Per due giorni di fila, Laurin, è stato costretto a rimanere in villa, segregato tra letto, coperte e divano, con una febbre alta che non sembrava voler scendere. Appena ritardava di qualche ora la pillola, la temperatura risaliva come se nulla fosse, così i suoi amici hanno cominciato a pensare fosse una questione di qualche virus intestinale che stesse facendo il suo corso d'infezione, e non una semplice febbre. Ad ogni modo, il nostro protagonista ha convinto con sforzo i suoi amici ad uscire e godersi Cuba, tanto lui se la sarebbe cavata a casa. Del resto il mal di testa lancinante che lo tormentava non gli permetteva nè di parlare più di tanto, nè di restare molto con gli occhi aperti, così passava ore nel letto con la musica classica di sottofondo, tra una veglia e un sonno costanti, incentivati dal febbrone che saliva e scendeva. I suoi amici, però, si premuravano di tornare in villa per i pasti, per assicurarsi che Lauren stesse bene, fargli compagnia e farlo mangiare come si deve, nonostante la nausea del ragazzo che lo portava a rifiutare gran parte dei pasti.
Il terzo giorno resuscitò da morte, come Gesù Cristo. Si svegliò quella mattina senza quel tamburo nella testa, così allungò la mano verso il termometro del comodino, senza fare rumore per non svegliare i suoi compagni di squadra che dormivano nei lettini vicino al suo. 37 di temperatura. Non male, per non aver preso medicine durante la notte. Aveva giusto un po' di alterazione. Si sentiva davvero in forma, rispetto ai giorni precedenti, e insieme alla salute gli ritornò anche la sua vena intrigante. Sorrise, ancora nel letto, furbamente e spense il termometro, fingendo di dormire, sapendo che a breve Camila sarebbe entrata in camera, quatta quatta per svegliarlo e chiedergli di misurarsi la febbre. In cinque minuti, come previsto la ragazza entrò piano, toccando il viso di Lauren, lui finse di svegliarsi in quel momento ancora acciaccato dai dolori.
"Buongiorno, Lau... Misurati la febbre, io intanto vado in bagno.", sussurrò lei, ricevendo in risposta un finto mugugno di sonno. Appena la ragazza uscì dalla cameretta, Lauren accese il termometro e iniziò a sfregarlo con forza tra le mani, alitandoci anche su più volte. Più forte lo sfregava, più aumentava il moto delle particelle della punta del termometro, facendo risultare una temperatura più alta. Il termometro segnò 38.9 e Laurin fu soddisfatto del suo trucco. Si mise il termometro sotto braccio e aspettò la ragazza.
Camila si bevve la sceneggiata, e dopo aver fatto il moribondo per le successive due ore, in cui tutto il gruppo si svegliava e preparava a turno per poi andare tutti fuori, per girare la città, Laurin si alzò dal letto stiracchiandosi e ridendo da solo in casa. Si preparò la colazione e lavò i piatti, fece un po' di stretching, per risvegliare il suo corpo dall'intorpidimento di quei giorni da malato, e arrivate le 11 di mattina, prese il telefono e chiamò Camila.
"Laurin, dimmi..."
"Camz... Non mi sento bene...", dice il ragazzo con voce roca e biascicata.
"Oh no, Lau... Che ti senti?"
"Non lo so, credo di star per vomitare... Mi gira la testa, non mi reggo in piedi..."
"Ma dove sei adesso? Sei sceso dal letto?"
"Sì... No... Ci ho provato ma non... Dio, che schifo la nausea..."
"D'accordo, resta a letto, arrivo in 15 minuti."
"Non far allarmare gli altri, vieni solo tu..."
"Va bene, aspettami..."
La ragazza riattaccò e Lauren alzò le sopracciglia soddisfatto. Era ancora in pantaloncini di tuta e canotta per aver fatto allenamento leggero, e aspettava il ritorno della sua amica. Quando sentì le chiavi inserirsi nella serratura, il ragazzo corse dietro la porta e si nascose. Camila entrò e quando si girò per chiudere la porta, lanciò un urlo saltando in aria, trovandosi Laurin davanti inaspettatamente con addosso un sorriso diabolico.
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La figlia del coach || Camren Fanfiction
Hayran KurguNelle giovani squadre dei licei americani, che siano di basket o di baseball, vige una regola non scritta, una regola infrangibile. Nata così tanti anni fa, da diventare tradizione tramandata fino alle nuove generazioni di giovani atleti. Agli occhi...