33. Throw up

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I due scendono con l'animo più sereno e raggiungono il grande tavolo in vetro doppio della cucina. Alejandro aveva preparato una semplice insalatona e della carne, e sorrise quando vide i due ragazzi raggiungerlo e aiutarlo con i piatti.

"Ti senti meglio, ragazzo?", chiede premuroso Alejandro al suo giocatore preferito.

"Meglio, coach, grazie..."

"Dimmi un po', dicevi che ti capitava spesso?", lui si siede e passa la ciotola della carne al ragazzo mentre Camila è già intenta a tagliare la sua fetta di carne con un'espressione in parte disgustata, non le piaceva l'idea di mangiare animali uccisi e sua madre Sinuhe lo sa bene, ma non fa molte storie sapendo che suo padre ha vissuto poco con lei e molte cose non se le immagina nemmeno, e non vuole farglielo pesare.

"Uhm, sì, coach... Da ragazzino mi sentivo spesso male.", Alejandro guarda il ragazzo con occhi curiosi, senza parlare intento a masticare, chiedendo con lo sguardo di continuare a spiegare.

"... Soffrivo molto di disturbi psicosomatici* quindi le lascio immaginare che bell'infanzia...", ride sarcastico lui.

"Argh, brutta cosa... E dovuta da cosa? Sempre se posso, ovviamente..."

"Non me la passavo bene a scuola, diciamo... Dall'asilo non piacevo molto agli altri bambini e la cosa mi faceva particolarmente male... Se potessi dire al mio me bambino qualcosa, gli direi di continuare così, senza sentirsi sbagliato, perchè da grande sarebbe stato fiero di sè.", dice lui con un tono talmente tranquillo da aprirsi in un sorriso irrimediabile.

"Sei molto fiero di te, ragazzo, uhm?"

"Molto, coach. Non vorrei essere nessun altro se non me stesso. E vorrei essere esattamente così come sono.", dice lui annuendo felice.

"Fai bene, non ti manca proprio nulla!", dice orgoglioso il mister, con una luce di allegria degli occhi, "E svenivi soltanto? O avevi altri disturbi?"

"Uhm, avevo disturbi del sonno... Mi sentivo soffocare nel pieno della notte e mi svegliavo con la tachicardia e tossivo per minuti interi perchè i miei polmoni smettevano praticamente di funzionare... Mi capitava spesso di avere difese immunitarie basse e di ammalarmi facilmente... Oh, e vomitavo. Cavolo, dirle così queste cose mi fanno schifare del mio stesso passato! Povero me!", scoppia a ridere lui mentre ci riflette facendo ridere padre e figlia.

"Però, sa, coach... Mi sentivo molto fragile... Ecco perchè mi calavano le difese immunitarie. Sentivo di non potermi esprimere liberamente, perciò mi si bloccava il respiro.. Reprimevo così forte le emozioni che finivo per vomitare alla minima agitazione... E poi svenivo spesso, perchè ero debole.", si spiega lui, con tono più serio e sentito.

"E non hai mai chiesto aiuto a qualche esperto?"

"Oh, sì, certo... La mia terapeuta mi ha seguito dai miei 7 anni fino ai 13"

"Wow, 6 anni!"

"Già... Sono rinato grazie a quel percorso. Sono molto grato a me stesso per aver trovato la forza di ammettere che non riuscivo a farcela da solo."

"... Come stai invece, adesso?", chiede il coach, cercando di essere il più discreto possibile, volendo capire di più sulla salute del suo ragazzo.

"Bene, coach. Stanco."

"Lo sai che puoi parlare con me, ragazzo... Ti ho sempre considerato come un figlio."

"Io..... Sono molto stanco, coach...", dice Laurin iniziando a giocare con l'insalata nel suo piatto.

"E' per gli allenamenti?"

La figlia del coach || Camren FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora