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Un lampo illumina attorno mentre il tuono fa tremare la terra. La porta sbatte rumorosamente alle sue spalle.
Indietreggio spaventata fino a trovarmi premuta contro il ripiano dell'isola. Per poco non urto lo sgabello.
Non ne ho ragione ma è questo quello che sento, che mi suscita la sua improvvisa reazione.
Provo a parlare, ma le sue labbra si abbattono forti, possessive sulle mie. Non mi danno tregua o il tempo di riprendere fiato. Le dita agili e forti affondano tra i miei capelli trattenendomi. Prolungando il bacio che sa tanto di disperazione, di scuse e parole mai dette per paura di sbagliare.
Chiudo gli occhi assaporando ogni attimo di questo momento in cui mi si scaricano addosso come lampi: brividi e sensazioni nuove, mai provate.
Provo a respingerlo ma rimane fermo e deciso come una statua. Mi concede solo di spostarmi, continuando ad indietreggiare. Urto contro il frigo e la sua mano scivola sul fianco, mentre i denti tirano il labbro inferiore facendomi mugolare. Ansimo agitata sentendo la sua bocca scivolare, premere sul collo tirandomi a sé per i fianchi. Piego di poco la testa non sapendo dove posare le mani. Continuo a tenerle sul suo petto per fermarlo e, allo stesso tempo per trattenerlo nella speranza che questo non sia un sogno o un crudele scherzo del destino.
Posa le dita sul collo facendole scorrere verso l'alto tenendo fermo il mio viso mentre la bocca morde e bacia la clavicola risalendo. Ansima avvicinandomi ancora a sé. Adesso siamo di nuovo faccia a faccia. Prova a baciarmi, ad impossessarsi della mia bocca, mi tiro indietro posando le mani sul suo viso freddo e umido di pioggia. Freme stringendomi i fianchi con forza maggiore, poi la schiena. Il suo viso si fa vicino fermandosi ad un centimetro dal mio. Abbasso gli occhi sulle sue labbra. Li sento tremare e annebbiarsi. In breve si riempiono così tanto da perdere la vista. Lascio scorrere le lacrime sentendo l'elettricità, una vibrazione che avvicina entrambi attirandoci in una rete feroce, fatta di tensione. Una forte scarica che si irradia dall'una all'altro.
Fa dei respiri innaturalmente lenti. Freme. Il pollice asciuga rudemente la lacrima a riscaldarmi il viso, proprio come il suo bacio in grado di bruciarmi le labbra facendole gonfiare, formicolare.
Inspira di scatto premendo la fronte sulla mia, sfiorandomi, accarezzandomi il mento con il dito ancora umido di lacrime.
Mi adagio contro la superficie fredda del frigo affannata. Tengo gli occhi chiusi e lui continua con delicatezza a tormentarmi. Sento il suo fiato caldo sulla pelle farsi sempre più veloce. Riprova a baciarmi mentre la pioggia scende dai suoi capelli attaccati alla fronte.
Lo respingo. Contrae la mandibola indurendo lo sguardo emettendo un basso ringhio, un respiro strozzato.
Stringo la presa sul suo cappotto scuotendo la testa. In un moto di ira, picchio i pugni sul suo petto. Singhiozzo come una bambina ferita e viziata.
Preme maggiormente la fronte sulla mia e la presa non dandomi tregua. Le sue mani scivolano sempre più giù fino a sollevare il bordo del maglione, posandosi sulle natiche. Mi solleva.
Inarco la schiena e si insinua tra le cosce. Mi bacia il collo risalendo sotto l'orecchio. Mugolo quando sfiora una zona delicata e sensibile al suo attacco rude e sensuale.
«Scusami», sibila affannato schioccandomi un bacio dietro l'altro.
Gemo e si avventa sulla mia bocca con insistenza. Stringo le dita sulla sua nuca tirando i capelli. In risposta muove impercettibilmente i fianchi fermandosi. Adesso siamo bocca contro bocca. Nessuno dei due ha il coraggio di allontanarsi. Ci respingiamo per poi attrarci più di prima.
«Perdonami», ripete roco. «Sono stato un coglione!»
Riporto le gambe e i piedi a terra. Piango ormai da qualche minuto silenziosamente. Lo spingo ma rimane vicino a me.
«Non avrei mai dovuto dire quelle cose. So che è tardi per le scuse ma... ero accecato dalla gelosia.»
I miei occhi si posano sulla tegola messa ad asciugare. Mordo il labbro tirando su con il naso. Dilato le narici stringendo i pugni in vita.
«Guardami»
Fatico ad ascoltarlo, alla fine però riesco a mirare al suo sguardo. Scrollo le lacrime e mi rendo conto che sta togliendo la maschera. «Tu hai visto questo. Te l'ho permesso perché mi fido di te. Perché sei l'unica che non mi ha giudicato e... che non ha avuto paura di me.»
Mi abbraccio. «Hai ferito i miei sentimenti», finalmente riesco a parlare. La voce mi esce smorzata, stridula, arrochita. «Hai creduto che io...» scuoto la testa disgustata. «Vattene!» indico la porta.
«Bi, non volevo!»
Scivolo via dalla sua presa creando una certa distanza che mi aiuta a riprendere il fiato. «Ma l'hai fatto. Per te sono una che cerca soldi facili. Che esce a pagamento. Che sfrutta chiunque», chiudo gli occhi inspirando lentamente. Ripetere queste parole mi ferisce maggiormente. «Lasciami da sola, per favore.»
Nega togliendosi il cappotto zuppo di pioggia. «No. Tu non vuoi.»
Massaggio una tempia. «Si che voglio. Devi andare. Lasciami sola. Non voglio più vederti. Io... non voglio averti attorno perché... non credi in me. Mi hai definita una puttana e...»
Mi si avvicina. Circonda le braccia intorno alla mia schiena indietreggiando. Non riesco proprio a fermarlo.
«Non l'ho mai detto. Ho solo fatto delle domande perché ero fuori di me. Perché avevo bisogno di capire. Poi hai detto quelle cose e sono uscito fuori di testa permettendo alle parole di uscire dalla mia bocca senza controllo.»
«Non è una giustificazione!» urlo spingendolo rabbiosamente.
Mi strattona senza mai farmi male, per tenermi a sé. «Non hai sentito che ti ho detto? Mi sono ingelosito come un ragazzino! Mi hai fatto andare fuori di testa e... non sono riuscito a reggere. Perché io non potrò mai competere con chi ti ha fatto stare bene, con chi ti ha visto crescere. Non posso competere con altri uomini perché non posso...»
Scrollo la testa interrompendolo. «È questo il problema. Tu non te ne accorgi!»
«Di cosa dovrei accorgermi?» alza il tono frustrato e agitato al pensiero di doversi arrendere.
«Che hai fatto più tu di un amico come Dan. Che ti sei insinuato dentro le mie ossa spezzandole una ad una. Che mi hai tolto il respiro regalandomi dei brividi che mai nessuno è riuscito a trasmettermi. Hai fatto più tu in queste due settimane che le persone che mi circondano in una vita intera. Ma come sei riuscito a regalarmi il sorriso, sei riuscito a togliermelo. Mi hai... mi hai annientata.»
Mi stacco allontanandomi da lui. «Chiudi la porta quando te ne vai. Non sarò mai all'altezza per te. Non sono nobile o raffinata, mi adatto a tutto come uno scarafaggio e non mi interessa niente di arricchirmi alle tue spalle. Non sono neanche uscita con te per pena ma perché mi piaci come persona. Perché mi sembravi l'unico a capirmi. Riprenditi tutto. Non ne ho bisogno. Me la cavo da sola. Ma lasciami in pace.»
Detto ciò, salgo in camera sbattendo la porta. Scrollo le lacrime. Cammino avanti e indietro un paio di minuti per calmarmi, poi mi lancio sul letto abbracciando forte il cuscino.
I minuti passano e quando credo finalmente di essere sola, sento lo scatto della porta. Cigola rumorosamente. Il letto si muove e vengo braccata.
Mi agito. «Per favore, vattene!» urlo.
«Non posso.»
Mi volto immediatamente. «Perché? Perché non puoi? È stato facile prima», la voce si inclina.
Incassa le mie parole affranto. «Ti sbagli!» alza il tono. «È stata la cosa più difficile che io abbia mai dovuto fare. Andarmene e rischiare di perdere un pezzo di paradiso tornando nel mio inferno personale. È questo quello che ho fatto, è vero. Ma quando sono uscito sbattendo la porta e la pioggia mi ha investito, ogni consapevolezza è andata a farsi fottere. È scivolata via insieme alle gocce d'acqua. Allora, incazzato come ero ho fatto un giro, ho smaltito la rabbia e mi sono ritrovato di nuovo qui.»
Faccio una smorfia. «E hai deciso di chiedere scusa perché volevi pulire la coscienza? Comodo.»
Sospira standosene sdraiato su un fianco. Sta negando con un movimento continuo della testa fissando un punto lontano. Posa il palmo sul mio braccio. «Facciamo pace?»
Sollevo un sopracciglio. «Fai sul serio?»
Annuisce tirandomi a sé. Mi abbraccia premendo le labbra sul mio collo. «Sai, la vita è breve per starsene imbronciati o sempre incazzati.»
Il suo commento sussurrato mi fa tremare. Lo guardo attentamente. Ancora una volta, toglie la maschera posandola sul comodino. Con una certa sicurezza afferra i miei fianchi.
«E tu ne sai qualcosa?»
Annuisce. «Basta guardare la mia faccia», sgrana gli occhi provando a farmi spavento ma tengo per me il sorriso stringendo le labbra.
«Vuoi urlare e discutere?»
«Si, sarebbe meglio.»
Si alza appoggiando la schiena alla testiera del letto. «Vai, inizia», incrocia le braccia infastidito.
«Adesso ti comporti da adulto?»
«Si. E per la cronaca: stiamo per litigare come una coppia. Quindi impegnati!»
Mordo le guance. «Non siamo una coppia e ad essere sincera sono stanca. Se te ne vai posso dormire in pace e lasciarmi alle spalle questa giornata orribile.»
Mi guarda offeso. Come un bambino imbronciato. «Non è stata poi così orribile. Vuoi davvero che me ne vada?»
Mi sdraio. «Vuoi andartene?»
Alza il labbro in un sorriso abbassando al contempo le spalle. «Posso essere sincero?»
Annuisco. «Non lo sei sempre?»
«Non me ne vado perché prima voglio riprendermi il mio maglione preferito.»
Lo guardo male. Lui mantiene lo sguardo sfidandomi.
Mi abbandono ad una breve risata prima di singhiozzare e piangere sfinita nascondendo il viso tra le mani.
Mi abbraccia confortandomi. «Sei arrabbiata?»
«No.»
«Davvero?»
«No. Sono solo tanto, tanto stanca.»
Non sono arrabbiata. Ho solo una fitta al petto lancinante, un dolore sordo e continuo che sembra bruciarmi il cuore e le viscere lentamente e poi tutto di colpo mozzandomi il fiato, annebbiandomi la vista.
«Credimi, ho provato una gelosia fulminante. Non avrei mai permesso che ti facesse del male. Quando ti ha fatto cadere avrei voluto affrontarlo, poi è corso qui dentro.»
Tiro su con il naso. «Dove ti sei nascosto?»
«Ha controllato ovunque tranne sotto il letto.»
«Davvero? Ti sei nascosto sotto il letto?»
«Per un attimo sono stato attraversato dal pensiero di afferrarlo per la caviglia, trascinarlo a terra sotto il mio peso e riempirlo di botte.»
Guarda davanti a sé, la gamba sollevata, il braccio su questa. «Mi sono comportato come un bambino. Sono davvero dispiaciuto.»
Lo guardo male. «Sei stato stronzo oltre che insensibile. Mi hai fatto sentire... non trovo neanche la parola per descrivere quello che ho provato.»
Sospira abbassando il viso. Strofina il naso sul mio collo facendomi ritrarre colpita dai brividi. «Trav!»
Sorride soffiando sulla mia pelle. «Adoro quando le tue labbra pronunciano il mio nome e la tua voce esce stridula.»
Lo spingo e mi avvicina. «Non mi piace vederti di pessimo umore, Bi.»
«Ma è colpa tua se lo sono. È colpa di Dan. È colpa di zia Marin. È colpa anche mia che ci tengo così tanto in così poco tempo da esserne arrabbiata. Perché non me l'aspettavo...» la voce si inclina. «Io... non lo accetto. Non ero preparata a tutto questo.»
Si sporge. «Ehi.»
Picchio i palmi sul suo petto. «Ti odio!»
Sorride innervosendomi. Stringo i denti e lui tirandomi a sé mi trascina sotto il suo peso. «Siamo un po' più amici adesso?» mi chiede.
Accarezzo il suo viso. La parte lievemente paralizzata dai segni. Sfioro poi le labbra ridisegnandone i contorni. Lui guarda subito le mie. «Perché lo chiedi?»
Si abbassa. La tensione si fa sempre più palpabile. «Perché così posso assaporare di nuovo le tue labbra.»
Non mi permette di replicare perché mi bacia. La mano nel frattempo mi sfiora il fianco toccando la pelle nuda sotto il maglione.
Ansimo allungando il collo quando si avventa su questo scendendo sulla clavicola. «Travis», lo fermo.
Mi solleva la coscia giocando con il mio naso e le labbra. «Facciamo pace. Lo vedo che sei ancora distante e non lo sopporto.»
«Non possiamo baciarci», lo trattengo.
«Perché? Non bacio bene? Il tuo Dan bacia meglio?»
Gli scocco un'occhiata brutale. «Perché non siamo amici, non siamo niente. Che cosa siamo esattamente?»
Accarezza la gamba raggiungendo la coscia. Lo fermo. Il cuore mi batte a mille. «Non faremo niente di quello che stai immaginando. Non mi approfitterò mai di te. Voglio solo, fare pace.»
Gioco con il bordo del suo maglione sollevando anche l'altra gamba e lui dilata le narici. «Non hai risposto alla mia domanda.»
«Cosa vuoi essere?»
Sospiro in risposta e lui inumidisce le labbra. «Siamo io e te. Dobbiamo per forza dare un'etichetta come un prodotto in scatola a tutto? Anche alle relazioni?»
Porta le mie mani sul suo petto e le sue sui miei fianchi.
Nego. «No», sussurro. «Ma non possiamo continuare a toccarci, baciarci o dormire insieme. Noi non possiamo continuare a sfidarci, a stuzzicarci, a guardarci da lontano...»
«Perché no? Siamo adulti Bi.»
«Perché non siamo...» sospiro scrollando la testa. «Trav, tu mi piaci, tanto, e non voglio sentirmi in questo modo. Non voglio averti così vicino e dovermi frenare perché potresti fraintendere o rifiutare. Non voglio continuare a sentirmi desiderata solo perché il tuo modo di pensare e di agire mi fa illudere.»
Arrossisco lievemente ma grazie all'oscurità in camera non si nota.
Sorride. Lo fa di proposito. Con una mossa decisa, allarga le mie cosce spingendosi lievemente in su fino a baciarmi.
La sua lingua a sfiorare la mia. Il suo sapore dentro la mia bocca. Le sue mani ovunque.
Staccandosi, facendomi ansimare esclama: «Stai fraintendendo adesso? A me non sembra! Anche tu mi piaci.»
Prova a baciarmi ancora, lo fermo. «Quindi? Continueremo a comportarci come due stupidi? Continueremo ad avvicinarci, a baciarci, a nasconderci...»
«Mi offro volontario», mugola.
«Per che cosa?»
«Qualsiasi cosa. Mi stai simpatica Bi.»
Sorrido incapace di trattenermi e lui mi accarezza i capelli delicatamente. «Pace?»
«No. Ma sai come farti perdonare», sussurro abbracciandolo.
Ci pensa un momento. «Lo so e sono sicuro di regalarti un sorriso quando lo farò.»
Gioco con le sue labbra. Non resiste. «Non sono io quello a stuzzicarti», mi guarda male, con rimprovero. Stringendomi il polso sulla testa mi bacia.
Notando che le cose stanno per evolversi, staccandosi, mi sistema la coperta addosso. «Dormirò qui.»
Mordicchio l'unghia. «Ok.» Voltandomi mi metto comoda. «Mi guarderai dormire, vero?»
«Probabile. Oppure proverò a dormire anch'io.» Mi abbraccia. «Ci proverò davvero.»
Non so con esattezza a chi o a cosa si stia riferendo ma so che ormai è ovunque. È piombato nella mia vita in un momento in cui in equilibrio instabile stavo cercando di recuperare il tempo perso. Mi ha travolto con la sua positività, con le sue strane carezze, con i suoi gesti, con i suoi silenzi e persino con i suoi segreti. È arrivato come un tramonto pieno di spettacolari sfumature a colorare la mia vita tendenzialmente grigia.
Le ore passano. Non riesco a dormire. Rimango però girata. Fisso il muro davanti mentre il suo braccio mi circonda tenendomi a sé gelosamente. Percepisco caldo e lento, il suo respiro sulla nuca. Persino i suoi battiti regolari.
Sta dormendo. Non resisto e mi giro a guardarlo facendo attenzione a non muovermi troppo, a non disturbare la sua quiete. Dorme in modo profondo e osservandolo, alla luce ad intermittenza dei lampi che arrivano dall'esterno, mi domando per quanto tempo non sia riuscito a chiudere occhio tormentato dagli incubi e forse anche dalle insicurezze.
Si agita impercettibilmente e trattengo il fiato, spaventata dalla prospettiva di rivederlo agitato o fuori controllo.
Le sue parole, hanno fatto così male da non riuscire neanche a descrivere la sensazione provata nel sentire ciò che aveva da dire.
Non mi capitava da tempo di sentirmi così esposta e fragile. Così insicura e instabile, in perenne ricerca di qualcosa che, con ogni probabilità, non esiste ma, che al contempo ho intorno, davanti agli occhi.
Respira di scatto affondando il viso sul mio collo.
I brividi si propagano come cascata su per il corpo. Si lamenta. «Perché non dormi? I tuoi pensieri fanno troppo chiasso», mugugna contro la mia pelle. «Tra un po' li farò smettere a modo mio.»
Insicura, accarezzo la sua spalla. Non rispondo. Non voglio rovinargli la dormita.
I minuti passano. Dentro la stanza si sente il rumore della pioggia che sbatte contro il vetro, dei nostri respiri e forse anche quello dei miei battiti.
Travis solleva la testa tirandosi indietro. Apre l'occhio non colpito dalla sventura scrutandomi. Porta una ciocca dietro l'orecchio e avvicinandosi preme le labbra sulle mie. «Dormi almeno un po'», mi sussurra non accorgendosi dei danni che sta procurando al mio corpo con i suoi gesti delicati e così intimi da perderci la testa.
«Non riesco a dormire. Continua pure, non mi muoverò», prometto.
Passa la mano sul viso rallentando quando forse ricorda di essere senza maschera. Ha un sussulto si volta a cercarla e notando che è sul comodino si rilassa. «Non dormo tanto, ricordi?»
«Ma sembravi così sereno. Provaci», affondo la mano sotto il cuscino e lui appoggiando la testa a pochi centimetri, infila il suo palmo sotto il cuscino stringendolo sul dorso della mia mano. «Non dormivo e non mi sentivo così da anni. Sei un sonnifero, Bi.» Ghigna sbadigliando.
Dovrei prenderla come un'offesa ma sulle mie labbra si sta già formando una smorfia che ben presto diventa sorriso. «In quanto tale dovrei funzionare meglio», mi stendo supina fissando il soffitto.
Travis si appoggia sul braccio di fianco a me dopo avere acceso la luce. «Dobbiamo fare qualcosa», gratta la tempia.
«Tipo che cosa?»
«Spogliati», esclama senza esitare.
Rido. «Che cosa? Se volevi vedermi mezza nuda potevi guardare i video che ho fatto per il sito.»
Nega. «No, non intendo in quel senso. Non faremo niente. Spogliati», ripete.
Mi alzo a metà busto. «Rivuoi il tuo maglione?»
Adesso è il suo turno. Ride. «No, anche se tra qualche ora ritornerà al suo legittimo proprietario.»
Lo guardo male. «Non me lo regali?»
«No»
Spalanco la bocca e lui ride. «Che c'è? Nessuno ti ha mai detto di no, Bi?»
La mia testa oscilla. «Lo tengo lo stesso. Ha il tuo profumo e mi piace come mi sta», alzo il mento giocando con le maniche.
Mi avvicina tirandomi a sé per i fianchi. Sono a cavalcioni su di lui e non mi sto imbarazzando. Si alza a metà busto e siamo faccia a faccia. «Sei una ladra di maglioni preferiti», mi stuzzica.
«Trav!»
Solleva il bordo facendo attenzione a non toccarmi la pelle. «Fidati!»
Prendo un breve respiro. «Che cosa hai in mente?»
«Una tecnica usata per quando si sente freddo e si vuole dormire in due.»
È così concentrato da farmi sentire in colpa per il modo in cui continuo a trattarlo con diffidenza. «Ok, ma mi dovrai dire qualcosa di te», dico passando alle contrattazioni. «Perché so che questa tecnica è per due che intendono spassarsela. Non è per il nostro caso.»
Ci riflette. Valuta bene se ne vale la pena poi mi sfila il maglione dalla testa. «C'è qualcosa che vuoi sapere?»
Sfila anche il suo rimanendo a petto nudo, lasciandomi vedere la sua pelle, i suoi segni.
Non so bene che cosa chiedere. Ho la testa talmente piena di domande da non riuscire ad aprire la bocca. «Sono confusa. Tu mi confondi», ammetto infreddolita scivolando sotto il lenzuolo mentre toglie via anche i jeans. «Adesso va molto meglio», dice schioccando le ossa del collo. Si volta e vedendomi avvolta come un bruco, sorride abbassandosi.
Per poco non strillo. Si muove come un animale pericoloso. Le sue mani sui fianchi mi trascinano via dal mio angolo. Mi ritrovo con le braccia intorno al suo collo. Lascia scorrere la mano sulla mia spalla fino al mento poi tenendomi per la nuca gioca con le mie labbra. «Perché sei confusa?»
Tengo gli occhi chiusi per non perdere concentrazione. «Perché mi mandi in tilt. Non è giusto!»
«Cosa non è giusto? Che qualcuno ti coinvolga così tanto?»
Annuisco premendo la fronte sulla clavicola. «Riesci ad allontanarmi da tutto. Da un lato vorrei mandarti al diavolo per quello che hai pensato di me, per i dubbi che hai avuto su di me, mentre dall'altro vorrei solo... abbandonarmi, lasciarmi trascinare. Ho dei dubbi: urlarti addosso e poi perdermi o perdermi e lasciare i dubbi da parte. Posso fidarmi di te?»
«E io? Posso fidarmi di te?»
Provo a staccarmi ma siamo così avvinghiati da non riuscirci. Sembro legata con la colla al suo corpo.
«Non possiamo fidarci del tutto di qualcuno ma ci affidiamo alle sensazioni. Che cosa provi adesso?» sussurra sull'orecchio.
«Non ho mai provato un sentimento così forte, Trav.»
Tempesta di baci il mio collo e allungandomi come un gatto, mugolo.
«Allora segui l'istinto», mi guarda da sotto le ciglia scure.
Accarezzo il suo viso. «Ho paura a farlo. Ogni volta che mi fido finisco quasi sempre per essere ferita.»
Bacia sotto il labbro accorgendosi dei brividi. «Non puoi nascondermelo», indica la mia pelle. «Non puoi ignorarmi», bacia sempre più vicino alle labbra. «Non puoi negarti la possibilità di essere felice o serena.» Tira indietro la testa. «Dimmi che cosa vuoi sapere.»
«Abbiamo discusso anche a causa di questo. Io non so molto sul tuo conto e tu sul mio. Io... so solo quello che mi fai provare. Quello che sento quando sto con te. E sembrerà assurdo, forse folle e ancora presto ma... in così poco hai costruito tanto dentro di me. Hai distrutto muri, costruito scale, hai eliminato erbacce, hai fatto fiorire rose dove c'erano solo fiori appassiti e spine. Io non lo so che cosa ci riserva il futuro, non voglio saperlo. So solo che... tu mi destabilizzi. Mi fai sentire una nuova me che mi piace. Perché non vuoi cambiarmi. Mi stai solo tirando fuori e... pezzo dopo pezzo io... tornerò sotto il sole. Magari mi ustionerò ma...»
Mi bacia le labbra delicatamente. «Ti farò una domanda», dice alzandosi.
Faccio lo stesso e lui mi avvicina a sé sistemandomi la coperta intorno alla vita. «Sarà sciocco e insensato ma possiamo», appare agitato.
Sollevo il suo mento tenendolo con due dita. «Fammi la domanda.»
«Stai con me», dice. La sua non è una domanda.
Il mio cuore prende a battere forte. Apro e richiudo le palpebre sentendo le guance, le orecchie, il corpo intero incendiarsi come un fiammifero sfregato contro la carta vetrata. Gonfio il petto. «Trav... è rischioso. Non ci conosciamo...»
«È questo che ti frena? O hai paura del tuo amico?»
Scrollo immediatamente la testa. «No, non fraintendere.»
«E allora?» stringe le braccia. Il mio petto si schiaccia sul suo.
«Allora cosa? Sei fuori di testa?»
«Si. Ti voglio nella mia vita e ti ho appena chiesto di farne parte.»
«Ti correggo: hai appena detto "stai con me". Non hai paura che io non sia la tua dolce metà o adatta...»
Mi spinge sul letto. «Non sei ancora scappata. Non hai urlato come una pazza quando mi hai visto. Ridi alle mie battute e sai tenermi testa. Mi hai anche chiesto dove sono stato per tutto questo tempo. Vuoi davvero fare finta di non avere capito che senti esattamente quello che sento io per te?»
Poso i palmi sul suo petto sfiorandogli la cicatrice tra la clavicola e la spalla. «Non è affrettato?»
«Siamo a letto insieme, in intimo. Ci separano solo due pezzi di stoffa. Che cambia?»
Arrossisco. «Sei fuori di testa», soffio.
Sorride affondando il viso sotto l'orecchio nella parte più sensibile. «Lo prendo come un si con riserva?»
Per convincermi lascia piccoli baci sulla gola, sul petto. Lo fermo quando prova a scendere sul ventre.
Ci guardiamo. Nessuno dei due si muove. Passano pochi istanti. Si abbassa e le mie mani trattengono il suo viso mentre il cuore prende a battere frenetico.
«Non ti ho chiesto di vivere con me. Ti ho chiesto di stare con me. Provaci.»
Premo il pollice sul suo labbro. Le sue spalle si tendono mentre si mantiene in equilibrio sulle braccia. «Non saremo una coppia. Ti farò incazzare e ti deluderò ancora. Ti sto solo chiedendo: stai con me.»
Preme i fianchi sui miei, la mano sulla nuca, l'altra a sollevarmi il ginocchio. Ansimo e continua. «Stai con me, se hai coraggio.»
Sorrido ricordando le parole dette la prima volta nel suo ufficio. L'ho sfidato e adesso lui sta sfidando me.
Mordo il labbro. Un braccio dopo l'altro li intreccio intorno al suo collo. I suoi occhi diventano lucidi. Le narici guizzano così come i suoi muscoli tesi al massimo.
I miei occhi gli sussurrano parole suggerite da un cuore corroso dalla paura, dalla tristezza, dal dolore e dal sentimento. Gli sto urlando di tenermi. Perché sono sempre quella meno brava, un po' sbadata, un po' triste. Perché sono quella che si lamenta sempre. Quella che fa scappare chiunque. Tienimi gli sto urlando. Perché sono quella che si imbarazza ancora se le fai un complimento, se la guardi intensamente e con interesse. Tienimi gli sto sussurrando, perché vorrei scappare, perché sono quella che lascia quando ha paura di essere lasciata. Perché sono insopportabile e testarda. Perché sono quella che si trattiene, che implode e si spegne. Sono sempre io, quella che sorride per una carezza, quella che piange per un torto o una tenerezza. Quindi tienimi gli sto urlando senza voce, perché non so come si ama senza fretta, ma so come si ama a perdifiato, senza controllo e senza via d'uscita.
Tienimi, perché sto cercando di essere coraggiosa. Per me, per te. Per questo strano noi circondato dal niente ma pieno di tutto. Pieno di noi.
Avvicina il viso sul seno. «Posso sempre provare a convincerti in altri modi», solleva il labbro mostrando i canini.
Inarco il sopracciglio guardandolo con aria di sfida.
Accetta la provocazione iniziando a baciarmi il seno. Non un bacio come tanti. Lo fermo e lui non trattenendosi fa lo stesso sul collo. Mi agito. «Trav!»
Sorride. «Voglio sentire uscire dalle tue labbra, dalla tua bocca, solo una risposta.»
«Ok, ci proverò», sussurro senza fiato.
«Dillo», mugugna sulle labbra.
«Si», lascio uscire.
Inspira lentamente baciandomi fino a consumarmi le labbra. Poi mi lascia rannicchiare contro il suo petto. «Adesso dormi», dice accarezzandomi la schiena.
I miei occhi stanchi si abbassano nonostante io tenti sempre di trattenermi, di aggrapparmi al presente per non cedere al senso di spossatezza che appesantisce la mia mente e le ossa conducendole nel mondo dei sogni.
Una bassa imprecazione attutita dal rumore di un qualcosa di metallico che cozza contro il lavandino mi riscuote dal sonno tranquillo.
Mi giro nel letto e il mio viso viene riscaldato da un raggio di luce. Sbircio con un occhio e fuori dalla finestra il cielo incerto gioca a nascondino con il sole. Il vetro è ancora pieno di goccioline. Non c'è vento anche se gli alberi sono quasi del tutto spogli e le foglie, attaccate al suolo come un mare di fuoco, piene di brina.
Travis non è accanto a me. Segno evidente: il lenzuolo aggrovigliato intorno al mio corpo e alla parte del letto vuota piena di pieghe.
Affondo di nuovo il viso sul cuscino inspirando lentamente. È impregnato del suo odore che annuso come una tossica.
Non ho immaginato o sognato tutto. Lui è reale e sta entrando in camera con un vassoio. Dentro un bicchiere una rosa. Due tazze fumanti di caffè e due brioche.
Si siede accanto e timido mi schiocca un bacio sulla tempia. «Ciao», sorride rimanendo in attesa.
Decido di fare finta di niente e guardando la colazione sfioro la bellissima rosa ancora non del tutto aperta.
«Buongiorno», saluto con indifferenza mentre dentro ho solo la voglia matta di abbracciarlo e lasciarmi scaldare dal suo calore.
«Ti sei alzato presto», accetto la tazza.
Sembra turbato e nascondo il mio sorriso perfido bevendo un sorso di caffè.
«Ho dormito più di quanto mi sarei mai aspettato. Poi non volevo disturbarti ma sono abituato a fare palestra quindi mi sono alzato e per tenermi impegnato ho aggiustato il tubo del lavandino, tagliato la legna, fatto il bucato e per ultimo: preparato la colazione.»
«Ok, sei inquietante. Quanto ho dormito?»
Ride. «Sono solo le sette del mattino. Hai avuto una nottataccia. Avevi bisogno di dormire. Scusa se ho toccato le tue cose.»
Gratto la nuca. «No, ma avrei fatto tutto io.»
Beve un sorso di caffè continuando a guardarmi, in attesa.
«E questa?»
«Ho chiesto a Mitch di portarmi un cambio e questa», indica la rosa. La terza che mi regala.
Sgusciando dal letto la sistemo in mezzo alle altre. Voltandomi noto il suo sguardo carico di malizia che scivola dall'alto verso il basso.
Mi guardo anch'io e boccheggio tornando a letto facendo ancora finta di niente. Spezzo il cornetto mangiando tranquilla.
Sento che lo fa innervosire ma è elettrizzante. «Gli hai anche chiesto di prendere il caffè e le brioche?»
Arrossisce lievemente. «Beccato!» si rimprovera mentalmente.
«Doveva portarmi il borsone», alza le spalle.
«Certo», batto le mani per pulirle dallo zucchero a velo. Porto il dito in bocca alzandomi.
Con finta innocenza mi sposto in bagno lavando le mani e i denti. Vedo dallo specchio la sua immagine quando mi raggiunge.
«Che c'è: mi seguirai ovunque come un'ombra?»
Incrocia le braccia. «Non hai ancora fatto alcun commento su questa notte.»
Apro il rubinetto sciacquando il viso. «Riguardo cosa?»
Notando come reagisce scoppio a ridere e lui mi guarda male. «Davvero? Mi prendi anche in giro adesso?» alza gli occhi al cielo passando una mano sul viso.
Mi avvicino e gonfia il petto guardandomi male. Lo guardo di proposito con arroganza mista a malizia battendo le ciglia. Gli tolgo la maschera. Alzandomi sulle punte dei piedi, gli bacio la cicatrice. «Ciao», sussurro lasciandolo di stucco.
Tornata in camera, recupero gli indumenti puliti da indossare dopo la doccia per andare al lavoro.
Travis si siede sul bordo del letto. «Ho fatto una cosa che ti farà incazzare.»
Mi volto scrutando nei suoi occhi. «Che cosa?»
Tenendosi sui gomiti alza il labbro inumidendolo con la lingua prima di passare l'indice sulla tempia. «Per oggi ho fermato i lavori.»
Spalanco gli occhi. «Che cosa hai fatto?»
Mi raggiunge fulmineo. «Tu hai bisogno di parlare con me e con tua zia e io... be' essendo il capo posso stare qui, bloccare i lavori per un giorno, accompagnarti da tua zia...»
Lo spingo. «Stai invadendo i miei spazi», dico minacciosa. «E se non voglio?»
«Che cosa? Parlare con me? Me ne andrò. Ti lascerò qui da sola. Oppure non vuoi affrontare tua zia? Bene, troveremo qualcosa da fare. Ho già un'idea.»
Sbuffo chiudendogli la porta in faccia. Prova ad aprire ma giro in fretta la chiave. «Bloccare il lavoro per stare con me è un conto. Ma cercare di manovrare la mia vita è tutt'altra cosa. Per punizione te ne starai lì buono mentre farò la doccia.»
«Sul serio?» immagino la smorfia sul suo viso mista al divertimento.
So che si sente stuzzicato da questo mio modo di fare ma sono davvero irritata. Non avrebbe dovuto manovrare la mia vita. In parte lo apprezzo perché so che sta cercando di farsi perdonare ma, dall'altra parte vorrei che non interferisse.
Bussa. «Mi fai entrare? Ho comprato le saponette colorate.»
Sorrido aprendo la porta. Rubo la borsa di carta che tiene in mano e chiudendo la porta a chiave mi godo la sua risatina. «Sei in punizione, ricordi?»
«Bambi, sai che ho doti nascoste e so esattamente come aprire una porta?»
Non ho neanche il tempo di voltarmi mentre riempio la vasca. La porta si apre. Assume un'espressione indifesa.
«Sei incredibile!» Dico con le mani sui fianchi.
Chiude la porta avvicinandosi. Sto già andando in fibrillazione. Metto le mani avanti. Lui circonda le sue sui miei polsi avvicinandomi, sistemandole sulle sue spalle. Le intreccio sulla nuca. Strofina la punta del naso sul mio. «Facciamo pace?»
Mi fa indietreggiare verso la vasca. «Per che cosa esattamente: perché hai sabotato la mia giornata lavorativa o perché hai scassinato la porta mentre ero in procinto di farmi un bel bagno colorato e profumato?»
Ci riflette per finta. «Perché mi hai fatto credere di avere dimenticato la nostra chiacchierata notturna.»
«Ottima risposta MisterX. Quindi hai intenzione di...»
Mi solleva facendomi entrare in acqua. «Fare il bagno con te come prima cosa.»
Toglie la tuta entrando e mettendosi comodo davanti a me. Guarda l'umidità sul tetto.
Lascio sciogliere una saponetta arancione e una gialla a forma di foglia. Profumano di vaniglia. «Non è il tuo appartamento», dico giocando con le sfumature.
«È vissuta. Mi piace.»
Alzo gli occhi e lui si sporge poi ripensandoci mi avvicina. «Hai pensato un po' a come faremo?»
«Lavorerò e tu farai quello che hai sempre fatto», rispondo risoluta.
Mi abbraccia trascinandomi dal suo lato. Appoggiata a lui gioco con la cicatrice sulla spalla. «Non cambierà niente.»
«Riguardo l'asta?»
«Non eliminerò il profilo ma bloccherò l'asta. E continuerò a fare video, che a te piaccia oppure no.»
«A tal proposito, mi farai vedere come crei i video?»
Lo guardo stupita. «Davvero?»
Conferma. «Vederlo da dietro le quinte è sempre meglio», sorride.
Per istinto abbasso il suo viso ma questa volta non mi freno. Mi spingo su di lui baciandolo. Scivola sul fondo e quando riemergiamo ci guardiamo entrambi senza dire niente, sussurrandoci tutto.
Dopo il bagno, metto in ordine ogni stanza. Travis nel frattempo si sposta in soggiorno dove riceve delle chiamate di lavoro. Sento la sua voce dalla stanza mentre mi organizzo per registrare un nuovo video. Ascolto un po' di musica chiudendo la finestra, tirando la tenda per creare un'ombra e un fascio di luce ad attraversarmi dal collo in giù. Lego i capelli in una coda alta e liscia. Al collo una collana stretta con una perla come pendente.
Dalle casse si diffonde "Trampoline" di "SHAED" e alzo un po' il volume per inserirla come sottofondo.
Mi siedo davanti la videocamera premendo il tasto rec pronta ad iniziare, ma quando mi volto lui sta entrando nella mia stanza. Si avvicina come un falco. Stringo le gambe nude accavallandole e le dita sui braccioli della sedia.
Alzo la testa. È così vicino da mandare in tilt il mio sistema nervoso. Il mio corpo trema.
Si abbassa sfiorandomi il collo, sollevandomi la testa baciandomi sensualmente. Mi alzo e mi spinge fuori dall'inquadratura continuando avidamente ad assaporare le mie labbra. Rimango in punta di piedi, le mani sul suo petto, gli occhi chiusi, le labbra a sfiorare e premere sulle sue.
Quando si stacca siamo entrambi senza fiato. «Devo andare. Devo risolvere una questione», mi sussurra.
Capisco e annuendo, infilando una vestaglia, lo seguo all'ingresso.
«Hai impegni stasera?»
«Un altro appuntamento?»
Arriccia il naso rimanendo coperto dal cappello che indossa. «No, niente più appuntamenti.»
«Bene.»
Guarda da ogni parte poi mi bacia. «A dopo!» saluta.
Ricambio con la mano guardandolo andare via con una strana malinconia nel cuore.
Tornata in camera, tolgo la fotocamera dal cavalletto sedendomi sul letto. Premo il tasto play guardando il video e mi viene un'idea.
Sorrido mentre al computer, nella mia postazione di lavoro, creo un nuovo filmato applicando il mio filtro preferito in bianco e nero.
Le dita indugiano prima di premere sul tasto pubblica. Attento il caricamento e quando mi arriva la notifica della pubblicazione riuscita, mordo il labbro. «So che ti arrabbierai, ma non potevo nasconderti al mondo. Non più», sussurro digitando una e-mail.

"Caro MisterX,
Non ti offendi se sei un intruso nel mio video, vero?
No, non puoi rifiutare e ho controllato più volte prima di montare il video. E si, l'ho appena caricato quindi ops, sei una star del web adesso! :P
- B".

Prima ancora di potere premere invio, mi arriva una notifica.

"Cara B,
Mi hai appena esposto al mondo del web? #sonomoltoarrabbiato
Da un lato dissento e sono davvero incazzato. Avresti potuto chiedere prima di pubblicare o quanto meno farmi vedere quello che la tua mente geniale intendeva rendere pubblico al mondo dei sega... ehm, non voglio cadere nel volgare, hai capito la parola.
Dall'altro lato però, hai fatto un ottimo lavoro con le immagini. Qualcuno sarà ben lieto di divertircisi sopra, #pureioquandononsaraiconme.
Come devo fare con te?
- MisterX".

Sorrido lasciando uscire il fiato e riscrivo l'e-mail.

"Caro MisterX,
Stavo per inviarti un messaggio ma, come sempre, mi hai anticipata. A me non piace chiedere e per ripetere le tue parole: "sono sicura di quello che voglio". Il video non poteva rimanere privato proprio perché sei stato tu ad interrompermi mentre lavoravo. Nessuno vedrà mai chi siamo, rilassati. Vedila come una punizione senza frustino o verghe. :P
Sono felice che ti sia piaciuto. Un po' meno che lo userai per spassartela in mia assenza. (Non voglio neanche immaginare).
Buona giornata,
- B".

Con il sorriso stampato in faccia e la voglia di afferrare la vita e farne qualcosa di bello, dopo essermi cambiata, esco di casa.

♥️

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