno, in più sta lavorando per salvare il mondo.
Attualmente sto visitando i mercatini di Natale per comprare qualche nuovo addobbo, visto che quelli trovati dentro lo scatolone erano rotti e molti di essi, ormai da tempo, fuori moda. Non sono sola, con me c'è Emerson a farmi da guru e da guida.
Non avevo mai visto così tanta gente per accaparrarsi i più svariati oggetti per abbellire le proprie case, ville o appartamenti. Si fa sempre a gara con tutto. Cosa che non rientra tra i miei piani attuali. Ma ho già visto i miei vecchi vicini di casa comprare le luci più assurde. Ovviamente, non parteciperò alla competizione.
Emerson, quando ha saputo quello che mi è successo, si è subito precipitata a casa mia. Da circa una settimana, convivo con le mie guardie del corpo non richieste che, fanno letteralmente di tutto per tenermi al sicuro da un possibile pericolo. Non posso muovermi senza essere seguita. Inizio anche a sentirmi oppressa e ad avere voglia di scappare.
«Sto seguendo a zonzo Emerson. È in una delle sue fasi da shopping compulsivo. Diventa anche una minaccia se qualcuno pensa di soffiarle un oggetto scontato al cinquanta per cento», dico con finto sarcasmo sfiorando una casetta contenente dentro una candela.
«Me lo merito anch'io uno sconto di pena, non credi?», chiede esasperato.
Sorrido mordendomi la guancia. «Ti ho già detto che ho bisogno di stare nel mio ambiente. Poi non è successo niente. Come vedi sono con la mia amica a fare shopping. Cosa che mi distrae da tutto il resto.»
Sospira. «Lo dici di continuo, ma sono comunque preoccupato. Una volta tanto, potresti anche accettare il mio invito e dormire da me per una notte. Sono giorni che rifiuti.»
Emerson sorride indicando una candela dalla forma insolita. «Ti farebbe stare meglio?» passo alla contrattazione intuendo il suo bisogno di stare con me per qualche ora, ignorando le allusioni della mia amica.
Travis trattiene il fiato forse trovando le parole giuste da dire per non lasciare uscire del tutto i suoi pensieri. «Si, mi farebbe sentire tranquillo», dice invece stupendomi. «Parecchio», aggiunge.
Sollevo una candela a forma di orso. «Per una notte?»
«Si, per una notte», conferma rimanendo in trepidante attesa. «O due... ma questo devi deciderlo tu.»
Sorrido. Forse anche lui. «Potresti chiedere a Mitch di passare questo pomeriggio?»
«Certo, sarà fatto. Ma per quale ragione? Se hai bisogno di aggiustare qualcosa posso pensarci io.»
Sto già negando. «Devo trasportare delle cose. Ultimamente non esco mai di casa senza.»
«Quali cose?»
«Tutta la mia attrezzatura da lavoro, qualche indumento...» dico vaga.
«Come mai?»
«Potrei anche rimanere più di un giorno in un posto. Non avere le mie cose a portata di mano non mi fa sentire tranquilla. Per questa ragione preparerò ancora le mie cose e le lascerò a Mitch. Tranquillo non sono molte. Solo due valige e un borsone», organizzo mentalmente questa giornata cercando anche un modo per frenare l'eccitazione di Emerson che sta spendendo già troppo in regali di Natale e addobbi, soprattutto per quelli da usare per il suo set natalizio.
«E tu non vieni con lui?»
«Arriverò dopo cena», rispondo d'impulso.
«Andrai a trovare Dan
Sto già negando. Non lo vedo da giorni, ma lui è convinto del contrario. Il fatto è che non ci riesco. Non riesco a guardarlo in faccia. Non riesco a parlare con lui. Gli parlo soltanto al telefono quando chiama per chiedermi notizie su come sto e su zia Marin. Per il resto sono conversazioni brevi.
«No. Andrò a trovare zia Marin. Non sta bene. Lascerò prima a casa, ai suoi addobbi Emerson e dopo la visita tornerò nella mia per farmi una doccia e assicurarmi di non avere dimenticato niente. Poi prenderò un taxi e ti raggiungerò, ok? Ti va bene come piano?»
«Non proprio», dice sincero. Lo immagino imbronciato. Alzo gli occhi al cielo ritrovando il tetto pieno di stelle cadenti di cristallo. Pendono dall'alto mandando bagliori ovunque. È così bello da vedere e da fotografare. Attira parecchia gente e il negozio ne ricava clienti che acquistano qualsiasi cosa proprio perché attratti come mosche.
«Che cosa devo modificare?»
«Verrò a prenderti io e non si discute», replica parlando al contempo forse con Nan mentre lavorano a qualche nuovo progetto.
«Ok, ma non prima delle otto e mezzo perché non so quanto starò con zia Marin e mi servirà per fare una lunga doccia», dico mettendo nel carrello le buste natalizie e delle bellissime candele come regalo.
Sospira. «Puoi farla da me la doccia. Partecipo anch'io.»
Sto negando. «Furbo, ma preferisco farla in casa e mettermi in tiro per vederti.»
Ride. Ricomponendosi risponde a Nan. «Pretendo indumenti di un certo tipo», mi provoca.
«Sei proprio sfacciato!» fingo un tono offeso.
Ride ancora e la sua risata mi riscalda il cuore. Mi piace come esce fuori quel suono. Immagino quella fossetta, il filo di barba ad incresparsi sulle labbra che si incurvano all'insù e quei denti che vedo singolari ma che gli donano sulle labbra carnose che a lungo vorrei baciare senza mai fermarmi o smettere di sognare.
«Ad un uomo è consentito sognare. Ma visto che porterai qui tutti i tuoi attrezzi da lavoro... posso sempre chiederti di indossare uno di quei completi trasparenti e striminziti solo per me...»
Arrossisco. «Trav, ti rendi conto del fatto che sono ad un mercatino, in pieno centro, circondata da persone, con Emerson e tu mi stai provocando?»
Inspira chiudendo un cassetto. «Mi piacerebbe trovarti al mio rientro con quella vestaglia color malva, i piedi nudi, i capelli legati in disordine e gli occhi accesi. Sarebbe un bel saluto.»
Mordo il labbro scegliendo una cravatta. «Potrei anche prendere seriamente le tue richieste, magari filmare qualcosa. Ma dubito che a te farebbe piacere...» stuzzico la sua immaginazione.
Sento il suo sorriso. Beve qualcosa ma è presto per il bourbon. «Basta che non riprendi il mio viso, per il resto puoi fare quello che vuoi con il mio corpo», dice tornando serio. «Possiamo lavorarci su...» aggiunge usando un tono flebile, timido.
Sorrido entrando insieme ad Emerson da Victoria's Secret. «Possiamo. Ad esempio io sono appena entrata in un negozio di lingerie. Proposte? Desideri? Consigli?»
Emerson mi trascina nel reparto con i completi. Sono svariati. Ed è difficile sceglierne uno senza prima averne presi un paio e averci riflettuto per qualche minuto.
Noto dieci paia di mutandine a scelta tra quelle sistemate ordinatamente sugli stand, ad un prezzo stracciato e inizio a sceglierne qualche paio mentre parlo con Travis, apparentemente eccitato e coinvolto dalla conversazione.
«Autoreggenti, niente calze. Hai delle belle gambe slanciate, non hai bisogno di altro», dice deciso.
Sorrido. «Rosso o nero?»
Nel frattempo prendo entrambi i completi che più mi piacciono tra quelli che Emerson mi passa, vedendomi distratta dalla conversazione, selezionando la mia misura.
«Uhm... rosso? È quasi Natale!»
Mi sposto in un altro reparto prima di passare alla cassa decisa mentre Emerson continua a scegliere molteplici completi per le diverse occasioni.
«E rosso sia. Focoso!»
Emette un verso di finta estasi. «Non vedo l'ora di vedere quel colore addosso alla tua pelle bianca come il latte e poi strappartelo di dosso con una scusa», immagino il suo ghigno e l'eccitazione nel suo sguardo.
«Inizia a pensare quale scusa usare perché adesso che conosco il tuo piano non mi farò abbindolare tanto facilmente», esclamo divertita dalla nostra conversazione.
Usciamo dal negozio piene di buste. Emerson mi indica una caffetteria dove ci fermiamo a fare la seconda colazione di questa mattinata frenetica a visitare mostre, negozi e posti stupendi della zona.
Travis si concede un'altra breve risata. «Mi piace quando mi resisti. Questo mi fa trovare molteplici idee su come provocarti e riconquistarti.»
Ordino un caffè e una fetta di crostata sedendomi sullo sgabello con il cuscino in pelle rosso ad un tavolo in acciaio a forma di francobollo. «Riconquistarmi?» Chiedo dubbiosa.
Ordina qualcosa a Nan poi chiude la porta e sento di nuovo avvolgerlo il silenzio. «Si, le cose non sono andate propriamente bene tra di noi in questi giorni. La colpa è un po' mia e intendo farmi perdonare per il comportamento inappropriato che ho avuto. Me ne vergogno», parla pacatamente sfogliando qualcosa. Documenti per uno dei suoi progetti che aiuteranno parecchie famiglie o bambini senza un tetto.
Bevo il caffè mentre Emerson scambia messaggi con Brian continuando a sorridere come un'adolescente. Non oso immaginarne il contenuto della conversazione. Conoscendola, comprendo in fretta.
«Abbiamo passato entrambi un brutto momento. Possiamo trovare un punto di unione, magari questa sera?»
«A cena?»
Mi capisce al volo. «Salterò la cena con zia Marin. Non fare tardi», dico sentendomi già in trepidante eccitazione. Mi è mancato in questa settimana in cui è stato impegnato al lavoro e io a tenermi lontana dal "pericolo". Le ferite stanno già guarendo anche se dentro di me non passeranno mai del tutto.
«Non vedo l'ora. Mi manchi.»
Arrossisco. «Mi manchi», sussurro.
«Adesso ti lascio alle tue cose. Non voglio risultare il ragazzo oppressivo. Ci vediamo stasera. Manderò Mitch intorno alle sei, così poi avrai il tempo di fare la tua doccia prima che io passi a rapirti.»
«Mi piace come idea. Attenderò impaziente il tuo arrivo MisterX», uso un tono sensuale.
Mugola. «Se continuerai così verrò a prenderti adesso. Non so se lo ricordi ma sono bravo a scoprire le cose. Soprattutto dove ti trovi.»
Scuoto la testa ripensando a quei primi messaggi. «Eri inquietante!»
Ride. «Adesso no?»
«No, adesso sei il mio caro MisterX», rispondo. «A dopo», saluto lasciandolo in parte stordito.
Rivolgo la mia attenzione ad Emerson. Appare accaldata e quando mi mostra lo schermo distolgo subito lo sguardo tappandomi gli occhi dall'immagine che con ogni probabilità non riuscirò più a togliere dalla mente. «Ah, perché l'hai fatto? Adesso quando lo guarderò mi verrà in mente il suo... attrezzo!»
Ride di gusto spingendo dietro le spalle la chioma bionda. «Tanto lo so che non ti scandalizzi», alza le sopracciglia ammiccando.
Arrossisco violentemente nascondendo il viso dietro il bicchiere. «Terrò a mente come promemoria di non raccontarti più niente della mia vita privata con... MisterX.»
Mastica la sua fetta di crostata alle ciliegie. «È paragonabile?»
Nego. «Mi dispiace per te...» arrossisco fino all'attaccatura dei capelli continuando a non guardarla negli occhi per non sprofondare nell'imbarazzo.
Emerson spalanca gli occhi. «Sul serio?»
Mordo il labbro boccheggiando. «Si, è molto...» agito le mani.
Si fa sempre più attenta leccandosi le labbra carnose e oggi di un rosso Natale parecchio vistoso. Indossa un pellicciotto rosa, un top bianco e pantaloni a vita alta larghi sulle caviglie. Tacchi alti e capelli in ordine che profumano tanto di zucchero caramellato.
«Molto», ripete sventolandosi, scuotendo le spalle come se stesse ballando. «Chi lo avrebbe mai detto che fosse messo bene anche lì sotto», mi sta decisamente provocando. «Bello, spalle larghe, fisico da paura e...» allarga gli indici dopo averli uniti per indicare le dimensioni
Non cederò alla tentazione. Non le dirò che Travis ha davvero un fisico da modello delle pubblicità dei profumi. Non le dirò che ci sto bene in ogni caso perché sa come prendermi, come tenermi testa e soprattutto come regalarmi un sorriso anche quando non c'è una ragione per essere felici.
Bevo un sorso di caffè. «Tu piuttosto, ti vedo su di giri. A parte lo scambio di messaggi, come vanno le cose?»
Sorride guardandomi come solo una pazza d'amore può fare. «Riassumo tutto in una parola: eccitante!»
Pago il conto prima di lei facendola arrabbiare e lasciandola nel palazzo in cui si trova il suo ufficio, prendo un taxi per andare a trovare zia Marin. Prima però faccio una piccola sosta in casa per posare gli acquisti e preparare una valigia con le cose essenziali da portare da Travis.
In questi ultimi giorni, spaventata da qualcosa che non comprendo, ho iniziato a portarmi dietro tutta la mia attrezzatura. Il mio piccolo studio è diventato mobile.
È tutto quello che ho. Comprato con i sacrifici per riuscire a diventare qualcuno. Sono molto affezionata a queste cose e non intendo lasciarle sole in casa.
Non comprendo la ragione di questa stranissima paura ma attualmente mi fa sentire meglio portare dietro le mie cose.
Ammasso tutto in soggiorno cercando di non dimenticare niente e, quando sono pronta chiamo un altro taxi.
La clinica si sta trasformando velocemente in un posto simile alla ricreazione natalizia dei film che propinano sempre durante il mese di dicembre. Addobbi di angeli, Babbi natale che si arrampicano, alberi e palline colorate ovunque. All'entrata si respira una bellissima aria di festa in un clima poco scherzoso come quello della malattia. Ma ci sono infermieri che tengono compagnia un po' a tutti, persone che stanno cercando nel loro piccolo di salvare delle vite o quanto meno di fare spegnere qualcuno senza fargli avere dei rimpianti, anche se nella vita non sono mai pochi.
Raggiungo zia Marin in camera. La scorsa notte non si è sentita poi così bene. Le hanno aspirato del liquido e adesso se ne sta comodamente sdraiata sul letto. Dorme tranquillamente quando arrivo, per cui mi siedo sulla poltrona accanto a lei sfogliando una rivista che le ho portato insieme ad altre candele e a qualche nuovo addobbo di Natale che di sicuro sistemerà davanti la finestra.

Come proiettile nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora