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Quando arriva, l'amore sembra forte. Così forte da spazzare via ogni cosa. Ma in realtà l'amore è il sentimento più fragile che ci sia. È un'effimera illusione che colpisce il cuore, la mente, le mani, gli occhi, il corpo, ogni fibra, ogni particella, ogni cellula. Quando arriva prende tutto. Ti prende e ti porta lontano. Ti trascina via. E tu non puoi fermarlo.
«Devo dormire o domani batterò la fiacca e non posso permettermelo, visto che devo ripagare un grosso debito a qualcuno.»
La sua stretta si fa sempre più insistente. Nel gesto sento che mi sussurra: 'non puoi dire sul serio', 'non devi farlo per forza'. E in parte lo so che non sono i soldi ad interessargli, ma dentro di me c'è questa strana idea, un pensiero che mi spinge a pensare che se non risolvo anche questa, non riuscirò ad andare davvero avanti. Perché sono abituata a tenere tutto in ordine. Nella vita ho sempre aggiustato ogni cosa per non avere problemi, per non vivere nel disagio, per non sentirmi in mezzo al caos. Mi piacciono le cose complicate proprio perché sono quelle che diventano semplici quando ti ci applichi, quando trovi la soluzione e fai andare tutto per il verso giusto. Mi piace anche non sentirmi in debito verso nessuno, soprattutto verso me stessa.
«Mi dispiace ma essendo il tuo capo ti ho ordinato di non lavorare il sabato e la domenica.»
Corrugo la fronte non capendo se è serio o se sta scherzando. A volte è indecifrabile. «Quando?»
«Adesso. L'ho fatto adesso», replica in modo autoritario, non ammettendo replica da parte mia.
Provo a staccarmi da lui pronta a dissentire, perché non sono assolutamente d'accordo. Ma sedendosi sul bordo del letto, mi abbraccia appoggiando la guancia sul ventre, dopo avere slacciato la vestaglia con un unico gesto delle dita.
Rimango a braccia aperte, sorpresa dalla sua reazione e nel medesimo istante vengo scossa da un forte formicolio che si deposita in profondità quando preme le labbra sulla pelle esposta.
Non mi è possibile paragonarlo a qualcosa perché è una sensazione nuova. Aumenta la pressione sollevando il viso, tenendo il mento contro pelle. Sorride intuendo i miei pensieri. La sua mano risale verso il seno con una certa sicurezza, mentre le labbra lasciano ancora un bacio sotto l'ombelico.
Stringo le labbra tenendo per me il gemito che sale lungo la gola partendo dal basso ventre sempre più scosso e in tensione. Sorride, questo non fa altro che peggiorare la mia reazione. Tremo. La sua mano stringe la presa sulla coppa e allo stesso tempo in una sequenza distruttiva per i miei sensi, continua a baciarmi sotto l'ombelico.
Mi osserva alzando gli occhi nei miei valutando bene ogni reazione e, deciso a piegarmi al suo volere continua.
Incapace di sostenere oltre la sensazione, per non dargliela vinta, blocco il suo viso. Riesco a fare un passo indietro allontanandomi da lui, recuperando il respiro. Mi ricompongo allacciando la vestaglia e con indifferenza mi sposto in bagno.
Dopo avere legato bene i capelli in una crocchia ordinata, sciacquo il viso passando un detergente, un tonico e una crema che lascio assorbire bene facendo un massaggio. Lavo poi i denti.
Travis si fa avanti. Nota lo spazzolino che ho lasciato sul ripiano. «Quello è mio?»
Sputo la poltiglia alzando una spalla.
Il suo sorriso potrebbe illuminare una stanza se non una città. A volte ha proprio delle reazioni curiose. E non ho fatto niente di così speciale. Forse lui non la vede allo stesso modo.
Scarta lo spazzolino sciacquandolo e poi gongolando lava i denti.
Lo lascio tranquillo spostandomi in camera. Recupero il portatile dalla scrivania e a gambe stese e incrociate, sul letto, mi dedico all'editing del video realizzato pochi minuti prima con il suo aiuto.
Una volta fuori dal bagno, Travis si lancia sul letto mantenendo il sorriso, sbirciando il mio lavoro.
Sembra così a suo agio. Così sereno da spaventarmi. Non riesco mai a capire i suoi pensieri, i suoi desideri. Mi sembra sempre di essere in difetto nei suoi confronti, come se non riuscissi davvero a renderlo felice.
Ad un certo punto si avvicina come un gatto appoggiando la testa sulla mia pancia, il braccio a circondarmi il ventre. Inspira il mio profumo accarezzando il tessuto.
Continuo a tagliare le immagini per editare un nuovo video che, di sicuro piacerà ai più romantici del sito. Tutto questo senza dedicargli la minima attenzione. Sto lavorando e in parte mi diverte il fatto che lui stia cercando un modo per farsi perdonare, per richiamare la mia attenzione.
«Hai finito?»
«Non ancora», salvo il video.
Scioglie con facilità il nodo che ho stretto per chiudere la vestaglia, avventandosi ancora sul mio ventre scoperto.
Il gesto mi coglie impreparata. «Trav», non riesco a fermarlo. Rido e lui continua. Chiude il portatile spostandolo sul comodino poi sollevandomi un ginocchio, afferrandomi il viso prova a baciarmi.
Lo spingo e ride. «Mi resisti?»
«Mi sembra ovvio», replico guardandolo con sfida.
Mi trascina per le caviglie sotto il suo peso avventandosi sul collo. Gemo e lui morde la pelle. «Davvero non vuoi fare pace con me?»
Rido incapace di smettere respingendolo. «No, oggi sei il nemico!» Mettendomi in ordine sollevo di nuovo lo schermo del portatile aggiungendo il video sul blog.
Attendo pochi istanti prima di ricevere i primi messaggi. Quasi tutti allusivi ma simpatici.
Travis si avvicina ancora nascondendo il viso sul mio collo. «Adesso? Hai finito?»
«Adesso si», chiudo lo schermo posando il portatile sulla scrivania e lui si mette comodo sul letto. «Vieni qui», mi dice come un gatto pronto a ricevere attenzioni. Mi guarda in modo dolce standosene con i gomiti ben piantati sul piumone.
Incrocio le braccia al petto. «Devo cambiarmi. Indossare un bel pigiama comodo...» strillo perché con uno scatto mi afferra e sono prigioniera tra le sue braccia. «Possiamo dormire nudi», la sua non è una proposta.
«Trav, non pensarci neanche!»
Sorride mostrando i denti. La mia mano gli toglie la maschera e lui la posa sul comodino senza neanche riflettere troppo. «Ok, adesso è il mio turno di strapparti di dosso qualcosa».
Mi sento attraversare da un fremito. La sua mano si insinua sotto la vestaglia fermandosi sul corpetto.
Poso il palmo sul suo braccio. «Hai paura?» mi provoca a causa della mia reazione.
«Qui non si tratta di avere paura. Insomma, faccio video di un certo tipo e prima o poi mostrerò anch'io qualcosa in più dei completini intimi. È solo un po' di seno quindi non mi preoccupa affatto questo. Ma... il fatto è che...»
Abbassa il viso a pochi centimetri dal mio. «Non faremo niente. Fammi solo provare», sussurra.
«Non ti ho ancora perdonato», esclamo.
«Ho ancora tanti bollini da prendere», la sua mano scivola tra le mie gambe.
Inarco la schiena. Stringo le cosce. Sorride. «Mi farò perdonare, promesso», sussurra.
Tolgo la sua mano portandola al petto. «Che cosa senti?»
Ascolta avvicinandosi ancora al mio viso. Le nostre labbra si sfiorano. «Lo so che mi ami», sorride rubandomi un bacio.
Lo spingo passando il dorso sulle labbra di proposito. «No, invece ti odio!» gli mollo un colpo con il cuscino.
Mi abbraccia. «Mi farò perdonare», mi sussurra. «Però adesso avvicinati, non allontanarmi. Ti prego, non tenermi lontano da te», mette il broncio.
In questo momento è così sincero da farmi sentire una rammollita. Con le sue parole e i gesti mi sta urlando in tutti i modi di non lasciarlo andare.
Riesce sempre ad ammaliarmi, a trascinarmi altrove. È davvero persuasivo quando si impegna. Scivolo infatti sotto il suo peso, tengo fermo il suo viso strofinando la punta del naso sul suo. Questo lo fa fremere ma non cede. «Non voglio tenerti lontano da me. Ma hai fatto una cosa davvero folle. Devi sapere che mi sento tanto in colpa.»
«Perché?» Mi guarda come se avessi appena detto qualcosa di assurdo.
«Perché sento di non avere fatto niente per te, a parte provocarti e farti arrabbiare. Perché mi sento in debito.»
La sua testa oscilla negativamente. «Ti sbagli. Hai fatto così tanto per me da non riuscire a trovare qualcosa da offrirti. Quello che ho fatto, è stato un gesto spontaneo. Non pensavo di offenderti. Non pensavo di spaventarti.»
«Ma io voglio te. Non voglio i tuoi soldi o i gesti così importanti e spaventosi. Voglio solo... te», la voce da stridula mi si affievolisce quando mi rendo conto di ciò che sto dicendo.
Esprimere i sentimenti è sempre stato un grosso ostacolo per me. Ho sempre costruito un muro tra me e le persone. Mi sono sempre tenuta a distanza dai sentimenti vivendo quello che avevo giorno dopo giorno senza mai pensare al futuro, senza mai sbilanciarmi così tanto. Perché più ami, più rischi di perdere qualcosa o qualcuno. Più ami, più diventi vulnerabile. Più ami, più rischi di perdere te stesso.
Mi alzo dal letto e di corsa esco dalla stanza scendendo le scale senza neanche vedere dove poso i piedi. Esco fuori, in giardino. L'aria è fredda e mi arriva sulla pelle come una frustata mentre respiro a fatica. Cammino avanti e indietro in preda al panico.
In questo momento mi piacerebbe trovare uno sfogo. Spaccare tutto sarebbe una soluzione. Ma, non sono mai stata quel tipo di persona. Piuttosto mi spacco dentro, passo sopra alle cose fino a farmi sommergere e soffocare. Quando succede non riesco proprio ad urlare. Semplicemente mi chiudo un po' di più in me stessa, non mi arrabbio, non reagisco male, divento ansiosa, triste, mi allontano. Guardo tutto come se fossi davanti un vetro appannato. Quando poi ci passo sopra la mano tutto ritorna normale. Purtroppo sono come una spugna. Ho la capacità di tenere tutti i sentimenti dentro. Non ho mai avuto il coraggio di lasciarli andare. Di lasciarmi amare.
Travis esce fuori. Ha già indossato la camicia che è aperta e i pantaloni che chiude mentre mi si avvicina. Guarda intorno con sospetto celando la preoccupazione.
Il cane della vicina abbaia ma non a causa mia. In lontananza i netturbini, una volante di pattuglia e qualche ambulanza che passa sfrecciando, perdendosi nella nebbia. Ci sono anche delle auto, i fari in lontananza.
«Bi...»
Alzo l'indice. «Un momento», inspiro ed espiro bruscamente. Non riesco nemmeno a parlare correttamente. Sembro una che ha fumato troppo nella vita.
Travis si avvicina senza paura, non rispettando il mio confine, abbracciandomi forte come se dovessimo fonderci. Ma è già successo. La mia anima si è sciolta nei suoi occhi tristi in grado di nascondere tanta forza, tanto coraggio e un passato duro da reggere, da scrollarsi di dosso. «Lo so che hai paura e pure io, credimi. Così tanta da commettere cazzate su cazzate solo per ricevere un sorriso, una stupida parola da parte tua...»
«Ho bisogno di una passeggiata», dico nel panico allontanandomi verso la strada e da lui, dal suo profumo, dalle sue mani, dal suo sguardo che mi desidera e che io desidero come una tossica.
I piedi nudi aderiscono sul marciapiede freddo e scivoloso, le gambe scoperte e intiepidite dal freddo. Mi abbraccio decisa a camminare, a farmi una passeggiata nel mio quartiere tranquillo nel tentativo di riprendermi da questo strano attacco di panico dopo avere ammesso di essermi persa.
Una luce si accende e noto dietro la tenda la vicina. La proprietaria del cane. Alzo la mano salutandola e lei ricambia tornandosene a dormire.
Vengo strattonata. «Che cazzo fai? Bi, ti rendi conto che sei per strada mezza nuda, scalza e i tuoi pensieri continuano a fare un gran casino...»
Si sente un tuono. Questo copre la sua voce. La pioggia inizia a picchiare lenta ovunque. Alzo il viso e quando apro gli occhi lui è davanti a me, così vicino da poterlo toccare eppure lontano a causa della preoccupazione. Ma è qui che mi osserva, mi guarda intensamente.
«Un giro», dico senza fiato rispondendo alla sua domanda. «Ho bisogno di fare un giro.»
«Sta per piovere e io sono senza maschera in mezzo alla strada dove qualcuno potrebbe passare e pensare chissà che cosa. Possiamo rientrare?»
«Ancora un momento», mormoro.
La pioggia aumenta d'intensità. È così fresca sulla pelle da farmi rilassare. Questo, fino a quando non sento il suo fiato caldo sulla pelle. Le sue mani scivolano dalla schiena sulle natiche. Le mie si intrecciano in automatico dietro la sua nuca. Mi aggrappo a lui come se fosse uno scoglio. Mi alzo sulle punte dei piedi che rischiano di scivolare. I nostri corpi si tendono sfiorandosi reciprocamente. «Perdonami», sussurra.
Nego. Scrollo ripetutamente la testa perché non voglio proprio sentire questa parola. Non da lui che mi ha dato tanto in poco tempo. Lui che mi ha strappato via dalla monotonia, dal castello oscuro in cui mi sono rinchiusa.
Mi solleva. Ansimo e mi bacia con possesso senza mai smettere. «Posso portarti a casa?» Senza attendere risposta indietreggia e, passo dopo passo entriamo in casa continuando a baciarci con rabbia, con forza, con passione, con odio, con amore.
Saliti in camera lo spingo sul letto. «Stai li», ringhio minacciosa.
Alza le mani in segno di resa riprendendosi dal momento, mentre spostandomi in bagno lavo i piedi, mi asciugo dalla pioggia, cambio l'intimo e chiudendo la vestaglia rossa di seta torno in camera.
Lui mi aspetta nella stessa posizione in cui l'ho lasciato. Mi avvicino cauta ripensando a tutte le parole che vorrei dirgli ma che non riesco a lasciare uscire. A tutti quei pensieri maliziosi, sensuali e dolci che ho fatto. A tutti quei desideri che vorrei realizzare insieme a lui.
Senza riflettere troppo sulle mie azioni, sulla morale o sul fatto di essere considerata pudica solo perché sono ancora vergine, eliminando ogni pensiero mi sistemo a cavalcioni sulle sue gambe afferrandogli il viso, costringendolo a tirare la testa indietro.
«Se solo provi ancora a prevaricarmi, scordati di me», ringhio minacciosa.
«Se menti ancora nascondendomi qualcosa che mi riguarda, scordati di me», sibilo ancora.
Travis allarga le gambe e con le mani sulle giunture dei miei fianchi spinge in avanti i suoi. «Continua», mi provoca. «Dimmi quello che pensi. Quello che vuoi!»
Sento che si sta eccitando e accantono per un attimo ogni pudore perché lui riesce a fare impazzire il mio corpo. Gli sfilo via la camicia lentamente, rendendo il momento per lui difficile da sostenere. «Se solo provi a regalarmi qualcos'altro, che sia piccolo o costoso, scordati di me.»
«Uhm... continua», annuisce avvicinandomi ulteriormente.
«Trav, sono seria. Se solo provi a fottermi te ne farò pentire», sbottono i suoi pantaloni.
Mi sollevo sulle ginocchia tenendomi sulle sue spalle e lui li toglie quasi infastidito. Ritorno su di lui muovendo i fianchi. Ascolto il suono che lascia uscire eccitandosi, assecondando i miei movimenti con le dita strette sulla pelle sotto la vestaglia.
Mi lecca il collo e stringo le gambe causandogli uno spasmo. Mi spinge ad alzarmi. Davanti a lui lo osservo curiosa. Scioglie il fiocco della mia vestaglia aprendo il tessuto liscio e delicato al tatto, guardando l'intimo che ho indossato color vino con delle trasparenze e del pizzo sui bordi.
Bacia lentamente dall'ombelico in giù. «Dio, la tua pelle...» La mano si insinua tra le mie cosce, muove le dita, le sfrega contro il tessuto mentre l'altra mi tiene ferma per un fianco. «Hai un odore che mi crea dipendenza. Spesso faccio fatica a starti vicino proprio perché ho questo strano istinto di prenderti a morsi e perdermi.»
Ansimo sentendo il sangue affluire ovunque e lui continua. Stringo le mani sulle sue spalle allargando le gambe mentre la sua mano mi provoca un brivido così forte da farmi tirare indietro la testa. «Trav!»
Freme aumentando il ritmo. «Dillo!» mi provoca.
Apro la bocca ma non ne esce alcun suono e lui preme le dita in un punto in grado di farmi prendere fuoco. Gemo.
«Dillo!»
Stringo le dita solcandogli la pelle. Resisto all'impulso. Aumenta i baci scendendo ulteriormente e i movimenti diventando insistenti. I miei fianchi si muovono in risposta. Le mani affondano tra i suoi capelli. Questo lo fa ansimare e gli dà la spinta.
«Trav!» piagnucolo.
«Che cosa?» Sorride mordendomi la pelle e affonda le dita di poco sul tessuto. Mi si mozza il fiato. Sento un calore avvolgermi.
Si rialza. «Dillo!» mi provoca bocca contro bocca soddisfatto.
«Ti voglio», soffio frastornata. «Ti voglio nella mia vita. Ti voglio...»
Mi bacia senza freni. «Lo so. Volevo sentirtelo dire. Con le buone non ha funzionato e allora ho provato con le cattive.»
Con il corpo in fiamme dall'eccitazione porto la sua mano sul mio corpo fino a raggiungere le labbra. Metto in bocca l'indice e lui dilata le narici. «Bi», trema quando succhio provocandolo a mia volta. «Dillo», lo spingo facendolo ricadere all'indietro sul letto, salendo su di lui. Muovo i fianchi.
Abbiamo iniziato un gioco e non ho intenzione di smettere. Soprattutto se questo può sussurrargli o suggerirgli qualcosa.
«Fermati!»
«Sssh... non mi vuoi?» poso un piccolo bacio sotto l'orecchio nascondendo un sorriso.
Non mi sono mai sentita sensuale ma so come piegare un uomo. So come farlo sentire desiderato e soprattutto so quale punto debole sfiorare per farlo eccitare.
La sua mano si infila sotto l'intimo a contatto con la pelle, stringendomi una natica. Mi sfrego su di lui.
Ansimiamo entrambi. «Si, ma non così!»
«No?»
Geme. Aumento il ritmo e mi ferma mordendomi il mento, le labbra tirandole a sé. Strizzandomi le natiche, tenendomi stretta al cavallo dei suoi boxer.
Si alza boccheggiando. «No, non così. Sei una stronza. Sai come vendicarti», soffia accaldato. «Lo terrò a mente.»
Sorrido mettendomi comoda sul letto proprio come lui prima, e guardandolo con malizia apro un po' le gambe.
Chiude gli occhi massaggiandosi la nuca. «Che cosa vuoi?» Chiede frustrato, in conflitto con se stesso.
Con il dito gli faccio cenno di avvicinarsi. È così fa. Lo faccio abbassare fino ad inginocchiarsi per un bacio lento a fior di labbra.
Scosta la coperta. Eseguo il suo ordine silenzioso ma necessario per non perdere il controllo. Mi infilo sotto la coperta mettendomi supina dopodiché si stende vicino. Ci guardiamo. Passano i secondi e nell'aria si respira solo una tensione che non promette nulla di buono.
Il suo palmo caldo e morbido si infila sotto la mia vestaglia. Il suo viso sul mio collo a pizzicarlo con la barba. Sgancia il reggiseno con abilità e velocità. Soddisfatto quando lo toglie mostrandomelo, tira la coperta sulla testa e nascosto abbassa il viso, inizia a baciarmi il petto.
Mi rilasso così tanto da non sentire neanche i miei gemiti. Schiocca un altro bacio abbastanza forte ritornando sulle mie labbra. «Posso dormire con te?»
Mi riprendo stringendo la vestaglia. «Questa meglio chiuderla.»
Ghigna abbracciandomi da dietro. «Cazzo se sei eccitante», esclama con un tono di voce roco. «Sto facendo davvero fatica.»
«Trav», sussurro dopo pochi istanti.
«Si?»
«Tu mi manchi.»
Sorride sulla mia nuca. La mano si infila sotto il tessuto. «Mi manchi anche tu, piccola peste!»
Credo che ci addormentiamo entrambi così, come sassi, perché quando mi sveglio, mi guardo intorno con occhi stanchi sentendomi davvero riposata e con la voglia di continuare ancora un po' a dormire.
La mia mano scivola accanto. La parte del letto è vuota. Sbircio con un occhio. Non c'è un biglietto sul cuscino e mi rattristo alzandomi a metà busto, portando le ginocchia al petto. Non so perché mi sto sentendo in questo modo. Qualcosa dentro di me sta cambiando. È come se il mio corpo entrasse in astinenza.
«Dormito bene?»
Il sollievo è visibile sul mio viso. Sorrido rilassando le spalle. Gattono fino al bordo del letto e lui staccandosi dallo stipite della porta del bagno si avvicina a passo felpato. Seduto accanto mi chiude la vestaglia aperta che mette in mostra il seno turgido, la pelle piena di brividi.
«Hai fatto la doccia senza di me?»
«No, ti stavo aspettando», dice tirandomi subito in piedi, forse per non avere la tentazione di fare qualcosa. Gli getto le braccia al collo. Il suo corpo si tende e tra le cosce sento subito quanto si è già eccitato. Sorrido muovendo i fianchi mentre mi bacia in modo rude.
«Sei sveglio», sussurro affannata, con un filo di voce che esce spezzato.
Sorride. Le guance accaldate. «Parecchio», risponde sincero. «E sarà difficile metterlo a dormire.»
«Posso fare qualcosa?»
Mi guarda stupito. «Vuoi... fare qualcosa?» balbetta non capendo la mia domanda.
Annuisco guardandolo da sotto le ciglia. «Posso?» Chiedo il suo consenso. La mia mano scivola giù. «Lo vuoi?»
Deglutisce a fatica. Il suo respiro si spezza. Ma, con straordinario controllo di sé rifiuta. «Facciamo la doccia.»
Sfioro con le dita il rigonfiamento e lui chiude gli occhi mugolando. «Posso aiutarti dentro la doccia», sussurro sensuale. «Non vuoi?»
Mi spinge verso il muro dove sollevandomi muove i fianchi baciandomi intensamente. «Si che voglio. Ma non devi fare assolutamente niente per questa cosa. Non sei obbligata.»
Lo spingo con un sorriso. «Vieni», arrossisco. «Doccia», aggiungo prima che possa esclamare una delle sue battute.
Mi segue lasciandosi coinvolgere e convincere anche se ancora un po' titubante. «Bi, non... devi...»
Apro il getto caldo su di lui, togliendomi la vestaglia lasciandola scivolare giù mentre gli do le spalle. Mi nascondo abbracciandomi prima di voltarmi dopo avere preso coraggio mostrandogli il mio seno che ha già visto e baciato. Elimino per un nano secondo ogni pensiero, ogni imbarazzo avvicinandomi a lui. «È solo piacere non dovere», dico mordendogli il labbro mentre tiro leggermente giù i suoi boxer. La mia mano con invadenza sfiora la sua pelle e lui si concede un momento di pura estasi quando sfioro la ragione della sua tensione eliminando così l'eccitazione.
Fuori dalla doccia appare rilassato e meno rigido del solito. Si riveste indossando un maglione nero e un paio di jeans recuperati dal borsone che tiene in auto, continuando a guardarmi.
Nessuno dei due ha ancora aperto bocca. Ma siamo consapevoli del fatto che i nostri corpi prima o poi cederanno completamente alla passione perché il mio sente il richiamo del suo e viceversa.
Mi sposto in cucina dove preparo la colazione e lui mi aiuta standosene vicino. «Dopo ti va di uscire?» Chiede mordendo un pezzo di toast guardando fuori dalla finestra.
«È giorno.»
Nega. «Hai fatto una cosa che non mi aspettavo. Adesso lascia fare a me. Ti va?»
«Ne avevi bisogno. Eri teso. Dovevi scaricare le energie e tutto quel... testosterone», sorrido.
Arrossisce lievemente. «Se mi ci fai pensare mi ecciterò di nuovo.»
Tolgo i piatti poi chiamo in clinica per sapere come sta zia Marin.
Una volta pronti usciamo di casa. Travis guarda ovunque contraendo la mandibola mentre mi guida tra le strade che iniziano a riempirsi già dall'alba.
Notando il suo disagio lo fermo. «Non dobbiamo per forza. Possiamo tornare a casa o andare alla villa...»
Stringe la mia mano. «Sarà divertente. È da un sacco che non ci vado.»
«Dove stiamo andando esattamente?»
«Lo vedrai quando ci arriveremo.»
Mi ritrovo nella pista di pattinaggio all'aperto. In giro a quest'ora poco dopo l'alba, non c'è nessuno. Travis indossa i pattini aiutandomi ad allacciare i miei. «Sono impedita», ammetto intimidita ma allo stesso tempo eccitata al pensiero di potere fare qualcosa di così divertente e spontaneo insieme a lui.
Dopo la notte passata a trattenermi, a sperimentare cose nuove, non immaginavo di potere provare ancora dell'altro per lui.
Mi aiuta a sollevarmi. Lo sto guardando imbambolata mentre mi guida sulla pista. «Quando senti di essere in equilibrio, datti una spinta e pattina.»
Mi aggrappo a lui. «Ripeto, sono impedita e rischio l'osso del collo.»
Ride accarezzandomi una guancia prima di staccarsi da me. «Dovrai cavartela da sola perché sto per mettermi a pattinare. È una vita che non lo faccio.»
Rimango con le ginocchia flesse e le mani davanti. «Trav...» piagnucolo sentendo i piedi scivolare sulla lastra di ghiaccio che si spezza sotto il taglio della lama.
Con un sorrisetto si allontana ancora pattinando divinamente.
Decisa a non farmi prendere in giro, provo a drizzare la schiena ma i miei piedi scivolano e per poco non mi ritrovo a terra. Impreco mentalmente poi ci riprovo mentre lui continua a sghignazzare girandomi intorno. «Non è poi così difficile», dice guardando il cielo azzurro, inalando l'aria fresca. Alza persino le braccia al cielo stiracchiandosi.
«Per te, io che non ho mai pattinato in vita mia mi sto sentendo come un dinosauro sul ghiaccio», brontolo.
Ride porgendomi la mano. «Vieni, ti insegno io», attende divertito.
Stringo la sua mano e con un movimento veloce, mi ritrovo contro il suo petto. Lascio uscire il fiato che si mescola al freddo, al suo che odora di cannella.
Pattina indietro tenendomi stretta. «Vedi?»
«Sai anche pattinare, chi lo avrebbe detto», esclamo sarcastica sentendomi tesa come una corda prossima a spezzarsi a causa del suo contatto.
«Tu hai solo paura di essere lasciata sola in mezzo alla pista», si allontana dandomene dimostrazione proprio perché riporto i palmi in avanti.
«Prova a liberare la mente. Sei qui con me, non devi pensare ad altro.»
Apprezzo molto il suo tentativo di aiutarmi ma non ci riesco.
Notandomi in difficoltà corruga la fronte. «Tu hai un problema enorme», dice serio.
«Non ti fidi.»
Provo a parlare ma mi precede. «Devi imparare a fidarti. Non puoi sempre cavartela da sola. Provaci...»
Mi avvicino a lui abbassandogli il viso. «Io ci provo ma tu non devi andare via», sussurro.
Solleva l'angolo delle labbra. «Sono qui, all'aria aperta con te. Pensi che andrò via?»
Premo le labbra sulle sue per un bacio dolce. Si stacca di poco. «Non avere paura di ciò che non conosci», mormora.
Lo guardo negli occhi. «Posso essere sincera?»
«Sempre.»
«Non ho paura quando ci sei tu accanto a me. Entro nel panico quando mi volto e non ti trovo. Quando non ci sei. Sento addosso il peso della tua assenza.»
«Per questo al risveglio avevi quell'espressione allarmata?»
Annuisco mordendomi il labbro. «Non c'era un biglietto, non c'era niente. Il letto era vuoto e io...» schiarisco la gola. «Volevo solo che tu non fossi andato via. Poi sei comparso sulla soglia, ho sentito la tua voce e ogni sensazione negativa si è dissolta. Senti, io lo so che sono problematica, paranoica e brontolona. Ma... se ti dico che ci tengo, credici. Magari non so come dimostrarlo perché alterno momenti di dolcezza ad altri di rabbia, ma dentro di me il risultato non cambia.»
«Neanche quando mi respingi», la sua non è una domanda.
Annuisco. Sfioro con le dita, dapprima coperte dal guanto che tolgo, le sue labbra. «Io ti voglio nella mia vita. Certo, fai delle cazzate colossali ma allo stesso tempo, anche se mi comporto da bambina, io lo so che quello che provo è più forte della rabbia. Quindi, mi dispiace se ti respingo. Mi dispiace se non mi comporto come una donna. Mi dispiace se pretendo troppo da te. Ma ci tengo. Quindi non farmene pentire.»
Mi solleva il viso perché sto parlando con il suo cuore mentre tengo il mio in mano. Perché per troppo tempo ho tenuto dentro ogni pensiero, ogni sentimento. Mi sono rifugiata dietro un muro in attesa che qualcuno riuscisse anche solo a scavalcarlo. Mi sono tenuta a distanza dall'effetto, dall'amore per paura di rimanerci secca.
«Vuoi che te lo prometta?»
Mi allontano da lui pattinando. Rimane stordito. Spalanca persino la bocca incredulo.
«Promettimi che non mi sottovaluterai mai più», lo punzecchio.
Rimane impalato per un momento poi sorride e nel suo sorriso io mi ci vedo riflessa.
«Sei una peste», esclama.
Rido pattinando insieme a lui. «Ho detto che non ho mai pattinato, non ho detto che non volevo imparare a farlo insieme a te», gli faccio una linguaccia.
Stringe la mia mano notando che non siamo più soli in pista. Mi fermo un momento davanti a lui dopo una breve scivolata dovuta alla frenata brusca. «Da uno a dieci quanto ti spaventa?»
Chiude un attimo gli occhi inspirando lentamente. «Undici?»
Sorrido avvicinandomi ancora a lui. «Non aprire gli occhi», indietreggio staccandomi.
Trattiene il fiato cercandomi con le mani. «Non ancora», non sbircia e io raggiungo il centro della pista lasciandolo lì a pochi metri, da solo.
«Ok, apri!» alzo il tono.
Mi guarda spaventato. «Bi...» annaspa quando due ragazzi lo superano senza guardarlo.
Una delle sensazioni più brutte che io abbia mai provato è il non essere in grado di cambiare le cose. Me ne sto ferma a guardare mentre tutto intorno a me scorre inesorabilmente. Mi sento senza scelta. In trappola. È facile dire alle persone 'puoi farcela' quando non sei tu quello a dover avere coraggio. È difficile guardarsi dentro e sentirsi vuoti. Sentirsi soli perché per troppo tempo hai allontanato tutti creando una rottura tra te e il mondo. Me ne sto qui, ferma, immobile, con il cuore in gola. Cerco una soluzione. Trovo forse il coraggio se non per me stessa, per qualcuno che mi ha regalato un respiro, un sorriso quando avrei voluto solo piangere e un brivido quando al contrario non volevo aprirmi con il mondo per paura di soffrire. Me ne sto qui, pronta a lottare pur di provare ancora quella scossa, quella scarica di adrenalina e quella sensazione di appartenenza.
«Trav... sto scivolando. Tra poco cadrò e mi farò male. Vuoi questo? Vuoi che il panico sia più forte?»
Strizza le palpebre stringendo il pugno. Faccio un passo incerto rischiando di scivolare. «Sei così debole da fare vincere la paura?» lo provoco.
Stringe maggiormente il pugno. Vedo le sue spalle sempre più tese e il viso adombrato da un ricordo.
«Trav... guardami!»
E così fa. «Raggiungimi. Io lo so che sei più forte. Mi piaci proprio per questo», ammetto arrossendo. «Perché nei tuoi occhi meravigliosi io ci vedo la forza che non ho mai avuto. Ci vedo la passione che non ho mai provato e...»
Scivolo e lui scatta in avanti. In breve mi ritrovo tra le sue braccia. Sta tremando e respira a fatica. «Tu non ti rendi conto...» inizia a rilento. «Del potere che hai su di me. Di quello che sei in grado di farmi provare.»
Mi spingo su di lui mimandogli una cosa sulle labbra. Le sue braccia si stringono intorno alla mia schiena poi sorride baciandomi.
Quando noto che la pista sta diventando affollata, gli chiedo di andare via. «Per oggi basta?»
Prende fiato mentre camminiamo per il parco e lui abbassa il viso quando superiamo qualcuno. «Si, credo di non essere del tutto pronto a fare qualcos'altro alla luce del sole. Non so se ricordi ma i miei occhi sono parecchio sensibili.»
«Bella scusa. Dovrò regalarti un paio di occhiali da sole», gli mollo una spallata e lui mi sorride.
Prendo delle scorciatoie silenziose, vuote e sicure per farlo sentire a suo agio e una volta a casa lo vedo rilassarsi del tutto.
Tolgo il cappotto notando il suo sguardo. «Che c'è?»
Si avvicina. «Grazie», sussurra.
Scuoto la testa. «Ho fatto volontariato!»
Ride. «Siamo proprio una bella coppia», dice circondandomi le spalle con un braccio.
«Coppia eh?»
Alza il mento. «Si, dopo questa notte...»
Arrossisco. «Non ricapiterà più che io aiuti il tuo amico. A proposito...» lo guardo con malizia. «Funziona bene per uno che ha vissuto cinque anni nascosto e solo...»
Ride. «Ci sono altri modi. Tipo quello che hai usato tu.»
I suoi modi. La sua voce. Ha l'aria tanto seria di chi è abituato ad affrontare il pericolo per natura ma non è mai preparato all'imprevisto. Mi guarda sempre con quello sguardo penetrante, a tratti spavaldo. Quando provo a metterlo in difficoltà, trova sempre una risposta a tutto. Come se fosse predisposto a farlo.
«Trovi sempre una risposta e una spiegazione a tutto?»
Si siede sul divano. «Si, credo sia nella mia natura.»
Lo abbraccio da dietro il divano massaggiandogli il petto. Mi abbasso sull'orecchio. «Allora digli alla tua natura di non eccitarsi anche mentre siamo in giro», rido quando prova ad avvicinarmi a sé.
Mi sposto in cucina. «Che cosa ti va per pranzo? Abbiamo tutto quello che hai comprato.»
Passa una mano sul viso alzandosi. «Io so cosa voglio per pranzo, cena e anche a colazione...»
Ogni mio muscolo si tende. «Non è ancora il momento per quel passo.»
Si appoggia al ripiano mentre taglio il pollo a dadini facendo lo stesso con i peperoni e le patate.
«Che cosa ti impedisce davvero di provare?»
«Voglio che sia qualcosa che inaspettatamente mi permetta di liberare la mente. Qualcosa che sento di volere con tutta me stessa e non qualcosa creato solo perché la situazione lo richiede. Non so come spiegare. Forse nessuno può capire.»
Sorride, non sembra dispiaciuto. «Ti manca il coraggio?»
Arrossisco aggiungendo del peperoncino in padella insieme agli altri ingredienti. «Forse. Ma credimi, con te lo farei anche adesso.»
«Non ho fretta», dice schioccandomi un bacio sulla guancia. «Mi piace quello che abbiamo.» Rubandomi un pezzo di pollo si sposta per apparecchiare il ripiano dell'isola.
Lo guardo e non riesco a smettere di sorridere.
Ci sono persone che silenziosamente si insinuano dentro, raggiungono il tuo cuore e ci costruiscono una casa. Ci sono persone che diventano tutto in breve tempo. E il solo pensiero di perderle ti fa tremare le gambe.
E non mi importa di andare a cena in un locale costoso o di ritrovarmi circondata da persone estranee ad una festa. Non mi importa dei programmi visti in tv con una coperta sulle gambe e un cartone di pizza. Non mi importa delle gite, delle passeggiate all'aria aperta. Non mi importa dei messaggi scambiati a notte fonda. Non mi importa dei baci dati di fretta. Non mi importa delle litigate, quelle forti e dolorose. Questo può farlo chiunque.
Ma amare a perdifiato, è roba per pochi. Perché quando inizi ad amare davvero una persona e la guardi negli occhi, l'unica cosa che pensi è che non hai bisogno di altro. All'improvviso hai come la certezza di volere passare il tuo tempo insieme a quella persona. E non importa come. Magari abbracciati, magari vicini, magari, ma sempre.

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