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Indietreggio lievemente tenendo stretta la maniglia della porta dalla quale stavo uscendo frettolosamente senza rendermi conto della persona che stava per raggiungerla e bussare.
Si ferma a circa un metro di distanza ma è sufficientemente poca e in grado di farmi tremare più dei singhiozzi che continuo a lasciare uscire.
Era da tempo che non piangevo così. Era da tempo che non trovavo uno sfogo. Era da tempo che non speravo così tanto di vedere qualcuno per non perderlo. Trovarlo davanti a me proprio quando stavo cercando di raggiungerlo mi rincuora. Anche se dall'altro lato mi inquieta perché so che discuteremo. Abbiamo tante questioni lasciate per troppo tempo in sospeso da risolvere.
«Stavi uscendo?»
Inumidisco le labbra. Mi piace il suono della sua voce quando esce roco. Mi fa sentire elettrizzata. Noto anche l'incertezza e il dubbio a farmi reagire.
«Una cosa del genere.»
Infila i pugni dentro le tasche contenendosi. Attende il momento giusto per attaccare. Lo conosco. So esattamente come agisce.
«Posso venire con te?»
Recupero la chiave chiudendo la porta alle mie spalle. Scendo i primi due gradini del portico dove si trova già lui pronto a seguirmi anche se non ho ancora detto di sì.
«Dove si va?»
«Stavo solo andando a fare una passeggiata niente di speciale.»
Mi sento in colpa. Ho appena detto una menzogna per non dargli la soddisfazione. Smetterò mai di essere così complicata?
Solleva le spalle. «Per me va bene», guarda il cielo per assicurarsi che sia stabile e che non minacci pioggia da un momento all'altro, poi chiude le portiere della sua auto posteggiata davanti al cancello usando il telecomando che nasconde dentro la tasca interna del cappotto.
Chiudo il cancello al nostro passaggio per evitare che il cane della vicina si intrufoli ancora rovinandomi il prato e le aiuole.
Mi stringo sotto il cappotto camminando lungo il marciapiede e lui se ne sta accanto a me senza mai disturbare il mio religioso silenzio, la mia passeggiata tranquilla e utile per riprendermi da ciò che ho appena fatto in web.
Non mi sono solo sfogata. In qualche modo ho lasciato andare un pezzo di me, quel frammento doloroso che il mio cuore continuava a trattenere. Avrei dovuto dire tutto in faccia a Travis, forse sono scappata di nuovo, ma l'ho ritenuto utile e in parte ha anche funzionato.
Non mi sento patetica. Mi sento piuttosto sconfitta. E sono così stanca da non sentire niente, da non sentirmi parte di questo mondo così enorme eppure opprimente.
E vorrei dire tante di quelle cose da riempirci il cielo. Invece continuo a starmene zitta a riempire il mio cervello di paranoie e frasi dette a metà che non usciranno mai dalla mia bocca e non verranno mai ascoltate.
Mi fermo giungendo all'incrocio che si dirama in quattro direzioni. Davanti a noi le strisce pedonali quasi sbiadite e qualche crepa sull'asfalto.
Le auto passano quasi sfrecciando e di tanto in tanto i conducenti suonano anche i clacson per evitare incidenti o tamponamenti improvvisi e forse anche per sfogare lo stress.
Fisso il semaforo e i pedoni dall'altro lato. Alcuni sono distratti mentre altri se ne stanno a testa bassa, come se avessero paura di alzare la testa e perdersi.
Dal rosso scatta il verde e metto piede sull'asfalto pronta ad attraversare la strada per dirigermi verso la pista di pattinaggio qui nelle vicinanze. Quella in cui siamo stati insieme.
Mentre cammino spedita, le mie dita vengono sfiorate dalle sue. Una scarica fredda mi attraversa la schiena ma non lo guardo per non distrarmi e non mi scanso o rallento la mia folle corsa.
Travis stringe improvvisamente la presa. Mi fermo per capire la ragione del gesto e per la prima volta da quando ci siamo ritrovati faccia a faccia sulla soglia, mi volto. Ma lui sta guardando in apnea oltre il vicolo alla mia destra.
Osservo attentamente la zona apparentemente anonima. Mettendo bene a fuoco noto un uomo: suo fratello. Lo riconosco dalle innumerevoli riviste in cui è comparso. È in compagnia di una donna che stringe a sé baciandola sensualmente.
Travis increspa le labbra poi è lui a muoversi, a camminare più in fretta.
Lo seguo senza riuscire a dirgli niente, intuendo il suo bisogno di creare un distacco netto.
Superati i due isolati dal punto in cui abbiamo visto il fratello, rilassa le spalle, allenta la presa e addirittura si ferma affannato.
«Mi fa uno strano effetto sapere che si trova qui.»
Finalmente parla anche se a fatica spiegandomi in poche e semplici parole come si sente. E dentro di me si scatena quel senso di protezione che vorrebbe tanto spingermi ad abbracciarlo e tenerlo al sicuro.
«Non hai parlato con lui?»
Drizza la schiena come un animale che fiuta il pericolo. «No, ho chiuso con loro ormai da anni. Con lui poi... Ma è strano lo stesso averlo nella stessa città, tutto qua.» In questo modo tronca la conversazione facendomi capire che non intende proseguire con il discorso.
Accetto la sua volontà proseguendo in direzione della pista di pattinaggio più vicina. Davanti a noi dei grattacieli e palazzi in fila e un'atmosfera suggestiva natalizia grazie anche agli addobbi, alle luci già accese.
Indossiamo i pattini ritrovandoci a bordo pista. Siamo circondati di persone che urlano, cadono, ridono, ci superano.
Travis scansa qualcuno guardandosi come uno scoiattolo in pericolo, poi però stringendomi la mano prova a rilassarsi e pattiniamo in questo spazio rotondo ghiacciato pieno di vita.
«Se vuoi possiamo trovare un altro posto.»
«No, sto bene.»
Scivolo un paio di volte e mi sorregge. Purtroppo mi distraggo quando guardandolo con la coda dell'occhio lo vedo più che assente, metto il piede in modo sbagliato sul ghiaccio e rovino sulla lastra tirandolo giù insieme a me. Ci ritroviamo a terra, supini. Una nuvola di condensa mi esce dalla bocca.
La gente ci supera sorridendoci ed io scoppio a ridere senza riuscire a fermarmi. Mi fa persino male la pancia.
Mi volto e lui mi sta fissando notando davvero i miei occhi, sfiorando il mio cuore spezzato.
La vita è fatta di incontri che ti cambiano per sempre. Di persone che lasciano il segno. L'importante non è averle accanto ma viverle, per davvero. Nonostante gli errori, nonostante le diversità, nonostante i litigi. La vita è fatta di occasioni da non sprecare perché il tempo è nemico dell'uomo.
Sollevandosi mi aiuta a tirarmi in piedi. Sbatto contro il suo petto sentendo la mancanza di fiato quando abbassando il viso per errore mi sfiora la pelle.
«Stai bene?»
«Si.»
Scansandomi continuo a pattinare fino a non avere più fiato. Scivolo quindi fuori dalla pista togliendo i pattini, infilando gli stivali.
Travis fa lo stesso rimanendo seduto ad osservare la pista e il paesaggio che si staglia davanti a noi per qualche minuto.
Dopo un po' si alza. Mi prende per mano, come se nel gesto riuscisse in qualche modo a sentirci tutte le risposte e le sensazioni che ci tengono ancora legati.
«Ti va di bere una cioccolata calda?» Propone.
«Con marshmallow sopra e un camino davanti per scaldarci?» Lo guardo da sotto le ciglia quasi speranzosa.
Riflette un momento su qualcosa. «Credo di conoscere il posto giusto», mi porta fuori dalla pista.
Attraversiamo circa due isolati ritrovando davanti: uno dei negozi più popolari di Natale.
Travis mi sorride raggiante. «Cioccolata calda da gustare insieme agli elfi e Babbo Natale. Almeno una volta nella vita dobbiamo provare questa esperienza. Che ne dici?»
Non attende una mia risposta, visto che sono parecchio stupita dalla confusione e dalle innumerevoli attrazioni che il posto offre. In qualche modo attira parecchi bambini, grazie al signore con la barba bianca e i baffi che raccoglie le loro richieste regalando loro un sorriso, un biscotto e un buffetto sulle guance.
Entriamo in questo piccolo centro commerciale ben organizzato, pieno di oggetti, cibo e vocio.
Travis mi fa cenno di non perdermi e per evitare che ciò accada mi porta dentro la casa di Babbo Natale, come da scritta sull'insegna. All'interno troviamo un bar caratteristico.
Travis toglie la giacca lasciandomi un momento al tavolo che sceglie senza indugio, dirigendosi con una certa sicurezza verso il bancone. Qui ordina qualcosa alla donna vestita da elfo dietro il bancone. Lei gli fa subito gli occhi dolci ma a Travis non sembra importare la sua attenzione.
Quando torna, prende posto davanti a me. Il tavolo non è poi così grande, le nostre ginocchia si sfiorano. È rotondo, rigorosamente in legno, proprio nello stile natalizio. Tutto finemente decorato all'interno di questo bar popolato da elfi e camerieri con cerchietti a forma di renna.
Non attendiamo tanto prima che al tavolo, nelle vicinanze del camino acceso, arrivino due tazze enormi di cioccolata calda, un vasetto di marshmallow e dei biscotti.
Ringrazio assaggiando subito la cioccolata che ha un aspetto delizioso. Mi riscaldo in fretta tenendo le dita sulla tazza piacevolmente avvolta dal chiacchiericcio e dall'atmosfera così allegra.
Travis fissa il fuoco che scoppietta, i ceppi anneriti bevendo il suo caffè.
A lui al contrario questo posto non sembra fare lo stesso effetto.
«Ti piace?»
Deglutisco. «Parecchio.»
Stropiccia un tovagliolo come se fosse una pallina anti stress. Il mio cuore segue lo stesso ritmo.
«Perché siamo qui?»
«Perché se torniamo adesso a casa litighiamo.»
«Potrebbe succedere anche qui.»
Lascia cadere sul tavolo la pallina prendendo un altro pezzo del tovagliolo ma lo tiene dentro il pugno che stringe fino a sbiancare le nocche, ad ingrossare le vene.
«Perché non me lo hai detto?» Chiede a bassa voce.
Mordo un marshmallow leccandomi il pollice. «Perché avresti reagito esattamente così.» So a cosa si riferisce.
Mi guarda male. «Davvero?»
Gli suggerisco silenziosamente che sembra ovvio e lui serra la mascella.
«Ne sei sicura?»
«Di non volere rovinare la vita a qualcuno perché sono arida come un pozzo coperto di pietre? Si.»
Sorseggia il caffè. «Non parlare di te in questo modo. Inoltre non spetta a te decidere se posso rinunciare ad una cosa del genere.»
Allontano la tazza con i rimasugli della cioccolata. «Ah no? E cosa spetta a me?»
Non capisco la ragione di questa mia assurda reazione. Quello che dovrei fare è abbracciarlo eppure non ci riesco perché so che c'è ancora qualcosa di irrisolto tra di noi.
«Credi davvero alla bugia che hai rifilato a te stessa?» Domanda alzandosi, infilando il cappotto più che pronto ad uscire dal bar allontanandoci da occhi indiscreti che hanno già puntato la loro attenzione su di noi.
Rimango spiazzata e non oso rispondere. Lo seguo fuori e quando mi stringe la mano non mi scanso, mi aggrappo anch'io a questo gesto come se stessi tenendo il bordo di un filo tirato allo stremo.
Travis si ferma ad osservare la fila di genitori con i loro bambini. «Non ci credono neanche loro», ringhia infastidito.
Saliamo le scale decorate da fiocchi e un tappeto rosso contornato da una striscia color oro, raggiungendo l'angolo con i giochi.
Entra dentro la vasca piena di palline con i disegni natalizi lasciandomene una, colpendomi alla testa. Mi fa cenno di raggiungerlo e in parte divertita mi avvicino a lui ricambiando il colpo che gli tiro al centro del petto.
Mi siedo accanto. «Stai trovando delle distrazioni?»
Rigira tra le dita una sfera con all'interno la neve e un pupazzo. «Per non impazzire o sentirmi un completo idiota.»
Poso la mano sulla sua spalla ma quando mi guarda voltandosi di scatto dimentico quello che avrei voluto dire per alleviare la sua pena.
«Non dirmi che non è colpa mia perché sono stato ingenuo a pensare che non mi ami più perché non vuoi uno come me vicino. Invece hai fatto questo per me, per non deludermi perché sai che pur avendo paura mi piacerebbe avere un bambino.»
«L'ho fatto anche per me stessa. Non solo per te. Ti avevo detto che non meriti di stare male.»
Annuisce. «Lo so, ho sentito quello che hai detto prima in web.»
Trattengo il fiato e lui me ne dà la conferma. «È arrivata una strana notifica alle ragazze quando hai iniziato la live. Hanno urlato tutte mettendosi davanti al portatile dopo avere ricevuto: "PureLily ha iniziato una live dopo tanto tempo".»
Lancia la pallina prendendone un'altra rossa con l'immagine di una renna. La guarda sprezzante.
«Ho capito quello che stavi per fare e volevo impedirti di punirti ancora. Così sono salito in auto e come un pazzo sono corso da te ascoltando le tue parole dal telefono. Ma quando sono arrivato tu... avevi già chiuso tutto e stavo per bussare alla porta quando hai aperto senza neanche darmi il tempo. E adesso siamo qua...»
Alza gli occhi verso il tetto poi si concentra su una coppia che sta bisticciando tra le risate tirandosi le palline di Natale per vendetta.
Mi avvicino ulteriormente a lui. «Quindi hai sentito tutto.»
«Direi ogni parola.»
«E cosa hai pensato?»
«Sono arrabbiato, Bi. Molto.»
Fissa davanti a sé. «Sono passati quasi due anni. Quanto tempo ti serve ancora?» Chiede frustrato.
Abbasso lo sguardo sulle mie mani. Guardo l'anello e sento la tristezza farsi largo inondando il mio cuore, uscendo dai miei occhi. Soprattutto percepisco il peso di ogni mia decisione presa.
Giro il viso ma la sua mano mi costringe a guardarlo. «È vero quello che hai detto su di me?»
Asciuga le mie lacrime con i pollici.
«Si.»
Si alza come una molla e lanciandomi un'altra pallina in testa mi fa cenno di uscire da questo posto che inizia a riempirsi e a puzzare di piedi.
Usciamo dal centro commerciale e a passo spedito torniamo indietro.
Aperta la porta di casa, provo quel senso di inadeguatezza. Mi fermo un momento tra la cucina e il soggiorno mentre lui togliendosi il cappotto guarda ogni cosa con meticolosa attenzione. Apprezza lo stile usato, i dettagli.
Mi appoggio all'isola della cucina incrociando le braccia. «Che succede?»
«Spiegami che diavolo succede a te. Mi avvicini, mi allontani e poi sparisci. Ma fai rumore. Così tanto dentro la mia testa che non capisco come spegnerti. E se devo farlo.»
«Vuoi una birra?»
Apro il frigo poggiando due bottiglie sul ripiano. Le apro passandogliene una.
Beve un sorso picchiandola sulla superficie. «Dobbiamo risolvere tutto questo e non bevendo. Dobbiamo farlo, adesso. Tu non scappi più.»
Tiro l'etichetta della bottiglia. «E come lo risolviamo?»
Mi scocca un'occhiataccia, come per dirmi: "mi prendi in giro?"
Poso la birra strofinandomi le mani. «Vuoi punirmi? Vuoi urlarmi contro? Vuoi dirmi che sono stata una vera stronza? Fallo!» Lo provoco.
«Non puoi negarlo», usa un tono pacato in grado di farmi tremare. «Non puoi dire di non essere stata una stronza impaurita dalla prospettiva di essere sposata con un uomo che è ancora su tutti i notiziari. So come ci si sente e so che non sempre si può stare con un mostro. So come ci si sente nel non sapere affrontare la realtà.»
«Io so affrontarla benissimo la realtà. E smettila di dire che non voglio stare con te per la tua faccia. Hai solo una cicatrice, non è diversa da quelle che portiamo tutti nel cuore.» Sto urlando.
«Allora per cosa non vuoi stare con me? Credi che io voglia avere un figlio immediatamente? Tu non sai niente di me, Bi. Credevo riuscissi a capirmi. Evidentemente mi sbagliavo.»
Furioso si avvicina al mobile all'entrata prendendo il cappotto.
«Chi è che sta scappando adesso? Io?»
Lo indossa decidendo liberamente di punirmi. «Me ne vado perché non ne vale più la pena.»
Incasso il colpo lasciandolo fare. Non lo trattengo neanche per come vorrei. Mi limito ad alzare il mento mentre la vocina nella mia testa urla a perdifiato di fermarlo.
Travis apre la porta. «Buona vita, Bi.»
Apro e richiudo la bocca ma alla fine la porta si richiude e il mio cuore sprofonda nello sconforto.
Mi abbraccio percependo un freddo fin dentro le ossa poi salgo nella mia stanza togliendo tutto quello che ho lasciato in disordine dopo il video. Questo mi aiuta a non pensare, a non crollare, a non sentirmi fragile. Mi aiuta a non prendermi per stupida, cosa che continuo a fare ogni giorno perché non riesco a perdonarmi.
Quando sento un rumore fuori, non mi muovo neanche. Mordo solo il labbro rimanendo in allerta.
Mi volto e lui se ne sta sulla soglia della stanza a guardarmi furente. «Mi lasci pure andare. Complimenti. Mi ami davvero tanto.»
«Hai scassinato di nuovo la mia porta?»
«Potevo ma l'ho lasciata aperta di proposito. Neanche te ne sei accorta.»
Incrocio le braccia al petto. «Perché sono salita qui a smaltire la furia.»
«La furia per cosa? Per essere così tanto stronza da non capire...»
Gli lancio addosso un cuscino. «Smettila di urlarmi addosso che non capisco. Sei tu quello a non vedere le cose dalla giusta prospettiva.»
«A me non interessa l'allineamento dei pianeti o la posizione delle stelle per capire che ti amo e quanto ti amo», ringhia avvicinandosi. «Mettilo bene in questa zucca una volta tanto e smettila di allontanarmi solo perché hai paura. Solo perché non riesci a perdonare te stessa per avere permesso a qualcuno di distruggerti. Le cose accadono, me lo hai detto tu tempo fa. Non puoi prevedere il futuro. Ma puoi vivere il presente cambiando questo tempo che hai adesso tra le mani.»
«Credi che io ne sia capace? Ho mandato tutto a puttane Trav... io ti ho deluso. Ti ho fatto stare male. L'ho fatto perché sono egoista. Perché credevo che pensando solo a me stessa avrei risolto tutto. Che sarei stata bene. Mi sbagliavo enormemente perché mi manc...»
Stringe le mie braccia fermandomi. «Si, ti sbagliavi di grosso a pensare che io ti avrei lasciata andare così facilmente con questa scusa.»
«Perché?»
«Perché non posso stare senza di te e per me questa lontananza è stata terribile da sopportare. Perché non ti permetterò più di tenermi a distanza. Non spetta a te dirmi se posso sopportare il pensiero che saremo soli, con una stanza piena di gatti perché hai anche l'assurdo pensiero che io non possa reggere il peso di una adozione e a lungo andare possa stancarmi. Sta a me decidere non a te. Non essere egoista a tal punto, Bi.»
Rimango spiazzata dalla sua sfuriata. Fisso le sue labbra sentendo il bisogno di assaporarle ma impongo a me stessa di non sbagliare, di rimanere ferma.
«Io volevo solo riprendermi», replico staccandomi con le mani sulla fronte che scrollo via. «Avevo bisogno di capire davvero se sarei riuscita a sopportare tutto quanto.»
«Hai sofferto e ti sei punita abbastanza, non credi?»
«E tu che ne sai? Ognuno vive a modo suo il dolore!»
«Che cosa ti blocca? Perché sei così spaventata dalla prospettiva di un futuro sereno insieme a me?»
Lo guardo in affanno sentendo il petto schiacciato dal senso di colpa, tristezza e dolore. «Non ero pronta a tutto questo. Non ero pronta. Forse non lo sarò mai. Il destino mi ha tolto tutto quello che avevo, tutto quello alla quale tenevo. Ogni cosa è sparita davanti ai miei occhi che sono rimasti solo pieni di lacrime. Perché quando ami senza controllo, un bel giorno ti ritrovi a perdere ogni cosa.»
Mi guarda come se avessi appena detto qualcosa di assurdo. «E questo ti frena? Non hai imparato proprio niente? Davvero non ti rendi conto di quanto sei forte?»
Inumidisco le labbra guardando il pavimento. Alzo poi gli occhi.
«No, non sono forte. Io sono debole.»
Nega. «No, tu non puoi davvero crederlo.»
«Una cosa però l'ho imparata eccome: tu sei come tempesta in piena estate.
Impetuosa, improvvisa, devastante. Sei come l'odore di fiori che esce fuori dopo la pioggia. Sei vento sulla mia pelle. Se un nuovo brivido da ricordare e da tenere dentro come un terremoto continuo nell'anima. Sei quel miracolo da raccontare. E io... io continuo a sentirmi la tua fragile promessa per ricominciare. Perché è grazie a te se ho imparato a saper amare. Se ho imparato a vivere. Perché ti amo. Perché mi manchi. Perché mi hai reso sempre felice.»
«Ma?»
«Ho paura, Trav. Come fai a non capire?» urlo. «Io ho una paura fottuta di svegliarmi e non trovarti. Almeno così so che ci sei, che esisti... io...»
Stringe i pugni. «Hai finito?» Urla a sua volta.
Provo a rispondere ma mi spinge contro la parete, di fianco alla porta che conduce al bagno.
Mi bacia con rabbia mordendomi, impossessandosi della mia bocca, tirandomi la lingua con i denti e poi ancora tenendo il mio labbro tra le sue lasciandolo andare lentamente.
Tiro i suoi capelli dalla nuca facendolo ansimare e premersi addosso. Gemo venendo sollevata per le natiche.
«Tu non scappi più», sussurra con affanno e una certa sicurezza. «Da adesso ci penso io a te.»
Continua a baciarmi, a tenermi stretta. «Tu sei mia moglie e non scappi più.»
Piango spingendolo e si stacca un momento per capire.
Passa il pollice sul labbro dove ho lasciato un po' del mio sapore, del mio amore.
«Dimmi che mi ami. Dimmi che mi vuoi. Dimmi di restare.»
Asciugo le lacrime.
«Dimmelo! Cazzo, Bi!»
Sussulto e non riuscendo più a trattenermi quando prova ad andarsene chiudo la porta. Cerco tra le sue braccia il senso di protezione, lo strato sottile e caldo del suo fiato, della sua pelle ad avvolgere la mia, a penetrare a fondo con brividi incontrollati in grado di raggiungermi il cuore.
Premo forte la fronte sulla sua. «Ti amo», bacio le sue labbra lentamente facendolo fremere scivolando lungo il suo corpo statuario. «Resta», sussurro sbottonando la camicia che indossa dopo avergli sfilato il maglione che lancio a terra senza curarmene.
«Amami.» Apro la camicia e lui mi blocca entrambi i polsi.
«Dimmelo!» sibila sulle mie labbra.
Mi dimeno lievemente. «Dirti che cosa?»
Strattona i polsi. «Dimmelo!»
Mi libero dalla sua stretta guardandolo intensamente negli occhi. Sfilo la camicia lasciandola cadere a terra poi procedo con i pantaloni ma ancora una volta mi ferma premendomi alla parete. «Dimmelo!» Ripete affannato. Il viso accaldato, gli occhi lucidi.
Tiro giù là cerniera. «Dirti che cosa?»
Geme baciandomi la spalla dopo avere abbassato il maglione che poi toglie infastidito baciandomi velocemente il petto.
Mi inarco lievemente sentendo le sue mani calde risalire lungo la schiena sganciando il reggiseno. Fissa la mia pelle più che famelico avvicinandosi, provocandomi forti brividi visibili ad occhio nudo. Ed infine si avventa sul seno facendomi agitare.
«Dimmelo o non mi fermo», minaccia.
Sollevo il suo viso baciandolo e oppone resistenza abbassandomi i pantaloni. Li scosto con una spinta del piede lasciando che mi sollevi una coscia premendosi addosso, muovendosi in un su e giù sensuale.
Stringo le sue spalle «Trav...»
Nega. «Dillo!»
Gioco con le sue labbra facendolo fremere. «Bi...» Cantilena con la mano dentro l'intimo a sfiorare una parte delicata.
I miei fianchi si muovono seguendo lo stesso ritmo. Smette senza preavviso mordendomi il labbro poco prima di succhiarlo.
In risposta, non riuscendo a stare ferma, gli abbasso i pantaloni insieme ai boxer e lui non si ferma strappandomi le mutandine.
Mi stringe forte il viso sollevandolo.
Siamo pelle contro pelle. «Fallo!»
Scuote la testa. «Dillo!» Passa la lingua sulla gola fino alla spalla baciandola poi soffiandoci sopra.
Allungo il collo mugolando, per istinto mi agito strusciandomi su di lui.
Il cuore mi batte senza più alcun controllo. La mia pelle brucia e dal basso ventre provo una forte spinta che continua a farmi ansimare senza controllo.
«Voglio essere tua.»
Sorride soddisfatto baciandomi con impeto. E con la stessa forza, dimenticando per un momento della mia inesperienza in materia, si insinua dentro di me con irruenza.
Impreparata, graffio le sue spalle sentendo un forte dolore seguito da innumerevoli e continue scariche fredde in grado di farmi eccitare.
Travis si spinge maggiormente dentro provocandomi altri gemiti poi mi porta sul letto dove ricado ancora stordita e prima che me ne possa rendere conto sta già attaccando la mia pelle a morsi lasciando segni rossi e baci.
Mi solleva le ginocchia e con la stessa forza di prima rifà tutto dall'inizio. E questa volta si muove su di me, dentro di me, senza fermarsi.
Mi concedo un breve urlo poi ansimo sulle sue labbra quando me le tappa a suon di baci stringendomi le mani sulla testa, intrecciandone una per non graffiarlo.
Quando sento che il dolore insopportabile lascia il posto ad un'altra sensazione, lo spingo sotto il mio peso ma si alza a metà busto tirandomi su di sé con uno scatto così forte da farmi urlare e far urlare anche lui.
Muovo i fianchi e mi guarda negli occhi. Tiro i suoi capelli e questo lo fa agire premendomi ancora a sé. Inarco la schiena allargando le cosce, lui tira indietro la testa continuando a spingersi dentro di me con rabbia. Percepisco una forte pressione, anche lui la sente e mi fa scivolare sotto il suo peso.
Abbassandosi mi bacia il collo, la clavicola, la gola, infine la bocca.
Tiro i suoi fianchi verso di me premendo le dita sulla sua pelle quando rallenta di proposito facendomi mugolare e contorcere dal piacere che sento ormai sul punto di esplodere, soprattutto quando si tira indietro per qualche istante, tornando a spingere con un colpo di reni continuo ed insistente.
Mi allarga le cosce aumentando il ritmo.
Stringo la coperta e non si ferma neanche quando tremo ansimando sulla sua bocca.
Ringhia e quando stringo le cosce finalmente rallenta.
Chiudo gli occhi sentendo ogni cosa.
Gemo in modo flebile mentre mi bacia provando a smettere. Lo trattengo.
Allora lecca le sue labbra arrossate e gonfie.
«Sicura?» Non ha neanche la voce.
Circondo le sue spalle. «Ti voglio davvero, Trav.»
Il suo petto si alza ed abbassa velocemente. I suoi occhi tremano così come il suo corpo.
Dopo un paio di secondi torna a muoversi più di prima. Sempre di più, fino a raggiungere insieme a me il piacere puro e forte dell'amore.
Emette un verso virile e i suoi fianchi si muovono contraendosi fino a fermarsi ricadendomi addosso.
Accarezzo il suo viso sentendo qualcosa di caldo tra le gambe. Nessuno dei due però osa staccarsi. Anzi, lo avvicino sfiorandogli le labbra. Sorrido e lui si rilassa lasciando uscire il fiato.
«Lo sai che adesso mi devi una recensione? Hai preso in giro la mia virilità per tutto questo tempo quindi sono curioso. Calcola anche che ho aspettato quindi mi devi un bonus.»
«Cinque stelle su cinque?»
Mi bacia il seno sgusciando fuori dal letto, tirandomi a sé. «Sarà meglio fare un bagno caldo per evitare segni imbarazzanti sulle lenzuola.»
Circondo le sue spalle lasciandomi sollevare lievemente. «Continuiamo dentro la vasca?»
Solleva il labbro. «Possiamo, si. Sicura di resistere e di volerlo?»
Bacio il suo collo, sotto l'orecchio. «Non mi hai ancora chiesto come sto, direi di essere sopravvissuta e di essermi divertita così tanto da volere correre di nuovo il rischio.»
«Attenta a cosa vuoi Bi.»
Scivolo lungo il suo corpo baciandogli il petto scendendo ancora. Mi ferma e sollevandomi mi porta in bagno dove mi fa entrare dentro la doccia più che in fretta.
Apro il soffione regolando la temperatura dell'acqua mentre mi solleva la coscia.
È eccitato. Lo sento e lo vedo.
Mi calo su di lui e geme baciandomi forte. Fatico stringendo i denti quando sento dolore e lui si ferma. «Che cosa vuoi?» Chiede affannato.
Lo faccio sedere, abbassandolo per le spalle, dentro la vasca e mi sistemo su di lui mentre questa si riempie ed iniziamo a baciarci.
«Posso averti tutto?»
Corruga un po' la fronte ed arrossisco. Mi avvicina. «Parlami, spiegami senza imbarazzo quello che vuoi.»
«Ti voglio di più.»
Gioca con le mie labbra poi con il naso ed infine quando ritiene che l'acqua sia sufficiente chiude il soffione. Posa le mani sui miei fianchi guidandomi su di lui.
«Sollevati»
Eseguo attratta, eccitata.
«Mi vuoi tutto?»
Bacio la sua bocca e mi abbassa su di lui ma con uno scatto sprofonda dentro facendomi provare di nuovo quel dolore, quel brivido che sfugge via dalla mia bocca in un urlo sensuale in grado di fargli ripetere il gesto.
«Non così...» sibila sollevandomi dalla vasca. «Così va meglio?»
Annuisco senza aria. «Non fermarti.»
Sorride più che eccitato portandomi in camera a suon di baci. Scosta la coperta lasciandomi scivolare sul materasso sotto il lenzuolo che sistema su entrambi insinuandosi dentro, chiedendomi di seguire ogni sua richiesta.
In breve mi ritrovo ad ansimare e gemere abbastanza forte insieme a lui da avere il timore di svegliare qualcuno nelle vicinanze. Ma so che i miei versi non arrivano davvero fuori.
Travis usa tutta la forza per amarmi ed io mi concedo a lui senza controllo, semplicemente amandolo a perdifiato.
Si ferma godendosi il mio piacere e poi con un sorriso mi raggiunge anche lui baciandomi, accarezzandomi, mugolando come un gatto che fa le fusa. Forse anch'io le sto facendo.
Quando si stacca mi ritrovo a pancia in giù con la mano sul suo petto. Posa la sua sopra lasciandomi sentire il suono del suo cuore.
«Ho fatto bene ad aspettare.»
Sembra avere ricordato adesso questo dettaglio. «Ti ho fatto così male?»
Sorrido come una stupita baciandogli le labbra. Vengo tirata su di sé e quando mi ritrovo a contatto con la fonte di ogni desiderio, ansimando insieme, muovo i fianchi strofinandomi su di lui. Questo lo fa agitare. Le sue pupille si dilatano.
«No, era come lo volevo.»
«Sei consapevole di essere ancora sul mio uccello? Ti stai muovendo troppo e sono anni che aspetto.»
Rido e mi abbraccia.
«È sodo...»
Arrossisce accaldato. «Dici? Non credo che sia la parola adatta.»
Confermo. «Vuoi che usi i termini specifici per riferirmi al tuo glorioso "amico"?»
«Potrebbe offendersi, quindi si.»
Sento la punta sfregare in una parte molto sensibile.
«È duro. È lungo. Ed è dolorosamente piacevole quando ti incastri per fare l'amore con me.»
«Sono anni che aspetto. Potrei continuare ancora ma è il momento di riprendermi un po'.»
Mugolo e trema. Allora lo stuzzico sfregandomi su di lui.
«Dillo!» minaccio.
Strizza la palpebra imprecando. «Bi...»
«Dillo!»
Boccheggia. «Ti desidero. Ti voglio.»
«Quanto?» sussurro bocca contro bocca stringendo il suo collo.
«Troppo. Mi stai torturando di proposito è così?»
Sorrido baciandogli il petto. «Se vuoi smetto.»
Mi tiene ferma e torno a muovermi. «No, non smettere», sussurra rilassandosi.
Incrocio le braccia sul suo petto appoggiando il mento.
«Sto bene quando ci sei tu. Al di là di tutto... questo mi fai sentire a casa.»
Mi accarezza la schiena nuda osservando il modo in cui la mia pelle si rizza.
«Mi dispiace per le parole che ho usato. In parte è anche colpa mia se ti sei allontanata così tanto chiudendoti ermeticamente. Avrei dovuto esserci e invece mi sono autocommiserato.»
«Mi dispiace per tutto.»
Assapora le mie parole emettendo un mugolo poi si assopisce.
«Ho visto nei tuoi occhi il segreto della tua fragile anima. Ho percepito il bisogno di scoprirti, di spogliarti da ogni insicurezza e amarti a perdifiato, senza regole, senza paura. Ho visto nei tuoi occhi il mio universo pieno di stelle. Desideri nascosti che un giorno si realizzeranno. Ho visto nei tuoi occhi il desidero di una vita pura e semplice, piena di vita. E non ho resistito. Non resisto. Così mi sono lanciata e tu mi hai afferrata e tenuta stretta ancora una volta. Ti amo per questo.»
Sussurro osservandolo dormire serenamente.
Non avendo sonno mi alzo facendo attenzione a non svegliarlo. Infilo una vestaglia e scendo al piano di sotto dove aperto il frigo prendo un vasetto di yogurt alla vaniglia con scaglie al fondente che taglio direttamente con un coltello.
Mi siedo sul divano mangiando con gusto, continuando a sorridere e a ripensare a tutto quello che ho provato e che non era lontanamente come avevo immaginato.
Mi fanno un po' male le gambe e mi brucia lievemente la sotto ma ne è valsa la pena perché mi sento meglio.
Tengo in bocca un cucchiaio abbondante di yogurt pensando a quanto amore io ci abbia messo nei gesti, nei baci, in ogni singolo respiro lasciato andare.
La luce si accende e Travis, in boxer, scende le scale. I miei occhi si adattano in fretta.
«Hai qualcosa di fresco?» Chiede assonnato. «Ho una gran sete.»
«In frigo trovi tutto quello che vuoi.»
Prende una bottiglia di birra sedendosi accanto a me sul divano. Rimango con la coppa sulle ginocchia che tengo al petto.
«Fame?»
Deglutisco. «Molta», biascico.
Sorride. «Se sapevo che sarebbe bastata una scopata a farti avere fame ci avrei pensato prima.»
Gli mollo una cuscinata. «Non abbiamo scopato.»
Inarca un sopracciglio. «E tu che ne sai? Quello che abbiamo fatto come lo definisci? Non era di certo solo "fare l'amore". Mi sembra persino riduttivo da dire.»
«Non lo so.»
Sorride bevendo avidamente la birra. Lecca le labbra guardandomi mangiare lo yogurt che ha un gusto così buono oggi.
Travis tira a sé la mia gamba iniziando a massaggiarla poi fa lo stesso anche con l'altra.
Poso il vasetto sul tavolo in onice.
Slaccio il nodo della vestaglia e lui si stende su di me aprendola. Abbassandosi bacia avidamente il mio petto succhiando i miei seni. Le sue mani senza sosta premono sulle gambe. Ne sollevo una tirando giù i suoi boxer.
Lui capisce, sa esattamente che ho capito anch'io dai suoi gesti e guardandomi negli occhi per avere conferma, mi entra dentro.
«Ho passato una vita intera ad aspettarti.»
Gioca con le nostre mani. «Perché non hai mai tolto l'anello?» La domanda mi esce spontanea. Mi sto rilassando e riprendendo fiato.
Lo guarda. «Perché ho fatto una promessa. Tu perché non lo hai tolto?»
Sento freddo e mi avvicino a lui. «Perché ti amo dal primo istante e volevo portarti accanto anche se non riuscivo ad accettare che tu dovessi rinunciare a tutto.»
«Stai tremando. Hai freddo?»
«Un po'.»
Prova ad alzarsi dal divano ma lo fermo. «Dove vai?» Lo chiedo agitandomi.
Sulla fronte gli si forma una lieve ruga. «Ad accendere il camino.»
Nego. Alzandomi infilo la vestaglia e facendogli cenno saliamo in camera dove il letto è disfatto.
Lo guardiamo entrambi storditi. Sembra esserci passato sopra un uragano.
Travis mi abbraccia da dietro. «Siamo stati noi.»
Mi giro lentamente. «Mi riscaldi ancora un po'?»
Sorride sollevandomi il mento. Abbasso il suo viso e ci baciamo delicatamente, senza fretta. «Ti amo.»
Solo quando inizia l'affanno, staccandosi mi fa cenno di mettere in ordine il letto.
Mi infilo sotto la coperta pulita appoggiando la guancia sul suo petto. «Mi terrorizza il pensiero che tu possa svanire. È stato meglio tenerti lontano per non impazzire. E so che questa non è una cosa da fare ma... volevo proteggerti dalla mia vita.»
Si stende su un fianco accarezzandomi i capelli, affondando le dita sulla nuca. «Lo so. L'ho capito quando mi hai scritto quella lettera. Per tutto questo tempo mi sono incazzato pensando al peggio e invece tu eri solo terrorizzata al pensiero di perdermi.»
Mi avvicino. «Puoi perdonarmi? Ci riuscirai mai?»
Slaccia la vestaglia sistemandosi su di me. «Hai già fatto qualcosa per me e fidati vale più di ogni altro gesto», mi bacia la fronte accarezzandomi i fianchi.
«A cosa ti riferisci?» Chiedo agitandomi.
Mi bacia muovendo i fianchi. Lasciamo uscire entrambi un po' di fiato.
«Ti sei fidata di me. Ricordi quello che ti avevo detto?»
Avvicino il suo viso sollevando le gambe. «Si. Che quando sarei stata pronta ti avrei permesso di essere il primo e anche l'ultimo», sussurro.
Freme. «Non hai avuto paura. Non hai esitato. Mi hai dimostrato di volermi, di fidarti di me e io questo non lo dimentico, Bi.»
Mugolo quando mi bacia la gola. Divarico le gambe e mi sorride. «A quanto pare, dobbiamo recuperare il tempo perso.»
Tiro le sue labbra in risposta. «Qualcuno qui non ha bisogno delle pillole blu ed è già pronto.»
«Non ne avrò mai abbastanza. Ti odio!»
Si agita e non resistendo, con il suo impeto si impossessa di me fino a portarmi altrove.
Una piacevole sensazione di tepore sulla pelle mi fa aprire lentamente gli occhi.
Mi rendo conto di essermi appisolata e per istinto passo la mano sul materasso.
Percependo il vuoto e il freddo del tessuto mi agito sollevandomi immediatamente a metà busto, guardandomi intorno più che stordita.
Dentro casa non vola una mosca. Il silenzio è inquietante. Fisso le mie cose fino a raggiungere il cuscino dove trovo un biglietto. Lo sollevo per leggere.

"Buongiorno".

Tutto qua? Mi ha lasciata così?
Porto le gambe al petto sentendo dolore ovunque. Agitata e in parte nervosa per essere stata tanto ingenua e stupida da pensare che almeno questa volta sarebbe rimasto accanto a me, mi alzo dal letto.
In bagno sciacquo il viso e poi mi infilo dentro la doccia strofinando la pelle quasi con rabbia. I pensieri si confondono facendomi piangere come una ragazzina.
Fuori dalla doccia pettino i capelli districando i nodi prima di asciugarli poi indosso un maglione sopra i pantaloni della tuta.
Apro la porta della stanza per scendere di sotto e lui entra come se niente fosse provando a baciarmi.
Mi scanso. «È così che mi sveglierò sempre?» Indico il biglietto sul cuscino.
«Buongiorno anche a te», brontola sedendosi sul bordo del letto. È sudato e ha ancora il fiato corto. È uscito per andare a correre.
«Pensavo di arrivare in tempo.»
«Non per rovinare il momento... ma non è stato bello.»
Provo ad andare in cucina ma chiude la porta tirandomi verso il letto. Sedendosi di nuovo mi fa prendere posto sulle sue ginocchia.
«Non sono scappato.»
«Ah no?»
Mi guarda male e lo affronto.
Sospira. «Che cosa devo fare con te?»
Lo abbraccio. «Non farlo più. Non andartene. Svegliati accanto a me.»
Mi accarezza la schiena e sentendomi piangere mi afferra il viso. «Ehi, che succede?»
«Non voglio stare qui da sola.»
Mi bacia la fronte. «Non senti tua questa casa.» Conclude ricordando le mie parole al parco.
Scrollo la testa velocemente. «No.»
Mi accarezza con il dorso la guancia affondando la mano tra i capelli. «E se adesso ti chiedo di venire a stare da me?»
«Dove?»
Riflette su qualcosa poi sorridendo sparisce un momento dalla stanza e quando ricompare si inginocchia. «Hai dimenticato una cosa a casa mia.»
Guardo la scatolina e singhiozzo tappandomi la bocca. L'emozione è tanta.
«Non so neanche quale porta apra questa chiave», dico sollevandola tra le dita.
«Ah no?»
«È sempre rimasta dentro la scatolina e non ho mai avuto modo di chiedertelo.»
Sorride ancora. Nei suoi occhi noto l'emozione pura e sincera. «È la chiave della nostra villa.»
Non capisco. «Quale villa?»
«Quella che hai costruito credendo che fosse solo mia o di qualche acquirente.»
Spalanco gli occhi. «Che cosa?»
«È sempre stata tua. Io sono sempre stato tuo.»
Mi stringe la chiave in mano baciandomi il pugno chiuso, la fede.
«Per tutto questo tempo... io ho avuto la chiave della villa?»
Conferma con un cenno della testa. «Sempre e mi solleva sapere che finalmente lo sai. E voglio anche dirti che quando sei corsa a proteggerla superando le fiamme, lì ho capito che ti avrei amata per sempre perché avevi protetto il nostro futuro.»
Guardo la chiave lasciando scorrere le lacrime. «Travis... tu sei incredibilmente pazzo. E io ti amo proprio per questo tuo modo di essere sorprendente.»
Sorride baciandomi. «No, sono solo innamorato di mia moglie.»

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