Segni di progresso

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Bip. Bip. Bip. Bip.

Il mio sonno è stato disturbato da questi fastidiosi bip che risuonano in tutta la stanza. Socchiudo gli occhi  che per un'istante vedono tutto sfocato per poi lasciare spazio ad una stanza tutta bianca. 

Dove sono?

Mi riprendo dal torpore velocemente e poi la riconosco, la mia stanza. La mia stanza d'ospedale. Riappoggio la testa sul cuscino e cerco di ricordare il perché io sia qui.

"Mamma" chiamo a fil di voce.

"Non respiro" boccheggio.

"Aiuto"

Flashback della scorsa notte mi invadono la testa. Ora ricordo. Ricordo che durante la nottata mi sono svegliata di soprassalto in cerca d'aria. Non riuscivo a respirare. I polmoni si erano chiusi. A stento sono riuscita a urlare il nome di mia madre in modo che mi potesse aiutare. Mi ha lavato la faccia, mi ha messa nella doccia sotto il getto d'acqua per bagnarmi la spalla e aprire i bronchi. Sono tornata a respirare poco dopo. Nemmeno il tempo di arrivare in camera che sono tornata di corsa in bagno per rimettere tutto quello che avevo mangiato a cena. Ho rischiato di soffocare con il mio stesso vomito. Con l'avanzare dell'orario mi è venuta la febbre, ed avere la temperatura a 40° ha portato mia madre a prendere la decisione di portarmi in ospedale. All'entrata, ad attendermi, il dottor Butler con una schiera di infermieri pronti a tirarmi fuori dall'abisso. Mi hanno intubata, anestetizzata e drogata di medicinali. 

Ed ora eccomi qui nel mio letto più confusa che mai. Avranno esagerato con la morfina se non riesco a ricordare con lucidità la realtà dei fatti.

Allo scricchiolio della porta richiudo subito gli occhi, non voglio che mi addormentino di nuovo. Sono stanca di perdere il contatto con la realtà, confondendo i sogni con le illusioni, le bugie alla verità.

Non sento niente, forse se ne sarà andato. Probabilmente voleva solo vedere se dormivo e non controllare tutti i macchinari che riportano i miei parametri vitali.

Riapro gli occhi e mi accorgo subito di aver sbagliato. La persona che è entrata nella stanza è ancora qui, solo che non è né un dottore né un infermiera, ma è il mio Matt.

Si siede rassegnato sulla poltrona di fianco al letto, con la testa bassa e le mani che scompigliano i capelli. Chissà da quanto tempo è qui ad aspettare il mio risveglio. Chissà quanto è preoccupato per me.

"Ehi"

La sua testa scatta verso l'altro per capire se è davvero la mia voce o solo il frutto della sua immaginazione. Si strizza gli occhi per poi passarsi un mano lungo tutto il volto. Viene da me. Finalmente, viene da me. Con una mano prende la mia, con l'altra mi accarezza il viso.

Passa un solo dito ad accarezzarmi e a spostare i capelli che sono ricaduti sulla faccia, come se avesse paura di farmi male anche con quel lieve piccolo tocco. 

"Mi hai fatto preoccupare"

Lo sapevo. Ne ero sicura che avrebbe detto queste parole. Non sarà nemmeno l'unico a pronunciarle. 

"Avevi promesso di non farlo mai, di non farmi mai stare in pensiero"

Ho promesso tante cose, prima a me, poi agli altri. Non ho mantenuto nemmeno una di quelle promesse. 

"Mi dispiace"

Gli prendo la mano che mi sta accarezzando e gli bacio le nocche. Lo faccio per trasmettergli un po di tranquillità. Se la merita, proprio come tutti gli altri. Sto bene ora, mi sento meglio. 

La porta si apre e la magia finisce. Il dottor Butler entra nella stanza con la sua aura imponente, come al solito. La barba gli è cresciuta dall'ultima volta che l'ho visto e il viso è provato dalla stanchezza. Mi chiedo da quante ore non chiude occhio per via dei turni estenuanti. 

"Buongiorno. Dobbiamo parlare, in privato" esordisce guardando Matt.

Da ragazzo educato si alza e non dice nemmeno una parola prima di uscire.

"Faith, è stata una notte difficile per te" sospira "Devo essere sincero, quello che ti sta accadendo non mi tranquillizza affatto, anzi, non riesco nemmeno a chiudere occhio che sto sempre con il pensiero che tu possa collassare da un momento all'altro. Stanotte hai avuto la febbre, ti stavi ammazzando con il vomito, i polmoni hanno ceduto. Sono tutte statistiche che non mi fanno prevedere nulla di buono. Ma nelle ultime ore, da quando siamo riusciti a stabilizzarti, il tuo corpo ha dato segni di progresso. Sta combattendo! Ed è quello che volevamo. Finalmente reagisce. Siamo molto positivi in questo momento"

Il cuore perde un battito.Mi manca il fiato. Sto reagendo! Che bella notizia!

"In questo momento Derek è di là, in sala di attesa che sta dicendo le ottime novità a tua madre e a i tuoi amici"

Inizio a piangere lacrime di gioia.

Sento un urlo bucare il silenzio e farsi spazio lungo tutti i corridoi. 

Un momento dopo li vedo tutti qui, nella mia stanza. I miei amici, mia madre, Matt che sorridono a trentadue denti. 

Mamma mi si avvicina piangendo e mi stringe in uno dei suoi abbracci calorosi, che ti lasciano senza fiato. 

Kate mi raggiunge poco dopo tuffandosi sul letto. Non possiamo fare a meno di metterci tutti a ridere. Josh, insieme a Derek circondano il letto. Matt, invece, si risiede sulla poltrona e mi bacia il palmo della mano. 

Siamo tutti qui, felici. Ci sono stati nei momenti brutti e ci sono anche in quelli belli. Loro sono la mia famiglia, quindi è giusto condividere la felicità l'un l'altro. Ce la siamo meritata in fondo. 

Sento qualcuno bussare e mi sorprendo nel vedere mio padre e i miei fratelli sulla soglia. Senza indugio li invito ad entrare così che anche loro possano festeggiare insieme a noi. 

Louis e Drew non se lo fanno ripetere una seconda volta. Corrono ad abbracciarmi e mi baciano tutta la faccia.

"Cosa ci fate qui?" chiedo.

"Mi ha chiamato tua madre ed ho pensato che fosse giusto portare anche loro" spiega mio padre facendosi avanti nella stanza.

Annuisco.

Che bello! Ora siamo tutti riuniti. 

LA MIA FAMIGLIA.

"Torniamo a casa" urlo di gioia.

Nel cuore delle comete #WATTYS2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora