Worship

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Non è collocata da nessuna parte dal punto di vista temporale, quindi, vi prego, perdonate i riferimenti vaghi.

Dean camminava sereno per i corridoi del bunker. L'ultima caccia era andata bene, se non per il fatto che Cas aveva voluto fare l'eroe e avevano sfiorato la tragedia. Di nuovo. Avrebbero dovuto seriamente fare un discorso di autopreservazione loro due. Con questo pensiero, si fece strada verso la camera dello stesso. La porta era socchiusa, quindi non si preoccupò di bussare.

«Ehi, Cas, come st-»

Si bloccò con la mano allungata per spingere la porta che, per la spinta eccessiva, batté contro la parete, facendo sussultare la figura rannicchiata sul letto. Il biondo avanzò lentamente, non sapendo come agire di fronte a quella visione struggente: Castiel sembrava un bambino fragile e spaventato, minuscolo nel suo enorme trench. Il suo corpo era chiuso, in segno di protezione, e la sua schiena scossa dai singhiozzi sobbalzava ad ogni respiro affannato. 

«Cas, che succede?» chiese Dean, allarmato. Si sedette sul letto, allungando la sua mano per prendere quella dell'angelo. Nell'istante in cui sfiorò la pelle del moro, però, Cas si scostò velocemente e strinse la presa delle sue braccia sulle sue ginocchia, dove nascose il volto. 

«Dean-»

«No, davvero. Cosa ti succede? Perché se non ti posso nemmeno toccare, è successo qualcosa di grave o ho fatto qualcosa di davvero sbagliato!»

Cas prese a tremare ancora di più, ora che si era messo seduto con la schiena attaccata alla testiera del letto, e si rifiutava di incontrare lo sguardo di Dean. Il cacciatore si rese conto in ritardo che forse la sua voce si era eccessivamente alzata e fece una smorfia.

«Mi dispiace» mormorò. «Solo che il pensiero che qualcosa ti ferisca, che io possa essere la causa di tutto questo, mi uccide» 

La sua faccia si contorse ancora in una smorfia quando si accorse che la sua voce si era spezzata, ma fu per il meglio perché l'angelo si decise ad alzare gli occhi dolorosamente lucidi.

«Non sei stato tu, Dean. Smettila di addossarti colpe che non hai» sussurrò Castiel. «Sto avendo dei flashback, incubi che non mi abbandonano mai e mi stanno lentamente trascinando nell'abisso con loro» balbettò, senza fermarsi. La confessione sembrò sfuggirgli dalle labbra come se prima non avesse pensato seriamente di spiegare la situazione. I suoi occhi del blu più profondo si spalancarono, mentre il respiro di Dean si bloccò per un secondo perché le lacrime li rendevano ancora più brillanti e penetranti. 

«Incubi? Che incubi?» chiese, avvicinandosi. Il suo corpo si irrigidì non appena il moro si ritrasse ancora sfuggendo alla lenta carezza che aveva concesso. Strinse la mano in un pugno, che gli occhi di Cas seguirono allarmati prima di tornare nei suoi. 

«Non sono importanti»

«Stare con me ti sta facendo diventare un bugiardo, ma non significa che tu sia bravo» scherzò, cercando di risollevare il morale. In verità, la preoccupazione lo stava divorando dentro. Sentiva l'ansia attanagliargli lo stomaco e rivoltargli le interiora da cima a fondo. 

«Lascia stare, ti prego» supplicò il moro, prima di essere interrotto da un primo singhiozzo, a cui ne seguirono altri, uno più crudele dell'altro.

«Non posso, Cas. Non quando questi fantomatici incubi ti stanno riducendo così» disse Dean, cercando di mantenere dolce il tono della voce. Da quanto tempo andavano avanti questi incubi? Perché quella non era la reazione di qualcuno che non dormiva da una settimana, ma di qualcuno il cui sonno era tormentato da mesi e mesi. Il moro prese un respiro tremulo.

«Sono inutile, Dean. Oggi ho rischiato di farti uccidere! Se non fosse stato per Sam, non sarei mai riuscito ad arrivare in tempo per salvarti! Sono debole e la mia mente non regge più» gridò, disperato. Come poteva Dean anche solo guardarlo? Come poteva non vedere la devastazione che lasciava sul suo cammino?

Destiel One shotsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora