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Non riesco a vedere niente perché Travis scatta subito in avanti coprendomi la visuale.
«Che cosa vuoi?» pronuncia brevemente, a denti stretti. Come un animale pronto ad attaccare, a ferire a morte.
Ogni mio muscolo si tende. Finalmente sbircio oltre il suo braccio trovando davanti a noi Dan che, alza gli occhi dal pavimento usurato, pieno di crepe, fissando i miei, improvvisamente guardinghi.
Che cosa ci fa qui? Come ha fatto a trovarmi?
«Ho bisogno di parlarti», mi dice usando un tono stridulo, rispondendo ad una sola delle tante domande che in questo momento circolano dentro la mia testa.
Sento Travis fremere, pronto a scattare in avanti ma poso in fretta il palmo sul suo petto fermandolo in tempo.
«Non vuole parlare con te altrimenti lo avrebbe già fatto, non credi? Adesso sparisci dalla circolazione o ti faccio fuori. Non so se lo ricordi ma te l'ho promesso e io mantengo sempre la parola data», sbotta minaccioso. Le spalle rigide, gli occhi fissi e accecati dalla furia che li rende maggiormente accesi, spaventosamente attenti.
Dan ricambia lo sguardo, affatto preoccupato. «Bambi è grande abbastanza per decidere da sola», risponde a tono. Sposta la sua attenzione su di me. «Devo parlarti di una cosa.»
«E non può aspettare? È quasi notte, Dan. Sono stanca e non ho voglia di discutere o di vedervi pronti a farvi fuori. Voi due dovete stare a distanza l'uno dall'altro.»
Sto cercando di mitigare la situazione che, con ogni probabilità ci sfuggirà a tutti e tre di mano.
Lo sento dentro le viscere che qualcosa non va. Inoltre, la tensione è sempre più palpabile nell'aria, come nuvole temporalesche ammassate sull'oceano pronte a sfogarsi.
«No, non può aspettare!» alza il tono.
Faccio una smorfia osservandolo attentamente.
Indossa un giubbotto imbottito blu scuro, un berretto nero, guanti neri e il suo viso è arrossato dal freddo. Le sue orbite sono piene di piccole vene e le iridi di un colore più acceso, sotto quel lucido simile a quando si ha la febbre. Le pupille non sono dilatate quindi non è sotto effetto di una qualche sostanza.
«Invece si, adesso vattene», rispondo provando ad avanzare verso la porta.
Dan fa un passo verso sinistra sbarrandomi la strada. Sento la reazione alle mie spalle di Travis, più che pronto a farlo a pezzetti e ad inscatolarlo.
«Bi, è importante», piagnucola Dan tenendomi stretto un braccio.
Fisso incredula il suo gesto cercando di non ripensare a tutte quelle volte in cui si è illuso credendo alle parole di zia Marin sul nostro destino incrociato. Siamo solo amici. Lo siamo sempre stati. Ma niente di più.
«Non ora!» alzo il tono facendolo sobbalzare. «Non oggi, ti prego!»
«Hai sentito quello che ti ha detto? Adesso vattene!» Travis lo spinge poco gentilmente per allontanarlo da me. In parte nervoso di vederlo proprio adesso, in un momento particolare per entrambi.
Dan reagisce immediatamente sbattendolo contro la parete sulla quale si crea una piccola crepa.
«Mettimi di nuovo le mani addosso e ti faccio fuori! Ho bisogno di parlare con la mia amica, adesso!»
Dan si volta. Travis approfitta della sua distrazione per placcarlo contro la parete.
Tengo le dita sul dorso del naso. «Si può sapere che diavolo ti succede?» alzo il tono. «Dan, questo non è il momento tantomeno il luogo adatto per avere una conversazione. Torna domani», replico non sapendo esattamente cosa dire per mandarlo via, evitando così che la vicina esca lamentandosi del rumore che stiamo provocando in questo corridoio ristretto dove i muri sembrano fatti di carta.
«Quello che devo dirti», inizia contrastando l'attacco di Travis. «Non può aspettare. Rientra nella mia terapia e devo assolutamente farti presente...»
«Che adesso te ne vai lasciando stare mia moglie!»
Tappo la bocca. No, non così. Lui non può averlo detto davvero. Non può avermi tradito così in fretta pur conoscendomi.
Gli occhi di Dan saettano da Travis a me e poi di nuovo. Infine si abbassano sulla mia mano avendo la piena conferma.
Indurisce i lineamenti. Appare imbestialito e per un nano secondo lo vedo come un'altra persona. «È così?» urla quasi.
Sussulto chiudendo gli occhi.
Senza attendere risposta o aggiungere altro, si allontana superandomi furente.
Apro e richiudo la bocca ma da questa non esce alcun suono perché mi sento tradita da Travis. Non avrebbe mai dovuto colpire così in basso Dan. Non avrebbe dovuto intromettersi così tanto perché avevo la situazione sotto controllo, visto avrei convinto Dan a parlare di giorno, quando si sarebbe calmato.
Travis fa un passo avanti ma scuoto la testa e aprendo la porta la sbatto alle mie spalle rabbiosa dirigendomi nella mia stanza dove guardo tutto confusa, non riuscendo a capacitarmi.
Sento lo schianto poi una breve imprecazione ed infine compare sulla soglia trovandomi nel pieno di un attacco di panico.
Il mio petto continua ad alzarsi e ad abbassarsi come quando schiacci una fisarmonica.
«Non avrei dovuto...»
«NO!» sbraito facendo due piccoli passi in avanti e uno indietro a causa della scarsa quantità di spazio presente.
Apre la bocca ma lo fermo alzando il palmo. «Non ora!» Chiedo silenziosamente un attimo per calmarmi anziché esplodere per come vorrei.
In fondo lo so che lo ha fatto per allontanare Dan. Ma lo ha ferito. E in contemporanea ha ferito anche me. Perché avrei voluto dirgli tutto tranquillamente, non in un momento come questo. Adesso Dan lo andrà a sbattere in faccia a zia Marin che, mi tratterà peggio di oggi. La situazione sarà insostenibile, me lo sento.
Esco dalla stanza girando per la cucina inspirando ed espirando lentamente, strofinando le mani, alzando il viso verso il tetto rimanendo ad occhi chiusi per una manciata di secondi.
«Ho commesso una cazzata, me ne rendo conto. Mi è uscito dalla bocca spontaneamente.»
Non sembra però provare dispiacere. «Smettila di mentire. Volevi farlo. Volevi proprio vederlo perdere sin dal primo giorno in cui l'hai conosciuto. Non è stato bello, Trav.»
Gratta la tempia in parte imbarazzato. Di colpo però cambia atteggiamento gonfiando il petto, assumendo una postura austera, carica d'orgoglio.
«Già, volevo vedere la delusione prendere vita sul suo viso. Così come la consapevolezza che non ti avrà mai.»
Passo i palmi tra i capelli prima di legarli per non tirarli. «Io non sono un oggetto. Qui non si tratta di fare a gara a chi riesce a fare pipì più lontano o a chi riesce a portarmi a letto per primo. Qui si tratta della mia vita. Dan ne fa parte da sempre e adesso... adesso sarà distrutto e lo andrà a raccontare a zia Marin. Lo farà, ne sono certa! E questa cosa mi preoccupa più del fatto che lui lo abbia saputo in quel modo.»
Passo le mani tra i capelli sbuffando nervosamente. Come un toro che vede solo rosso. «Dio, sono così arrabbiata», stringo i pugni con una certa forza sentendo le unghie solcare la carne.
«Lo capisco. Ho reagito come un ragazzino. Dire che mi dispiace sembra stupido ma...»
«Tanto sai che non ci credo alla scusa che stai per pronunciare. Tu lo volevi. Volevi sbattergli in faccia il fatto di essere riuscito prima di lui ad avere il mio cuore. Ti sei comportato da stronzo!»
Scuoto la testa continuando a camminare nervosamente mordendomi un'unghia, tirando una pellicina dal labbro e spostandomi verso la finestra dove la apro lasciando che il freddo invada le mie ossa e l'intera stanza che sembra calda quanto l'inferno.
«Non ho scusanti», ammette seduto sul divano. I palmi uniti, i gomiti sulle ginocchia.
«No», mormoro guardando al di sotto, nel vicolo buio dove due gatti stanno strappando dei sacchetti dell'immondizia lasciati fuori dal bidone.
Travis si alza avvicinandosi. Chiude la finestra e mi abbraccia. «Ho fatto una cazzata. Una enorme cazzata. Mi dispiace più per te che per lui», dice sincero.
Lo spingo priva di forza. «Già», rispondo tenendo per me tutti i commenti acidi che al contrario potrebbero uscire da un istante all'altro.
In questo momento non riesco neanche a guardarlo in faccia. Mi sento proprio strappata via dalla tranquillità e lanciata in mezzo ad un caos ingestibile.
«Urlami addosso, arrabbiati», stringe i palmi sulle mie spalle.
Nego. «Ormai è successo», dico monocorde fissando fuori dalla finestra.
Posando due dita sotto il mento mi fa girare il viso verso il suo.
«Bi, mi sto allarmando. Non è da te reagire così tranquillamente», corruga la fronte.
Mi stacco gonfiando il petto d'aria che lascio subito uscire per rispondere. «Che cosa dovrei fare? Ci siamo appena... sposati anche se non nella classica maniera e tu... hai appena avvisato il mio amico dandogli la notizia come si dà una pugnalata. Adesso che cosa dovrebbe succedere?»
«Che tu ti arrabbi, mi urli addosso, mi fai sentire un imbecille e poi corri da lui a consolarlo», replica facendo una smorfia alla fine. Irrigidendosi al pensiero che possa accadere.
Nego. «Le valigie», esclamo invece.
Batte le palpebre seguendomi in camera dove inizio a mettere le mie poche cose dentro le due valigie.
Travis mi ferma. «Rimaniamo qui per stanotte», dice guardingo. «Salgo la spesa da mettere nel frigo», mi lascia sola per qualche minuto.
Mi sposto in bagno dove sciacquo il viso con acqua fredda, in grado di darmi la giusta carica. Guardandomi allo specchio mi accorgo di essere provata, ma ricomponendomi esco dal bagno trovando Travis alla porta. Si sposta con pochi passi in cucina dove infila la busta direttamente nel frigo. Afferrandomi poi entrambe le mani mi porta sul divano dove ci sediamo l'uno accanto all'altra.
«Ho fatto un grosso casino, me ne rendo conto. Posso fare qualcosa per rimediare?»
«Dovevi chiudere prima la bocca. In questo modo non avresti causato l'apocalisse. Ormai il danno è fatto», rispondo alzando le spalle.
A Travis non piace la mia reazione così pacata. Lui vorrebbe che gli urlassi addosso ma come posso farlo proprio dopo avergli promesso silenziosamente che sarò per sempre sua nonostante tutto?
«Sono stanca. Credo proprio che me ne andrò a letto», dico alzandomi.
Adesso mi scruta da sotto le ciglia. «Posso restare?»
«Questa "scatola di scarpe" come l'hai definita: è anche tua adesso», rispondo acidamente recandomi in camera.
Impreca. Sento subito la sua presenza alle spalle quando apro il cassettone. Mi abbraccia da dietro impedendomi di prelevare un pigiama.
«Mi punirai dormendo in pigiama?»
Mi volto guardandolo male. Trattiene un sorriso intuendo che questo non è proprio il momento per certi giochetti. «È la nostra prima notte insieme...» aggiunge come un bambino.
Poso il pigiama dentro la valigia chiudendo il cassettone, appoggiandomi contro di esso a braccia incrociate e sguardo irritato. «E quindi?»
Posa le mani sui miei fianchi avvicinandosi. Ovviamente il mio corpo tradisce ogni emozione.
«Quindi potremmo spogliarci, stenderci sul letto, parlare un per un po' sotto le coperte», propone. «Se ti va.»
«Ok», torno in cucina.
Travis appare sempre più confuso. «Che cosa fai adesso?» Chiede seguendomi ad ogni passo.
«Preparo una tazza di te' caldo, non ti va?»
Si appoggia al ripiano. «Si, ok», gratta la nuca. «Però sono preoccupato perché non hai ancora dato di matto.»
Riempio due tazze d'acqua calda immergendo le bustine di te' alla vaniglia e cannella spostandomi in camera. Appoggio la tazza sul comodino iniziando a spogliarmi togliendo per prima cosa i pantaloni. Mi volto e lui mi guarda sorseggiando il suo te'.
Mi fermo un momento mentre staccandosi dallo stipite mi si avvicina eliminando la distanza che ci separa. Appoggia la tazza accanto alla mia sfilandomi lentamente il maglione dalla testa, sfiorandomi la pelle che si rizza al suo tocco.
Alzo gli occhi e mi sta scrutando. «Non mi spogli?»
Quando mi guarda fisso negli occhi, sento una sensazione nuova, strana, direi quasi sconcertate. È come se si fosse intrufolato nella mia anima e avesse cominciato a rompere tutto. Ha iniziato a spostare ogni maceria sbarazzandosene senza fatica, alleggerendo così il peso di ogni mia paura.
E lo sto già facendo, lo sto già spogliando con gli occhi, con il cuore, con la mente e tutta la mia anima, ma lui non lo sa.
Sfilo la sua felpa poi sbottono i pantaloni facendolo fremere ed ansimare flebilmente.
Staccandomi salgo sul letto prendendo la mia tazza dopo essermi sistemata comodamente sotto le coperte.
Travis fa lo stesso guardando il pezzo di parete di un bianco sporco davanti a noi.
Soffio sul liquido ascoltando il piacevole silenzio affatto imbarazzante che aleggia dentro la stanza. Purtroppo c'è anche una nota amara che si intensifica ad ogni battito, ad ogni respiro.
Travis percepisce la stessa sensazione, mi toglie la tazza dalle mani abbracciandomi. Picchio il pugno sul suo petto priva di forza. Lo sistema senza difficoltà sulla sua spalla.
«Posso farmi perdonare?»
«No, sto per mettermi a dormire», rispondo freddamente.
Spegne subito la luce e quando mi giro con il viso verso il muro mi abbraccia da dietro. Abbassa la spallina del reggiseno baciandomi dal collo alla spalla lentamente, usando la lingua che muove sensualmente sulla mia pelle.
Attacco le caviglie alla sua come se fossero delle mollette e le sue braccia mi si stringono sul ventre.
Continua a baciarmi la pelle senza smettere. La mano risale dal ventre posandosi a coppa sul reggiseno.
«Ho sbagliato, lo so.»
Mi bacia la nuca e gemo. Non mi trattengo nemmeno. Piuttosto mi volto ad affrontarlo e lui mi guarda intensamente prima di avvicinarmi a sé tenendomi per il viso dopo avere acceso di nuovo la luce.
Ora più che mai ho la consapevolezza del fatto che molto spesso le persone dicono di amare ma non sono veramente pronte a provare una tale sensazione. Perché parlano senza conoscere l'amore.
Io nella mia scarsa conoscenza del sentimento, credo che in fondo l'amore non sia solo fatto di frasi copiate, di abbracci, baci o strette reciproche in grado di perdersi a letto, nell'affanno, nei brividi. Tutto questo con il passare del tempo forse diventa monotono, persino noioso. Io credo invece in quell'amore in grado di superare ogni difficoltà, anche in quel silenzio che sa tanto di appartenenza, di vita e che a volte opprime. Credo nelle sfuriate, nei litigi per le cose futili, quando ci si attacca a vicenda e poi si fa subito pace. L'amore è quando vedi quella persona ed è come se la incontrassi per la prima volta. Ti ritrovi il cuore che batte all'impazzata e non puoi fare a meno di sorridere, di sentirti pieno di energie. Amore è superare gli ostacoli senza mai perdersi o allontanarsi davvero. È esserci. Amore è quella complicità che unisce due persone che non hanno bisogno di parlare per capirsi. L'amore non è dirsi continuamente "Ti amo" o promettersi fiducia reciproca. L'amore va al di là delle parole, delle frasi, delle urla, dei sorrisi, dei gesti. L'amore prende forma e ti colpisce quando meno te lo aspetti. È una lama invisibile in grado di provocare dentro e fuori forti emozioni.
Scivolo sotto il suo peso sentendo l'energia sprigionata dai nostri corpi quando il suo sfiora la mia pelle.
Avvicino il suo viso premendo le dita sulle sue labbra per non farlo parlare. Perché so cosa sta per dire.
Strofina la punta del naso sul mio poi affonda il viso sul mio collo succhiandomi la pelle, facendomi ansimare, mugolare.
Stringo le dita sulle sue spalle e quando morde una parte sensibile affondo le unghie nella carne causandogli una verso virile, in grado di farlo agire maggiormente sulla mia pelle.
Mi bacia senza controllo con la lingua, usando i denti. Preme forte il suo corpo sul mio muovendo i fianchi, strofinando il cavallo dei boxer tra le mie gambe che divarica con un impeto in grado di farmi urlare, sollevandomi le ginocchia, tenendole strette tra i palmi caldi come fuoco.
Ansimo bocca contro bocca. «Dimmi che sarà sempre così tra di noi», gemo sentendo la sua mano tra le cosce, le dita a sfregarmi l'intimo sulla pelle sensibile.
Inarco la schiena e lui accaldato schiude le labbra godendosi la mia reazione, il mio piacere.
«Direi più forte di così», sussurra premendo la fronte sulla mia quando si eccita troppo, così tanto da non riuscire a fermarsi. Mugola sommessamente baciandomi con forza maggiore.
«Ti amo», lo abbraccio e lui si rilassa facendomi sentire quanto si è eccitato, senza neanche vergognarsi.
«Non muoverti», sibila tra i denti per avvertirmi.
Così faccio. Non voglio esagerare.
Ci guardiamo negli occhi. «Posso esprimere un piccolo desiderio?»
«Fallo», rispondo preparandomi alla pressione delle sue mani sulla mia pelle.
«Come hai...»
«Non sei l'unico a capire al volo», rispondo con un sorrisetto che non riesco a trattenere.
Travis riflette un momento. «Senza malizia?»
«Va bene», rispondo mordendomi il labbro.
Mi bacia in fretta capovolgendo la situazione. Sono sopra di lui e alzandosi a metà busto mi sgancia il reggiseno con una mano, liberandomi finalmente dalle coppe che, hanno lasciato dei piccoli segni rossi.
Con un altro movimento repentino sono sotto il suo peso. Mi aggrappo a lui. Lui che mi strappa via anche l'intimo inferiore. «Vuoi dormire così con me?»
Annuisce. Non ho bisogno di altre spiegazioni. Sollevo le ginocchia e geme mordendomi le labbra. Abbasso i suoi boxer. «Adesso siamo pari», dico sgusciando via dal suo peso.
Sorride mettendosi comodo, le braccia dietro la nuca. Sbircia sotto la coperta bevendo un sorso di te'. «Attualmente non posso avvicinarmi», ammette.
Sbircio sotto la coperta più che curiosa e sorrido arrossendo. «Uhhh, qui qualcuno è sveglio», lo stuzzico.
Tira la coperta dalle mie dita. «Parliamo di qualcosa o non mi passerà», chiede piagnucolando. «Puoi avvicinarti ma non fare niente di avventato», apre le braccia e io mi rannicchio sul suo petto caldo, la gamba sollevata sul suo ventre.
Mi accarezza la coscia standosene ad occhi chiusi. «Posso sapere come stai?»
Gioco con il capezzolo e la cicatrice che ha poco più sopra. «Meglio», rispondo sincera.
Attorciglia una ciocca dei miei capelli tra le dita. «E cosa pensi di... questo momento?»
«Potrei alleviare tutto», mormoro.
Deglutisce a fatica più che accaldato. «No, solo così non perderò la testa.»
«Sicuro?» lo guardo da sotto le ciglia.
Batte le palpebre agitandosi. «S... no!»
Passa il palmo sulla faccia. «Bi...»
Bacio il petto scendendo lentamente. Mi afferra il viso sollevandolo. Mi ritrovo su di lui.
Il cuore mi batte freneticamente perché sento quanto si è eccitato e siamo entrambi esposti.
La sua mano sistema il suo "amico" tra le gambe e mi adagio come quando eravamo dentro la vasca idromassaggio su di lui. «Se mi muovo in sù che cosa succede?»
Mi stringe subito le natiche ed ansimiamo. «Se ti muovi sul mio caro uccello finirai per provocarlo troppo.»
Gioco con le sue labbra e ancora una volta mi preme le natiche. Lo fa involontariamente e gemo sulla sua bocca sentendo sfregare la sua intimità tra le gambe.
«Ahhhh» lascio sfuggire.
«Bi», trema.
Mi abbasso muovendo in fretta i fianchi, tenendo il palmo sulla parete.
Le sue guance si infiammano. Inarco la schiena allargando le cosce. «Non ti piace neanche un po'?»
«Cazzo, si!» strizza le natiche a sé velocemente.
Mi fermo per fargli un dispetto e lui nega agitandosi. «No, non adesso», mi prega di continuare e lo accontento regalandogli un momento di puro piacere.
«Ohh», si rilassa un momento recuperando il respiro.
Gli passo un fazzoletto. Continua a guardarmi famelico e torno su di lui. «Adesso va meglio?»
Mi abbraccia baciandomi la fronte. «Decisamente», mugola.
Sorrido posandogli un bacio sul naso, uno sulle labbra. «Perché deve finire sempre così tra di noi?»
«Perché abbiamo bisogno di scaricare la tensione che si crea quando ci avviciniamo», prova a darmi una risposta.
«Potrebbe non scaricarsi», replico.
Solleva il labbro. «In quel caso posso pensarci io», si offre volontario.
Sorrido. «Volevi parlare o è stato meglio questo?»
«Non nego che questo sia stato eccitante ma voglio ancora parlare con te.»
Chiudo gli occhi. «Va bene», mormoro. «Parliamo.» Rimango in attesa.
Si agita sotto il mio peso. «Sei arrabbiata con me», la sua non è una domanda.
«Affermativo», rispondo.
Mi accarezza la schiena. «Posso fare qualcosa per rimediare?»
Sto già scrollando la testa. «Negativo», dico intuendo di provocargli un certo fastidio con queste risposte brevi. Infatti gratta la guancia facendo una smorfia. «Cosa hai provato esattamente?»
Gioco con la cicatrice che ha sulla spalla. Forse è stato un frammento dell'esplosione a provocargliela. «Ammetto di avere provato una certa rabbia ma solo perché volevo essere io quella a dirglielo. Hai avuto poco tatto, tutto qua.»
Ferma la mia mano baciando il dorso. «Sono stato impulsivo. Me ne rendo conto.»
«Non preoccuparti. Risolverò tutto», nascondo il viso sotto il suo mento. «Tra qualche ora zia Marin chiamerà irata e allora dovrò correre da lei. Le mostrerò l'anello e le farò capire che sei l'uomo che ho scelto per me.»
Massaggia la mia nuca. Allungo il collo agitando su di lui che mi blocca immediatamente lamentandosi. Nasconde il viso dietro il braccio facendomi ridere.
«Me lo merito», brontola. «Ad ogni modo, ho paura per te. Posso esserci anch'io?»
Inarco un sopracciglio. «Non hai fiducia nelle mie capacità in fatto di gestione delle situazioni "pericolose"?»
Sorride. «Non dubito mai delle tue capacità come ben sai. Mi farebbe solo sentire...»
Premo le labbra sulle sue deconcentrandolo. Sorriso quando mugola trattenendomi. «Visto? So gestire le situazioni di pericolo», mormoro.
Sorride. «Sei proprio una stronza!» mi abbraccia.
Mettendomi comoda, con la guancia sul suo petto, le dita a disegnare cerchi invisibili sulla sua pelle, lo guardo di nascosto.
Travis si rilassa. Questo per un momento, visto che poi vedo il suo bel viso adombrarsi.
Mi piace vedere sul suo volto il colore di ogni nuova emozione. È evidente la sua forza straordinaria nel nascondere quanto ci sia di più pericoloso per la sua anima e quanto al contrario riesce ad alleviare ogni dolore.
«Non mi conosci bene», inizia pacato.
«Ci stai già ripensando? Che c'è? Sono troppo impegnativa per te?»
Ride negando. «No, non ci sto ripensando. Voglio solo che tu mi conosca un po'.»
Bacio il petto. «Bene. Dimmi come ti sei procurato questa», indico la cicatrice sulla spalla.
La guarda come se la vedesse per la prima volta dopo anni. «Sono stato colpito di striscio da un proiettile per questo è come una retta», spiega toccandola.
«Hai sentito tanto dolore?»
«A volte penso che niente sia paragonabile al dolore che mi provochi quando te ne vai», risponde a bassa voce. «Ma si, ha fatto male. Più di questa», dice indicando il gomito. «Qui è successo quando ho lottato a mani nude con un uomo armato di pugnale.»
Stringo le palpebre. «Ne hai passate tante», sfioro la cicatrice risalendo sul suo viso.
«Ho visto cose che non mi piace raccontare. Ma tu sei mia moglie quindi se vuoi conoscere nel dettaglio ogni mia cicatrice, farò del mio meglio per raccontarti come ho fatto a ridurmi così.»
Mi sorride. Lo fa in modo triste. Questo perché non ama parlare del suo passato. Di ciò che ha vissuto mentre lavorava per difendere la patria.
Tocco la piccolissima cicatrice sull'occhio buono, al di sopra di quella che gli taglia un po' il sopracciglio. «Questa non è di guerra», esclamo più che convinta.
Sorride. «Mi hai beccato», dice come un bambino. «Ero adolescente quando con mio fratello eravamo ad una delle battute di caccia di mio padre. Non ci siamo mai sopportati e abbiamo iniziato a lanciarci le pietre come due stupidi imbecilli. La mia gli ha marchiato la fronte, la sua... mi stava tagliando l'occhio.»
Parla con rammarico accarezzandomi la spalla, scosta i capelli da un lato dopo averli sciolti tenendo sul polso l'elastico. «So cosa stai per chiedere», continua a ruota.
È così bello sentirlo parlare così tranquillamente del passato nonostante l'espressione, lo sguardo spento, rivolto a quei momenti bui, duri. Mi fa sentire partecipe della sua vita.
«Davvero?»
Annuisce. «Fammi la domanda.»
Mordo il labbro sentendomi colta in flagrante. «Vedi da entrambi gli occhi?»
Solleva il labbro. «Vedo meglio da questo occhio che da quello buono», esclama.
Mi sollevo baciandogli entrambe le palpebre. Quando le apre siamo vicini.
«Sono state le operazioni a cambiare il colore», aggiunge il dettaglio. «Forse hanno tempi di reazione diversi ma ci vedo», scosta ancora i miei capelli. «Sei davvero bella, Bi», sussurra facendomi arrossire.
Sento le mie guance prendere fuoco e il corpo formicolare mentre ci guardiamo senza dire niente, eppure sussurrandoci tutto.
Non mi ha detto che sono bellissima o che sono unica e altre frasi scontate e melense. Mi ha detto che sono bella. Alle mie orecchie è un complimento sincero, non costruito. Mi piace come suona questa parola pronunciata dalla sua bocca.
A volte bisogna proprio lasciarsi trovare, abbassare quelle difese, il muro che hai creato. Perché poche cose contano davvero nella vita. Trovare la tua persona, quella che ami più di tutte per il modo in cui ti fa battere il cuore, è la cosa più importante. Perché ci sono momenti in cui fa bene avere qualcuno pronto a camminare al tuo fianco.
Sfioro subito la barba. «Dove sei stato?» Chiedo trasognante.
«Probabilmente all'inferno proprio perché era destino trovarti, sceglierti, amarti. Sarà banale ma è così.»
Poso le labbra sulle sue guardandolo. Le sue mani mi accarezzando la schiena. Sollevandosi a metà busto rimane in posizione, senza muoversi.
Le sue dita risalgono mentre la mano destra scivola giù. Inarco la schiena. Dalle labbra schiuse lascio scappare un verso flebile. La pelle si solleva visibilmente al suo tocco, sotto il suo sguardo ardente. Sulle sue guance si deposita un po' del calore che mi sta provocando.
«Sono nata a New York in pieno inverno. Per rispondere alla domanda che stai per fare, si, sono nata il giorno di Natale, c'era la neve e per poco non sono venuta alla luce in casa. Non te l'ho detto perché mi avevi quasi regalato un giorno speciale e una vacanza che non potrò mai permettermi perché non ho mai festeggiato. Ho vissuto in una piccola palazzina vicino Chelsea, la vista era davvero strepitosa. Ero una bambina viziata, combinavo sempre qualche marachella ma mai qualcosa di grave. Erano più i capricci di una bimba che si sentiva sola quando i genitori uscivano per lavoro o erano troppo stanchi per darmi attenzioni. Ero adolescente quando è iniziato tutto ad andare male. In breve mi sono ritrovata senza casa, senza genitori. Avevo solo Dan e poi il ragazzo che mi ha ferito.»
Racconto rimanendo aggrappata a lui, labbra contro labbra. «Zia Marin era l'unico parente e si è presa cura di me i primi due anni. In parte credevo potessimo medicarci a vicenda la ferita provocata dalla perdita. Poi però si è ammalata e questo l'ha fatta allontanare da me. Mi sono ritrovata di nuovo sola. Lei era depressa, ha tentato di uccidersi. Per distrarmi ho lavorato tanto, ho continuato a studiare e poi... be' il resto credo che lo sai. Ma non sai che mi hai salvata dal dolore. Non sai che ti amo tanto, che sei la mia persona, Travis Williams.»
Preme il palmo sulla nuca e sulla schiena contemporaneamente provocandomi un gemito. Il bacio nasce spontaneo e cresce d'intensità ad ogni respiro spezzato dall'affanno.
«Voglio prendermi cura di te, permettimelo», ansima.
Strofino la punta del naso sul suo negando. «Io ti voglio accanto a me. Non mi serve altro.»
Ci fermiamo un momento. I nostri corpi stretti, imperlati di sudore, avvinghiati, nudi. L'affanno che rimbomba intorno alle pareti. Dall'appartamento accanto si sentono i gemiti della vicina, le risate del marito. Sono ubriachi fradici.
Ridiamo anche noi stendendoci, abbracciandoci fino ad addormentarci.
È l'alba quando mi sveglio. Travis dorme serenamente accanto a me. Non me la sento di svegliarlo per cui, facendo attenzione, mi alzo chiudendo la porta.
Faccio una doccia continuando a guardare l'anello e a sorridere come una stupita ragazzina alle prime armi.
In realtà ho appena fatto il passo più lungo della gamba. Forse cadrò, mi farò male, ma ne sarà valsa la pena. Per Travis vale la pena rischiare, mi dico dirigendomi in cucina dove preparo pancake e caffè portando tutto in camera.
La porta cigola quando la spingo con un fianco. Travis si solleva di scatto ma vedendomi sulla soglia, in vestaglia e sorridente, si rilassa immediatamente.
«Buongiorno», saluto rubandogli un bacio.
«Ciao», sussurra con i capelli scompigliati e l'espressione frastornata. «Dimmi che non ho sognato niente...»
Sollevo la mano muovendo le dita. «No, non hai sognato niente. Sei solo in trappola», replico continuando a sorridere.
Mi afferra facendomi strillare e ridere quando schiacciandomi sotto il suo peso mi morde il collo mugugnando frasi sconnesse cariche di minacce giocose. Tappo la bocca per non svegliare la vicina, ripensando alla sua nottata e indico la colazione lasciata sul cassettone.
«Che ore sono?»
Si sistema contro la parete. Poso il vassoio tra di noi. «L'alba.»
«E perché non hai dormito di più?»
Alzo le spalle. «È una bella giornata per traslocare, non credi?»
Appare stupito dalla mia reazione. Sorride raggiante assaggiando la colazione, emettendo un verso di apprezzamento. «Grazie», dice bevendo un sorso di caffè.
«Per cosa?» biascico.
«Per la colazione e... per la bella notizia», sorride alzandosi, offrendomi la visione del suo corpo nudo. «Ti dispiace se faccio una doccia?»
Nego. «Nel frattempo metto in ordine.»
Sparisce in bagno dove lo sento canticchiare e di tanto in tanto lamentarsi a causa del getto freddo che arriva senza preavviso.
La cosa mi mette allegria e mentre riordino tutte le mie cose infilandole dentro le valigie, controllo il telefono.
Non ci sono chiamate o messaggi in segreteria e la cosa mi insospettisce.
Dan dovrebbe essere già andato a trovarla, a raccontarle tutto per farmi un dispetto.
Lo faceva da piccolo con i miei genitori, ha continuato anche da adolescente. Ma, adesso siamo adulti. Non dovrebbe comportarsi in questo modo. Lui sa quanto tengo a zia Marin. Sa i sacrifici che sto facendo e sa che non farei mai qualcosa per ferirla. Se ho scelto Travis è perché mi fa stare bene nonostante tutto. Questo dovrebbe accettarlo. Proprio come io ho accettato ogni suo problema o decisione.
Travis esce dal bagno indossando il cambio tenuto in auto. È sempre molto previdente.
Questi sono i dettagli di lui che mi piacciono, che mi rassicurano, che mi fanno sentire protetta.
Non se ne accorge ma sta già facendo tanto per me. In qualche modo adesso tocca a me fare qualcosa per lui e non voglio commettere errori.
Avrei potuto mandarlo a quel paese ma ho deciso di smetterla con le fughe. Ho deciso di affrontare la situazione da adulta. Magari ho incassato il colpo in fretta ma l'ho fatto perché lo amo e perché so che in fondo ha agito in buona fede.
«Sei pronta?»
I suoi occhi risalgono lentamente dai piedi nudi in sù. Mi sento esposta. Stringo le cosce mordendomi le guance. «Direi di no», sussurra avvicinandosi.
Sto già ansimando. Mi fa indietreggiare al centro della stanza. Ondeggiamo lentamente ballando una canzone silenziosa che solo i nostri cuori riescono a sentire nel tumulto dei loro battiti frenetici.
«Sei sicura?»
«Si, voglio farlo», alzo il mento. Sono più che certa di volere vivere con lui.
Lo afferra baciandomi con irruenza. Mi aggrappo a lui avvinghiandomi e questa reazione lo spinge a barcollare contro la parete. «Non riuscirò a fermarmi», mi avvisa avventandosi sul collo.
Gemo in maniera diversa. Le mie mani sbottonano agitate i suoi pantaloni. Trema mordendomi le labbra. Abbassa il mio intimo e sta per perdere il controllo quando bussano alla porta.
Mi ricompongo mentre lui riprende fiato. Lego i capelli sventolandomi.
Bussano ancora più forte. Corro ad aprire.
Dan entra in casa come una saetta superandomi senza neanche degnarmi di uno sguardo. «Dov'è?» urla avanzando.
Vedendolo, sbatte Travis contro il muro. «Sei un lurido stronzo!» sbraita rabbioso mollandogli un pugno in faccia. «Ti sei approfittato di lei mentre era più debole. Come hai potuto?» lo scaraventa a terra con una forza micidiale. «Sei proprio un uomo viscido!»
Travis si difende in tempo scagliandolo a sua volta a terra. «Io non mi sono approfittato di nessuno. Ha deciso da sola di stare con me. Ma stai sempre tra i piedi?» sbotta asciugandosi il sangue dal labbro guardandolo come se dovesse disintegrarlo con lo sguardo.
Dan si rialza provando ad attaccarlo fiondandosi su di lui. Travis lo tiene sotto il braccio mollandogli un pugno sull'addome, facendolo piegare in due dal dolore.
«Sei un bastardo! Bambi non è roba tua. Davvero credi che ti amerà per sempre? Sei un povero illuso e questo lo sai. Ecco perché stai tentando di legarla a te.»
«Dan», urlo il suo nome con rimprovero.
Queste parole sono come lame per me. Come osa dire una cosa simile?
«Bambi ha deciso da sola. Dovresti accettare il suo pensiero, la sua volontà, anziché continuare ad essere come una zavorra nella sua vita. Ma non hai un'altra persona da perseguitare?»
Dan non si volta a guardarmi. Piuttosto attacca ancora Travis. «Sei un maledetto! Lei non sarà mai tua! Sarà sempre legata a quell'altro stronzo che è morto nascondendole la verità. Proprio come farai tu. Anzi, l'hai già fatto!»
Finalmente mi guarda. Sono colpita dalla furia usata nelle sue parole. «Non ti accorgi che è come lui?» dice indicandolo. «Lui è come quel bastardo che ti ha abbandonata per i suoi segreti!»
Indietreggio. «Dan, che cosa stai dicendo?»
Sorride mestamente. «La verità. Sto dicendo la verità. Quella che non riesci mai a vedere perché ti fai ammaliare da loro.»
Travis lo sbatte contro la parete. «Attento a come parli», gli ringhia contro tremando.
Dan sorride ancora. Conosco quello che sta per fare. Non prevedo niente di buono o positivo, solo una valanga di merda che mi butterà addosso per ferirmi poco prima di andarsene da qui.
È già successo. Sta succedendo di nuovo. Perché Dan è così. Quando non arriva al su scopo morde come un serpente avvelenandoti la vita.
«L'hai già ammaestrato come un cagnolino. L'altro non era così docile», urla quando Travis gli fa male.
«Smettila!»
Provo a fermarli rischiando di essere colpita.
Dan si solleva mentre spingo Travis lontano da lui. Lo guarda con un occhio solo aperto. Sputa persino per terra tirando su con il naso. «Il tuo defunto amore non era chi credevi», inizia affannato.
«E tu... come lo sai?» oso chiedere spaventata dalla risposta che uscirà dalla sua bocca rovinandomi la giornata.
«Perché l'ho seguito!» urla forte.
Sussulto. Il mio cuore perde un battito. «Che cosa hai fatto?» il tono mi esce stridulo.
Solleva il labbro. «Ero geloso. Lo sono sempre stato e così, un giorno l'ho seguito. Non mi fidavo affatto di lui, dei suoi modi. Infatti, non era chi hai sempre creduto.»
Nego. I miei occhi si riempiono di lacrime. «Dan... lui era uno spacciatore, un terrorista. Ne abbiamo parlato e ne abbiamo avuto la conferma...»
Scrolla la testa. «Ti sei solo fatta convincere da un pezzo di carta, da una conversazione avuta con un uomo che ha bussato alla tua porta solo per non farti scavare a fondo in questa vicenda che ha più buchi neri dell'universo. Tu lo sai benissimo che era una menzogna. L'hai sempre saputo.»
La mia testa continua ad oscillare mentre dagli occhi mi escono grosse lacrime che non riesco a trattenere. «No, tu stai solo cercando di rovinare ancora tutto. Sei...»
«L'ho seguito, Bi. Lui non era uno spacciatore!» urla.
Lo guardo male. «E allora chi ti procurava sempre quella merda di cui non puoi più fare a meno?»
Tentenna e sollevo il labbro soffiando dalle narici. «Già, lo so. So che mentre io sgobbavo ballando su un palo facendomi toccare dai maniaci per tenerti d'occhio, per stare insieme a te, tu continuavi a sniffare e a scoparti chiunque!»
Pesto i piedi sul pavimento aprendo la porta. Scrollo le lacrime rabbiosa. «Vattene!» urlo. «Adesso vattene. Non so come hai fatto a trovarmi e non voglio saperlo ma non avvicinarti mai più a me.»
Dan apre e richiude la bocca. Valuta attentamente la mia reazione poi si avvicina. Anziché uscire mi sbatte contro la parete.
Travis prova a fermarlo ma alzo il palmo. Guardo dritto negli occhi quello che credevo fosse mio amico. «Che c'è, vuoi farmi male? Fallo!» lo incito.
Ringhia mostrando i denti stringendo la presa sul mio collo. «Tu non vedi la realtà. Io so cosa era e ti sbagli su di lui. Ti sbaglierai anche su questo stronzo che hai appena sposato senza neanche conoscerlo», urla.
Allungo il collo annaspando ma resisto continuando a chiedere a Travis di non intervenire.
«L'hai seguito quando ti avevo chiesto di non farlo. L'hai spiato. L'hai fatto incazzare. Ecco perché se ne è andato. È colpa tua!» lo spingo e molla la presa. «È sempre stata colpa tua. Adesso vattene!»
Nega. Passa il dorso sul naso dalla quale gli esce copioso il sangue. «Ti sbagli. La colpa è solo sua, del giro in cui lavorava. Non ti ha mai detto che stava con te come copertura, vero?»
Spalanco gli occhi e lui mi sorride intuendo di avermi ferita.
«Già, il tuo caro ex ti usava. Proprio come ti userà anche lui», dice indicando Travis.
«Vattene», ringhio.
Mette le mani avanti. «Ok, ok», fa il finto innocente. «Chiama quando vuoi conoscere la verità.»
Sorride persino guardando Travis con sfida. Trovo sostegno appoggiandomi alla parete, colpita al cuore da una forte fitta. Mi ritrovo priva di forza, senza respiro.
Forse domani tutto passerà. Adesso però dentro di me sta continuando a piovere. Ogni singola goccia sta tentando di cancellare tutto mentre nella mia anima ogni cosa riaffiora a galla ferendomi maggiormente a morte. Ci sono cose che è meglio tenere nel cuore perché lasciarle andare ti fa solo stare male. Ma per quanto le trattieni, trovano sempre il modo di uscire. Sanno come toglierti il respiro. Sanno come ucciderti.
Travis, non resistendo più all'impulso gli si avvicina. «Che cosa significa? Che diavolo sai?»
«Che il suo caro amore era una fottuta spia!» urla dandomi l'ennesima pugnalata.

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