Capitolo 24

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"Come scusa?" chiedo per accertarmi di aver sentito bene.

"E' incinta di quattro settimane" conferma guardandomi. Non ci posso credere. Non può essere, ci dev'essere per forza un errore. Istintivamente sciolgo la mia mano da quella di Harry e comincio a massaggiarmi le tempie. Il mio ciclo non è mai stato regolare, tra la malattia e il suo non aver mai rispettato i 28 giorni canonici, è capace di saltare anche due mesi prima di venirmi, ma essendo sempre molto attenta con i contraccettivi, non mi sono mai dovuta preoccupare. Evidentemente ho sottovalutato la situazione.
Visto il silenzio, la dottoressa prosegue "Probabilmente avrai confuso le nausee della gravidanza con quelle della vecchia terapia" afferma rivolgendomi un accenno di sorriso per assicurarmi. Ovviamente nulla, ora come ora, potrebbe tranquillizzarmi.

"Quali sono le opzioni?" le chiedo prima che possa continuare a parlare. Harry si gira di scatto verso di me fulminandomi con lo sguardo.

"Cosa intendi?" mi risponde senza lasciar trasparire emozioni.

"Vorrei sapere come risolvere la situazione" rispondo secca prima di girarmi di nuovo verso la dottoressa. Lei coglie l'occasione per continuare il suo discorso.

"Se vuoi intraprendere un percorso terapeutico con questo farmaco, un bambino è fuori discussione. Ma ci sono altre terapie che possiamo provare, così che tu possa portare avanti la gravidanza. Certo, è complesso gestire una gravidanza con la tua patologia, ma non è impossibile. La decisione è vostra" Non so cosa dire o cosa fare, sono confusa. Finalmente ho la possibilità di prendere un farmaco capace di mettere la malattia in stato di quiescenza, e invece succede questo. Per non parlare del fatto che non credo di essere pronta a diventare mamma. Amo i bambini e all'idea di una piccola creaturina riccioluta, mi si stringe il cuore. Ma no, non è questo il momento. Mi volto verso Harry e vedo anche lui pensieroso, com'è normale che sia.

"Potete farmi sapere la vostra decisione tra una settimana. So che non è molto tempo ma dobbiamo capire cosa fare con la terapia, prima che le cose si aggravino" afferma la dottoressa rompendo di nuovo il silenzio. Dopodiché sia io che Harry ci alziamo, le stringiamo la mano e ci dirigiamo verso l'uscita.

HARRY'S POV:
Jane incinta. Dire che sono incredulo sarebbe riduttivo. Se mi fosse successo un paio d'anni fa, non l'avrei presa benissimo. Ma in realtà ho sempre saputo di voler diventare padre e, anche se penso di non essere ancora pronto, non nego di essere un po' felice. Dopotutto sono cose che non si pianificano. Solo che so che Jane non è entusiasta all'idea di avere un figlio o, in generale, non prende mai bene le situazioni non programmate e non organizzate da lei. Vuole sempre avere tutto sotto controllo.

"A cosa pensi?" le chiedo appena mettiamo piede in casa. E' persa nei suoi pensieri e non mi risponde. Si toglie le scarpe e si dirige verso il grande davanzale davanti alla finestra. Si siede portandosi le ginocchia al petto e comincia a guardare fuori. Mi avvicino a lei e mi siedo anch'io sul davanzale, poggiandomi sul bordo opposto al suo.
"Parlami" la supplico mettendole una mano sul ginocchio. Vedo una lacrima solitaria rigarle il viso. Ormai la conosco da tre anni e l'ho vista piangere sì e no due volte. Mi affretto ad asciugarle la lacrima e comincio ad accarezzarle la guancia con il pollice. A quel contatto la vedo chiudere gli occhi e rilassarsi leggermente.

"Non so cosa fare" ammette con un filo di voce.

"Lo so, però parla con me, non ti chiudere in te stessa" la supplico. Apre gli occhi e ci guardiamo, la vedo dubbiosa su cosa fare o cosa dire. Alla fine sospira e distoglie lo sguardo, ricominciando a guardare fuori dalla finestra.

"Devo decidere se prendermi cura di me stessa ed essere egoista, oppure pensare ad un'altra vita trascurando la malattia, per poi pagarne sicuramente le conseguenze" mi spiega mentre altre lacrime le rigano il viso. "In più è complesso portare avanti una gravidanza nelle mie condizioni, potrei non riuscire a portarla a termine o..." si blocca sospirando. Sta provando a non crollare, a non lasciarsi andare. Le rimetto una mano sul ginocchio, stringendolo leggermente per invitarla a continuare. All'inizio non è convinta di volerlo fare, ma poi aggiunge "E se nascesse come me? Voglio veramente condannare un altro essere umano ad una vita come la mia?" Questa volta non ce l'ha fatta a trattenersi e scoppia in lacrime. Mi avvicino subito a lei, mettendomi sulle ginocchia e la attiro a me. Le faccio poggiare la testa sul mio petto e le accarezzo i capelli. Ha ragione, non avevo pensato a questa eventualità. Non è per niente una situazione facile, sono stato fin troppo ingenuo e affrettato nelle mie considerazioni.

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