Sdraiata su un fianco, sveglia ormai da ore, continuo ad osservarlo. Ho paura di chiudere gli occhi e non trovarlo nei miei sogni. Ho paura di svegliarmi sola, con un posto vuoto accanto e una voragine dentro. Ho paura di commettere ancora uno sbaglio. Per questa ragione me ne sto con le mani affondate sotto il cuscino, la guancia sprofondata sul tessuto morbido.
Nella penombra riesco solo a vedere il suo profilo attraversato da una striscia lieve di luce. Tengo a freno la voglia di toccarlo per vedere se è reale, se non sto sognando. Mi avvicino solo e chiudendo gli occhi inspiro il suo odore. Penetra lentamente dentro prima di colpirmi forte con la sua intensità.
Nascondo un sorriso avvicinandomi ancora e quando provo a mettere la guancia sul suo petto, mi accoglie tra le braccia continuando a dormire. Allungo il viso nascondendolo sotto il suo collo.
La sua pelle si rizza visibilmente. Trattengo il fiato credendo di averlo svegliato. Invece, dorme profondamente. Sento il suo fiato caldo sulla mia pelle nuda e chiudendo di nuovo gli occhi provo ad addormentarmi.
I minuti passano. Dentro la stanza si avverte solo il freddo, il calore umano dei nostri corpi, dei nostri respiri. C'è odore di rose, del mio profumo e del suo. Questi: vanno a mescolarsi creando un connubio esplosivo, intenso ma piacevole.
Mi agito. In realtà non sono neanche io. È Travis quello ad essere scosso. Alzo la testa accendendo la luce dopo essermi sporta dal mio lato per arrivare al filo e quindi all'interruttore. La luce ferisce le mie pupille abituate all'oscurità di questa notte apparentemente tranquilla.
Batto le palpebre cercando di mettere a fuoco. La stanza prende colore e li vedo. I suoi occhi sono strizzati, tenuti chiusi a forza, increspati da un dolore che solo lui riesce a sentire ma che è in grado di trasmettermi. Appanna i miei sensi peggio di uno schiaffo dato senza preavviso in faccia.
«No!» mugola allungando il collo.
Le sue spalle sussultano come se stesse scuotendo qualcosa di dosso. Continua a scrollare ripetutamente la testa. «No, no!» dice ancora con voce stridula, tra i denti e del tutto scosso. Le sue dita arricciano la coperta a cui si aggrappa rischiando di strapparla.
Poso i palmi sulle sue spalle per tenerlo fermo. Non posso svegliarlo o si sentirà male. Non posso causargli neanche un ulteriore trauma. Penso ad una soluzione mentre se ne sta sotto la coperta a contorcersi. Il suo dolore visibile mi fa stare male.
«No... no!»
Continua a ripetere sempre la stessa parola. La dice però in modo diverso.
Presa dallo sconforto mi rannicchio di nuovo sul suo petto. Il contatto della mia pelle fredda e nuda sulla sua sembra calmarlo. Premo le labbra sotto l'orecchio. «Va tutto bene», sussurro. «Sssh», provo a rassicurarlo non sapendo come comportarmi di fronte alla sua agitazione.
I minuti passano lentamente. Quando sembra calmo, scatta a metà busto affannato. Il petto di nuovo scosso, la fronte imperlata di sudore e la paura nel sangue. Batte le palpebre guardandosi intorno e, vedendomi spaventata scosta la coperta dandomi le spalle, passando le dita rabbiosamente tra i capelli, sul viso. «Ti ho fatto male?» Usa un tono strozzato.
Nego brevemente con la testa osservandolo dal mio angolo dalla quale non oso staccarmi.
«Ti ho spaventata?»
Nego di nuovo. Non so come mi sento attualmente. Un po' confusa.
Si volta. «Non mentire...» sospira e alzandosi si sposta in bagno lasciandomi sola.
Infilo il pigiama sentendo freddo e lo seguo trovandolo appoggiato al ripiano del mio vecchio lavandino di ceramica. Apre il rubinetto lavando il viso ripetutamente. Lo alza poi guardandosi inorridito allo specchio. Come se volesse spazzarlo via.
Da questo comprendo le sue domande rivolte prima a me. Mi avvicino. Chiudo il getto freddo e abbracciandolo da dietro, massaggiandogli il petto, bacio la sua spalla premendo forte le labbra sulla pelle. «Va meglio?»
«No, non va mai meglio», replica voltandosi.
Asciugo il suo viso con un asciugamano morbido preso dal cassetto. Il gesto sembra confortarlo anche se non del tutto. «Con il tempo passa ma non va mai via del tutto. Ti ci abitui ma speri sempre che sia solo un incubo.» Mi accarezza la guancia. «Dimmi la verità», sussurra con voce arrochita.
Stringo la sua mano baciandone il palmo. «Dimmi cosa devo fare quando ti agiti. Io ci ho provato ma non ha funzionato del tutto e mi sono sentita inutile. Dimmi che cosa ti fa stare meglio.»
Mi avvicina stringendomi al petto. «Tu. Mi fai stare meglio tu. E sembrerà una frase scontata, melensa forse anche strana detta da uno come me con così tanti problemi ben evidenti ma è così, Bi.»
Stringo le dita sulla sua schiena. «Voglio aiutarti. Farti sentire al sicuro.»
Mi bacia la spalla, il collo, infine mi stringe le mani sulle guance. Strofina la punta del naso sul mio. Rimaniamo così per pochi istanti. La tensione dentro il bagno si fa palpabile. Le mie mani premono sulla sua schiena facendolo avvicinare. Mi alzo sulle punte e continua a tenermi ferma, a guardarmi intensamente.
«Non ti rendi conto di quello che mi provochi dentro, non è vero?»
Sorrido e freme. Il suo fiato caldo investe la mia pelle. «Se è simile a quello che ti provoco fuori...»
Emette un verso strozzato. Preme le labbra sulle mie facendomi avvicinare al lavandino dove mi solleva sul ripiano continuando a baciarmi dolcemente, senza fretta.
Ci stacchiamo affannati. «Hai fame?» Chiedo ricomponendomi.
Strofina i palmi sulle mie braccia. «Vado io», replica in fretta e, dopo essersi rivestito esce dalla stanza.
Lo aspetto per qualche istante fino a quando lo vedo tornare con un sacchetto. «Ho fatto la spesa», esclama divertito.
Lo osservo standomene seduta sul letto, la schiena appoggiata alla testiera. Il momento di prima sembra essere passato in secondo piano, questo solo per lui che cerca sempre di prendere il meglio dalla vita non lasciando al dolore, al ricordo, di avere la meglio sul presente. Lo ammiro sempre di più per questo.
Sedendosi accanto comodamente, mi passa la confezione. Sollevo il coperchio di plastica dopo avere staccato la forchetta e il tovagliolo dentro la bustina sotto la confezione. Assaggio il pasto freddo assaporando ogni ingrediente fresco al palato. Rigiro la forchetta sul piatto.
«Ehi, che succede?» mi dà un pizzicotto sulla guancia forse vedendomi distratta.
Lo spingo dolcemente. «Stai meglio?»
Posa il piatto semivuoto e anche il mio sul comodino avvicinandomi a sé. «No, però mi sento meno nervoso rispetto a prima. Mi dispiace che hai assistito di nuovo.»
Gli porgo il piatto. «Mangia», ordino. «Hai bisogno di calorie ed energia.»
«Tu come stai?»
«Preoccupata, ma passerà», dico chiudendo il coperchio. Mi sento piena.
Travis finisce di mangiare, pulisce gli angoli della bocca e alzandosi mi tira fuori dal letto senza una ragione. Mentre me ne sto in piedi, accende un po' di musica mettendola a basso volume.
«Che fai?» chiedo quando mi stringe la mano e il fondoschiena. «Balla con me», mi prega convincendomi con lo sguardo.
Sorrido. «Vuoi ballare», la mia non è una domanda. Mi sembra solo strano questo suo modo di chiedere scusa per un qualcosa che non può controllare sempre. È così dolce da coinvolgermi.
«Si», annuisce con un lieve sorriso.
Impazzisco quando si comporta in questo modo. Mi fa fare una giravolta. Rimango di spalle muovendo i fianchi. Sorrido sentendo le sue labbra sul collo. Annusa la mia pelle come per accertarsi di essere sveglio. Mi volto gettandogli le braccia al collo continuando a sorridere come una stupita.
«È così che voglio vederti», dice rubandomi un bacio, lasciandomi addosso una lunga scossa che si deposita sul basso ventre. «È così che voglio svegliarmi. Con te che mi sorridi, che mi stringi, che mi fai sentire di avere una possibilità. Di non essere un caso disperato.»
Attendo che continui lasciandolo libero di parlare. Mi piace quando dialoghiamo, ci capiamo. Mi piace sentire l'intesa che abbiamo.
«È ancora valida la mia proposta», muove i fianchi poi mi fa fare un'altra giravolta.
Finisco a contatto con il suo petto. «Davvero?» chiedo bocca contro bocca abbassandogli il viso. «Hmm, Hmm», annuisce sollevandomi. Mi reggo sulle sue spalle. «Se vuoi la proposta posso sempre fartene una. So essere convincente», ammicca.
Rido. «Non provarci!» rispondo. «Ti avevo avvertito.»
Mi lascia scivolare su di sé mentre gira intorno. La mente si alleggerisce per un attimo e un senso di vertigine mi investe andandosi a mescolarsi all'euforia che mi provoca dentro. Rimetto i piedi per terra e lui sta aspettando una risposta. Boccheggio. «Prima o poi userò quella chiave e mi avrai così tanto tra i piedi da volere scappare perché sarò insopportabile.»
Sorride in modo dolce ed oscilliamo. Prima a destra poi a sinistra e poi di nuovo. «È una promessa?»
«Prendila come una minaccia, mio caro MisterX», rido quando mi carica sulla spalla dandomi una pacca sul sedere. I miei piedi oscillano nel tentativo di liberarmi ma a niente serve ogni mio tentativo. «Mettimi giù», strillo minacciosa cercando di modulare il tono di voce.
«Sei sicura?» mi solleva tenendomi per i fianchi. Alzo le braccia e quando mi lascia andare lo abbraccio avvinghiandomi a lui.
«No, no, no», continuo a ridere.
«Allora che intendi fare?»
«Userò quella chiave quando vorrò», ripeto.
Mi lancia sul letto sdraiandosi sul mio ventre. Gli accarezzo i capelli e il viso e lui si rilassa. Continua però a sorridere. Questo mi incuriosisce e allo stesso tempo mi insospettisce. «Che c'è?» Mi agito.
«Sai che cosa mi piace di te? Che non sei una di quelle persone che si arrendono o che rendono tutto più facile. Mi piace la tua strana fragilità quando si trasforma in forza. Riesci ad essere spietata. Non ti metti a piangere per motivi banali ma odi mostrare le tue lacrime per paura di essere fraintesa e consolata o persino compatita. Mi piace quando ti vergogni ma mostri lo stesso il rossore delle tue guance. Mi piace persino quando ti arrabbi e come una furia spazzi tutto quanto dentro e fuori di me. Mi piace la tua lingua lunga. Che non hai paura di dire ciò che pensi quando lo pensi anche se non sempre riesci davvero a fare uscire tutto ciò che hai dentro. Mi piaci perché sei una donna che non si ferma a ciò che vede, ad una maschera che portiamo tutti per nascondere le debolezze. Mi piace che non ti fermi ma vai a fondo scavando grosse voragini piene della tua presenza, che quando ti allontani il vuoto che lasci si sente forte. Mi piaci davvero e non solo perché mi sai ascoltare. Non solo perché mi vedi. Mi piaci perché in qualche modo sei come uno di quei raggi di sole nella mia vita piena di nuvole temporalesche.»
Mi stringe la mano baciandola, scaricandomi addosso forti brividi. «Ti sto spaventando?»
Corrugo la fronte sentendomi ancora in balia della piacevole sensazione generata dalle sue bellissime parole. «No. Ma non farti venire strane idee in testa perché dobbiamo dormire almeno per qualche ora e non possiamo fare rumore.»
Fa una smorfia. «Già, il tuo amico...» dice arricciando il naso. Mettendosi a pancia in giù mi tira sotto di sé. Solleva il bordo del pigiama baciandomi il ventre provocandomi il solletico.
Ogni particella di me si tende. Avvicino il suo viso per fermarlo. «Tu vuoi che usi quella chiave. Io voglio che non ti arrabbi più se mi vedi con Dan. Prima mi ha fatto paura la tua reazione.»
Affonda il viso sul mio petto mentre le sue mani sollevano il tessuto toccandomi la pelle, facendomi allungare come un gatto. «Sono geloso in una maniera che non riesco a spiegare. Non volevo comportarmi da ragazzino ma... vederlo in quel modo... vedere come ti guarda... Bi, io non riesco a tollerarlo.»
Sorrido. Lui non comprende la mia reazione. «Che succede?»
Sollevo le ginocchia. «Che cosa vuoi chiedermi?»
Deglutisce schiarendosi la gola intuendo di non essere stato poi così furbo. I suoi occhi non si posano mai nei miei per più di due secondi. «Niente», prova a stendersi ma lo intrappolo. «Trav, dimmi che cosa mi nascondi.»
Sembra colto alla sprovvista dalla mia audacia, dal modo in cui l'ho capito al volo. Sulle sue guance si posa un lieve alone di rossore. «È solo un pensiero che ho fatto prima.»
Sporgendosi spegne la luce. Osservo i suoi muscoli guizzare sotto la camicia aperta. Sfioro subito i pettorali. «Rendimi partecipe dei tuoi pensieri», sorrido in modo dolce per dargli la spinta, ma rimane serio per cui mi ricompongo passando ad un'altra tecnica. «Dimmelo», attendo.
Travis raccoglie i pensieri. «Non voglio solo che usi la chiave per venire da me quando ne hai voglia.»
Non capisco al volo il suo discorso. «E che cosa vuoi?»
Inumidisce le labbra. Prendendo le mie mani me le stringe a coppa baciandole. «Mi prenderai per pazzo e non voglio spaventarti. Dimentica quello che ho detto.»
«Trav, dobbiamo essere sinceri. Dimmelo!»
«Vieni a vivere con me», dice d'un fiato. «Voglio questo. Ti sembrerà presto, assurdo, un modo per tenerti lontana dal tuo amico... ma ci penso da quella notte.»
«Da quando?»
Arrossisce lievemente e la mia mano liberandosi dalla sua stretta si posa sulla sua guancia. Il calore emanato dalla sua pelle mi trasmette una piacevole sensazione in grado di riscaldarmi il cuore.
«Quando ti sei addormentata sul divano la prima volta che ci siamo incontrati.»
Rimango spiazzata e lui annuisce per confermare ulteriormente. «Ti ho fatto una carezza, non so se ricordi. E li ho capito di appartenerti. Lo so è assurdo, non ci conosciamo ma...»
Premo le labbra sulle sue tappandogli la bocca. Capovolgo la situazione baciandolo lentamente poi con più intenzione. «Sei un pazzo!»
Sorride. «Già», nasconde il viso sotto il mio mento chiudendo gli occhi dopo avermi sistemata sotto il suo peso a farmi da coperta. «Pazzo di una peste», mugugna.
Accarezzo la sua nuca fino a quando non si addormenta. Poi provo a chiudere gli occhi anch'io sentendomi stranamente leggera. Riesco a scivolare nel mondo dei sogni ritrovandomi in un posto tranquillo. Mi sento proprio come se fluttuassi nel mare.
Le sue labbra sulla fronte mi distraggono dal sonno, apro gli occhi. «Dove vai?» mugugno allarmata.
«Dormi», mi schiocca un bacio sulle labbra. «Mi manchi», sussurra.
Lo trattengo. «Non andare.»
Preme più forte le labbra sulla fronte. «Devo sistemare alcune cose. Tu dormi. Tornerò prima di quanto immagini.»
Mugolo. «Perché devi sempre scappare da me?»
«Perché i vampiri e i fantasmi si vedono solo di notte.»
Lo trattengo. «Ma tu non sei un fantasma o un vampiro. Sei il mio...»
Crollo ancora aggrappata al mondo dei sogni.
Quando mi sveglio, controllo subito di non essere sola ma ogni dubbio si dissolve colpendomi allo stomaco con una fitta abbastanza forte da farmi avere paura. Mi abbraccio prima di sollevare il biglietto sul cuscino.
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Come proiettile nel cuore
RomanceNessuno ha una vita come quella raccontata nei libri o vista nei film. C'è sempre un ostacolo da superare, un nuovo dolore da sopportare, certo, ma alla fine tutto si conclude positivamente. Per Bambi non è andata così. Non crede più nelle belle fa...