Non appena arrivo davanti al palazzo di Jane, ovviamente non riesco a trovare un posto per la macchina. Odio girare mille volte per la stessa strada senza trovare un posto in cui parcheggiarmi. Alla fine mi arrendo e decido di andare nel parcheggio riservato alla stazione di King's Cross, ovvero a pochi minuti a piedi di distanza da casa di Jane. Non appena esco dal parcheggio, vedo sfrecciare davanti a me un'ambulanza che per poco non mi investe. Oggi non è proprio giornata. Mi incammino verso il palazzo, sfruttando il breve tratto di strada per riordinare i pensieri. Sto veramente abbandonando tutte le mie certezze per una ragazza che cambia idea da un giorno all'altro? Non che per lei non valga la pena rischiare, ma sono davvero stanco di illudermi e sperare in qualcosa di così incerto. A pochi metri dalla mia destinazione, vedo un mucchio di gente parlare indicando il palazzo di Jane. È molto strano perché di solito non è una strada molto popolata. Una volta davanti al portone principale, cerco con lo sguardo il citofono di Jane. Nel mentre sento una signora dire "Povera ragazza, è così giovane e già ha tutti questi problemi"
E chi non ha problemi oggigiorno? E perché parlarne qui davanti? La gente è strana. Intanto comincio a citofonare più volte ma senza ricevere risposta. Forse non è in casa. Ma allora dove potrebbe essere? Sono intento a cercare il suo numero fra i contatti del telefono, quando una signora mi si avvicina mettendomi una mano sulla spalla."Stai cercando Jane?" mi chiede con una voce tremante. Alzo lo sguardo verso di lei e mi accorgo che si tratta della signora Brown, un'amabile signora anziana che mi lascia il portone principale aperto ogni qual volta mi vede arrivare.
"Salve signora Brown, sì cerco Jane. Per caso l'ha vista uscire?" le chiedo rivolgendole un sorriso. Lei invece ha un'espressione molto triste in volto e mi fa tenerezza vederla così.
"Perché non ti hanno avvisato? La sono appena venuti a prendere in ambulanza, ho saputo che ha qualcosa al cuore" mi dice con la voce spezzata da alcune lacrime, ma con tono gentile. Cosa? Non può essere, non ci credo.
"Sa in quale ospedale l'hanno portata?" chiedo cercando di non far trasparire la mia preoccupazione. Non voglio allarmarla ancora di più visto che è già visibilmente agitata.
"University College Hospital"
[...]
"Salve cerco Jane Harnol, dove posso trovarla?" chiedo all'infermiera che trovo dietro una scrivania, non appena entrato in ospedale. La vedo digitare qualcosa sulla tastiera del computer. Poi alza lo sguardo verso di me dicendo "Si trova ancora al pronto soccorso, stanza 6"
La ringrazio e mi precipito verso il pronto soccorso, seguendo le indicazioni presenti nei corridoi.
Appena entrato, vengo fermato da un'altra infermiera."Mi dispiace ma non può entrare, si metta nella sala di attesa riservata ai familiari" mi dice con una voce meccanica, senza emozioni.
"Devo assolutamente sapere come sta una persona, perciò mi faccia passare" le dico a cattivo muso. Non voglio perdere altro tempo.
"Queste sono le regole, perciò faccia come le dico, vada in sala d'attesa" mi risponde a tono, roteando gli occhi al cielo irritata dal mio comportamento. Sto per scansarla bruscamente in modo da passare, quando sento una voce familiare chiamare il mio nome. Mi giro e mi trovo davanti Laurel in lacrime.
"Ti prego, spiegami cosa sta succedendo, sto per impazzire" la supplico mentre gioco nervosamente con gli anelli sulla mia mano destra.
"La terapia che ha cominciato da poco le sta dando problemi di tachicardia. Oggi sono peggiorati tutto d'un colpo e siamo stati costretti a chiamare l'ambulanza" mi spiega parlando tutto d'un fiato, ancora scioccata dalla situazione. Sto per risponderle, quando un medico interrompe la nostra conversazione schiarendosi la voce.
"Il battito cardiaco non si regolarizza perciò dobbiamo attuare una cardioversione" spiega rivolgendo la propria attenzione su entrambi. "Solo che la paziente non vuole eseguire la procedura da sola, ma con la presenza di un familiare"
"Okay, allora faccia venire lui, è suo fratello" risponde prontamente Laurel indicandomi. Suo fratello?
"Perfetto, le infermiere le daranno un camice e una mascherina. La aspetto nella stanza 6" ci dice rivolgendoci un piccolo sorriso per poi entrare nel pronto soccorso.
"Perché gli hai mentito?" chiedo dubbioso a Laurel, mentre delle infermiere mi aiutano ad infilare il camice.
"Non avrebbero mai fatto entrare un amico, ma solo familiari" mi dice con la voce tremante. "Io sono ancora troppo scossa per stare con lei, la farei agitare di più". In effetti Laurel sta tremando come una foglia e delle lacrime continuano a rigarle il viso. Non che io sia messo tanto meglio.
"Okay, ora è pronto, può andare" mi informano le infermiere indicandomi la porta del pronto soccorso.
[...]
"La procedura consiste nell'iniettarle un farmaco in grado di fermare il battito cardiaco. Dopodiché la rianimeremo con il defibrillatore. Tutto chiaro?" spiega il medico rivolgendo la propria attenzione a Jane. "Lei può rimanere ma non può toccare la paziente in alcun modo, può solo assistere" dice guardando me questa volta e io gli rispondo annuendo. Non sono riuscito a proferire parola da quando sono entrato in questa stanza, sono troppo nervoso, non riesco a pensare. Tutto quello che sono riuscito a fare è stato prenderle la mano e stringerla a me, per cercare in qualche modo di darle forza. Mi giro verso di lei e la vedo visibilmente provata ed impaurita. Nulla a che vedere con la solita ragazza spavalda, forte e sicura di sé. È così fragile ora.
"Siamo pronti a procedere, la prego di togliere la mano" mi ordina il medico riferendosi alle nostre mani che si stringono.
"Andrà tutto bene" le riesco finalmente a dire girandole il viso verso il mio, cercando di rivolgerle il sorriso più rassicurante che riesco a fare. La vedo annuire accennando un piccolo sorriso. Mi allontano da lei mettendomi con le spalle alla parete della stanza e vedo il medico iniettare attraverso una siringa un liquido all'interno della flebo di Jane. La vedo chiudere gli occhi. Dopo pochi secondi sento il bip continuo del suo battito cardiaco, segno che il suo cuore in quel momento non stava battendo più.
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My medicine
RomansaLei è una ragazza pronta a divertirsi ad ogni occasione e che non vuole dipendere da nessuno. Vuole sentirsi libera, senza alcuna proibizione o limite... ma non sempre riesce a fare ciò che vuole a causa di alcuni problemi di salute. Lui non sa da...